C’era un tempo, decenni or sono, in cui i francobolli abbondavano e richiamavano, in questo nostro strano mondo filatelico, sciami di personaggi complessi e variegati.
Figli di grandi professionisti, poco avvezzi al lavoro e con importanti mezzi a disposizione, pronti ad improvvisarsi uomini di “affari”, anche senza conoscere la natura degli stessi.
Fuoriusciti dal mondo delle poste che vedevano transitare dalle loro mani un bene richiesto da frotte di collezionisti che premevano allo sportello e che, conseguentemente, ritenevano sciocco distribuire quell’oro senza partecipare loro stessi al businnes.
E poi impiegati, commessi, custodi di immobili, operai, insegnanti, militari, ecc., tutti vedevano nella filatelia una seconda attività in grado di strapparli, anche solo per un’ora al giorno, alla meschinità del noioso lavoro di tutti i giorni.
E, magari, col sogno di poterci anche guadagnare.
Intorno ed in mezzo a questa folla di collezionisti, come pescicani richiamati dal sangue e dalla pastura, viveva – ma sarebbe meglio dire “sopravviveva” - un insieme di trafficanti truffaldini, abili o incapaci, simpatici o antipatici, accomunati dal giudicare senza eccessiva severità il proprio operato.
Poi il desiderio divenne brama, poi appetito e poi fame.
Qualcuno riuscì – col guadagno lucrato sui francobolli – a comprarsi l’auto, qualcuno la fuoriserie.
Ogni settimana, le quotazioni venivano gonfiate da giornaletti che le ritoccavano.
E tutti pensavano di aver trovato un lavoro divertente, facile e ben remunerato.
Le peggiori serie del Vaticano, quelle che oggi valgono meno della bustina di pergamino che le contengono, erano contese all’arma bianca e trattate in fogli o in partite di decine di fogli.
L’evoluzione continuava: ma, invece di selezionarsi e migliorarsi, la razza cominciò a deteriorasi.
La conseguenza peggiore non fu che cominciarono a girare individui di “dubbia serietà”; fu, piuttosto, che la massa accettò tali personaggi quasi fossero indispensabili.
Acquistavano anche del materiale che era difettoso o privo di valore o fuori prezzo e, per difendersi, lo pagavano in modo dilazionato, rallentato, con continui rinvii e poi….
Poi cominciò la girandola di assegni che venivano chiamati – con ironia tipicamente romana - “cabriolet” proprio perché scoperti e pagati, nella migliore delle ipotesi, dal notaio oppure impagati, protestati, ecc.
La casistica di quanto avvenne in quel periodo potrebbe riempire la Biblioteca Nazionale.
C’era il professionista della corsa in banca, quello che pagava solo dal notaio, quello che aveva tanti di quei protesti che uno in più o uno in meno non faceva differenza…ed il brutto, come ho detto sopra, è che erano tollerati, anzi accettati, con un sorriso che somigliava troppo alla complicità
Poi c’erano quelli “fantasiosi”; soprattutto a Milano ed a Roma che erano le piazze più frequentate e quindi più inquinate.
Ricordo quello che, versato in banca un assegno ed accortosi che era scoperto, ricevette la telefonata accorata del padre del “bidonista” che lo pregava di ritirare lo cheque e di portaglielo a studio (era un noto avvocato): glielo avrebbe immediatamente pagato subito lui, pur di salvaguardare il buon nome del figliolo.
L’operazione fu effettuata ed il creditore versò in banca il nuovo assegno, quello del padre avvocato.
Ebbene, neppure quello era coperto….
C’era quello che apponeva sull’assegno una bella firma perfettamente leggibile, ma tanto diversa da quella che aveva depositato in banca: nella stessa banca in cui aveva presentato denuncia di smarrimento del libretto di assegni.
Col risultato che toccava al creditore – per non passare per un mascalzone – la difficile dimostrazione di aver ricevuto l’assegno proprio dal truffatore…
C’era quello che comprava all’asta e pagava in contanti; poi ricomprava e ripagava in contanti; poi comprava e – oramai era un cliente conosciuto – pagava con un assegno…..e chi lo vedeva più?
C’era quel notissimo commerciante che – in un convegno di Roma – acquistò da un privato una bella collezione e la pagò con un assegno, immancabilmente “a vista”.
Dopo un paio di ore, il collezionista ritornò dallo stesso commerciante per acquistare una serie che gli mancava e - per pagare – tirò fuori proprio quell’assegno ricevuto solo qualche ora prima.
Ricordo ancora le grida nel salone della Stazione Termini dove si svolgevano allora i convegni romani: la transazione non si perfezionò perché il “notissimo commerciante” non volle accettare in pagamento il proprio assegno…
C’era una società di due persone, amici da sempre.
Il primo doveva partire per un paio di mesi, gli servivanao un po’ di soldi e firmò, congiuntamente al socio, un assegno; dopo averlo versato in banca, partì tranquillo.
Al ritorno, trovò una convocazione urgente in pretura.
Si presentò al pretore che, sorridendo, gli disse: “Sono anni che faccio questo lavoro e ne ho viste di tutti i colori. Ma questa non mi era mai successa: lei è stato protestato…da lei stesso.”.
Era successo che l’assegno era risultato scoperto, con la conseguenza che la banca lo aveva automaticamente protestato. Ma poiché beneficiario e traente erano la stessa persona, in sostanza si era protestato da solo…..
In quegli stessi anni, erano poi in piena attività i migliori “restauratori” che l’Italia abbia mai potuto vantare.
Nascosti sotto le sembianze di grandissimi commercianti o nelle semplici vesti di artigiani del bisturi e del pennello, erano in grado di superare qualsiasi esame, approfittando del fatto che i periti di allora erano grandi studiosi della Filatelia (con la lettera maiuscola) ma non disponevano dei mezzi tecnici odierni e, in taluni casi, si fidavano molto della “mano che porgeva”.
Ricordo quel commerciante che mostrava impunemente le prove dei segnatasse del Regno e, dopo una settimana, le ostentava con tutti i denti e l’immancabile certificato.
Rammento quella quartina usata dell’1 quattrino di Toscana che – a causa dell’uso di una gomma inadeguata – si era attaccato alla taschina nera e leggermente strappata nel tentativo di separarla da questa.
L’asta cui era stata affidata non poteva restituirla al conferente in quelle condizioni e così ricorse al miglior “restauratore” su piazza.
Un altro quattrino da cui ricavare il “pezzo” da sostituire ed in pochi minuti il rammendo fu completato a regola d’arte.
Non ho mai saputo se l’illustrissimo conferente abbia avuto dei sospetti ma credo che la cosa non ebbe alcuno strascico.
Operava a Milano ed a Roma ed era straordinariamente capace; la sua abilità era pari solo alle sue tariffe ed alla mancanza di voglia di lavorare.
Una volta, di passaggio a Roma, per farlo lavorare, venne rinchiuso in una stanza con i suoi “strumenti” ed i francobolli da finire.
Il “sequestratore” lo liberò solo quando vide passare – sotto la porta – i francobolli finalmente finiti.
Di storie ne giravano tante ed erano tutte vere.
Ricordo la vendita di una Repubblica Romana rigommata effettuata da un giovane romano ad un navigato commerciante dei Parioli.
Il ragazzo offrì il francobollo e si accordò sul prezzo. Alla conclusione della trattativa, però, il commerciante richiese la firma peritale che, pochi giorni dopo, il Maestro appose al verso del francobollo, senza accorgersi di nulla.
Qui scattò l’ulteriore beffa del birbaccione.
Con la stesso francobollo in tasca, tornò con aria contrita dal commerciante annunciandogli il parere negativo del perito e proponendogli – invece – “un’altra Repubblica Romana, questa già firmata”.
Il commerciante la esaminò, la trovò migliore dell’altra ed accettò anche di pagarla un prezzo leggermente più alto…
Oggigiorno è tutto diverso.
Le vendite sono tutte regolarmente fatturate, i grandi collezionisti pagano a vista, i prezzi dei cataloghi sono pienamente rispondenti alla realtà del mercato, i francobolli ridentellati sono bocciati e non vengono mai certificati….
Ma questa è un’altra favola e la racconterò un’altra volta.
Antonello Cerruti
Bugie, bugie, quante bugie. Quelle che racconto sono tutte bugie; ecco, proprio in questo stesso istante ne ho appena scritta un’altra.
Ricordi di un collezionista: cabriolet e maestri di restauro
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Ricordi di un collezionista: cabriolet e maestri di restauro
Ultima modifica di Antonello Cerruti il 23 marzo 2012, 15:47, modificato 1 volta in totale.
Re: In treno mi viene voglia di scrivere....(tre raccontini
Antonello grazie; che fortuna non avere vissuto quel periodo orrribile! Mi sono riaffacciato di recente nella filatelia ed ora vivo in un mondo beato
PS
beh, forse leggermente meglio e': non tutto il male (crisi) viene per nuocere



PS
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Giampiero
Colleziono ASI, Regno, Colonie, Occupazioni, prevalentemente usati, la mia passione e' comprenderne l'autenticità'. Mi interessa poter classificare i colori dei francobolli (es. Pontificio, Sardegna) con metodi più' oggettivi.
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Re: In treno mi viene voglia di scrivere....(tre raccontini
Antonello, ne sono certo, ha dimenticato in chiusura la formuletta "da film":
"Ogni riferimento a personaggi reali e fatti effettivamente avvenuti è puramente casuale"
O no???
Roberto
"Ogni riferimento a personaggi reali e fatti effettivamente avvenuti è puramente casuale"
O no???
Roberto
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Re: In treno mi viene voglia di scrivere....(tre raccontini
robymi ha scritto:Antonello, ne sono certo, ha dimenticato in chiusura la formuletta "da film":
"Ogni riferimento a personaggi reali e fatti effettivamente avvenuti è puramente casuale"
O no???
Roberto
Hai ragione: "Ogni riferimento a personaggi casuali e fatti effettivamente avvenuti è puramente reale."
Cordiali saluti.
Antonello Cerruti
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Re: In treno mi viene voglia di scrivere....(tre raccontini






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Re: In treno mi viene voglia di scrivere....(tre raccontini
A proposito di assegni, mi ricordo diversi anni or sono di aver visto pagare dal cassiere di una banca un assegno con scritto a lettere "nu miliò" (un milione delle vecchie lire) nel confabulare successivo è emerso che il compilatore, persona di pochi studi, era una vera garanzia sia per quanto in deposito che per come folcloristicamente scriveva gli importi sugli assegni che venivano regolarmente pagati.
Andrea
Revised by Lucky Boldrini - June 2013


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