Antonello Cerruti ha scritto: 11 dicembre 2009, 8:15
Le norme napoletane erano severissime circa la rapidità della consegna della posta e dei tempi necessari.
Eventuali ritardi andavano motivati, altrimenti i ritardatari erano severamente puniti.
Anche i destinatari erano attenti a verificare i tempi della corrispondenza e, tramite i bolli di partenza, potevano controllare con facilità l'esatto giorno di inizio del percorso postale.
Quindi era fondamentale che tali bolli recassero l'indicazione dell'esatto giorno di partenza mentre era di secondaria (per non dire di nessuna) importanza quello relativo alla data di consegna all'ufficio postale.
Faccio un esempio. Se io consegno oggi una lettera ma la diligenza postale parte domani, l'impiegato deve annullare domani la lettera (oppure oggi ma con la data di domani) per evitare che il destinatario possa pensare che il viaggio è durato un giorno in più.
Le date di partenza dei vettori postali era noto e pubblicato in tutte le officine e quindi i mittenti si adeguavano per sfruttare "al minuto" queste opportunità.
Ebbene, il venerdì non era giorno di partenza da nessuna località del regno e dunque questo è il motivo per cui non sono riscontrabili lettere recanti bolli con data 1.
Uno studio interessante sarebbe quello di verificare che non esistano neppure lettere con bolli datati 8, 15, 22 gennaio, eccetera.
Lascio questa "provocazione" agli amici amanti della storia postale di Napoli.
Analisi davvero molto interessante, che ho provveduto a recepire nella mia personale ricostruzione delle vicende dei francobolli napoletani.
Devo solo emendare un punto di metodo, peraltro nella direzione di rafforzare tutto il ragionamento e la sua conclusione.
Antonello Cerruti ha scritto: 11 dicembre 2009, 8:15
Uno studio interessante sarebbe quello di verificare che non esistano neppure lettere con bolli datati 8, 15, 22 gennaio, eccetera.
Lascio questa "provocazione" agli amici amanti della storia postale di Napoli.
In tutte le scienze - perché, diciamolo, noi ambiamo a conferire alla filatelia uno status "scientifico" - non si può verificare "quel che non c'è", non si può cioè - tautologicamente - "osservare l'inosservabile", ma solo prendere atto di ciò che sta sotto i nostri occhi.
Il ragionamento di Antonello Cerruti è impeccabile nella forma e nella sostanza (e, in particolare, l'affermazione per cui "
le norme napoletane erano severissime circa la rapidità della consegna della posta e dei tempi necessari" è convalidata dalla precisione delle statistiche tenute dall'Amministrazione postale) e quindi noi dobbiamo ritenere vere le conclusioni a cui arriva... fino a prova contraria.
L'onere della prova, cioè, grava ora su chi volesse smentire le conclusioni di Antonello, e quindi il suo invito a trovare lettere datate 8, 15, 22, etc. gennaio ("a trovare" e non a "verificare non ne esistano") non è una "provocazione", ma una precisa linea metodologica contro-argomentativa: finché non saltano fuori lettere con bolli 8, 15, 22 gennaio, la conclusione di Antonello è vera.
Alla fine è sempre il caro, vecchio Karl Popper: non posso sapere cosa è vero, ma solo ciò che è falso, perciò propongo una verità provvisoria - coerente con la teoria e le osservazioni empiriche - e la tengo per buona fintantoché non arriverà un elemento - teorico o empirico - a smentirla (tutti i cigni per me saranno bianchi, anche se ne ho osservati solo alcuni e non certo tutti, finché non me ne mostrerete uno di un altro colore).
Ne approfitto - col doppio rispetto dovuto a chi non c'è più e quando c'era era un maestro di filatelia napoletana - per emendare anche il ragionamento del compianto Mario Merone.
Io capisco perfettamente il brivido provato da un collezionista, nel momento in cui si ritrova tra le mani un oggetto che sovverte un intero sistema di credenze: è lo stesso dello scienziato che scopre che è la Terra a girare intorno al Sole (e non viceversa, come si credeva), o che la materia (contrariamente alle apparenze fisiche) non è solida ma formata da onde, etc., etc., etc.
Lo capisco, davvero, ma ci vuole realismo, per non finire impelagati in una rete di sofismi in cui di ogni verità può essere vero anche il contrario.
Diciamolo con quella precisione e nitidezza propria delle scienze esatte: un "primo giorno" (eventualmente inteso come "prima data nota") è un "primo giorno" se e solo se reca il timbro postale del primo giorno (o della prima data nota) che ne certifica la genuinità.
Qualunque "primo giorno" inferito da elementi che non siano timbri postali (ad esempio le date manoscritte all'interno) non ha - non può avere, se vogliamo vivere la filatelia con rigore metodologico - lo stesso status di un "primo giorno" certificato da un timbro postale: perché noi siamo filatelici, siamo interessati primariamente ai "segni ufficiali della posta" (in questo caso i timbri) e non a ciò che a vario titolo vi può orbitare intorno.
Quindi, se pure la ricostruzione del "31 dicembre 1857" fosse impeccabile sul piano logico, rimane il fatto che la lettera non mostra alcun timbro in tal senso, e siccome in tutte le scienze "ciò che si vede" fa premio su "ciò che si immagina", la lettera non ha - non può avere - lo stesso rango di un "2 GEN 1858".
Altro esempio: le "Trinacrie primo giorno". Si dice che ve ne siano cinque, quattro su giornale e una su fascetta. Ma ne siamo davvero sicuri? Quella su fascetta, quella della Collezione Naddei e quella dell'archivio Baronissi mostrano il timbro "6 NOV 1860", ma le altre? Qualcuno ha mai verificato se sul documento "Trinacria primo giorno" ex Imperato sia presente il timbro "6 NOV 1860" o se quel primo giorno è semplicemente dedotto dal numero dell'OMNIBUS in cui si trova? Perché tra le due cose c'è - se non proprio un abisso - sicuramente una forte frattura: sono i timbri postali, e non le narrazioni intorno ad elementi para-postali, a certificare le affermazioni, a renderle solide, spendibili con sicurezza.
Dopodiché, non fatemi dire quel che non dico, semplicemente ripetendo le mie parole: io NON DICO che una datazione inferita da elementi para-postali non significhi nulla (io stesso, nella mia collezione, ho una modesta "primo giorno" del 2 grana III tavola, in cui il "primo giorno" lo deduco dal testo e non dai timbri); io dico che nulla può avere il valore di un timbro postale, quando si tratta di accertare un primo giorno; che la differenza tra un timbro postale e tutto il resto è una differenza di "natura", non di semplice "grado", la stessa differenza che passa tra un unicorno e un cavallo, tra una lunga vita e l'immortalità, differenza qualitativa, non quantitativa, differenza incommensurabile.
Perdonate la lunghezza, ma - come avrebbe detto Pascal - non ho avuto abbastanza tempo per essere più breve; e poi, se vogliamo smentire Rutherford ("
nella scienza esiste solo la Fisica, tutto il resto è collezione di francobolli") dobbiamo essere noi i primi a ragionare intorno ai francobolli (e a collezionarli) con quel rigore proprio della Fisica.
Buona domenica a tutti.