Ciccio ha scritto:Ciao Antonio, la lettera è catalogata nel volume Gatto/Natoli a pag. 197 sotto l'officina di Termini alla voce "Missive viaggiate dopo lo sbarco garibaldino", certo, si poteva magari riprodurla con una piccola descrizione

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Riporto, per chi legge, l'esaustiva spiegazione che ne fa Aquila nel volume sui francobolli di Sicilia:
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Lettera da Termini, 14 maggio 1860, affrancata con due 5 grana I tav., diretta a Genova. In transito da Napoli, 23 maggio, vergato per insufficiente affrancatura il segno di tassazione sulla soprascritta, è posta in giacenza. Il viaggio riprende il 26 giugno, dopo che il mittente integra il porto; viene aggiunto un 5 grana, dell'emissione del 1858 per i Dominj di Terraferma, che è obliterato dal timbro "Annullato" in cartella. Altro bollo in cartella "Giacente", giustifica il ritardo nella prosecuzione del viaggio; entrambi i bolli sono capovolti rispetto ai francobolli ed è da presumere che siano stati impressi contemporaneamente prima della nuova partenza. La lettera giunse a Genova il 1° luglio.
Ritengo che essa sia stata avviata per via di terra con i mezzi postali che ancora congiungevano alcune località della Sicilia occidentale a Messina ed al continente. Fu, quindi, affrancata in partenza per 10 grana come se costituita da un foglio. A Napoli, accertato trattarsi di due fogli, fu richiesto il pagamento di altri 10 grana la cui rimessa permise l'aggiunta del 5 grana napoletano che, per la differenza valutaria fra grano di Napoli e di Sicilia corrispondeva appunto ai 10 grana siciliani."

Prima di tutto un saluto a
Ciccio e
sicilpost ed a tutti.
Ebbene ci sono delle cose che non tornano e mi auguro interventi che mi possano portare alla ragione.
1) Per le note vicende garibaldine è comprensibile la mancanza di affrancatura per il porto interno dell’Isola.
2) Sul verso è presente il bollo GENOVA 1 LUGLIO 1860 che attesta l’arrivo in quella città. Ma come giunse a Genova, per le vie di mare o terra?
a) Nel caso si propenda per le vie di mare, faccio notare che mancano i segni di tassazione (bollo cent. 15 del apposto a Genova all’arrivo su lettere di 1 foglio) e il bollo VIA DI MARE notoriamente apposti su lettere giunte con natanti della Florio ed quelli quando giungevano con linee di navigazione francesi.
b) Nel caso si propenda per le vie di terra, faccio notare che pure in questo caso mancano le indicazioni delle tassazioni spettanti all’amministrazione pontificia, toscana e sarda, nonché gli eventuali bolli di transito, almeno di quello pontificio. Nel caso di lettera semplice cent. 70.
3) POSTA NAPOLETANA. Sappiamo che per le lettere dirette all’estero per le vie di terra era obbligatoria l’affrancatura sino al confine e che tutta la corrispondenza inoltrata dalla Sicilia (per le vie di mare o di terra) giungeva a Napoli ove veniva smistata subendo controlli.
4) TARIFFE. In quel periodo per le lettere di un foglio, da Palermo o Messina per Genova, era previsto un porto di gr. 10 (FB borbonici siciliani) ma solo se inviate via Mare con i natanti dei Florio o con vapori postali siciliani (fino a Napoli). Però essendo di due fogli (come accertato da Nino Aquila) venne fermata in Napoli in attesa del completamente del porto da pagare per l'intero tragitto. Resta il fatto che qualora giunta a Genova per le vie di mare doveva recare la tassa del porto marittimo.
In merito faccio presente che già agli inizi del 1860, le Poste di Napoli avevano in dotazione un di bollo circolare con la dicitura “TASSA DI RITORNO - NAPOLI” nel cui centro veniva scritto ad inchiostro di penna la cifra della tassa mancante che una volta riscossa dal destinatario, doveva ritornare all’amministrazione postale napoletana. Quindi le lettere dirette all'estero per le vie di terra non venivano fermate. Allora, se era praticata tale procedura perché procedere a fermare quella lettera in attesa che il mittente o destinatario ne integrassero il porto?
Probabilmente quella lettera, tenendo conto del bollo GIACENTE e del FB da gr. 5 napoletano potrebbe aver proseguito l’inoltro per la via di mare. Ma anche questa ipotesi sulla scorta della sola immagine postata diviene molto fantasiosa perché, come detto, mancano completamente i riscontri dei segni dei bolli e tassazioni.
Vi è più, il regolamento di servizio postale borbonico prevedeva appunto che le lettera diretta all’estero insufficientemente affrancate venivano fermate presso l’officina per una massimo di sei mesi in attesa che venisse completato il porto, quindi venivano marcate col bollo col motto “GIACENTE”. Nel periodo di giacenza i mittenti potevano recarsi all’officina per completare il porto, mentre ai destinatari veniva inviato un avviso che l’informava della giacenza della lettera “fermata”.
Quindi il bollo ANNULLATO ed quello GIACENTE venivano apposti in tempi diversi e non come sostiene Aquila “entrambi i bolli sono capovolti rispetto ai francobolli ed è da presumere che siano stati impressi contemporaneamente prima della nuova partenza.”Inoltre, circa la considerazione “
per la differenza valutaria fra grano di Napoli e di Sicilia corrispondeva appunto ai 10 grana siciliani.", riporto quanto indicato a pag. 22 dell’eccellente opera Sirotti-Colla, Volume II, edizione Sassone, lasciando a voi ogni considerazione e conclusione:
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pasfil
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