Affrancature, annullamenti e bolli particolari

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pasfil
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Affrancature, annullamenti e bolli particolari

Messaggio da pasfil »

Buona serata a tutti.

Svolazzando sulla rete ho trovato queste due magnifiche lettere che ritengo meritano attenzione.
Nel primi mesi del 1860 vennero istituiti nuovi uffici postali secondari che vennero forniti di bollo lineare diritto ed anche (scrive il Diena: salvo qualche rara eccezione) dell’annullatore in cartella.

La distribuzione degli annulli tipo svolazzo iniziò (scrive il Diena) nell’agosto 1860 e che vennero approntati per evitare il riutilizzo dei FB, sostituendo quelli in cartella (non per tutti gli uffici).

La prima lettera, da Salvia a Napoli, risulta affrancata da una coppia di gr. 1, annullata con bollo a svolazzo tipo 19 di Auletta e con bollo "annullato" in cartella. Sulla lettera sono presenti il lineare nero di SALVIA e il circolare borbonico rosso di AULETTA (27 agosto 1860).
AULETTA SALVIA HARMERS.jpg


Appare evidente che in data 27.08.1860 l'officina di SALVIA non era ancora fornita dello svolazzo tipo 7, quindi i francobolli in partenza vennero annullati con il bollo in cartella di SALVIA, ma una volta la lettera giunta ad Auletta, nonostante quell’annullamento ben impresso, l’addetto di quest’ultima officina riappose proprio sopra tale bollo l’annullato a lui in uso (tipo 19), chissà per quale motivo, forse ligio alle nuove disposizioni non lo ritenne valido?

L’altra, non meno interessante, da Brindisi per Napoli, venne affrancata con 20 gr., annullato con bollo a svolazzo tipo 8 in uso sempre a Brindisi e dall'"annullato" in cartella. Sulla lettera è anche presente il bollo circolare borbonico nero di Brindisi 12 agosto 1860.
SVOLAZZO 8 BRINDISI HARMERS.jpg

In questo caso, cosa può essere accaduto? L’addetto all’officina nell’incertezza dell’utilizzo della nuova fornitura pensò di mettersi al sicuro annullando il FB con i due annullatori?

Sono entrambe belle e molto interessanti.

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Ultima modifica di pasfil il 16 marzo 2010, 13:13, modificato 1 volta in totale.
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Roscianum
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Re: ALCUNI ANNULLAMENTI PARTICOLARI.

Messaggio da Roscianum »

Ciao: Pietro
Credo che sia solo un'impressione ottica ma sulla lettera di Salvia mi sembra che sia stato impresso prima lo svolazzo e dopo l'annullato in cartella :?:
La tua ricostruzione è più che plausibile....quindi solo effetto ottico....
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pasfil
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Re: LETTERE NAPOLETANE, AFFRANCATURE E ANNULLAMENTI PARTICOL

Messaggio da pasfil »

Buona giornata a tutti.
Con circolare del Ministero dei Lavori Pubblici del 5 novembre 1861 non venne più permesso l’uso dei FB borbonici. La circolare disponeva che i FB borbonici applicati alle lettere dovevano essere annullati con due linee trasversali e le lettere considerate come “non francate”.
Nonostante ciò non tutte le Direzioni applicarono tale disposizione, in quanto si riteneva necessaria una preventiva informazione al pubblico circa la terminata validità di essi.
Così, con successiva circolare (del 21.11.1861) il pubblico ebbe avviso che i FB borbonici posseduti dai privati non potevano più essere utilizzati sulle lettere, ma essere cambiati presso gli uffici postali con quelli nuovo tipo e di pari valore sino “a tutto il dicembre” 1861.
La dimostrazione che non tutti gli uffici postali la pensavano allo stesso modo è evidente in questa lettera da San Severo a Venezia, sulla quale il FB da 5 grana venne prima normalmente annullato con bollo circolare borbonico (il 17.11.1861) e poi barrato con tratti a penna e dichiarato non valido anche con annotazione scritta “Fuori Uso”, quindi inviata come non affrancata.
SAN SEVERO ASTA GHIGLIONE.jpg

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pasfil
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Re: ALCUNI ANNULLAMENTI PARTICOLARI.

Messaggio da pasfil »

ROSCIANUM ha scritto:Ciao: Pietro
Credo che sia solo un'impressione ottica ma sulla lettera di Salvia mi sembra che sia stato impresso prima lo svolazzo e dopo l'annullato in cartella :?:
La tua ricostruzione è più che plausibile....quindi solo effetto ottico....
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Ciao Nilo,
no, non è un effetto ottico.
La lettera parte da Salvia e Salvia successivamente ebbe in uso lo svolazzo tipo 7, mentre quello che colpisce il FB è il tipo 19 proprio quello di Auletta. Accludo immagine dello svolazzo di Salvia (sempre presa dalla magnifica HARMERS).
SALVIA SVOLAZZO 7 HARMERS.jpg

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pasfil
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Re: LETTERE NAPOLETANE, AFFRANCATURE E ANNULLAMENTI PARTICOL

Messaggio da pasfil »

Buona serata a tutti,

per gli interessati agli annullamenti. Lettera assicurata da Bari a Napoli. I FB sulla lettera risultano annullati il 4 settembre 1861 con bollo ottagonale “ART. DEN. BARI”, nero, normalmente in uso su vaglia. Raro annullamento su lettera.
PROV NAP ASTA 245 ITALPHIL.jpg

(da Asta Italphil)
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gianni tramaglino
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Re: LETTERE NAPOLETANE, AFFRANCATURE E ANNULLAMENTI PARTICOL

Messaggio da gianni tramaglino »

Cari amici napoletani,plaudendo all'iniziativa del sempre solerte Amico Pietro Pasfil,intervengo in questo interessantissimo topic con qualche "apporto" che spero susciti interesse ! Quindi,eccoci a una lettera assicurata ,come dice l'estensore del lotto in asta, da Napoli del 16 marzo 1861 indirizzata a Giuseppe Verdi come deputato del parlamento italiano,affrancata con due esemplari del 5 grana (21) delle Province Napoletane.L'interessantissima missiva tratta dell'offerta di un melodramma storico inedito di Salvatore Cammarano( librettista per Verdi e Donizetti autore fra gli altri di "Luisa Miller" e del non finito "Il Trovatore "). Un documento assolutamente splendido e "particolare"....vorrei solo far notare che la lettera è del 1861 e il librettista era deceduto nel 1852,quindi la lettera non fu scritta dallo stesso, l'estensore è corretto ,in quanto non indica questo....rimane il rammarico di non sapere come si chiamasse il melodramma....ma bisognerebbe aver letto il documento e noi non siamo tra i fortunati....... assai cordialmente gianni tramaglino


Salvatore Cammarano
(Napoli, 1801-1852)
Pittore, poeta, drammaturgo e librettista italiano.

Proviene da una famiglia di artisti e lo stesso zio di Salvatore, Filippo, era stato a suo tempo librettista. Concertatore per il teatro San Carlo di Napoli e collaboratore dei più grandi musicisti italiani suoi contemporanei. Nel 1834 lascia l’attività di commediografo per dedicarsi a quella di librettista. Scrive 8 libretti per Donizetti, fra cui la Lucia di Lammermoor, 4 per Verdi, Alzira, La battaglia di Legnano e Luisa Miller, 6 per Paicini, fra cui Saffo, 5 per Mercadante e un’altra trentina, tutti di gusto tipicamente romantico, per operisti minori.

Muore improvvisamente mentre sta ultimando la stesura de Il trovatore che viene poi completata da L.E. Bardare.

Libretti d’opera

(le date fra parentesi si riferiscono alle prime rappresentazioni)

La Sposa (E. Vignozzi, 1834)
Ines de Castro (F. Marchetti, 1840)
Un Matrimonio per ragione (G. Staffa, 1835)
Lucia di Lammermoor (G. Donizetti, 1835)
Belisario (G. Donizetti, 1836)
L'assedio di Calais (G. Donizetti, 1836)
Pia de' Tolomei (G. Donizetti, 1837)
Roberto Devereux (G. Donizetti, 1837)
Maria de Rudenz (G. Donizetti, 1838)
Elena da Feltre (S. Mercadante, 1838)
I Ciarlatani (L. Cammarano, 1839)
Il Conte di Chalais (Lillo, 1839)
La Vestale (S. Mercadante, 1840)
Cristina di Svezia (Nini, 1840)
Saffo (G. Pacini, 1840)
Luigi Rolla (F. Ricci, 1841)
Il Proscritto (S. Mercadante, 1842)
La Fidanzata Corsa (G. Pacini, 1842)
Il reggente (S. Mercadante, 1843)
Ester d'Engaddi (A. Peri, 1843)
Il Ravvedimento (L. Cammarano, 1843)
Il Vascello de Gama (S. Mercadante, 1845)
Bondelmonte (G. Pacini, 1845)
Alzira (G. Verdi, 1845)
Stella di Napoli (G. Pacini, 1845)
Orazi e Curiazi (S. Mercadante, 1846)
Eleonora Dori (V. Battista, 1847)
Merope (G. Pacini, 1847)
Poliuto (G. Donizetti, 1848)
La battaglia di Legnano (G. Verdi, 1849)
Luisa Miller (G. Verdi, 1849)
Non v'e' fumo senza fuoco (L. Cammarano, 1850)
Folco d'Arles (De Giosa, 1851)
Medea (S. Mercadante, 1851)
Il trovatore (G. Verdi, 1853)
Virginia (S. Mercadante, 1866
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pasfil
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Re: LETTERE NAPOLETANE, AFFRANCATURE E ANNULLAMENTI PARTICOL

Messaggio da pasfil »

Buonasera a tutti e bravo Gianni,
posto una bella "letterina".

La prima impressione che mi ha fatto questa lettera è stata quella che con l'emissione della serie dei FB per le Prov. Nap., si è passati da un estremo all'altro. Dal diffuso utilizzo di falsi e "riciclati" ad uno scupoloso o esagerato modo di annullare i FB.

Laddove non ha colpito il bollo circolare è arrivata la penna: "provate adesso a riutilizzarli!!" :-))
SPEZZANO ASTA 245 ITALPHIL LOTTO 102.jpg


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gianni tramaglino
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Re: LETTERE NAPOLETANE, AFFRANCATURE E ANNULLAMENTI PARTICOL

Messaggio da gianni tramaglino »

pasfil ha scritto:Buonasera a tutti e bravo Gianni,
posto una bella "letterina".

La prima impressione che mi ha fatto questa lettera è stata quella che con l'emissione della serie dei FB per le Prov. Nap., si è passati da un estremo all'altro. Dal diffuso utilizzo di falsi e "riciclati" ad uno scupoloso o esagerato modo di annullare i FB.

Laddove non ha colpito il bollo circolare è arrivata la penna: "provate adesso a riutilizzarli!!" :-))
SPEZZANO ASTA 245 ITALPHIL LOTTO 102.jpg


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:clap:Pietro molto interessante....classico caso di bolli con aggiunte .....Ad libitum!gianni
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pasfil
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Re: LETTERE NAPOLETANE, AFFRANCATURE E ANNULLAMENTI PARTICOL

Messaggio da pasfil »

Buon pomeriggio a tutti,

Il bollo lineare DI REAL SERVIZIO vede la luce in epoca prefilatelica (nel 1819). Del tipo lineare venne utilizzato per distinguere le lettere della pubblica amministrazione o dirette ad autorità e che godevano di franchigia.
L’1.01.1858 la capitale continentale del Regno venne fornita di un nuovo un bollo a doppio cerchio con scritta “NAPOLI – REAL SERVIZIO” e data al centro.
Nel periodo filatelico risulta erroneamente utilizzato per annullare FB.
DI REAL SERVIZIO ASTA 241 ITALPHIL.jpg

Ma non è finita qui. Ne vedremo delle altre. :OOO:
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pasfil
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Re: LETTERE NAPOLETANE, AFFRANCATURE E ANNULLAMENTI PARTICOL

Messaggio da pasfil »

Buon fine settimana a tutti.

Il risorgimento italiano e le vicende belliche connesse all’assedio di Gaeta e la caduta degli ultimi baluardi borbonici (con la resa di Messina e Civitella, quest’ultima dopo tre giorni dalla proclamazione del Regno d’Italia), hanno lasciato tanti importanti contributi nell’ambito storico-postale.

Le seguenti immagini parlano da sole.

Lettera per Reggio di Modena, affrancata con 5 g. carminio rosa, annullato con bollo a doppio cerchio “R. POSTA MILTARE SARDA” del 14.1.61 (assedio di Gaeta). In Asta AUCTION PHILA nr. 153 era descritta come una delle più importanti lettere di tutto il Risorgimento. Proposta ad una base di € 40.000,00.
posta militare sarda AUCTION PHILA 153.jpg


Lettera per Napoli a Milano, affrancata con due esemplari difettosi da 1 gr. della serie per le Province Napoletane, annullati con bollo a doppio cerchio “R. POSTA MILTARE SARDA” del 20.2.61. In Asta AUCTION PHILA nr. 153.
FB PROV NAP ASSEDIO GAETA ASTA 153 AUCTION PHILA.jpg


La terza: è già indicato dall’autore ed appare superfluo aggiungere altro (pagina pubblicitaria di Guido Craveri, in “Dagli Stati Preunitari al Regno d’Italia (1859-1862) di Luigi Sirotti-Giorgio Colla, ed. Sassone)
FB SARDEGNA SU ASSEDIO GAETA VOL I.jpg


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Re: LETTERE NAPOLETANE, AFFRANCATURE E ANNULLAMENTI PARTICOL

Messaggio da pasfil »

Buona domenica a tutti.
Lotto 711, attualmente in Asta FILSAM (chiusura 24 marzo 2010) con la seguente descrizione:

"2 gr. con precedente ann. ANNULLATO in cartella su lett. a Cannitello non ritenuto valido. La lett. venne "inviata allAmm.ne per fondato sospetto di frode/Gigli". Senza annulli postali. "
lotto 711 asta filsam 24 marzo 2010.jpg


Mi farebbe molto piacere conoscere qualche parere sulla lettera.

ECCO COSA PREVEDEVA IL REGOLAMENTO:
REGOLAMENTO pel servizio dell'Amministrazione generale delle poste e de'procacci, che avrà luogo dal primo di gennajo 1858, secondo le basi appi-ovate col real decreto de' 9 di luglio 1857.
CAPITOLO IV.
De' procedimenti ne' casi di verifica di frodi nell'apposizione de' bolli di posta.

52. Ove un agente di posta riconoscerà che un bollo apposto ad una lettera o stampa sia stato di già usato, ovvero sia contraffatto, si asterrà dal l'applicarvi il bollo annullante. Scriverà in vece con inchiostro rosso-inviato all’Amministrazione generale per fondato sospetto di frode.
53. Questa lettera sarà quindi dall'agente di posta acchiusa in un piego insieme con un rapporto diretto all'amministratore generale in Napoli.
54. Esaminatosi il bollo di posta dall'Amministrazione generale, se la frode non apparisca con chiarezza, sarà cancellata la nota apposta alla lettera, e questa verrà spedita alla sua destinazione. Se poi il bollo si riconosca essere usato ovvero contraffatto, invierà la lettera con la narrazione del fatto al regio giudice del circondario, cui appartiene il luogo ove la lettera stessa è indirizzata.
55. Il regio giudice chiamerà a se il destinatario, e consegnandogli la lettera lo inviterà ad aprirla e farne conoscere la sottoscrizione. Nel caso che lo scritto fosse privo di firma, richiederà al destinatario tutte le possibili dilucidazioni per conoscerne l'autore.
56. Il detto magistrato riterrà quindi presso di se :
1.° il brano della lettera ove è la firma dell'immittente;
2° il foglio d'involto; e nel caso che non ve ne abbia, quella parte della lettera sulla quale è l'indirizzo col bollo incriminato.
57. Questi oggetti di convinzione saranno all'amministratore generale rinviati dal regio giudice, accompagnati da un verbale in cui saranno precisate tutte le dichiarazioni fatte dal destinatario sulla persona dello immittente.
58. L'amministratore generale allora riunendo queste carte al rapporto fatto dallo agente di posta che si accorse della frode, le invierà tutte ali' agente del contenzioso della Tesoreria generale, perché curi la procedura da iniziarsi, sia per l'ammenda nel caso di un bollo di posta già usato, sia per la punizione del misfatto nel caso di bolli contraffatti.
59. Quando all' apertura della lettera in frode si riconoscesse che questa non sia che un involto di altra lettera diretta ad un terzo, il regio giudice richiederà dal destinatario dell'involto tutte le notizie che potrà costui fornire sull'immittente e sul secondo destinatario: e chiamato a se quest' ultimo, procederà a tutte le operazioni indicate negli articoli 55 e 56.
60. Ove la lettera incriminata fosse diretta all'estero, ovvero a persona partita per l'estero, verrà ritenuta nell'Amministrazione generale con analogo verbale, sino a che non venga reclamata da persona dimorante nel Regno, nel qual caso sarà verso di questa praticato quanto ne' due citali articoli viene prescritto.
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pasfil
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Re: LETTERE NAPOLETANE, AFFRANCATURE E ANNULLAMENTI PARTICOL

Messaggio da pasfil »

Buona serata a tutti,
nella ormai avviata carrellata sommariamente descrittiva ed illustrativa, non poteva mancare il bollo "GIACENTE".
Il Regolamento del Servizio Postale, approvato il 27 settembre 1857, prevedeva che dall'1.01.1858 sui FB delle lettere venisse apposto un marchio "ANNULLATO", avendo "cura di non coprire mai la indicazione del prezzo che leggasi in piedi del bollo".

Venne predisposto un apposito bollo con dicitura "GIACENTE" per i seguenti casi:
"...10. Rimarranno giacenti nelle officine di posta i giornali e le stampe dirette per l'interno del Regno e per l'estero , qualora i bolli appostivi presentassero un valore inferiore alla tassa legale, sia che questa differenza fosse o no inferiore alla metà della tassa medesima, e non sarà mai dovuta la restituzione del prezzo de' bolli apposti.

11. Rimarranno egualmente giacenti nelle officine di posta tutte quelle lettere dirette per gli Stati stranieri, pe' quali la francatura è forzosa, qualora i bolli appostivi presentassero nel loro valore una differenza qualuncpae in meno dello ammontare della tassa. Gli immittenti a loro piacimento, ma però nel termine non maggiore di sei mesi, potranno accedere alla officina dove hanno depositato le lettere, per supplire alla mancanza con altri bolli necessarii a darvi corso. In ogni caso non potranno mai reclamare, né ottenere la restituzione del prezzo de' bolli delle lettere rimaste giacenti nelle officine.

D'altra parte le officine di posta avranno l'obbligo di spedire ai destinatarii delle lettere giacenti un cartellino di avviso.

12. I giornali, le stampe e le lettere trattenute per differenza di tassa saranno munite di un marchio nero, che indicherà la data e il motto - Giacente...."

Tuttavia si riscontrano usi impropri del bollo GIACENTE come annullatore. E' il caso di questa lettera:
GIACENTE_catalogo unionphil.jpg


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Re: LETTERE NAPOLETANE, AFFRANCATURE E ANNULLAMENTI PARTICOL

Messaggio da pasfil »

Buona giornata a tutti.
Una stupenda lettera con striscia verticale di quattro FB da gr. 1, II tav.

Nell’asta David FELDMAN recava descrizione: “……..con bolli "ASSICURATA" lineari (particolarmente raro come unico annullo di località diversa da Napoli), su lettera del prigioniero da S. Giuseppe da Caserta (bollo 6 DIC.1860), girata "Riservata" e diretta a Generale Sirtoli a Napoli. Affrancatura eccezionale su lettera storica (con trascrizione) di un ex insorto, di qualità ottima.
Ebbe un realizzo di € 20.000,00

Ovviamente il destinatario deve intendersi il “Generale, Prodittatore Giuseppe SIRTONI (e non SIRTOLI).

Il bollo lineare ASSICURATA ha origini prefilateliche e veniva utilizzato su lettere dette “assicurate” (attuali raccomandate). Al mittente veniva rilasciata un ricevuta che riportava il numero d’ordine dell’apposito registro, annotato anche sulla lettera.
asta david felman 095N0076.jpg
sirtori1.jpg
sirtori3.jpg
sirtori4.jpg

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gianni tramaglino
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Re: LETTERE NAPOLETANE, AFFRANCATURE E ANNULLAMENTI PARTICOL

Messaggio da gianni tramaglino »

:clap: :clap: :clap: grazie a Pietro per la splendida lettera postata,che mi porta a ricordare l'intensa vita di Giuseppe Sirtori ,un prevosto che diventò generale...ecco quindi una sua biografia.....

Giuseppe Sirtori (Monticello Brianza, 1813 – Roma, 1874) è stato un presbitero, politico e patriota italiano, fervido repubblicano e combattente alla difesa di Venezia nel 1849. Capo di Stato Maggiore di Garibaldi lungo l’intera spedizione dei mille. Come generale nel Regio Esercito combatté con valore a Custoza e fu cinque volte deputato. La sua movimentata esistenza racchiude l’intero spettro delle possibili evoluzioni politiche del lungo Risorgimento italiano.

Nacque a Monticello Brianza nel 1813, in una casa ancora esistente, nella frazione di Casatevecchio, a due passi dall’Istituto Greppi, da una famiglia borghese, con sette figli. Avviato alla carriera ecclesiastica, superò con lode gli esami al seminario di Monza, venendo ordinato sacerdote nel 1838. Confratello della Congregazione degli Oblati di Sant'Ambrogio (istituto di preti secolari fondato da San Carlo Borromeo nel 1578), insegnò nel Collegio di Merate dei Padri Somaschi.
Frequentò forse in quegli anni dei liberi pensatori come Cesare Correnti, Carlo ed Alessandro Porro, che andavano sviluppando una motivata critica al dominio austriaco in Italia.

Nel 1842, ottenne dall'Autorità Ecclesiastica e dal padre il permesso di recarsi a Parigi, grazie all'aiuto economico paterno, per perfezionare i propri studi di teologia e filosofia, materie poi abbandonate per la medicina.

In seguito fu richiamato a Monticello ove ebbe un duro scontro con i fratelli. Ne seguì la decisione di rinunciare ai voti, la conversione dei suoi diritti sui beni di famiglia in una magrissima rendita e il ritorno nella capitale francese. Alla Sorbona tentò matematica, biologia, chimica, ma sempre senza portare nulla a termine.

Di questi anni restano solo sparute notizie: le sue carte vennero, molti anni più tardi, purgate di ogni documento compromettente tanto da parte sua (che teneva alla raggiunta posizione di eroico generale e garibaldino), quanto, separatamente, da un parente prete (che teneva a tutelare la moralità di un sacerdote, ancorché spretato). Né sono state mai condotte serie ricerche a Parigi.

Ma fu proprio a Parigi che, poco prima di abbandonarla, ebbe la sua fondamentale lezione di vita: le barricate della rivoluzione di Parigi (22-24 febbraio 1848) che portò al rovesciamento di Luigi Filippo ed alla nascita della Seconda Repubblica. Egli fu tra quelli che costrinsero Lamartine a proclamare la repubblica all'Hotel de Ville.

Così come non si conosce esattamente la parte che ebbe a Parigi, tanto meno si conoscono le circostanze che lo spinsero al rientro in Italia. Certamente la situazione era in ebollizione: dopo l’insurrezione di Palermo (12 gennaio), la costituzione era stata concessa a Napoli il 27 gennaio, lo statuto l'11 febbraio a Firenze, il 4 marzo a Torino ed il 14 marzo a Roma). L'irrequieto Sirtori, ormai trentacinquenne, pensò di non perdere l’occasione.

Non partecipò alle cinque giornate di Milano (18-22 marzo), ma vi giunse d’appresso. Vi era, certamente, il 7 aprile e si segnalava come fervente mazziniano e, quindi, contrario alla unione della Lombardia al Regno di Sardegna. Quando, il 12 maggio, venne votato il plebiscito per l'annessione al Piemonte, si comportò di conseguenza, presentando regolare domanda per entrare in una brigata di volontari lombardi.

In tali raggruppamenti difettavano quadri addestrati e gli ufficiali venivano eletti dalla truppa: Sirtori poté, forse, far valere la sua recente esperienza a Parigi, certamente l'eloquenza esercitata nei suoi anni da prevosto e venne eletto capitano. La seconda dovette risaltare, comunque, assai più della prima, tanto che gli vennero affidati la contabilità della brigata, le paghe e, più tardi, un incarico nella commissione di vigilanza di panifici ed ospedali.

Il battaglione di volontari lombardi venne inviato dal Governo Provvisorio di Lombardia alla difesa di Venezia e Sirtori lo seguì.

Giunto in nella città lagunare, durante l’intero assedio si mise in mostra per quel fervente repubblicano che era sino a divenire, forse, il principale esponente della opposizione al moderato Manin. Ad esempio, l’11 agosto 1848, appena giunse a Venezia la notizia dell’Armistizio di Salasco (firmato il 5 agosto) Sirtori guidò l’assalto al rappresentante piemontese in città, Colli, e fu fermato appena in tempo da Manin.

Tanta evidente era la tensione politica, che in un momento particolarmente teso, il 5 marzo 1849, si sparse la voce di una congiura ordita dal Sirtori per consegnare la città agli Austriaci.

Il 14 marzo 1849, quando giunsero notizie della avvenuta proclamazione (l’11 marzo a Roma) della Repubblica Romana, presieduta da Mazzini in persona, Sirtori propose di siglare un patto di solidarietà con le repubbliche sorelle di Roma e Toscana. Ma ottenne solo una lettera di incoraggiamento.

La maggioranza moderata del parlamento veneziano, infatti, favoriva l’iniziativa monarchica e poté recuperare la situazione già il 24 marzo 1849, appena giunse notizia della ripresa della guerra regia, avvenuta il 12 marzo. Lo stesso 24 marzo, però, l’esercito sardo veniva sconfitto a Novara e la situazione entrò di nuovo in stallo.

Gli Austriaci, dopo aver definitivamente sconfitto i piemontesi a Novara, ripreso Brescia (dieci giornate di Brescia) e “normalizzato” l’intero territorio, si volsero, allora, contro l’unica grande superstite, Venezia. Sirtori venne nominato membro di una commissione militare, insieme ad Ulloa ed a Baldisserotto, di cui Pepe assunse la presidenza onoraria.

Il 20 marzo combatté con i volontari lombardi ed i soldati pontifici alla strenua difesa del campo trincerato di Conche, ad ovest di Chioggia. Si ritirò ed il 22 guidò i sopravvissuti alla riconquista, ricacciando gli Austriaci di là dalla Brenta.

Si distinse alla difesa di Forte Marghera e fu tra gli ultimi a lasciare il forte, con Ulloa, garantendo il trasporto dei feriti. Poco dopo raggiunse Forte San Giuliano, evacuato insieme a Forte Marghera, preparò una trappola di esplosivi che decimò il primo reparto austriaco, dei Cacciatori della Stiria, che si avvicinarono al forte.

Il 1 agosto guidò una sortita dal Forte Brandolo che costrinse gli Austriaci alla fuga, lasciando 200 vacche. Un bottino preziosissimo, considerato lo stato di penuria in cui versava la città.

Il 6 agosto approvò l'affidamento della dittatura a Manin e l'avvio di trattative di resa .


Alla caduta della città, il 24 agosto 1849, la flotta francese evacuò circa 600 fra i maggiori esponenti della Repubblica di San Marco: Sirtori (insieme a Cosenz ad Ulloa, a Pepe, a Manin ed alla sua famiglia ed a molti altri), registrato come “prete lombardo”, venne imbarcato sul Solon, eppoi sul Pluton, che li scaricò a Corfù, allora protettorato britannico, dove vennero trasferiti al lazzaretto, a causa del colera che infuriava a Venezia.

A Parigi assistette, indignato, al trionfo di Napoleone III sulla seconda repubblica. In Svizzera, a Losanna incontrò Mazzini e se ne infervorò. Lo raggiunse, quindi, a Londra. All’inizio degli anni ’50 fu autorevole membro del comitato mazziniano di Genova, ove primeggiava insieme a Medici, Bixio e Cairoli.

Si staccò da Mazzini, come molti altri, dopo la fallita insurrezione tentata il 6 febbraio 1853 a Milano. L’occasione potrebbe essere intervenuta quando Mazzini non lo consultò in merito ad un certo manifesto propagandistico.

Si riavvicinò, quindi, ai patrioti moderati. Nel 1854, ad esempio, prese parte (con Montanelli e Ulloa) al funerale della figlia di Manin, Enrica, in Parigi.


Ma non era uomo da sopportare inattivo il lungo decennio di preparazione: dalle sue lettere emerge un animo inquieto, costantemente ferito dalla prolungata inattività: nel corso di quei lunghi anni immaginò di uccidersi, desiderò imbarcarsi per le Americhe, soffrì, sempre, una condizione di vita misera, come la gran parte degli espatriati politici di quegli anni.

Non seppe, quindi, resistere alla prima delle grandi occasioni di riscatto che gli si presentarono e, nel 1855, si fece coinvolgere nel tentativo del principe Luciano Murat (nipote di Gioacchino Murat e cugino di Napoleone III) di sostituirsi a Ferdinando II di Borbone.

Il tentativo avveniva col consenso e l’aiuto di Napoleone III, ma era dichiaratamente avversato dalla gran parte dei patrioti italiani, esuli (Manin, Mazzini) e non (Cavour), in quanto un suo successo avrebbe costituito un colpo gravissimo all'unità d’Italia ed avrebbe permesso alla Francia di estendere la propria sfera d'influenza sulla penisola senza passare per l’alleanza col Regno di Sardegna.

Sirtori, invece, smanioso di avere una nuova occasione, pubblicò una lettera nella quale dichiarava di non escludere una soluzione murattiana, in alternativa a quella dei Savoia: la cosa fece rumore e, ad un certo punto, sembrò fosse addirittura in preparazione una spedizione armata cui avrebbero partecipato lo stesso Sirtori e de Cristoforis. Mentre si avvicinavano al giovane Murat taluni, quali Montanelli, Saliceti o Maestri.

Sirtori fu aspramente criticato un po’ da tutti i fuoriusciti italiani, reagì, da par suo, con rabbia, e nella foga si attirò anche l’ostilità del Murat. Quest’ultimo si stizzì e lo fece rinchiudere nel manicomio parigino di Bicètre, ove gli venne applicata, per tre giorni, la camicia di forza.
Lì venne rintracciato, dopo pochi giorni, da amici esuli, che costrinsero le autorità a liberarlo, con la minaccia di un grave scandalo. La cosa, tuttavia, fece rumore, e ne parlò anche il Times di Londra, descrivendolo come uno dei più grandi patrioti italiani che aveva mostrato sommo valore a Venezia, ma, soprattutto, come un feroce antimurattiano: l’imbecillità del giovane Murat gli aveva consentito di rifarsi una verginità.

La mancata partecipazione alla seconda guerra d'indipendenza [modifica]
Presto liberato passò in Piemonte e, all’inizio del 1859, chiese di essere arruolato, anche come semplice soldato, ma il suo passato di repubblicano, l’ostilità francese e finanche le inimicizie che si era procurato nel campo mazziniano, glielo impedirono. Così non poté partecipare alla liberazione della sua città, Como, dopo San Fermo, a fianco dei vari Garibaldi, Medici e Cosenz.

Ormai isolato, decise allora di volgersi al campo monarchico, con animo probabilmente sincero. Seppe far valere, inoltre, il suo glorioso passato di combattente a Venezia e la sua indiscutibile fedeltà alla causa nazionale.
Nel marzo 1860, venne eletto deputato al parlamento di Torino del nuovo Regno di Sardegna per il collegio di Missaglia, allora Provincia di Como e, per procurarsi un abito adeguato, fu costretto a chiedere aiuto ad uno dei fratelli ai quali poteva, finalmente, riavvicinarsi.

Fu allora che il generale Garibaldi, il quale andava preparando la spedizione dei mille, lo volle accanto a sé e lo imbarcò nella prima spedizione, partita da Quarto la sera del 5 maggio.

Forse l'impresa appariva veramente disperata e, in effetti, pare che lo stesso Sirtori, alla vigilia, si dimostrasse abbastanza scettico circa la sua realizzabilità. In ogni caso partì. Evidentemente, ormai quarantasettenne, sentiva che era giunta l’ultima occasione per dimostrare il proprio valore.

Il 22 aprile Cavour era a Genova per rendersi conto personalmente della situazione. Garibaldi non voleva trattare con chi aveva appena ceduto Nizza e si valse proprio di Sirtori.

Il colloquio ebbe, in effetti, grande importanza: Sirtori non nascose al Cavour le difficoltà dell'operazione, gli scarsi mezzi, il grande pericolo. Si progettava però un duplice attacco: in Sicilia, con Garibaldi, e, contemporaneamente nella Marche o nell’Umbria papaline. Cavour rispose: "niente Marche! E per il resto il governo nascostamente farà quanto potrà".Nella sosta di Talamone, durante il viaggio dei Mille verso Marsala, Garibaldi riorganizzò la piccola truppa, dividendolo in due "battaglioni", assai ridotti in verità. Li affidò a Bixio ed al siciliano Carini. I due altri noti militari che aveva a disposizione (Sirtori e Türr) divennero, rispettivamente, capo di stato maggiore e aiutante di campo.

Nella marcia da Marsala a Calatafimi, a Salemi, si occupò di dare un primo ordinamento alle squadre di volontari siciliani che si aggregavano per via: li battezzò "Cacciatori dell'Etna".

Il 15 maggio 1860, a Calatafimi, si batté con grande valore e fu ferito ad una gamba. Ad uno dei fratelli scrisse di aver salvato Garibaldi e la bandiera dai borbonici.

Il 29 maggio, durante l'insurrezione di Palermo, insieme al Carini fermò l’ingresso in città di Bosco e di Von Merchel, sino a che questi venne raggiunto da emissari del tenente generale Lanza che gli comunicavano come fosse in vigore una tregua d’armi. Venne ferito e promosso generale. Scrisse al fratello: "Garibaldi deve la presa di Palermo a me".

Il 19 luglio Garibaldi, imbarcandosi a Palermo per portarsi a Milazzo, lo nominò prodittatore in Sicilia. Il 22 luglio, due giorni dopo la battaglia di Milazzo lo richiamò con sé, e nominò prodittatore Depretis.

Il 27 agosto, inviava un messaggio a Stocco che, mal interpretando, lasciava passare verso nord le truppe del generale Ghio, poi bloccate a Soveria.

L’1-2 ottobre, alla battaglia del Volturno comandava la divisione di riserva e la mosse, al tempo ed ai luoghi giusti, contro la colonna Perrone, bloccandone a marcia verso Caserta e, quindi, l’aggiramento del fronte garibaldino, contribuendo in misura decisiva alla vittoria. Pare che Garibaldi, a chi gli suggeriva foschi scenari, abbia dichiarato: “Non preoccupatevi, a Caserta c’è Sirtori”.

Lungo tutta la campagna fu lui che, da capo di stato maggiore, garantì che la spedizione potesse essere approvvigionata e rifornita, nelle straordinarie circostanze che ben si possono immaginare.

Il 7 novembre Garibaldi scortò il Re nel suo ingresso trionfale in Napoli e subito partiva per Caprera. Nel mentre affidò a Sirtori la responsabilità di gestire l’ingresso del suo Esercito Meridionale (come erano stati ribattezzati i Mille) nel Regio Esercito.

Sirtori, tuttavia, non godeva certamente del prestigio e del nome del capo. Gli fu impossibile reagire al decreto dell'11 novembre che offriva ai volontari la scelta fra un congedo con piccola gratifica e una ferma biennale e che, in pratica, spinse la massa dei soldati a congedarsi. Membro (con Medici e Cosenz per parte garibaldina, il generale Della Rocca presidente, il generale Gozzani di Treville ed il generale Pettinengo - sostituito dal generale Solaroli, il colonnello Ferrero come segretario) autorevole della "commissione di scrutinio per il riconoscimento degli ufficiali", non ottenne che continue dilazioni.
Il suo insuccesso spinse Garibaldi ad intervenire personalmente, con un famoso intervento alla Camera di Torino il 18-19-20 aprile del 1861.
Passarono invece nell’esercito regolare i migliori generali garibaldini: Medici, Cosenz, Bixio e lo stesso Sirtori.

In un primo tempo, il 12 giugno 1861 vennero insigniti del titolo di Commendatore dell'Ordine Militare d'Italia. Successivamente, nel marzo 1862, vennero trasferiti nell'esercito italiano con il grado portato dell'Esercito Meridionale, nel caso del Sirtori “Tenente Generale”.

Ma non gli venne affidato immediatamente un comando regolare. Mentre i generali garibaldini erano impegnati nella “commissione di scrutinio”, infatti, la situazione delle provincie continentali del cessato Regno di Napoli andava degenerando, con il prepotente emergere di una diffusa serie di insurrezioni locali (passata alla storia come brigantaggio), appoggiate da numerose bande armate, sovvenzionate dagli Stati della Chiesa, ove sedevano Pio IX e i Borbone in esilio.

Il governo pensò, quindi, di impiegare i generali garibaldini, nelle operazioni, contando sulla loro recente esperienza e sul grande prestigio guadagnato proprio in quei luoghi. Essi vennero, quindi, lasciato a disposizione del ministro della guerra, ed inviati nelle metropoli meridionali: Cosenz divenne Prefetto di Bari, Medici comandante militare delle piazza di Palermo, Sirtori divenne plenipotenziario a Catanzaro.

Lì giunto, si assunse tutti i poteri. Da un lato, infatti, promise che avrebbe vinto i briganti “con l’amore o con il terrore” quindi, evidentemente, con il secondo. Dall’altro, convocò i notabili locali, promettendo una linea durissima nei confronti dei rapimenti, che costituivano una delle grandi fonti di finanziamento delle bande.
Le feroci critiche raccolte dai notabili locali lo spinsero a presentare le proprie dimissioni, subito accolte.

L’esperienza, tuttavia, non dovette essere del tutto sgradita a Roma, dove, infatti, il 22 dicembre 1862 la Camera lo elesse presidente della Commissione Parlamentare sul brigantaggio, volta a “proporre i mezzi più acconci per batterlo”. I lavori approdarono ad un progetto di legge presentato alla Camera nella tornata del 1° giugno 1863.
Negli anni successivi gli venne affidato un comando di divisione.

Nel 1866, allo scoppio della Terza guerra di indipendenza era comandante della 5^ divisione (formata dalla Brigata Valtellina e dalla Brigata Brescia), aggregata al 1° corpo d’armata di Durando e si batté con valore a Custoza, il 24 giugno 1866.

All’indomani della battaglia, tuttavia, se la prese a male quando il generale comandante del suo 1° corpo di armata, Durando, ferito, venne sostituito da Giuseppe Salvatore Pianell, un ex-generale borbonico, anziché da lui. Pianell era, in effetti, il più anziano dei generali di divisione, ma Sirtori la prese come l’ennesima nefandezza perpetrata ai danni dei Garibaldini. Tanto più all’indomani delle generosa prova offerta dalla sua divisione. Il 25 giugno, quindi, reagì da par suo, emettendo un ordine del giorno in cui lodava i propri soldati, e quindi se stesso (“Soldati della 5^ divisione, il 24 voi non foste indegni dei vincitori di San Martino”), ed accusava espressamente la 1^ divisione di Cerale di riserva di non averlo sostenuto come avrebbe dovuto. Ernesto Teodoro Moneta, allora tenente del Sirtori e suo capo di stato maggiore, tentò di dissuaderlo, ma senza successo.
Il Capo di Stato Maggiore La Marmora lo ammonì formalmente. Sirtori non demorse e rispose che “la parola di Giuseppe Sirtori non ammette dubbi da parte di chicchessia” ed allora La Marmora, lo privò del comando e lo mise in aspettativa.
Uomo orgoglioso, lui reagì dimettendosi dall’esercito, rimandando indietro le decorazioni ricevute e la pensione dello Stato per la partecipazione alla spedizione dei mille.

Quanto alla bontà della polemica, occorre ricordare che nell’armata stavano almeno quattro comandanti di divisione garibaldini (Medici, Cosenz e Bixio, oltre allo stesso Sirtori). Pianell si era portato bene a Custoza e avrebbe fatto una assai onorevole carriera nell’Esercito Regio. Cerale fu effettivamente riconosciuto colpevole di aver mal portato la propria divisione, mezza massacrata, ma non certo di non essersi battuto. Il primo responsabile dell’insuccesso, La Marmora, continuò la campagna ma passò il resto della vita a difendersi.

Quindi, non che Sirtori avesse tutti i torti, ma il suo fu un comportamento decisamente inadatto alla situazione di un esercito demoralizzato dalla sconfitta.
Fu, infine, un vero peccato che Sirtori, invece di gettarsi nelle polemiche personali, non abbia piuttosto insistito per una tosta ripresa dei combattimenti (insieme a Bixio, Govone e Pianell). Chissà, forse, forte del prestigio appena guadagnato in battaglia, avrebbe potuto contribuire a convincere La Marmora a non effettuare la inutile ed ingloriosa ritirata dal Mincio all’Oglio.

La sua ribellione, in ogni caso, fu sfruttata da quei generali che avevano demeritato a Custoza per calunniarlo, sostenendo che era stata la sua ritirata oltre Valleggio a scombinare le carte della giornata. Egli reagì chiedendo, a più riprese, l'istruzione di una corte di disciplina che potesse difendere il suo onore. Ma mai la ottenne in quanto il desiderio di difendere l’onore dell’esercito e, quindi, di non indagare oltre le ragioni della disfatta, erano troppo forti.
Ottenne giustizia solo il 12 dicembre 1871, quando un altro generale che si era ben portato a Custoza, Govone, divenuto ministro della guerra, fece approvare un decreto legge ad personam che ordinava la riammissione di Sirtori con l’anzianità ed i gradi maturati nel frattempo. Dopo alcuni mesi a disposizione, venne nominato comandante della divisione di Alessandria.


Deputato per 4 legislature, a partire dal 1860, non fu mai nominato dal Re senatore, come accadde, invece, ai suoi commilitoni Medici e Cosenz.

Nel 1867 venne rieletto in Parlamento dalla sinistra, per fare dispetto al governo, ma lui, per coerenza, si iscrisse tra i deputati della destra, fra gli stessi che lo accusavano ingiustamente come responsabile della disfatta di Custoza e gli rifiutavano la corte di disciplina.

Negli ultimi anni, da comandante di divisione ad Alessandria, si distinse per il proprio sostegno alla erezione a Milano di un monumento a Napoleone III, entrando in polemica con molti ex-garibaldini che ricordavano assai più Mentana che Solferino. Ciò gli valse la perdita di molti amici, fra i quali Ernesto Teodoro Moneta.

Morì a Roma nel 1874, dove lo avevano trasferito per una commissione incaricata di studiare nuove armi.

È sepolto nel Famedio di Milano. Il 5 giugno 1892 venne inaugurato in Milano, ai Giardini Pubblici, un monumento opera di Enrico Butti. Nel 1916 la Regia Marina gli intitolò il cacciatorpediniere Giuseppe Sirtori che diede inizio alla classe Sirtori. Poco prima gli era stato dedicato, a Spine (Venezia), l'allora eretto Forte Sirtori .
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gianni tramaglino
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Re: LETTERE NAPOLETANE, AFFRANCATURE E ANNULLAMENTI PARTICOL

Messaggio da gianni tramaglino »

Cari amici napoletani," invado " lo spazio del caro Amico Pietro Pasfil per mostrare una lettera della mia modesta collezione ...... letterina senza pretese ...se non fosse per quella data:13 febbraio 1861


Il 13 febbraio 1861 a Gaeta finivano tragicamente la libertà e l’indipendenza dell’antico Regno del Sud


Cordialmente...gianni tramaglino
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pasfil
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Re: LETTERE NAPOLETANE, AFFRANCATURE E ANNULLAMENTI PARTICOL

Messaggio da pasfil »

gianni tramaglino ha scritto:Cari amici napoletani," invado " lo spazio del caro Amico Pietro Pasfil per mostrare una lettera della mia modesta collezione ...... letterina senza pretese ...se non fosse per quella data:13 febbraio 1861


Il 13 febbraio 1861 a Gaeta finivano tragicamente la libertà e l’indipendenza dell’antico Regno del Sud


Cordialmente...gianni tramaglino


Ciao Gianni,
complimenti per l'ottimo acquisto. :clap: :clap: :clap:
Gaeta alza bandiera bianca, ma gli ultimi sparuti stendardi borbonici caleranno con la resa di Messina e Civitella, quest’ultima dopo tre giorni dalla proclamazione del Regno d’Italia.
Ciao: Ciao: Ciao:
pasfil

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cav_matraire
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Originale o falso?

Messaggio da cav_matraire »

https://www.delcampe.net/it/collezionis ... l#tab-bids

non sono un esperto in materia, ma nessun annullo passante sulla busta (si vede un pasticcio sulla destra)

la tariffa è giusta?

grazie Ciao:
Aniello Veneri
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Storia postale Democratica-Italia al lavoro-Michelangiolesca-Servizi
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Re: Originale o falso?

Messaggio da azteco1 »

Ciao: Aniello

A me sembra a posto, vero che gli annulli "ANNULLATO" non sono passanti "tranne forse il primo a destra" ma era una cosa abbastanza frequente per le strisce ....

Ho notato anche che ha partecipato all'asta anche TUSCANPHILA "non aggiudicandoselo purtroppo" che è uno dei migliori allievi del grande Mario Merone :rosa: ... pertanto penso lo abbia giudicato a posto.

La tariffa di 87 grana è relativa ad un terzo porto "Napoli - Marsiglia"
Nella collezione di Mario presentata e discussa in questo forum da Gianni Tramaglino e Pastfil vi sono due lettere dirette a Marsiglia
Un primo porto con grana 29
Un secondo porto con grana 58

Ciao: Saverio
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Non è l'Uomo che fa la Storia, ma è la Storia che fa l'Uomo, ed è la Massa e solo la Massa che fa la Storia (I.Asimov)
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Antonello Cerruti
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Iscritto il: 16 luglio 2007, 12:45

Re: Originale o falso?

Messaggio da Antonello Cerruti »

Come ha scritto Saverio, la lettera con la sua affrancatura è del tutto originale ed i francobolli sono TUTTI ben marginati.
Anche il porto (29x3=87) è esatto.
Complimenti all'acquirente, chiunque sia.

Cordiali saluti.
Antonello Cerruti
Giorgio Di Raimo
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Re: Originale o falso?

Messaggio da Giorgio Di Raimo »

Antonello Cerruti ha scritto: 1 giugno 2022, 8:23 Come ha scritto Saverio, la lettera con la sua affrancatura è del tutto originale ed i francobolli sono TUTTI ben marginati.
Anche il porto (29x3=87) è esatto.
Complimenti all'acquirente, chiunque sia.

Cordiali saluti.
Antonello Cerruti
Non mettere il dito nella piaga caro amico mio....a mia discolpa, pur non avendo pressochè alcun dubbio sull'originalità per vari motivi su cui non mi dilungo, alcuni dei quali da te citati, sono stato basso perchè non ero sicuro della qualità reale, in particolar modo del 50 gr. che ha grinza certamente, il che sarebbe niente, ma potrebbe essere leggermente difettoso per altri vari indizi su cui ancora non mi dilungo...certi acquisti sono pressochè delle rullet russe senza avere l'oggetto in mano e non mi piace anche se in questo caso archivio Rocca da cui vengono molte buste coi 50 gr, di Napoli ;-)..aggiungo che in questo caso lascia perplessi il non munire la rara busta di una perizia credibile, perchè con essa il venditore che ha migliaia di vendite, e quindi si presume che sia un abile commerciante, avrebbe ottenuto molto di più, oppure un pochino meno se fosse stata, diciamo, a sfvavore per i motivi citati sopra di qualità poi evidenziati nella loro reale entità ;-) ;-)
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