Frammento "da esaminare"
Frammento "da esaminare"
Un saluto a tutti gli appassionati di filatelia napoletana. Vi propongo questo quiz.
Cosa ha di particolare?
Apache
Questo frammento verrà battuto nella prossima asta di Bolaffi del 10 aprile. La descrizione, al solito, dice solo "da esaminare".Cosa ha di particolare?
Apache
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Re: Frammento "da esaminare"

Non è un falso De Sperati.
Si tratta della posizione 70, anche se noto alcune macchie di colore strane che non si dovrebbero riscontrare.



Stefano
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S T A F F
Colleziono nuovi ** del Regno d'Italia, Trieste A e B con varietà, Occupazione Jugoslava di Trieste, Istria e Litorale Sloveno e IV di Sardegna
SOSTENITORE
Re: Frammento "da esaminare"
Buonasera Stefano
Esatto. Non è un De Sperati ed è proprio la posizione 70.
Ma la sua storia è un po complicata.

Esatto. Non è un De Sperati ed è proprio la posizione 70.
Ma la sua storia è un po complicata.
Re: Frammento "da esaminare"
Alla lontana ricorda il caso del blocco di otto della Crocetta.
Apache
Apache
- Antonello Cerruti
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Re: Frammento "da esaminare"
Cosa è quel frammento che si vede sotto?
Forse un riuso in frode?
Occorrerebbe controllare direttamente.
Cordiali saluti.
Antonello Cerruti
Forse un riuso in frode?
Occorrerebbe controllare direttamente.
Cordiali saluti.
Antonello Cerruti
Re: Frammento "da esaminare"



E' la strada giusta. Complimenti ad Antonello.
Ma c'è dell'altro. Bisogna riferirsi alla precedente asta Bolaffi
Apache
Re: Frammento "da esaminare"
Un saluto ad Apache ed a tutti.
A questo punto è venuta meno anche l'affrancatura mista Pontelandolfo.
Pietro
A questo punto è venuta meno anche l'affrancatura mista Pontelandolfo.




Pietro
Re: Frammento "da esaminare"



Buonasera Pietro.
Chiaramente hai capito tutto.
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Re: Frammento "da esaminare"
Su, non facciamo ammattire le persone...

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Re: Frammento "da esaminare"
Il paragone - appropriandomi del commento di Mark Twain alla notizia della sua morte - "mi sembra grandemente esagerato"apache ha scritto: 18 marzo 2025, 20:13 Alla lontana ricorda il caso del blocco di otto della Crocetta.

Re: Frammento "da esaminare"
Buonasera Napoli1960
il paragone non è assolutamente esagerato. Si tratta di una grande rarità su lettera riconosciuta come falsificata e ricondotta, nel caso del blocco da otto, a usata sciolta.
Nel caso della mista Regno Crocetta si tratta di una grande rarità riconosciuta anch'essa come falsificata ricondotta a frammento, con croce autentica. La differenza è che la Croce non corrisponde al frammento, ma è autentica. Per questo ho detto "ricorda alla lontana", esagerando perchè i due casi sono molto simili, ed in passato abbiamo avuto altri esempi del genere.La precedente asta di Bolaffi si era basata su un certificato di Alberto Diena, che notando della carta dietro la croce aveva ipotizzato una frode postale. Invece tutto il documento è falsificato e quindi è stato ritagliato per poterlo vendere.
Apache
il paragone non è assolutamente esagerato. Si tratta di una grande rarità su lettera riconosciuta come falsificata e ricondotta, nel caso del blocco da otto, a usata sciolta.
Nel caso della mista Regno Crocetta si tratta di una grande rarità riconosciuta anch'essa come falsificata ricondotta a frammento, con croce autentica. La differenza è che la Croce non corrisponde al frammento, ma è autentica. Per questo ho detto "ricorda alla lontana", esagerando perchè i due casi sono molto simili, ed in passato abbiamo avuto altri esempi del genere.La precedente asta di Bolaffi si era basata su un certificato di Alberto Diena, che notando della carta dietro la croce aveva ipotizzato una frode postale. Invece tutto il documento è falsificato e quindi è stato ritagliato per poterlo vendere.
Apache
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Re: Frammento "da esaminare"
Buongiorno Apache,
ci sono diverse come che mi sfuggono, sicuramente per mie mancanze.
Andiamo con ordine.
Mi sembra che fosse Antonello Cerruti a narrare le vicende di questo oggetto, che io riassumo qui alla buona: il frammentone era parecchio chiacchierato; si temeva – precisamente – che fosse stato usato strumentalmente per mascherare le pesanti opere di restauro del blocco di otto; detto altrimenti, semmai si fosse provato a rimuovere il blocco dal suo supporto fittizio, c’era il serio rischio – nel sentire comune – di vederlo sfaldarsi in mille pezzi.
E cosa abbiamo, invece, dopo che la lettera della scorsa asta Bolaffi è stata tassellata per ricavarne un frammentino? Una banale, stupida, sciocca Crocetta, di una qualità infima, “da cestino” secondo le classificazioni Sassone, e quindi di valore venale nullo, e ora assurdamente proposta a una base di 1000 euro.
Ecco perché dicevo che apparentare le due cose lo trovo “grandemente esagerato”: perché io guardo al risultato, e il risultato – ripeto – in un caso è la più grande rarità della luogotenenza (al momento custodita in quel capolavoro di finezza che è la Collezione Naddei) e nell’altro è un pezzo banale che, con ogni probabilità, rimarrà invenduto.
Ma questa – a ogni modo – è solo una parte della storia, e forse nemmeno la più rilevante…
ci sono diverse come che mi sfuggono, sicuramente per mie mancanze.
Andiamo con ordine.
Il blocco di otto della Crocetta stava su un frontespizio, a formare un oggetto che era stato da sempre riconosciuto come artefatto, come si può leggere nel catalogo d’asta degli Antichi Stati di Caspary.apache ha scritto: 18 marzo 2025, 22:35 Si tratta di una grande rarità su lettera riconosciuta come falsificata e ricondotta, nel caso del blocco da otto, a usata sciolta.
Mi sembra che fosse Antonello Cerruti a narrare le vicende di questo oggetto, che io riassumo qui alla buona: il frammentone era parecchio chiacchierato; si temeva – precisamente – che fosse stato usato strumentalmente per mascherare le pesanti opere di restauro del blocco di otto; detto altrimenti, semmai si fosse provato a rimuovere il blocco dal suo supporto fittizio, c’era il serio rischio – nel sentire comune – di vederlo sfaldarsi in mille pezzi.
E siamo al punto: una volta che il blocco fu rimosso dal supporto – col coraggio di Mondolfo (e forse sarebbe meglio dire con la sua immensa competenza, che lo portò a prendersi un rischio ben calcolato) – noi abbiamo avuto “uno dei grandi pezzi classici della filatelia italiana”, e sicuramente la più grande rarità napoletana del periodo della dittatura e della luogotenenza.Antonello Cerruti ha scritto: 14 dicembre 2009, 19:20 Ci volle il coraggio di Renato Mondolfo per comprarlo e fargli un bel "bagnetto", rendendoci uno dei grandi pezzi classici della filatelia italiana.
E cosa abbiamo, invece, dopo che la lettera della scorsa asta Bolaffi è stata tassellata per ricavarne un frammentino? Una banale, stupida, sciocca Crocetta, di una qualità infima, “da cestino” secondo le classificazioni Sassone, e quindi di valore venale nullo, e ora assurdamente proposta a una base di 1000 euro.
Ecco perché dicevo che apparentare le due cose lo trovo “grandemente esagerato”: perché io guardo al risultato, e il risultato – ripeto – in un caso è la più grande rarità della luogotenenza (al momento custodita in quel capolavoro di finezza che è la Collezione Naddei) e nell’altro è un pezzo banale che, con ogni probabilità, rimarrà invenduto.
Ma questa – a ogni modo – è solo una parte della storia, e forse nemmeno la più rilevante…
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Re: Frammento "da esaminare"
Ora facciamo un gioco, per chi ha voglia di giocare (ma soprattutto, se ne avete voglia, per istruire me, che di queste cose ne so pochissimo, praticamente nulla).
Immaginiamo – fingiamo, comportiamoci “come se” – questo oggetto fosse genuino, nel senso originariamente ipotizzato (sbagliando, a quanto riferisce Apache) da Alberto Diena: ipotizziamo, cioè, che quel 16 marzo del 1861 qualcuno abbia voluto frodare la Posta, e che ciò che vediamo sia il risultato di questo tentativo di frode dell’epoca (anno 1861).
Ora: cosa vuol dire “frodare”? Vuol dire violare una legge (in questo caso la normativa postale) a danno di un soggetto terzo (l’istituzione Posta, col suo tariffario) e a proprio vantaggio (per pagare meno del dovuto).
E qual è – in tutti i campi – il primo requisito di una frode? Ovvio: non deve sembrare una frode! La frode – prima di esser scoperta, s’intende – deve avere tutte le forme esteriori e apparenti della legalità, altrimenti che frode è? Totò è massimamente convincente, quando vende la fontana di Trevi al malcapitato di turno, giusto? Sì, giusto.
Quindi, il 16 marzo 1861, qualcuno decide di frodare la posta. Quale sarebbe stata la tariffa esatta? Sinceramente non ne ho idea. Perciò mi chiedo (e vi chiedo): la tariffa esatta per questa lettera – al 16 marzo 1861 – sarebbe stata di 0,75 grana? Boh, non lo so, ma a pelle – da uno che non ne sa niente – mi suona parecchio strano.
A ogni modo, se la tariffa corretta fosse stata effettivamente di 0,75 grana, allora nulla quaestio: diciamo che quel signore aveva a sua disposizione un ½ grano nuovo e ha poi recuperato un ½ tornese “Croce” da una qualche altra corrispondenza, a formare la corretta affrancatura di 0,75 grana, che aveva tutte le apparenze della legalità (magari anche grazie alla complicità dell’impiegato postale) ma che legale non era (visto che la “Croce” era riutilizzata).
Ma se invece la corretta affrancatura non fosse stata di 0,75 grana? Se la corretta affrancatura fosse stata – tanto per dire – di 2 grana? Cosa mai sarebbe allora questo oggetto? Una frode che dichiara sé stessa, una frode che dice “ehi, sono una frode!”, e che più che la complicità dell’impiegato postale, ha trovato un dolo così grave da esser passabile di licenziamento.
Signori! Un oggetto postale ha valore (filatelico, collezionistico) se riesce a “parlare”, se comunica qualcosa di interessante, se ci porta a conoscenza di fatti che aiutano a capire meglio la realtà dell’epoca, se aggiunge informazione utile e significativa.
Ora, io capisco il grande effetto scenico di un ½ grano con un ½ tornese “Croce” su una stessa lettera, ma se questa accoppiata non corrisponde poi a nulla di minimamente interessante – né sul piano filatelico, né su quello storico-postale, né su quello storico tout-court – e la sua attrattiva sta tutta e solo nell’effetto scenico, come si fa a parlare di “grande rarità”?
Prego, vi ascolto.
Immaginiamo – fingiamo, comportiamoci “come se” – questo oggetto fosse genuino, nel senso originariamente ipotizzato (sbagliando, a quanto riferisce Apache) da Alberto Diena: ipotizziamo, cioè, che quel 16 marzo del 1861 qualcuno abbia voluto frodare la Posta, e che ciò che vediamo sia il risultato di questo tentativo di frode dell’epoca (anno 1861).
Ora: cosa vuol dire “frodare”? Vuol dire violare una legge (in questo caso la normativa postale) a danno di un soggetto terzo (l’istituzione Posta, col suo tariffario) e a proprio vantaggio (per pagare meno del dovuto).
E qual è – in tutti i campi – il primo requisito di una frode? Ovvio: non deve sembrare una frode! La frode – prima di esser scoperta, s’intende – deve avere tutte le forme esteriori e apparenti della legalità, altrimenti che frode è? Totò è massimamente convincente, quando vende la fontana di Trevi al malcapitato di turno, giusto? Sì, giusto.
Quindi, il 16 marzo 1861, qualcuno decide di frodare la posta. Quale sarebbe stata la tariffa esatta? Sinceramente non ne ho idea. Perciò mi chiedo (e vi chiedo): la tariffa esatta per questa lettera – al 16 marzo 1861 – sarebbe stata di 0,75 grana? Boh, non lo so, ma a pelle – da uno che non ne sa niente – mi suona parecchio strano.
A ogni modo, se la tariffa corretta fosse stata effettivamente di 0,75 grana, allora nulla quaestio: diciamo che quel signore aveva a sua disposizione un ½ grano nuovo e ha poi recuperato un ½ tornese “Croce” da una qualche altra corrispondenza, a formare la corretta affrancatura di 0,75 grana, che aveva tutte le apparenze della legalità (magari anche grazie alla complicità dell’impiegato postale) ma che legale non era (visto che la “Croce” era riutilizzata).
Ma se invece la corretta affrancatura non fosse stata di 0,75 grana? Se la corretta affrancatura fosse stata – tanto per dire – di 2 grana? Cosa mai sarebbe allora questo oggetto? Una frode che dichiara sé stessa, una frode che dice “ehi, sono una frode!”, e che più che la complicità dell’impiegato postale, ha trovato un dolo così grave da esser passabile di licenziamento.
Signori! Un oggetto postale ha valore (filatelico, collezionistico) se riesce a “parlare”, se comunica qualcosa di interessante, se ci porta a conoscenza di fatti che aiutano a capire meglio la realtà dell’epoca, se aggiunge informazione utile e significativa.
Ora, io capisco il grande effetto scenico di un ½ grano con un ½ tornese “Croce” su una stessa lettera, ma se questa accoppiata non corrisponde poi a nulla di minimamente interessante – né sul piano filatelico, né su quello storico-postale, né su quello storico tout-court – e la sua attrattiva sta tutta e solo nell’effetto scenico, come si fa a parlare di “grande rarità”?
Prego, vi ascolto.
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Re: Frammento "da esaminare"
Approfitto di questo topic, aperto da Apache, per fugare un dubbio dello stesso Apache, segnalato da Francesco 75, a conclusione del post sulla mista Napoli-Sicilia.
viewtopic.php?t=14901
Questa mista è andata in asta da Bolaffi poco meno di un anno fa; visto che era “pubblicamente disponibile” – per così dire – ho chiesto a un operatore di settore (che non è uno scappato di casa, ma una figura che sta nel mondo della filatelia da quando aveva 8 anni, e oggi viaggia alla grande verso gli 80) di dargli un’occhiata e di farmi sapere.
Il responso è stato netto: il documento è assolutamente genuino, esprime pefettamente una realtà di fatto dell’epoca, non c’è nessun artificio, nessuna manipolazione, niente di niente.
E – visto che ci sono – sarà forse utile una precisazione tecnica: va benissimo avvalersi dei software, dell’intelligenza artificiale, e di tutto la tecnologia che volete voi, ma a volte, per capire se un oggetto è genuino o no, basta metterlo in controluce, o passare le dita sul francobollo e sulla lettera, compiere insomma semplici operazioni, che però, per chi sta in questo mondo da quando aveva 8 anni, e oggi ne ha quasi 80, sono rivelatrici di molte cose, se non di tutto. Detto altrimenti: nessuno può pensare di falsificare un documento postale, senza lasciare tracce che – se non altro nel tempo – inizino a diventare ben visibili a un occhio allenato (senza bisogno di usare alcuna tecnologia).
Dunque, la mista Napoli-Sicilia – mettetevi il cuore in pace – non mostra proprio nessun segno di manipolazione, e d’altra parte un realizzo di € 44.000, più diritti d’asta al 22%, sta lì a testimoniare che anche altri devono aver effettuato le proprie verifiche, tutte con esito positivo, e – mi terrete per scusato – ma per me i pareri multipli di chi la lettera l’ha avuto in mano sono superiori alla pur dotte speculazioni teoriche.
Qual è il problema che residua? Che questa mista non la si riesce a “far parlare del tutto”. Quando Nino Aquila dice “dopo che il mittente integra il porto”, tutti noi abbiamo un sussulto. Come ha fatto il mittente a integrare il porto? Ha mandato un WhatsApp a un suo amico di Napoli, dicendogli “ehi, mi sono scordato di mettergli 5 grana, non è che potresti farlo tu, che poi ti faccio un bonifico on-line?”. Non credo. Si possono solo avanzare congetture, ma sono congetture che si basano sul nulla, e quindi che lasciano il tempo che trovano.
Quindi, sì, la lettera è assolutamente genuina, e però non riesce a parlare come ci piacerebbe che parlasse, e questo, sì, la mantiene in un limbo di indeterminatezza, che le toglie un po’ di fascino (e per alcuni, forse, parecchio).
Quindi – di nuovo, per me, per la mia sensibilità – il valore collezionistico di un oggetto, la sua “rarità”, se così vogliamo dire, richiede preliminarmente di accertarsi della sua capacità di comunicare correttamente tutto ciò che di interessante vi può essere.
viewtopic.php?t=14901
Questa mista è andata in asta da Bolaffi poco meno di un anno fa; visto che era “pubblicamente disponibile” – per così dire – ho chiesto a un operatore di settore (che non è uno scappato di casa, ma una figura che sta nel mondo della filatelia da quando aveva 8 anni, e oggi viaggia alla grande verso gli 80) di dargli un’occhiata e di farmi sapere.
Il responso è stato netto: il documento è assolutamente genuino, esprime pefettamente una realtà di fatto dell’epoca, non c’è nessun artificio, nessuna manipolazione, niente di niente.
E – visto che ci sono – sarà forse utile una precisazione tecnica: va benissimo avvalersi dei software, dell’intelligenza artificiale, e di tutto la tecnologia che volete voi, ma a volte, per capire se un oggetto è genuino o no, basta metterlo in controluce, o passare le dita sul francobollo e sulla lettera, compiere insomma semplici operazioni, che però, per chi sta in questo mondo da quando aveva 8 anni, e oggi ne ha quasi 80, sono rivelatrici di molte cose, se non di tutto. Detto altrimenti: nessuno può pensare di falsificare un documento postale, senza lasciare tracce che – se non altro nel tempo – inizino a diventare ben visibili a un occhio allenato (senza bisogno di usare alcuna tecnologia).
Dunque, la mista Napoli-Sicilia – mettetevi il cuore in pace – non mostra proprio nessun segno di manipolazione, e d’altra parte un realizzo di € 44.000, più diritti d’asta al 22%, sta lì a testimoniare che anche altri devono aver effettuato le proprie verifiche, tutte con esito positivo, e – mi terrete per scusato – ma per me i pareri multipli di chi la lettera l’ha avuto in mano sono superiori alla pur dotte speculazioni teoriche.
Qual è il problema che residua? Che questa mista non la si riesce a “far parlare del tutto”. Quando Nino Aquila dice “dopo che il mittente integra il porto”, tutti noi abbiamo un sussulto. Come ha fatto il mittente a integrare il porto? Ha mandato un WhatsApp a un suo amico di Napoli, dicendogli “ehi, mi sono scordato di mettergli 5 grana, non è che potresti farlo tu, che poi ti faccio un bonifico on-line?”. Non credo. Si possono solo avanzare congetture, ma sono congetture che si basano sul nulla, e quindi che lasciano il tempo che trovano.
Quindi, sì, la lettera è assolutamente genuina, e però non riesce a parlare come ci piacerebbe che parlasse, e questo, sì, la mantiene in un limbo di indeterminatezza, che le toglie un po’ di fascino (e per alcuni, forse, parecchio).
Quindi – di nuovo, per me, per la mia sensibilità – il valore collezionistico di un oggetto, la sua “rarità”, se così vogliamo dire, richiede preliminarmente di accertarsi della sua capacità di comunicare correttamente tutto ciò che di interessante vi può essere.
- Antonello Cerruti
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Re: Frammento "da esaminare"
Circa la lettera precedente (1/2 grano + Crocetta).
Già il nome del destinatario incute rispetto... CARLO MAGNO...
Nel paesino del destinatario, te lo immagini il povero impiegato postale che tassa la circolare inviata a Sua Eccellenza, probabilmente il cittadino più illustre di quel posto?
Forse fu proprio per sottolineare l'incongruenza e la sfacciataggine della frode che i due Maestri Diena apposero le loro firme per esteso?
Chissà se lo sapremo mai...
Cordiali saluti.
Antonello Cerruti
P.S. Sempre ammesso che si tratti di una frode dell'epoca; ma non credo che sia un pastrocchio "recente" e che i due Diena non se ne siano accorti.
Già il nome del destinatario incute rispetto... CARLO MAGNO...
Nel paesino del destinatario, te lo immagini il povero impiegato postale che tassa la circolare inviata a Sua Eccellenza, probabilmente il cittadino più illustre di quel posto?
Forse fu proprio per sottolineare l'incongruenza e la sfacciataggine della frode che i due Maestri Diena apposero le loro firme per esteso?
Chissà se lo sapremo mai...
Cordiali saluti.
Antonello Cerruti
P.S. Sempre ammesso che si tratti di una frode dell'epoca; ma non credo che sia un pastrocchio "recente" e che i due Diena non se ne siano accorti.
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Re: Frammento "da esaminare"
Porto ancora un altro esempio.
Una delle prime intuizioni che ho avuto, quando ho ricominciato a collezionare, è stata la necessità di procurarmi una ben selezionata serie di cataloghi di vendita del passato. “Prima i libri, poi i francobolli, infine le lettere”? No! Prima i cataloghi del passato, poi i cataloghi del passato, dopo i cataloghi del passato, e poi, sì, fate pure seguire quel che volete voi. Nei cataloghi del passato – a esser cauto – ho fugato almeno il 50% dei dubbi (e dall’altra parte, la risposta all’oggetto di questo post si trovava proprio in un catalogo del passato, anche se estremamente recente).
Uno di questi cataloghi era il n. 7 dell’Ingegner Giacomo Avanzo (l’ultimo della serie degli anni ’80-90) dove vedo questa lettera di Sicilia.
Ero letteralmente uscito di testa, mi ripetevo di continuo che, semmai fosse tornata sul mercato, avrei fatto di tutto per portarla nel mio album.
Fortuna volle, poi, che ebbi la possibilità di parlare con l’Ingegner Avanzo in persona, a proposito di questa lettera che era stata nel suo stock. C’è da dire che Giacomo Avanzo è di una onesta intellettuale senza paragoni – se un pezzo è valido, è lui il primo a dirti “prendilo!”, anche se appartiene a un commerciante suo concorrente – e quindi mi sentivo sicuro. Ricordo perfettamente la smorfia di dolore che gli si dipinse sul viso, quando gli nominai questa lettera, e poi ciò che mi disse, che – in breve – suonava così: “Io acquistai questa lettera con una logica sostanzialmente commerciale: era così bella, così spettacolare, che ero sicuro di riuscire a rivenderla bene; perciò capisco se tu – se e quando uscirà sul mercato – volessi metterla in collezione; fai attenzione, però; perché man mano che andrai avanti, e che sperabilmente aumenterà la tua sensibilità, potresti iniziare trovarla leggermente fastidiosa, per quanto rimanga meravigliosa sul piano qualitativo; valuta tu, fai tu”.
E in cosa sarebbe consistito il fastidio che avrei provato? Di nuovo: nel fatto che la lettera – assolutamente genuina in ogni sua parte, senza alcuna manomissione – non parla come dovrebbe parlare, non dice ciò che dovrebbe dire, e questo potrebbe appunto infastidire.
La lettera – per la cronaca – finì in quella costruzione mastodontica che è stata la Collezione Provera, e diciamo che in quel maremagnum di meraviglie si miscelava bene. Ma ho capito, nel tempo, che in una collezione umile, modesta, come la mia, quella lettera sarebbe stata un oggetto ben strano, un autentico UFO, e quando finalmente è uscita in asta – da Corinphila – ho stimato opportuno lasciarla dov’era.
Tutto ciò per dire – di nuovo – che la parola “rarità” va usata con estrema cura e profondo discernimento.
Una delle prime intuizioni che ho avuto, quando ho ricominciato a collezionare, è stata la necessità di procurarmi una ben selezionata serie di cataloghi di vendita del passato. “Prima i libri, poi i francobolli, infine le lettere”? No! Prima i cataloghi del passato, poi i cataloghi del passato, dopo i cataloghi del passato, e poi, sì, fate pure seguire quel che volete voi. Nei cataloghi del passato – a esser cauto – ho fugato almeno il 50% dei dubbi (e dall’altra parte, la risposta all’oggetto di questo post si trovava proprio in un catalogo del passato, anche se estremamente recente).
Uno di questi cataloghi era il n. 7 dell’Ingegner Giacomo Avanzo (l’ultimo della serie degli anni ’80-90) dove vedo questa lettera di Sicilia.
Ero letteralmente uscito di testa, mi ripetevo di continuo che, semmai fosse tornata sul mercato, avrei fatto di tutto per portarla nel mio album.
Fortuna volle, poi, che ebbi la possibilità di parlare con l’Ingegner Avanzo in persona, a proposito di questa lettera che era stata nel suo stock. C’è da dire che Giacomo Avanzo è di una onesta intellettuale senza paragoni – se un pezzo è valido, è lui il primo a dirti “prendilo!”, anche se appartiene a un commerciante suo concorrente – e quindi mi sentivo sicuro. Ricordo perfettamente la smorfia di dolore che gli si dipinse sul viso, quando gli nominai questa lettera, e poi ciò che mi disse, che – in breve – suonava così: “Io acquistai questa lettera con una logica sostanzialmente commerciale: era così bella, così spettacolare, che ero sicuro di riuscire a rivenderla bene; perciò capisco se tu – se e quando uscirà sul mercato – volessi metterla in collezione; fai attenzione, però; perché man mano che andrai avanti, e che sperabilmente aumenterà la tua sensibilità, potresti iniziare trovarla leggermente fastidiosa, per quanto rimanga meravigliosa sul piano qualitativo; valuta tu, fai tu”.
E in cosa sarebbe consistito il fastidio che avrei provato? Di nuovo: nel fatto che la lettera – assolutamente genuina in ogni sua parte, senza alcuna manomissione – non parla come dovrebbe parlare, non dice ciò che dovrebbe dire, e questo potrebbe appunto infastidire.
La lettera – per la cronaca – finì in quella costruzione mastodontica che è stata la Collezione Provera, e diciamo che in quel maremagnum di meraviglie si miscelava bene. Ma ho capito, nel tempo, che in una collezione umile, modesta, come la mia, quella lettera sarebbe stata un oggetto ben strano, un autentico UFO, e quando finalmente è uscita in asta – da Corinphila – ho stimato opportuno lasciarla dov’era.
Tutto ciò per dire – di nuovo – che la parola “rarità” va usata con estrema cura e profondo discernimento.
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- Antonello Cerruti
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Re: Frammento "da esaminare"
Condivido quello che hai scritto, anche circa il mio Amico Giacomo Avanzo.
C'è un però "tecnico".
Se vuoi che l'annullo sia "tranquillizzante" (e cioè maggiormente passante), dovrai accontentarti di un ferro di cavallo che - obbligatoriamente - non può rispettare appieno la "sacra effigie del Re".
Cordiali saluti.
Antonello Cerruti
C'è un però "tecnico".
Se vuoi che l'annullo sia "tranquillizzante" (e cioè maggiormente passante), dovrai accontentarti di un ferro di cavallo che - obbligatoriamente - non può rispettare appieno la "sacra effigie del Re".
Cordiali saluti.
Antonello Cerruti
- filippo_2005
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Re: Frammento "da esaminare"
Ma non manca un pezzo di lettera a sinistra? Forse con 1 gr? 

filippo_2005
https://raccoltaasiregnoaldoefilippo.blogspot.com/ il blog della raccolta iniziata da mio padre e proseguita da me
colleziono antichi stati e regno su lettera, fino alla floreale compresa.
Mi interessano anche Timbri e Annulli di Russi fino al 1900.
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Re: Frammento "da esaminare"
Ciao Filippo,filippo_2005 ha scritto: 19 marzo 2025, 10:55 Ma non manca un pezzo di lettera a sinistra? Forse con 1 gr?![]()
sinceramente non saprei; posso dirti che Avanzo, che quella lettera l'ha avuto in mano, non era di questa opinione; e che Enzo Diena, che l'ha avuta in mano, non era neanche lui di questa opinione.
E probabilmente - presumo, non lo so - non era di questa opinione neppure il collezionista che se l'è aggiudicata a 3.600 franchi svizzeri, più diritti d'asta, più diritti d'esportazione.
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