Collezione "Al di qua del Faro" - Napoli 1858-1863

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Napoli1860
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Re: Collezione "Al di qua del Faro" - Napoli 1858-1863

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gipos ha scritto: 16 marzo 2025, 21:29 .. ed arriva il 4 aprile a Napoli il fatidico giorno in cui tutto ebbe inizio la rivolta della Gancia a Palermo
Grazie Giuseppe, per continuare ad alimentare il topic con documenti di notevole interesse, sul piano storico e non solo; e in particolare - in questo caso - per aver richiamato un episodio (il moto della Gancia) che forse non è molto conosciuto e andrebbe sicuramente studiato a fondo.

L'azione borbonica di contrasto - in quel frangente - fu eccezionale, e sembra davvero incredibile che poco più d'un mese dopo, invece, quelle stesse forze si sarebbero sciolte come neve al sole davanti ai "Mille" (che poi mille non erano) di Garibaldi.

Vado a memoria, ma non credo di sbagliarmi: il fallimento del moto della Gancia aveva fatto desistere Garibaldi dall'idea della spedizione in Sicilia; scriveva sconsolato alla figlia di voler tornare a Caprera; fu Crispi a insistere, a dargli a intendere che vi era addirittura stato un errore di decifrazione nel telegramma che informava sull'esito de moto, e che, insomma, la Sicilia era ancora in ebollizione.

Nei miei appunti ho salvato questa frase di Garibaldi a Crispi, datata 2 maggio: «Voi solo mi incoraggiate ad andare in Sicilia, mentre tutti gli altri me ne dissuadono».

Tre giorni dopo i "Mille" salpano da Quarto.
Napoli1860
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Re: Collezione "Al di qua del Faro" - Napoli 1858-1863

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Antonello Cerruti ha scritto: 15 marzo 2025, 11:10 Oltre all'introduzione dei francobolli sardi, il 1° ottobre 1862 segna anche la data di passaggio fra le tariffe postali pagate in moneta napoletane (tornesi e grana) e quelle in moneta sardo italiana (centesimi e lire).
In questa circolare del 25 settembre 1862, il titolare dell'Ufficio postale di Gallipoli invia la notizia al Segretario comunale di Parabita affinché ne renda edotta la popolazione.
Con pignolesca precisione elenca: "1/2 tornese corrisponde a 1 centesimo, 1/2 grano a 2 centesimi..." nella prima facciata.
Nella seconda, spiega come le tassazioni devono essere evidenziate sulle lettere in decimi di lira: "La tassa di 10 centesimi è rappresentata nella cifra 1, la tassa di 15 centesimi nella cifra 1/2..."
Ringrazio Antonello che - con questo bel documento - ci fa compiere un bel balzo in avanti, ci porta sul confine estremo tra le Due Sicilie e il Regno di Italia: è l'ottobre del 1862 e - insomma - è tempo che sparisca anche l'ultimo residuo borbonico rappresentato dalla monetazione, dai grana e dai tornesi, a favore degli standard italiani (centesimi e lire) e chiaramente - come sottolinea Antonello - c'è bisogno di una "pignolesca precisione" per gestire la transazione.

Voglio fare un passo indietro, rispetto a questa localizzazione temporale, per tornare all'epoca dei francobolli delle Province Napoletane.

Non saprei dire - sinceramente - quanto "appeal" riscuotano questi francobolli tra i collezionisti di Antichi Stati, ma io li trovo di un fascino ineguagliabile, per il solito motivo - ormai citato più volte - espresso da Franco Filanci: «Il francobollo fin dall'inizio non è stato soltanto un mezzo per affrancare una lettera, ma la dichiarazione del potere di uno Stato. È una dichiarazione di proprietà: qui comando io»

E i francobolli delle Province dimostrano che l'autorità sui territori dell'ex Regno di Napoli era tutt'altro che pacifica: c'è la faccia di un Re, ma i facciali sono quelli dei Re precedenti (a mia conoscenza, un caso unico al mondo).

Io ho dedicato due pagine alle Province Napoletane, in cui lo sforzo - di selezione e presentazione dei pezzi - è stato tutto indirizzato a far cogliere proprio la dualità di questi oggetti (per metà savoiardi, per metà borbonici)

https://aldiquadelfaro.blogspot.com/202 ... le-di.html

https://aldiquadelfaro.blogspot.com/202 ... regno.html
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Re: Collezione "Al di qua del Faro" - Napoli 1858-1863

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Napoli1860 ha scritto: 18 marzo 2025, 10:48
gipos ha scritto: 16 marzo 2025, 21:29 .. ed arriva il 4 aprile a Napoli il fatidico giorno in cui tutto ebbe inizio la rivolta della Gancia a Palermo
L'azione borbonica di contrasto - in quel frangente - fu eccezionale, e sembra davvero incredibile che poco più d'un mese dopo, invece, quelle stesse forze si sarebbero sciolte come neve al sole davanti ai "Mille" (che poi mille non erano) di Garibaldi.
Su questo punto - anche al netto dei pur numerosi e vergognosi tradimenti - c'è una bellissima analisi di quel periodo realizzata da Silvia Sonetti, in cui - in estrema sintesi - si argomenta come l'esercito borbonico fosse sostanzialmente finalizzato a sedare ribellioni interne (e in ciò era eccezionale) ma del tutto impreparato ad affrontare altri eserciti per la conquista o la difesa dei territori.

Ferdinando II - è noto - non aveva nessuna smania di allargare le Due Sicilie; la sua massima ambizione era riprendersi Malta (che apparteneva alla Sicilia dai tempi dei Normanni) e, se possibile, inglobare le due enclave pontificie (Benevento e Pontecorvo) senza peraltro arrecare dispiacere al Papa; ma per il resto - per tutto lo sterminato resto - era amico di tutti e nemico di nessuno, quindi "non gli passava proprio per la capa" di dichiarare guerra a chicchessia.

Il Regno, poi, nella sua percezione, era protetto su tre lati dall'acqua salata (chiunque aveva provocato a sbarcarvi, prima del 1860, aveva fatto una gran brutta fine) e su un lato dall'acqua santa (nessuno - nella sua previsione - avrebbe osato mai invadere lo Stato Pontificio).

E l'esercito si era modulato di conseguenza: non ci capiterà mai - pensavano - di dover affrontare un altro esercito, di un altro Stato...
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mene60
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Re: Collezione "Al di qua del Faro" - Napoli 1858-1863

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Ciao, Giuseppe. Aggiungo che il generale Garibaldi conosceva il modo di combattere dei generali borbonici avendo affrontato l'esercito di Ferdinando II durante la Repubblica Romana a Palestrina, Velletri e Terracina. Aveva quindi una buona conoscenza delle procedure e delle tattiche dell'avversario. Inoltre, Garibaldi era un vero condottiero, pronto ad andare in prima linea per spronare i suoi soldati rischiando a volte anche la vita, cosa che i generali napoletani non facevano: questo ha inciso più d'una volta sull'esito di battaglie incerte, dove spesso il morale dei soldati conta molto.
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gipos
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Re: Collezione "Al di qua del Faro" - Napoli 1858-1863

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mene60 ha scritto: 18 marzo 2025, 17:17 Ciao, Giuseppe. Aggiungo che il generale Garibaldi conosceva il modo di combattere dei generali borbonici avendo affrontato l'esercito di Ferdinando II durante la Repubblica Romana a Palestrina, Velletri e Terracina. Aveva quindi una buona conoscenza delle procedure e delle tattiche dell'avversario. Inoltre, Garibaldi era un vero condottiero, pronto ad andare in prima linea per spronare i suoi soldati rischiando a volte anche la vita, cosa che i generali napoletani non facevano: questo ha inciso più d'una volta sull'esito di battaglie incerte, dove spesso il morale dei soldati conta molto.
Oltre ad averli affrontati in circostanze diverse, desidero ricordare che tanti ufficiali borbonici combatterono al fianco di Garibaldi vedi Cosenz, Orsini, Nicotera, Corrao, Pilo, quindi aveva informatori fidati su come affrontare le truppe Duosiciliane.
Giuseppe il personaggio più odioso di tutti risulta proprio Crispi mio conprovinciale che per la Sicilia ha solo fatto il peggio che infatuo' Garibaldi dicendo che l'isola intera era in subbuglio, quando invece già dalla data del 27 aprile l'ordine era stato ripristinato con azioni molto vigorose ed estreme, come il duro attacco alla cittadina di Carini che venne messa sotto assedio con conseguente bombardamento riducendo la cittadina in un cumulo di macerie.
Tu m'insegni che la storia vera non si trova scritta sui libri scolastici ma bensì con il ritrovamento di documenti inediti.
Inserisco due documenti che danno le spiegazioni di ciò che avvenne in quei giorni e sul comportamento di chi comandava le truppe borboniche.
Giuseppe
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Re: Collezione "Al di qua del Faro" - Napoli 1858-1863

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mene60 ha scritto: 18 marzo 2025, 17:17 ... Garibaldi era un vero condottiero, pronto ad andare in prima linea per spronare i suoi soldati rischiando a volte anche la vita, cosa che i generali napoletani non facevano: questo ha inciso più d'una volta sull'esito di battaglie incerte, dove spesso il morale dei soldati conta molto.
Maurilio, hai toccato un punto della più grande rilevanza, che spesso si tende a sottovalutare: dentro a una guerra ci sono gli uomini – i singoli individui, con le loro paure e le speranze, il loro coraggio e la codardia – e questo aspetto squisitamente “umano” conta molto più di quanto si creda, e mi spingo a dire che può diventare tutto.

La battaglia di Calatafimi è paradigmatica: non fu una disfatta per i borbonici, e non fu un trionfo per i garibaldini, e la vittoria delle Camicie Rosse – arrivo a dire – fu più che altro morale; eppure questa battaglia – già all’epoca, e più forte ragione nella memorialistica successiva – assunse un’intonazione da tregenda, come se da questo piccolo scontro dipendessero gli esiti di tutto ciò che sarebbe venuto dopo.

E lo stesso si può dire dell’ultima battaglia, quella del Volturno; nei miei appunti c’è questa annotazione: “Le truppe garibaldine hanno perso più di tremila uomini, quelle napoletane la speranza”
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Re: Collezione "Al di qua del Faro" - Napoli 1858-1863

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gipos ha scritto: 18 marzo 2025, 18:13 Tu m'insegni che la storia vera non si trova scritta sui libri scolastici ma bensì con il ritrovamento di documenti inediti.
Giuseppe! Documenti oltre ogni mia immaginazione, complimenti davvero!

Voglio stralciare questo passaggio

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Qui, se capisco bene, c'è una notizia probabilmente falsa e una sicuramente vera.

Quando dice "abbiamo ucciso il Gran Comandante degli Italiani", a chi si riferisce? A Garibaldi, suppongo. E quindi, no, il Gran Comandante degli Italiani non l'avevano ucciso.

E invece assolutamente vera l'affermazione successiva, quella in cui dice che abbiamo "preso la loro bandiera". Sì, i borbonici si impossessarono della bandiera italiana di Garibaldi, che, per inciso, non era una bandiera come un'altra, ma rappresentava un oggetto a cui Garibaldi teneva tantissimo per varie ragioni. Figurati che ne ha addirittura dovuto parlare Aldo Cazzullo - e devo fare sforzi sopra me stesso, per evitare di qualificare questo giornalista - nella sua giornata particolare dedicata all'11 maggio 1860.

Ancora complimenti!
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filippo_2005
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Re: Collezione "Al di qua del Faro" - Napoli 1858-1863

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Leggere questo bel topic mi ha spinto a ripassare le mie poche lettere di napoli per vedere se tra di esse ne trovavo una con data interessante.....ho trovato una lettera (una delle più brutte che ho e che avevo messo anche tra quelle cedibili) riportante la data dell'8 dicembre 1860 ("Partenza da Napoli") che leggo essere il giorno in cui: " L'8 dicembre, (altro giorno piovoso con foschia), mentre il re Francesco II di Borbone, in occasione della festività dell'Immacolata Concezione, emanava un proclama in cui denunciava l'aggressione piemontese, il re Vittorio Emanuele II di Savoia si recò in visita a Mola di Gaeta, oggi Formia, per osservare i progressi delle operazioni militari". . Magari posso rivalutarlo un po, anche se il testo non porta notizie risorgimentali? Ciao:
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Mi interessano anche Timbri e Annulli di Russi fino al 1900.
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gipos
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Re: Collezione "Al di qua del Faro" - Napoli 1858-1863

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Grazie a te Giuseppe per avermi dato l'opportunità di partecipare a questo topic interessantissimo, di notizie false ne sono riportate più di una, come quella che recita che le bande dei ribelli spuntano da ogni dove a mille a mille da S. a So facendo intendere che le colline intorno il promontorio del pianto dei Romani pullulassero di Garibaldini che sappiamo essere sempre 889, mentre Landi aveva a disposizione oltre 4 500 uomini armati di tutto punto con la possibilità di utilizzare anche l'artiglieria.
Giuseppe
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Antonello Cerruti
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Re: Collezione "Al di qua del Faro" - Napoli 1858-1863

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Già, Garibaldi.
Ma la spedizione dei mille, ci dice la storia, fu davvero organizzata da Cavour?
E quanto era segreta?
Purtroppo, la lettera allegata non è più mia, dopo aver fatto parte della collezione "Quando la Storia era cronaca" che misi insieme in trenta anni di ricerche e vendetti una quindicina di anni fa, quando mi resi conto che aveva raggiunto un interesse che la rendeva suscettibile di "notifica" delle sovraintendenze.
In questa lettera si racconta della partenza da Quarto di Garibaldi con un contingente militare di 2000 volontari "...dicono per la Sicilia..."

Cordiali saluti.
Antonello Cerruti
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Napoli1860
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Re: Collezione "Al di qua del Faro" - Napoli 1858-1863

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filippo_2005 ha scritto: 19 marzo 2025, 11:22 ho trovato una lettera (una delle più brutte che ho e che avevo messo anche tra quelle cedibili) riportante la data dell'8 dicembre 1860 ("Partenza da Napoli") [...] Magari posso rivalutarlo un po, anche se il testo non porta notizie risorgimentali?
Allora, ti dico come la vedo io, che poi è una visione così minimalista che penso che nessuno fatici a rivedercisi.

Partiamo da un punto generale, che per me è banale, anche se - capisco - può suonare controintuitivo: l'oggetto singolo non esiste.

L'oggetto esiste - acquista valore, significato, scopo, in breve "inizia a parlare" - solo quando viene riunito con oggetti a esso simili o affini, con cui entra in dialogo, con cui crea un gioco di specchi, di rinvii e di rimandi reciproci, affinché - chi osserva la collezione dall'esterno - abbia la sensazione di trovarsi davanti a una vera e propria narrazione che non ammette mutilazione.

Esiste la collezione, non l'oggetto, e anche se la collezione appare composta da oggetti, non ne è mai la semplice sommatoria. La collezione io me la raffiguro come il corpo umano, un tutt'uno indivisibile, che poi, sì, per convenzione possiamo sezionare in singole parti (mani, piedi, dita, caviglie, etc.) che però di per sé non esistono (prova a staccare una mano dal corpo a cui appartiene: quanto può durare, prima di marcire?)

Quindi, in una collezione come la mia - con una chiara impronta storica, e solo accidentalmente filatelica - una lettera datata "8 dicembre 1860", più che essere "rivalutata un po'", risplenderebbe nel contesto generale a cui fornirebbe essa stessa una nuova luce. Per contro - all'estremo opposto - inserita in una collezione rigorosamente filatelica o storico-postale - costruita da chi, magari, sostiene che le lettere del 17 marzo 1861 sono come tutte le altre, perché nessun evento postale significativo si è verificato in quella data - ecco che un "8 dicembre 1860", a più forte ragione, non vorrebbe dire granché.

Ecco, io credo che vada recuperata questa "relatività valutativa" - un pezzo vale (filatelicamente, sul piano collezionistico) nella misura in cui aggiunge pregio all'insieme in cui va ad inserirsi, e al contempo al maggior pregio che conferisce allo stesso insieme - piuttosto che tentare improbabili valutazioni "in vitro" o "stand-alone".

Io do enorme importanza non solo alle date, ma persino ai destinatari delle lettere, al punto che in "Al di qua del Faro" si annida una sotto-collezione di "Nobiltà ottocentesca", che prima o poi mi deciderò ad enucleare per dargli evidenza automa (una sorta di "spin-off").

In tema date, ad esempio, butto lì un bellissimo 18 aprile 1861, che per il 99.9% delle persone non vuol dire nulla, ma che per me (e non solo per me) è una data pazzesca (Gramellini e Fruttero l'hanno inserita nella loro lista di "date che hanno fatto l'Italia)
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Cosa è successo il 18 aprile 1861? E' successo questo (e la ricostruzione è fedelissima, basata sui verbali della seduta)

https://www.youtube.com/watch?v=2rEAu5QemI0&t=150s

E ovviamente, quando ho trovato una lettera datata 18 aprile 1861, mi ci sono fiondato, valorizzandola come meritava, in rapporto alla collezione che mi piace fare.

https://aldiquadelfaro.blogspot.com/202 ... talia.html

Ma se tu mi chiedi se il 18 aprile 1861 ha valore in sé, la mia risposta secca è "no, non ha valore in sé, perché nulla ha valore in sé, nemmeno una lettera affrancata per 200 grana con una striscia di 4 del 50 grana"
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Re: Collezione "Al di qua del Faro" - Napoli 1858-1863

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filippo_2005 ha scritto: 19 marzo 2025, 11:22 " L'8 dicembre, (altro giorno piovoso con foschia), mentre il re Francesco II di Borbone, in occasione della festività dell'Immacolata Concezione, emanava un proclama in cui denunciava l'aggressione piemontese, il re Vittorio Emanuele II di Savoia si recò in visita a Mola di Gaeta, oggi Formia, per osservare i progressi delle operazioni militari".
Non so da dove provenga la citazione, ma la devo rettificare: quello dell'8 dicembre 1860 non è "un" proclama, ma "il" proclama... qualcosa di semplicemente struggente...
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Re: Collezione "Al di qua del Faro" - Napoli 1858-1863

Messaggio da Napoli1860 »

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Re: Collezione "Al di qua del Faro" - Napoli 1858-1863

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Concordo in linea generale con quanto scrivi, comunque sono stato felice di avere avuto uno spunto, grazie al topic, per guardare il pezzo da una angolazione mai considerata (a volte mi accorgo di cose dopo decine di anni!!!!!) Ciao:
Ps la citazione viene da wikipedia...poi il proclama lo sono andato a leggere ed effettivamente è veramente "sentito".
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Re: Collezione "Al di qua del Faro" - Napoli 1858-1863

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Antonello Cerruti ha scritto: 19 marzo 2025, 12:11 ... dopo aver fatto parte della collezione "Quando la Storia era cronaca" che misi insieme in trenta anni di ricerche e vendetti una quindicina di anni fa, quando mi resi conto che aveva raggiunto un interesse che la rendeva suscettibile di "notifica" delle sovraintendenze.
In questa lettera si racconta della partenza da Quarto di Garibaldi con un contingente militare di 2000 volontari "...dicono per la Sicilia..."
Senza parole. Parla da sé. Solo da ammirare. Ogni commento la guasterebbe.
Antonello Cerruti ha scritto: 19 marzo 2025, 12:11 Già, Garibaldi.
Ma la spedizione dei mille, ci dice la storia, fu davvero organizzata da Cavour?
E quanto era segreta?
Su questo - da quel che ho potuto capire - generazioni di storici ci si sono spaccati la testa, temo senza giungere a nessuna conclusione intuitiva e facilmente comunicabile.
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Re: Collezione "Al di qua del Faro" - Napoli 1858-1863

Messaggio da sergio de villagomez »

Napoli1860 ha scritto: 19 marzo 2025, 10:44 Maurilio, hai toccato un punto della più grande rilevanza, che spesso si tende a sottovalutare: dentro a una guerra ci sono gli uomini – i singoli individui, con le loro paure e le speranze, il loro coraggio e la codardia – e questo aspetto squisitamente “umano” conta molto più di quanto si creda, e mi spingo a dire che può diventare tutto.

La battaglia di Calatafimi è paradigmatica: non fu una disfatta per i borbonici, e non fu un trionfo per i garibaldini, e la vittoria delle Camicie Rosse – arrivo a dire – fu più che altro morale; eppure questa battaglia – già all’epoca, e più forte ragione nella memorialistica successiva – assunse un’intonazione da tregenda, come se da questo piccolo scontro dipendessero gli esiti di tutto ciò che sarebbe venuto dopo.

E lo stesso si può dire dell’ultima battaglia, quella del Volturno; nei miei appunti c’è questa annotazione: “Le truppe garibaldine hanno perso più di tremila uomini, quelle napoletane la speranza”
Buongiorno, trovo molto interessante questo spunto riguardante le battaglie che si susseguirono nell'avanzata dei garibaldini verso nord.
Tempo fa, acquistai a Veronafil questo piego per il particolare annullo di Comacchio ma, decifrando il testo, è decisamente più interessante l'interno che la pur gradevole affrancatura.
Ci troviamo nel novembre del 1860 ed un signore scrive, nello stesso piego, sia ad una nobildonna nonchè al fratello ferito nella battaglia di Caiazzo tra garibaldini e napoletani e catturato da questi ultimi.
Comacchio.jpg
Comacchio2.jpg
Comacchio3.jpg
Ecco i testi (ho sottolineato i pezzi più importanti):
"Carissimo fratello,
è inutile dirti che ricevemmo con immenso piacere le tue notizie, le quali ci giunsero ieri, quantunque il tuo colonnello fin dalla settimana scorsa avesse scritto a nostro papà e prima anche avessimo avuto notizie certa della vostra prigionia. Quello che ci angustiava era il non sapere con precisione a qual braccio fossi ferito: ed ora pure restiamo col desiderio di conoscere in che sia consistita la ferita. Le famiglie Ducati, Pilati, Cavalieri il dottore, Burò e Nari stan ben, e sono sufficientemente tranquille sullo stato dei loro figliuoli, del secondo dei quali, cioè da Gaetanino si ebbero notizie positive anche prima che giungesse la lettera Cattabeni. Questi non ha per anco riscontrato alla lettera che gli si diresse e in cui gli si richiedeva il modo di farvi pervenire un po' di denaro.
Solo la famiglia del nostro cugino è angustissima perché di lui non si ha notizia alcuna ed anzi quelle che hanno sparso i reduci sono tristissime.
Abbraccia tutti i tuoi compagni per conto delle loro famiglie, e di tutti gli amici, i quali sono vivamente interessati per voi, e cercano tutti di dare e ricevere le vostre nuove.
Pierino, dietro esame, è passato sergente. Ora è a Firenzuola.
Speriamo che come a Capua seguitaste ad essere ben trattati, e ne saremmo certi se vedremo vostre lettere.
Nostra mamma fa miracoli. Dalle prime notizie in poi è bastantemente quieta. Forse perché le prime notizie furono terribili. Ci fu chi le disse, forse per darle prova che le parlava con schiettezza, che eri stato ferito alla mano destra, e che l'avevan dovuto tagliare. Anche le nostre sorelle non son tante costernate, e se non partecipassero del dolore delle nostre cugine e zia, sarebbero anche più sollevate. Il tuo colonnello ha promesso di ricondurti a noi esso stesso allorché fossi libero.
In attesa si che di cuore tutti ti inviamo mille baci

li 11 novembre 1860

il tuo Gaetano
"


Comacchio4.jpg
"Gentilissima Signora Chiarina,
nel desiderio di darle notizie migliori di quelle, che ha già avute, dilazionava di scrivere : ma giacché ella ora sa quanto noi, le trascrivo alcuni paragrafi della lettera che ricordava Luigino nella sua, e che pervenne a mio papà “vostro figlio si trovava ufficiale nel mio battaglione: e fu questo che si distinse più di ogni altro per il coraggio che dimostrò nel 19 e 21 settembre. In ricompensa di quanto ha fatto fu nominato capitano. Se io vivo lo debbo alla generosità del figlio vostro. L'ultima carica che fu data alla baionetta avevo al mio fianco il vostro bravo figlio, quando un colpo di mitraglia ci colpì tutti due. Vostro figlio non mi volle abbandonare, e quantunque esso pure ferito al braccio sinistro mi trasportò fin alla prossima barricata. Nella stessa sera ci condussero all'ospedale militare di Capua dove ci trattarono molto bene. La settimana scorsa io fui cambiato con un ufficiale regio, e lasciai Vostro figlio in buonissima salute e la sua ferita era quasi cicatrizzata”.
Può immaginare in quanta afflizione si trovò mia mamma, e le mie sorelle alle prime notizie, molto confuse e anche peggiori delle successive.
Già lo sa Luigino è ora sottotenente prigioniero di guerra al forte di Gaeta.
Ricevetti fin dal mese scorso una graditissima di Fabrizio, e ritornai ai di lui fratelli il parere firmato di altri due ingegneri, cioè da quanti si trovano colà. Se avessi avuto anche un po' di tempo mi farei procurare la piante delle saline, ed avrei mandato il lucido per Camillo.
Ma propriamente finora sono affollatissimo. Se però egli avesse qualche relazione colla direzione delle finanze dei conti, potrebbe avere non solo il lucido che desidera ma una descrizione di quanto concerne quello stabilimento. Fu la pianta e la detta descrizione, inviata circa due anni fa, dagli ingegneri governativi, qualche tempo dopo che le saline furono consegnate a Dol.
Un tenerissimo abbraccio a Fabrizio a Camillo e molti baci a Memo.
Come sentii con moltissimo dispiacere le notizie della famiglia. A Memo auguro un'Enrichetta piuttosto che un Enrico: ma converrà prenda quel che gli verrà fatto. E il mio signor Professore e la mia signora Serafina e la signora Giulia che cosa dicono? Di me certamente che sono un trascurato.... ma poi son buoni e se me li riverisce cordialissimamente essi mi perdonano. Simone ha fatto un lungo viaggio ed ora è di ritorno. Se restasse vacante il posto di custode del porto, io cercherei di entrarvi per avere a che fare con persone della professione la quale mi proporrebbe per suo aiuto anche nelle altre facende del suo riparto, e con non diminuendo nell'interesse acquisterei nelle cognizioni e mi metterei a pensare di passare un po' più oltre. L'ingegnere delle valli è passato nel corpo degli ingegneri ed a questo posto che aspira l'attuale custode del porto e che la fiducia di essere ammesso. Io già ho fatto qualche passo. Ma senza che si affretti quel passaggio, io sono incagliato.
Mia signora Chiarina mi dia spesso le loro nuove e quelle del mio professore e della di lui famiglia, e dei comuni amici e conoscenti. L'Erminia, a cui era partito il marito, e che fu venuta a prendere dalla madre, è ora tornata colla spesa. Suo fratello ha 120 nepoletane al mese. Minottini è sempre qui, lo dica al professore, ed è appunto presso di lui che io desidererei di essere, ed egli ne sarebbe contento perché l'attuale custode non essendo soddisfatto della propria posizione, non ha molta premura negli affari che la riguardavano.
Saluti alla signora Luisa, a Nena, a Peppe a Cesare e Gaetano e a papà nel mentre ch'io ringraziandola delle notizie che mi ha fatto avere a nome anche di tutto il resto della famiglia, godo di ripetermi con sincerità.

Comacchio 11 novembre 1860

Suo servitore Gaetano Fabbrini
"

Visto che ci sono ;-) , ecco i link alla battaglia sunnominata https://www.comunedicaiazzo.it/19-21-se ... di-caiazzo nonchè qualche notizia sul Colonnello Cattabeni https://it.wikipedia.org/wiki/Giovan_Battista_Cattabeni ed, infine, la notizia dell'assegnazione della medaglia d'argento a Luigi Fabbrini per l'atto di eroismo
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Oh! Qui io fisserò il mio sempiterno riposo, e scoterò, da questa carne stanca del mondo, il giogo delle avverse stelle (W. Shakespeare - Giulietta e Romeo)
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mene60
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Re: Collezione "Al di qua del Faro" - Napoli 1858-1863

Messaggio da mene60 »

Innanzitutto, visto che è il 19 marzo, auguri ai due Giuseppe!
Ho rivisto con piacere il vecchio sceneggiato RAI, col discorso di Garibaldi (Giuseppe anche lui, un augurio di buon onomastico postumo) che anch'io ricordavo giorni addietro.
Approfitto, a proposito di date, per farvi vedere due altre date storiche: spero non me ne vorrete se non riguardano le vicende del regno delle Due Sicilie, ma quelle del Lombardo Veneto.
La prima:
Lettera 26-4-1859.png


Essa porta la data del 26 aprile 1859, giorno nel quale il governo sardo respinse l'ultimatum austriaco per la smobilitazione dell'esercito dando così di fatto inizio alla seconda guerra d'indipendenza. Il testo è una comunicazione al marchese Cusani Confalonieri di un appuntamento per un atto notarile a Milano il giorno 28: la vita ordinaria che procede col suo passo mentre la storia corre.
La seconda:
Lettera 3-10-1866.png
Questa è una semplice sopraccoperta e neppure completa, ma al verso è annotata la data di spedizione. Il 3 ottobre è quello del 1866, quando fu stipulata la pace di Vienna che, concludendo la terza guerra d'indipendenza, sanciva la perdita del Veneto da parte dell'Austria e consegnava definitivamente il regno Lombardo Veneto alla storia passata.
Queste due date, quindi, sono le parentesi tra le quali si racchiude la storia della conquista di Lombardia e Veneto operata dai Savoia.
Come ricorda spesso Giuseppe (napoli 1860) i francobolli dicono già tutto: nel 1859 c'è Francesco Giuseppe, nel 1866 Vittorio Emanuele II a segnare il passaggio del potere effettivo nella parte centro orientale del Nord Italia.
Un salutone.

Maurilio
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Napoli1860
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Re: Collezione "Al di qua del Faro" - Napoli 1858-1863

Messaggio da Napoli1860 »

sergio de villagomez ha scritto: 19 marzo 2025, 12:59 Tempo fa, acquistai a Veronafil questo piego per il particolare annullo di Comacchio ma, decifrando il testo, è decisamente più interessante l'interno che la pur gradevole affrancatura.
Per questa lettera di Sergio, come anche per la precedente di Antonello, conviene forse mutuare le parole di altri, vista l'impossibilità di dir meglio.

"Questi due quadretti raffiguranti le sale della Reggia di Napoli al tempo di Murat, appesi in casa mia, sembrano come prolungarne magicamente l'estensione, sicché quelle stanze in miniatura in cui io non penetro che con la fantasia finiscono per essere non meno reali per me delle stanze vere e proprie. E' come se aprissi una porta segreta, nella camera dove vivo, e m'inoltrassi in un palazzo abbandonato, quasi in una mia seconda casa dagli ombrosi lacunari che non echeggiano più di voci umane".

A parlare, qui, è Mario Praz, ma cambiate quel minimo che c'è da cambiare ("lettere" invece di "quadretti", "narrazione della lettera" invece di "sale della Reggia di Napoli", "palazzo" con "campo di battaglia", etc.) è tutto il resto può rimanere inalterato, restituendo splendidamente tutto il carico - storico, culturale, emotivo - di cui gli oggetti mostrati sono portatori: davvero, è come se di punto in bianco riportassero in vita un mondo intero, che diventa non meno reale del mondo di oggi, in cui viviamo adesso...
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lingo
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Re: Collezione "Al di qua del Faro" - Napoli 1858-1863

Messaggio da lingo »

Napoli1860 ha scritto: 18 marzo 2025, 10:40
lingo ha scritto: 15 marzo 2025, 16:13 Un mio microscopico contributo.
Caro Pasquale, il contributo non è affatto microscopico... tutt'altro!
E - ti assicuro - non è una considerazione di maniera, un formale scambio di cortesie dovute, proprio no.
Il valore (filatelico, collezionistico) non è mai - banalmente - nel suo prezzo di mercato (valore economico) ma neppure - lasciami dire - nella sua intrinseca rarità filatelica.
Il valore più genuino di un oggetto da collezione è nella sua capacità di "parlare", di "comunicare fatti rilevanti" (rispetto alla storia che si è deciso di raccontare con la propria collezione), di "entrare in dialogo con gli altri pezzi che ha accanto", affinché il tutto (la collezione) possa dialogare al meglio con lo spettatore.
E il tuo contributo, da questa prospettiva - che ritengo appunto la più genuina e autentica - è davvero notevole!
Grazie Giuseppe, allora insisto.
Colgo l'occasione per rinnovare i miei ringraziamenti per quello che ci state mostrando.

Lettera dal contenuto di carattere commerciale partita da Napoli il 19 gennaio 1861 per Maglie, affrancata con una coppia del un grano seconda tavola di colorazione carminio, annullata con bollo in “cartella” nero. Il francobollo nella posizione 119 presenta parziale filigrana giglio capovolta e la posizione 120, con la particolarità d’incisione é senza filigrana. La lettera fu affrancata per grana due, quale tariffa per lettere di un foglio all’interno del Regno.

Data d’interesse storico: Il 19 gennaio 1861 (data di partenza da Napoli della lettera in collezione) le navi da guerra francesi presenti nella rada di Gaeta, che fino a quel momento avevano impedito l'assedio da mare dell’esercito piemontese sulla roccaforte di Gaeta - dove era rifugiato Re Francesco II con il suo seguito -, salparono, perché mediante trattative segrete si era raggiunto un accordo in tal senso tra Cavour e Napoleone III.
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_____________
Cordiali saluti
Pasquale Agosti
Napoli1860
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Re: Collezione "Al di qua del Faro" - Napoli 1858-1863

Messaggio da Napoli1860 »

mene60 ha scritto: 19 marzo 2025, 14:18 Innanzitutto, visto che è il 19 marzo, auguri ai due Giuseppe!
[...]
Approfitto, a proposito di date, per farvi vedere due altre date storiche: spero non me ne vorrete se non riguardano le vicende del regno delle Due Sicilie, ma quelle del Lombardo Veneto.
Ciao Maurilio, grazie per gli auguri, e, no, le tue lettere non sono affatto fuori luogo.

Andiamo con ordine.

Sì, è vero, la Seconda Guerra di Indipendenza non coinvolgeva il Regno delle Due Sicilie, ma Ferdinando II la seguiva da vicino, e con parecchia angoscia in un periodo in cui era molto malato (da lì a meno di un mese sarebbe deceduto) tant'è - lo riferisce il de Cesare - la famiglia cercava di centellinargli le notizie che comunque gli venivano date in maniera edulcorata (per non farlo agitare).

Non appena scoppia la Seconda Guerra di Indipendenza - rievocata dalla tua lettera - il primo ad abbandonare i territori di confine è il Granduca di Toscana Leopoldo, che alla corte borbonica era soprannominato affettuosamente zì Popò di Toscana (la Granduchessa Maria Antonia era la sorella di Re Ferdinando) per distinguerlo dal Conte di Siracusa, anch'egli chiamato zì Popò e questo è il pensiero di Ferdinando II alla notizia...

5.png

Anche il riferimento alla Terza Guerra d'Indipendenza è molto più pertinente di quanto sembri, perché dà modo di ricordare una cosa spesso bellamente ignorata: Napoleone III NON voleva l'unità d'Italia; quello che voleva era sostituirsi all'Austria, nel controllo della penisola (gli accordi di Plombieres sono cristallini, in questo senso); rimase scioccato nel vedere con quanta sfrontatezza prendeva forma una realtà statuale che forse cominciava a fargli pure paura (a intuito, a normale buon senso: quale Stato sarebbe felice di veder sorgere un altro grande Stato attorno a uno dei suoi confini?); già l'11 maggio, quando Garibaldi sbarcò in Sicilia, provò a coinvolgere l'Inghilterra per un blocco navale che quanto meno gli impedisse di attraversare lo Stretto (ricevendo picche); e riconobbe il neonato Regno di Italia molto tardi, solo 12 luglio, addirittura dopo la Turchia, condendo le sue "congratulazioni" di una infinità di caveat.

Cosa c'entra tutto ciò con la Terza Guerra d'Indipendenza? C'entra, c'entra. Perché noi, oggi, sappiamo come finì, ma loro, all'epoca, erano di tutt'altro avviso. All'epoca di quella che noi chiamiamo Terza Guerra di Indipedenza - lo documenta lo storico Eugenio Di Rienzo - tutte le cancellerie europee erano stra-convinte che la Prussia si sarebbe sfracellata, che non avesse nessuna possibilità di vittoria. E Napoleone III pensò di approfittarne: se da un lato dialogava con l'Italia per dargli a intendere che si stava adoperando per fargli avere Venezia, dall'altro stipulava un accordo segreto con l'Austria con cui si impegnava - in caso di sconfitta prussiana - ad astenersi da qualsiasi intervento nella penisola italiana, semmai fossero sorti movimenti di popolo per riportare sul trono gli antichi Sovrani.

Le cose andarono poi come sappiamo - e di lì a poco gli stessi Prussiani avrebbero sbaragliato lo stesso Napoleone, aprendo ai Savoia la strada per Roma - ma all'epoca nessuno sapeva nulla, e tutto era possibile, e anzi si può dire che ciò che accadde era l'eventualità ritenuta meno probabile...
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