Prezzare gli Antichi Stati - casi di studio e insegnamenti
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Prezzare gli Antichi Stati - casi di studio e insegnamenti
Res tantum valet quantum vendi potest – ogni cosa vale quanto qualcuno è disposto a pagarla – è solo una tautologia, se presa alla lettera, che nulla ci dice sulle determinanti economiche del prezzo, e che tuttavia ben si attaglia agli oggetti filatelici degli Antichi Stati, tutti unici e irripetibili – nel bene o nel male – e quindi invalutabili con logica statistica, di domanda e offerta.
Vediamo un primo caso di studio.
Filsam ha offerto questa lettera – in asta – per circa cinque anni consecutivi (orientativamente dal 2015 al 2020, tavolta prendendosi della pause) a una base di 7.000 euro, da maggiorare per il 15% di commissioni (all’epoca le più competitive di un mercato che viaggiava su una media del 22%, con punte del 24%).
La lettera è andata sistematicamente invenduta, e Filsam non solo non ha mai ridotto la base tra una tornata e l’altra, ma si è sempre rifiutata di praticare sconti anche nel post-asta, a trattativa privata, quindi lontana dagli occhi del pubblico. È stata cioè seguita una linea dura: il prezzo (minino) è 7.000 (più 15% di commissioni) e 7.000 rimane; se non vi va bene, l’oggetto resta dov’è.
La lettera scompare per due anni, e riappare da Ghiglione, ancora con una base di 7.000 euro, ma stavolta con commissioni al 22%.
Risultato? Aggiudicata al martelletto a 9.500 (più 2.090 di commissioni).
Cosa ci insegna questo caso di studio?
Che prima di uscire con un prezzo (che nulla a che fare con la domanda e l’offerta) bisogna non solo essere relativamente sicuri della sua ragionevolezza (su base esperienziale) ma soprattutto assicurarsi di avere la forza necessaria per difenderlo, la capacità di non mollare la presa.
I francobolli degli Antichi Stati non sono oggetti di facile smercio (sono “altamente illiquidi” direbbero gli economisti): possono andare invenduti per le più svariate ragioni, alcune inimmaginabili, e molte sganciate dall’entità del prezzo richiesto.
Dubito – sinceramente – che chi ha acquistato la lettera a 9.500+22% sia un nuovo collezionista, germogliato tra il 2020 e il 2022; mi punge vaghezza – è molto più probabile – che lo stesso collezionista fosse già attivo prima del 2020; e allora perché non l’ha comprata a 7.000+15%? Inutile abbozzare una risposta, in assenza di un solo dato certo, visto che le ragioni plausibili sono potenzialmente infinite e qualunque congettura sarebbe pertanto arbitraria.
Rimane il fatto: la lettera non è stata venduta a 7.000+15%, ma ha trovato un acquirente a 9.500+22%.
Perciò, brava Filsam, bravo Ghiglione e bravo il conferente, bravi tutti, insomma, che avete difeso ciò che meritava di esser protetto, senza farvi prendere dalla smania di liquidare.
Insegnamento numero 1: i prezzi – una volta dichiarati – vanno difesi a oltranza (perciò attenzione, prima di dichiararli).
E ora andiamo al secondo caso di studio.
Vediamo un primo caso di studio.
Filsam ha offerto questa lettera – in asta – per circa cinque anni consecutivi (orientativamente dal 2015 al 2020, tavolta prendendosi della pause) a una base di 7.000 euro, da maggiorare per il 15% di commissioni (all’epoca le più competitive di un mercato che viaggiava su una media del 22%, con punte del 24%).
La lettera è andata sistematicamente invenduta, e Filsam non solo non ha mai ridotto la base tra una tornata e l’altra, ma si è sempre rifiutata di praticare sconti anche nel post-asta, a trattativa privata, quindi lontana dagli occhi del pubblico. È stata cioè seguita una linea dura: il prezzo (minino) è 7.000 (più 15% di commissioni) e 7.000 rimane; se non vi va bene, l’oggetto resta dov’è.
La lettera scompare per due anni, e riappare da Ghiglione, ancora con una base di 7.000 euro, ma stavolta con commissioni al 22%.
Risultato? Aggiudicata al martelletto a 9.500 (più 2.090 di commissioni).
Cosa ci insegna questo caso di studio?
Che prima di uscire con un prezzo (che nulla a che fare con la domanda e l’offerta) bisogna non solo essere relativamente sicuri della sua ragionevolezza (su base esperienziale) ma soprattutto assicurarsi di avere la forza necessaria per difenderlo, la capacità di non mollare la presa.
I francobolli degli Antichi Stati non sono oggetti di facile smercio (sono “altamente illiquidi” direbbero gli economisti): possono andare invenduti per le più svariate ragioni, alcune inimmaginabili, e molte sganciate dall’entità del prezzo richiesto.
Dubito – sinceramente – che chi ha acquistato la lettera a 9.500+22% sia un nuovo collezionista, germogliato tra il 2020 e il 2022; mi punge vaghezza – è molto più probabile – che lo stesso collezionista fosse già attivo prima del 2020; e allora perché non l’ha comprata a 7.000+15%? Inutile abbozzare una risposta, in assenza di un solo dato certo, visto che le ragioni plausibili sono potenzialmente infinite e qualunque congettura sarebbe pertanto arbitraria.
Rimane il fatto: la lettera non è stata venduta a 7.000+15%, ma ha trovato un acquirente a 9.500+22%.
Perciò, brava Filsam, bravo Ghiglione e bravo il conferente, bravi tutti, insomma, che avete difeso ciò che meritava di esser protetto, senza farvi prendere dalla smania di liquidare.
Insegnamento numero 1: i prezzi – una volta dichiarati – vanno difesi a oltranza (perciò attenzione, prima di dichiararli).
E ora andiamo al secondo caso di studio.
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Re: Prezzare gli Antichi Stati - casi di studio e insegnamenti
Gli Antichi Stati Italiani dell’Ingegner Provera – alla fine del ciclo ordinario di tornate d’asta da Corinphila – hanno sfiorato il sold-out. I pochi invenduti sono stati messi assieme e proposti in un’ultima asta “di quadratura”, dove sono stati esitati tutti. Quindi, di fatto, 100% di venduto.
Un caso di particolare interesse riguarda le miste di Napoli, tra Regno e Province: vi erano diverse lettere, in ognuna delle tornate, proposte a basi apparentemente più che ragionevoli – intorno ai 2.500, mi sembra di ricordare – ma che sono andate tutte invendute, nel corso del ciclo ordinario.
E cosa ha fatto Corinphila, nell’asta “di quadratura”, per la liquidazione degli invenduti precedenti? Ha dimezzato le basi. Sì, avete capito bene: basi dimezzate, divise per 2, rispetto al primo giro. E cos’è successo, allora? Che diverse lettere sono state combattute sino a raggiungere un realizzo pari alla base dell’asta ordinaria, in pratica hanno raddoppiato la nuova base, portandosi al livello della precedente, sulla spinta del gioco dei rilanci.
Ne viene l’insegnamento numero 2, che è poi il completamento dell’insegnamento 1: i prezzi – una volta dichiarati – vanno difesi a oltranza, perciò attenzione prima di dichiararli; ma se per una qualsiasi ragione ti rendi conto di averli dichiarati male, allora taglia brutalmente, senza indugio.
E veniamo all’ultimo insegnamento, il numero 3, che decliniamo al negativo, a rappresentare il naturale completamento di 1 e 2.
Un caso di particolare interesse riguarda le miste di Napoli, tra Regno e Province: vi erano diverse lettere, in ognuna delle tornate, proposte a basi apparentemente più che ragionevoli – intorno ai 2.500, mi sembra di ricordare – ma che sono andate tutte invendute, nel corso del ciclo ordinario.
E cosa ha fatto Corinphila, nell’asta “di quadratura”, per la liquidazione degli invenduti precedenti? Ha dimezzato le basi. Sì, avete capito bene: basi dimezzate, divise per 2, rispetto al primo giro. E cos’è successo, allora? Che diverse lettere sono state combattute sino a raggiungere un realizzo pari alla base dell’asta ordinaria, in pratica hanno raddoppiato la nuova base, portandosi al livello della precedente, sulla spinta del gioco dei rilanci.
Ne viene l’insegnamento numero 2, che è poi il completamento dell’insegnamento 1: i prezzi – una volta dichiarati – vanno difesi a oltranza, perciò attenzione prima di dichiararli; ma se per una qualsiasi ragione ti rendi conto di averli dichiarati male, allora taglia brutalmente, senza indugio.
E veniamo all’ultimo insegnamento, il numero 3, che decliniamo al negativo, a rappresentare il naturale completamento di 1 e 2.
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Re: Prezzare gli Antichi Stati - casi di studio e insegnamenti
Ogni mattina un venditore si alza, consapevole di dover difendere a oltranza il suo prezzo, senza paura.
Ogni mattina un altro venditore si alza, consapevole di dover tagliare brutalmente il suo prezzo, senza paura.
Non importa che tua sia un venditore che difende o che taglia: non devi avere paura.
Cos’è che non va bene, che rende ridicolo chi vuole vendere, strappa sorrisetti di commiserazione a chi deve acquistare, e in definitiva mortifica inutilmente quell’oggetto – il francobollo – che andrebbe invece tutelato sempre e comunque?
Il singhiozzare, il tirare sul col naso, il procedere a tanti piccoli ribassi: 1000 (invenduto); 990 (invenduto); 950 (invenduto); 900 (invenduto); e via così.
Questo stillicidio – il morire a poco a poco, per sgocciolamento – non solo conferisce un tratto grottesco a tutta la faccenda, ma è contrario a ogni rational economic behavior.
Chi difende un prezzo a oltranza – o addirittura lo alza – manda un segnale chiaro.
Chi taglia brutalmente un prezzo manda un segnale di altro tipo, ma altrettanto chiaro.
Chi procede goccia a goccia induce una spirale distruttiva: “se è disposto a passare da 1000 a 950, allora sarà disposto pure a scendere a 900, quindi conviene aspettare”, dirà tra sé e sé la potenziale controparte; ma quando il prezzo sarà diventato 900, l’aspettativa si rimodulerà: “se è sceso a 900, vuoi che non sia disposto a ridurre a 800?”; e via così, perché un piccolo ribasso crea di per sé la ragionevole convinzione che un altro piccolo ribasso sia ancora probabile, che sia sempre possibile scendere ancora un po’ per quanto in basso ci si trovi, senza mai incontrare un vero limite, un autentico punto fermo, che non sia la pura svendita.
“Io non credo nella fortuna” – viene fatto dire a John Nash, Premio Nobel per l'Economia, nella versione cinematografica della sua vita – “ma credo fermamente nell’assegnare un valore alle cose”.
Appunto. Bisogna imparare ad assegnare un valore ai francobolli antichi, senza infognarsi in concetti inapplicabili (come domanda-offerta) o demandare il compito a un soggetto terzo (il catalogo) o più in generale illudersi che qualcun altro possa accollarsi una responsabilità (dichiarare il prezzo) che è e rimane una prerogativa del venditore.
Ogni mattina un altro venditore si alza, consapevole di dover tagliare brutalmente il suo prezzo, senza paura.
Non importa che tua sia un venditore che difende o che taglia: non devi avere paura.
Cos’è che non va bene, che rende ridicolo chi vuole vendere, strappa sorrisetti di commiserazione a chi deve acquistare, e in definitiva mortifica inutilmente quell’oggetto – il francobollo – che andrebbe invece tutelato sempre e comunque?
Il singhiozzare, il tirare sul col naso, il procedere a tanti piccoli ribassi: 1000 (invenduto); 990 (invenduto); 950 (invenduto); 900 (invenduto); e via così.
Questo stillicidio – il morire a poco a poco, per sgocciolamento – non solo conferisce un tratto grottesco a tutta la faccenda, ma è contrario a ogni rational economic behavior.
Chi difende un prezzo a oltranza – o addirittura lo alza – manda un segnale chiaro.
Chi taglia brutalmente un prezzo manda un segnale di altro tipo, ma altrettanto chiaro.
Chi procede goccia a goccia induce una spirale distruttiva: “se è disposto a passare da 1000 a 950, allora sarà disposto pure a scendere a 900, quindi conviene aspettare”, dirà tra sé e sé la potenziale controparte; ma quando il prezzo sarà diventato 900, l’aspettativa si rimodulerà: “se è sceso a 900, vuoi che non sia disposto a ridurre a 800?”; e via così, perché un piccolo ribasso crea di per sé la ragionevole convinzione che un altro piccolo ribasso sia ancora probabile, che sia sempre possibile scendere ancora un po’ per quanto in basso ci si trovi, senza mai incontrare un vero limite, un autentico punto fermo, che non sia la pura svendita.
“Io non credo nella fortuna” – viene fatto dire a John Nash, Premio Nobel per l'Economia, nella versione cinematografica della sua vita – “ma credo fermamente nell’assegnare un valore alle cose”.
Appunto. Bisogna imparare ad assegnare un valore ai francobolli antichi, senza infognarsi in concetti inapplicabili (come domanda-offerta) o demandare il compito a un soggetto terzo (il catalogo) o più in generale illudersi che qualcun altro possa accollarsi una responsabilità (dichiarare il prezzo) che è e rimane una prerogativa del venditore.
- Antonello Cerruti
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Re: Prezzare gli Antichi Stati - casi di studio e insegnamenti
E il segnale è: SONO FUORI DAL MERCATO!!!Napoli1860 ha scritto: 29 maggio 2025, 20:19
Chi difende un prezzo a oltranza – o addirittura lo alza – manda un segnale chiaro.
Aderendo a questa falsa credenza i fantasioso Sassone ogni anno continua ad alzare i prezzi, giustificando l'abissale distanza dalle quotazioni reali con l'affermazione che loro valutano una qualità che, nella realtà, esiste per pochissimi francobolli (per lo più i loro).
Da sempre le attività economiche si basano su una gigantesca catena di S. Antonio che prospera quando i beni scarseggiano e la domanda aumenta.
Oggi l'oro continua ad aumentare perchè i sono grandi liquidità che vogliono ancorarsi al bene rifugio per eccellenza, viste anche le incertezze che circondano il dollaro.
Al contrario, i tappeti non hanno quasi più mercato perchè considerati oggetti di cui c'è una produzione continua ed eccedente, che non servono ed ingombrano (anche a causa delle situazioni climatiche e delle ridotte superfici delle case).
Per la filatelia è lo stesso: scarsissimo ricambio, forbice che si allarga a dismisura tra la realtà e quotazioni di catalogo irreali, altissime e scoraggianti.
L'assurdo è che c'è chi tiene altissime le quotazioni e poi, senza neanche mimetizzarsi sotto altre spoglie, approfitta delle aste per svendere lo stesso materiale.
Il tutto avallato da organi di categoria o associazioni che non vedono, non guardano e non parlano.
Cordiali saluti.
Antonello Cerruti
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Re: Prezzare gli Antichi Stati - casi di studio e insegnamenti
La colpa è mia, che ho buttato lì questo concetto, en passant, il quale invece rappresenta il fulcro di tutta la faccenda.Napoli1860 ha scritto: 29 maggio 2025, 20:13 ... agli oggetti filatelici degli Antichi Stati, tutti unici e irripetibili – nel bene o nel male – e quindi invalutabili con logica statistica, di domanda e offerta.
Tutti i vostri discorsi - da ultimo questo di Antonello - sono viziati da una presunzione di fondo, alla lettera: voi presumete di sapere cosa sia un mercato, ma di fatto lo ignorate del tutto, tant'è vero che applicate questa etichetta - "mercato" - a qualunque luogo fisico o virtuale in cui a qualunque titolo avviene uno scambio purchessia, tanto è vero che parlate di "legge della domanda e dell'offerta" come se "domanda" e "offerta" fossero due amiche che si sono date appuntamento al bar e non devono far altro che incontrarsi, tanto è vero che... potrei continuare all'infinito a inanellare pseudo-analisi abboracciate alla bell'è meglio sulla scorta di pseudo-concetti per di più appena orecchiati, o, nella migliore delle ipotesi, di intuizioni ingenue malamente estrapolate.
Volendo riavvolgere il nastro, e tornare proprio al punto di partenza, chi è che saprebbe rispondere a questa domanda - che cos'è un mercato? - così, di getto, senza improvvisare ricerche in internet o consultare l'intelligenza artificiale?
Chi è che saprebbe dire - a parole sue, come dicevano i maestri di scuola dei miei tempi - quali condizioni devono essere soddisfatte affinché si possa parlare di "mercato" e di "prezzi di mercato"?
Perché se - come credo - nessuno sa rispondere, allora non sapete di cosa state parlando, e se non sapete di cosa state parlando, si può sapere di cosa state parlando?
- Antonello Cerruti
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Re: Prezzare gli Antichi Stati - casi di studio e insegnamenti
Il mercato è il punto (luogo fisico o immateriale) in cui si incontrano domanda ed offerta.
Cordiali saluti.
Antonello Cerruti
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Re: Prezzare gli Antichi Stati - casi di studio e insegnamenti
"Mercato", "prezzi di mercato", "quotazioni di catalogo" sono le ultime scorie dell'immensa bolla speculativa in cui la filatelia è nata e rimasta avvolta per oltre un secolo.
La bolla è finalmente scoppiata, ma purtroppo queste scorie sono dure a smaltirsi, peggio del plutonio, e potrebbero volerci più di 24.000 anni per capire quanto quelle parole - "mercato", "prezzi di mercato", "quotazioni di catalogo" - sono utili alla (vera) filatelia come una bicicletta può esserlo a un pesce...
La bolla è finalmente scoppiata, ma purtroppo queste scorie sono dure a smaltirsi, peggio del plutonio, e potrebbero volerci più di 24.000 anni per capire quanto quelle parole - "mercato", "prezzi di mercato", "quotazioni di catalogo" - sono utili alla (vera) filatelia come una bicicletta può esserlo a un pesce...
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Re: Prezzare gli Antichi Stati - casi di studio e insegnamenti
Come dire: se lascio un oggetto per aria, cade perché sotto c'è il vuoto. Vero, senz'altro. Ma decisamente povera, come spiegazione.Antonello Cerruti ha scritto: 31 maggio 2025, 11:26 Il mercato è il punto (luogo fisico o immateriale) in cui si incontrano domanda ed offerta.
Cordiali saluti.
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Re: Prezzare gli Antichi Stati - casi di studio e insegnamenti
Le quotazioni reali, in filatelia, oscillano verso l'alto o verso il basso di continuo.
Chi ha la mia età ricorda i tempi del boom e dello sboom; ricorda quando nei convegni non si poteva entrare se non usciva un altro frequentatore, tanta era la folla che si accalcava; ricorda quando solo stand Bolaffi era assediato dai collezionisti inferociti perchè aveva abbassato le quotazioni; ricorda quando ci si faceva raccomandare per acquistare ne novità alle poste vaticane o quando i commercianti filatelici si vergognavano della loro professione.
"Panta rei..."
Cordiali saluti.
Antonello Cerruti
Chi ha la mia età ricorda i tempi del boom e dello sboom; ricorda quando nei convegni non si poteva entrare se non usciva un altro frequentatore, tanta era la folla che si accalcava; ricorda quando solo stand Bolaffi era assediato dai collezionisti inferociti perchè aveva abbassato le quotazioni; ricorda quando ci si faceva raccomandare per acquistare ne novità alle poste vaticane o quando i commercianti filatelici si vergognavano della loro professione.
"Panta rei..."
Cordiali saluti.
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Re: Prezzare gli Antichi Stati - casi di studio e insegnamenti
Perchè? Non avviene lo stesso in qualsiasi Borsa, in tutto il mondo?Napoli1860 ha scritto: 31 maggio 2025, 11:28Come dire: se lascio un oggetto per aria, cade perché sotto c'è il vuoto. Vero, senz'altro. Ma decisamente povera, come spiegazione.Antonello Cerruti ha scritto: 31 maggio 2025, 11:26 Il mercato è il punto (luogo fisico o immateriale) in cui si incontrano domanda ed offerta.
Cordiali saluti.
Antonello Cerruti
Eppure è così semplice: le complicazioni nascono quando ci si mettono di metto quelli che vogliono governare l'imponderabile.
Cordiali saluti.
Antonello Cerruti
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Re: Prezzare gli Antichi Stati - casi di studio e insegnamenti
Zio Wittgenstein aveva ragione: tutti i problemi della vita sono problemi di - uso improprio del - linguaggio.
Il linguaggio - in effetti - non serve solo a verbalizzare una realtà esterna a noi.
Il linguaggio ha in sé una straordinaria potenza creativa: è il linguaggio a determinare la nostra realtà, il nostro mondo, tant'è - citando ancora zio Wittgenstein - che i limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo.
Questa frase:
E quindi, siccome diciamo "il Sole sorge", siccome ho la senzazione che sia il Sole a muoversi, siccome la Terra mi sembra ferma, allora... il sistema tolemaico è corretto.
Qui siamo a questo stesso livello di ragionamento, a causa di un linguaggo inappropriato.
E' il linguaggio a doversi adattare ai fatti - sempre con zio Wittgenstein - e non l'inverso. Cercare di modellare l'interpretazione di un fenomeno su un linguaggio già formato e riempito a priori può solo condurre a false conclusioni sulla natura delle cose.
Come si vede qui.
Non a caso avevo osservato che
Ragionate per (improprie e fuorvianti) analogie, non avendo la forma mentis adatta allo specifico contesto.
E non a caso queste analogie - improprie e fuorvianti - non spiegano perché un agente razionale e ottimizzante - secondo i parametri canonici dei mercati che prendete impropriamente a riferimento - ha scelto di acquistare qualcosa a 9.500+22%, quando due anni prima poteva comprarla a 7.000+15%.
Il linguaggio - in effetti - non serve solo a verbalizzare una realtà esterna a noi.
Il linguaggio ha in sé una straordinaria potenza creativa: è il linguaggio a determinare la nostra realtà, il nostro mondo, tant'è - citando ancora zio Wittgenstein - che i limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo.
Questa frase:
assomiglia molto all'espressione "il Sole sorge". Che sembra innocua - tant'è che la si usa di continuo - ma che ha in sé un potenziale equivoco micidiale: il Sole sorge, il Sole tramonta, sono frasi che - prese alla lettera - suggeriscono l'idea di un Sole in movimento, tanto più che la nostra immediata percezione sensoriale, ciò che cade brutalmente sotto i nostri occhi, è proprio l'immagine di un Sole che si muove (che sorge, si alza nel cielo, scende e tramonta, per ricominciare il giorno dopo) anche perché, per altro verso, non c'è nulla nella nostre immediate percezioni sensoriali che ci possa far immaginare una Terra in movimento, su sè stessa e intorno al Sole (in pratica viviamo su una meravigliosa attrazione da luna park, senza però accorgercene).Antonello Cerruti ha scritto: 31 maggio 2025, 11:32 Le quotazioni reali, in filatelia, oscillano verso l'alto o verso il basso di continuo.
E quindi, siccome diciamo "il Sole sorge", siccome ho la senzazione che sia il Sole a muoversi, siccome la Terra mi sembra ferma, allora... il sistema tolemaico è corretto.
Qui siamo a questo stesso livello di ragionamento, a causa di un linguaggo inappropriato.
E' il linguaggio a doversi adattare ai fatti - sempre con zio Wittgenstein - e non l'inverso. Cercare di modellare l'interpretazione di un fenomeno su un linguaggio già formato e riempito a priori può solo condurre a false conclusioni sulla natura delle cose.
Come si vede qui.
Osservate: si usa un linguaggio già formato e riempito a priori - sul mercato dell'oro, sulla Borsa Valori - per intepretare una realtà terza, che andrebbe a rigore modellata e intrepretata ex novo, all'occorrenza creando per essa un nuovo linguaggio, specifico e dedicato.Antonello Cerruti ha scritto: 31 maggio 2025, 11:34 Perchè? Non avviene lo stesso in qualsiasi Borsa, in tutto il mondo?
Non a caso avevo osservato che
Siete così abituati a ragionare in termini speculativi, a vivere la filatelia come una pura e mera speculazione, che trovate naturale appoggiarvi a ciò che accade in ambienti notoriamente speculativi - i mercati dell'oro, dei titoli finanziari - per sostenere le vostre tesi in un ambito - quello collezionistico - che vive di tutt'altre logiche e richiederebbe tutt'altro genere di linguaggio.Napoli1860 ha scritto: 31 maggio 2025, 11:27 "Mercato", "prezzi di mercato", "quotazioni di catalogo" sono le ultime scorie dell'immensa bolla speculativa in cui la filatelia è nata e rimasta avvolta per oltre un secolo.
Ragionate per (improprie e fuorvianti) analogie, non avendo la forma mentis adatta allo specifico contesto.
E non a caso queste analogie - improprie e fuorvianti - non spiegano perché un agente razionale e ottimizzante - secondo i parametri canonici dei mercati che prendete impropriamente a riferimento - ha scelto di acquistare qualcosa a 9.500+22%, quando due anni prima poteva comprarla a 7.000+15%.
Ultima modifica di Napoli1860 il 31 maggio 2025, 12:18, modificato 1 volta in totale.
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Re: Prezzare gli Antichi Stati - casi di studio e insegnamenti
Ma che domanda è?
Due anni fa non aveva un euro, oppure non collezionava Napoli, oppure era in sud America e non seguiva le aste italiane, oppure vattelapesca...
Non ci può essere sempre una risposta intelligente ad una domanda senza senso.
Cordiali saluti.
Antonello Cerruti
Due anni fa non aveva un euro, oppure non collezionava Napoli, oppure era in sud America e non seguiva le aste italiane, oppure vattelapesca...
Non ci può essere sempre una risposta intelligente ad una domanda senza senso.
Cordiali saluti.
Antonello Cerruti
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Re: Prezzare gli Antichi Stati - casi di studio e insegnamenti
Ma il valore monetario è irrinunciabile: se ho 2 60 cr in Collezione e a te manca , ma io voglio comprare un 3 lire difettoso e te non ce l’hai, devo tramutare uno dei 60 cr in moneta e con essa comprare altrove il mio 3 lire
In questa logica se l’utente X 10 anni fa non collezionava Napoli e lutente Y ha venduto un 60 cr o ha avuto altre entrate ed entrambi si ritrovano con la moneta in cassa a volere lo stesso oggetto esso sale , quando invece prima e’ andato invenduto N volte a meno perché l’utente X non esisteva e l’utente Y non aveva moneta.
In questa logica se l’utente X 10 anni fa non collezionava Napoli e lutente Y ha venduto un 60 cr o ha avuto altre entrate ed entrambi si ritrovano con la moneta in cassa a volere lo stesso oggetto esso sale , quando invece prima e’ andato invenduto N volte a meno perché l’utente X non esisteva e l’utente Y non aveva moneta.
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Re: Prezzare gli Antichi Stati - casi di studio e insegnamenti
Penso che le rispettive opinioni siano chiare, e ognuno, leggendo, potrà formarsi la sua.
Direi di passare oltre, non prima di aver fatto notare che io non ho mai parlato di quotazioni di catalogo.
Tutte le mie considerazioni si riferiscono a prezzi effettivi – effettivamente richiesti dalle case d’asta – a prezzi a cui avvengono (o non avvengono) transazioni.
Che ben difficilmente si riusciranno a spiegare, se si rimane irretiti in una visione insufficiente e distorta che assimila il cosiddetto “mercato filatelico” (“circuito di scambio” sarebbe l’espressione corretta, meno impegnativa) a qualsiasi altro mercato (in senso proprio).
Direi di passare oltre, non prima di aver fatto notare che io non ho mai parlato di quotazioni di catalogo.
Tutte le mie considerazioni si riferiscono a prezzi effettivi – effettivamente richiesti dalle case d’asta – a prezzi a cui avvengono (o non avvengono) transazioni.
Che ben difficilmente si riusciranno a spiegare, se si rimane irretiti in una visione insufficiente e distorta che assimila il cosiddetto “mercato filatelico” (“circuito di scambio” sarebbe l’espressione corretta, meno impegnativa) a qualsiasi altro mercato (in senso proprio).
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Re: Prezzare gli Antichi Stati - casi di studio e insegnamenti
“Nulla di grande entra nella vita dei mortali senza una maledizione” è una frase di Sofocle, usata come esergo al documentario “The Social Dilemma” di Netflix.
Internet è qualcosa di portentoso, di fantastico, ma – appunto – si porta dietro le sue maledizioni.
È prassi delle principali case d’aste pubblicare su internet i realizzi delle proprie vendite, e a volte lasciarli costantemente visibili, cosicché – per chi ha tempo e voglia – c’è la possibilità di tracciare la storia di ogni pezzo transitato per il mercato.
Che di per sé non sarebbe poi così sbagliato, se non inducesse a pensieri e azioni che nulla hanno a che fare col collezionismo, come ad esempio fare i conti in tasca ai venditori, giudicare moralmente il loro operato e parlare di “vergognose speculazioni” (sic!).
viewtopic.php?t=75281
Un collezionista è un collezionista allo stesso modo con cui uno scacchista è uno scacchista: bisogna dare scacco matto all’avversario (più realisticamente: obbligarlo alla resa preventiva) e qualunque mossa che non persegua questo obiettivo, o che non sia finalizzata, specularmente, a evitare di subire lo scacco matto, non è uno stile alternativo di gioco, ma solo, e banalmente, un errore.
Allo stesso modo il collezionista è un collezionista perché si preoccupa solo ed esclusivamente della propria collezione, che sviluppa subordinatamente al suo vincolo di bilancio, è ovvio, ma senza mai preoccuparsi se ciò che oggi acquista a 100 lo poteva acquistare ieri a 50, purché la spesa rientri ancora nel suo budget. Perché alla fine – fatto salvo il vincolo di bilancio – conta solo poter mettere il pezzo in collezione. Qualsiasi pensiero diverso da questo non è un modo alternativo di collezionare: è un errore.
Insegnamento numero 4: se a novembre 2021 lo hai mancato a 850 da Corinphila, ma a giugno 2022 hai la possibilità di prenderlo a 1.500 da Laser Invest – e se parliamo comunque di cifre che puoi permetterti – allora prendilo senz’altro, senza preoccuparti del fatto che potevi pagarlo meno, senza curarti di quanto ci stia guadagnando il venditore.
Internet è qualcosa di portentoso, di fantastico, ma – appunto – si porta dietro le sue maledizioni.
È prassi delle principali case d’aste pubblicare su internet i realizzi delle proprie vendite, e a volte lasciarli costantemente visibili, cosicché – per chi ha tempo e voglia – c’è la possibilità di tracciare la storia di ogni pezzo transitato per il mercato.
Che di per sé non sarebbe poi così sbagliato, se non inducesse a pensieri e azioni che nulla hanno a che fare col collezionismo, come ad esempio fare i conti in tasca ai venditori, giudicare moralmente il loro operato e parlare di “vergognose speculazioni” (sic!).
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Un collezionista è un collezionista allo stesso modo con cui uno scacchista è uno scacchista: bisogna dare scacco matto all’avversario (più realisticamente: obbligarlo alla resa preventiva) e qualunque mossa che non persegua questo obiettivo, o che non sia finalizzata, specularmente, a evitare di subire lo scacco matto, non è uno stile alternativo di gioco, ma solo, e banalmente, un errore.
Allo stesso modo il collezionista è un collezionista perché si preoccupa solo ed esclusivamente della propria collezione, che sviluppa subordinatamente al suo vincolo di bilancio, è ovvio, ma senza mai preoccuparsi se ciò che oggi acquista a 100 lo poteva acquistare ieri a 50, purché la spesa rientri ancora nel suo budget. Perché alla fine – fatto salvo il vincolo di bilancio – conta solo poter mettere il pezzo in collezione. Qualsiasi pensiero diverso da questo non è un modo alternativo di collezionare: è un errore.
Insegnamento numero 4: se a novembre 2021 lo hai mancato a 850 da Corinphila, ma a giugno 2022 hai la possibilità di prenderlo a 1.500 da Laser Invest – e se parliamo comunque di cifre che puoi permetterti – allora prendilo senz’altro, senza preoccuparti del fatto che potevi pagarlo meno, senza curarti di quanto ci stia guadagnando il venditore.
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Re: Prezzare gli Antichi Stati - casi di studio e insegnamenti
Rispondo io, visto che non lo fa nessun altro, probabilmente per educazione: questo è un forum di filatelia in cui si discute di filatelia, a qualsiasi livello, senza che nessun intervento debba o possa essere tacciato come ingenuo, ignorante, brillante o altrimenti definito, nel quale chi scrive lo fa nel linguaggio che gli è più congeniale ma nel modo più chiaro possibile per la comprensione di tutti, e soprattutto in assenza di un pensiero dominante, come invece ultimamente mi pare di intravedere.Napoli1860 ha scritto: 31 maggio 2025, 11:20La colpa è mia, che ho buttato lì questo concetto, en passant, il quale invece rappresenta il fulcro di tutta la faccenda.Napoli1860 ha scritto: 29 maggio 2025, 20:13 ... agli oggetti filatelici degli Antichi Stati, tutti unici e irripetibili – nel bene o nel male – e quindi invalutabili con logica statistica, di domanda e offerta.
Tutti i vostri discorsi - da ultimo questo di Antonello - sono viziati da una presunzione di fondo, alla lettera: voi presumete di sapere cosa sia un mercato, ma di fatto lo ignorate del tutto, tant'è vero che applicate questa etichetta - "mercato" - a qualunque luogo fisico o virtuale in cui a qualunque titolo avviene uno scambio purchessia, tanto è vero che parlate di "legge della domanda e dell'offerta" come se "domanda" e "offerta" fossero due amiche che si sono date appuntamento al bar e non devono far altro che incontrarsi, tanto è vero che... potrei continuare all'infinito a inanellare pseudo-analisi abboracciate alla bell'è meglio sulla scorta di pseudo-concetti per di più appena orecchiati, o, nella migliore delle ipotesi, di intuizioni ingenue malamente estrapolate.
Volendo riavvolgere il nastro, e tornare proprio al punto di partenza, chi è che saprebbe rispondere a questa domanda - che cos'è un mercato? - così, di getto, senza improvvisare ricerche in internet o consultare l'intelligenza artificiale?
Chi è che saprebbe dire - a parole sue, come dicevano i maestri di scuola dei miei tempi - quali condizioni devono essere soddisfatte affinché si possa parlare di "mercato" e di "prezzi di mercato"?
Perché se - come credo - nessuno sa rispondere, allora non sapete di cosa state parlando, e se non sapete di cosa state parlando, si può sapere di cosa state parlando?
Non siamo in un'aula universitaria, non ci sono lezioni da impartire ma solo consigli reciproci scambiati tra persone che condividono la stessa passione, e non ha nessuna importanza la minore o maggiore competenza, nello spirito della piena libertà espressiva.
Enrico Flaminio
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Re: Prezzare gli Antichi Stati - casi di studio e insegnamenti
Ma infatti la parola "insegnamento" è solo un modo sintetico per dire "quello che io ho imparato durante la mia attività collezionista sul campo e che mi sento di condividere con voi, al meglio delle mie capacità espressive, nella speranza che possa essere utile a quante più persone possibili, specialmente ai neofiti".enrico54 ha scritto: 1 giugno 2025, 8:28 Non siamo in un'aula universitaria, non ci sono lezioni da impartire ma solo consigli reciproci scambiati tra persone che condividono la stessa passione, e non ha nessuna importanza la minore o maggiore competenza, nello spirito della piena libertà espressiva.
Converrai che conviene dire "insegnamento" piuttosto che ripetere ogni volta l'espressione estesa.
Detto questo, lasciami dire, c'è un'equivoco di fondo: essere liberi di esprimersi non significa avvertire il dovere costituzionale di parlare sempre e comunque di tutto. Serve un'auto-moderazione. Serve chiedersi: ma io - esattamente - cosa ne so di questo argomento? Perché se non ne so abbastanza, o non ne so nulla, allora, forse, ma dico forse, è il caso di rimanere in silenzio, o di esprimersi con estrema cautela, e di ascoltare chi ne sa di più.
Io so veramente poco di filatelia, ma, ti assicuro, ne so un po' di "mercati et similia" e ti posso dire con buona sicurezza che sull'argomento "mercato filatelico" viene fatta parecchia disinformazione, con ragionamenti del tipo "taglialo grosso, infilalo a calci" (a cominiciare dall'espressione "mercato", che - a rigore - non può applicarsi agli oggetti filatelici, se non per impropria estensione del termine, che induce paurosi fraintendimenti, difficili da rimuovere, una volta che si sono radicati) che non si capisce bene a chi convengano.
Se poi tu rivendichi anche il diritto a "fare disinformazione", perché sì, perché siamo liberi di esprimerci sempre e comunque, beh, sì, continua pure nella tua disinformazione, ma non ti offendere se io mi giro dall'altra parte e proseguo per la mia strada.
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Re: Prezzare gli Antichi Stati - casi di studio e insegnamenti
Insegnamento numero 5. Consacra come un postulato questo fatto elementare: devi diventare il catalogo di te stesso, devi imparare a valutare da solo gli oggetti filatelici (degli Antichi Stati), perché collezionare (Antichi Stati) significa esattamente questo: imparare ad assegnare un valore alle cose, da soli, in autonomia.
In fatto di valutazioni, un collezionista (di Antichi Stati) ha bisogno di un catalogo esattamente come un bambino ha bisogno di un girello: è un sostegno indispensabile quando si iniziano a muovere i primi passi, ma che si usa, già al principio, con l'idea di abbandonarlo il più in fretta possibile.
Che senso mai avrebbe criticare il girello perché il suo colore non è come lo vorremmo, i disegni sono fatti male e una rotellina, magari, qualche volta si blocca o gira a fatica? Tanto lo devo lasciare, ed è mio primario interesse abbandonarlo quanto prima.
Impara a valutare gli oggetti da solo, in totale autonomia. Non è mai troppo tardi per cominciare a farlo. E neppure troppo presto.
https://tesoridicarta.blogspot.com/2025 ... utare.html
In fatto di valutazioni, un collezionista (di Antichi Stati) ha bisogno di un catalogo esattamente come un bambino ha bisogno di un girello: è un sostegno indispensabile quando si iniziano a muovere i primi passi, ma che si usa, già al principio, con l'idea di abbandonarlo il più in fretta possibile.
Che senso mai avrebbe criticare il girello perché il suo colore non è come lo vorremmo, i disegni sono fatti male e una rotellina, magari, qualche volta si blocca o gira a fatica? Tanto lo devo lasciare, ed è mio primario interesse abbandonarlo quanto prima.
Impara a valutare gli oggetti da solo, in totale autonomia. Non è mai troppo tardi per cominciare a farlo. E neppure troppo presto.
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Re: Prezzare gli Antichi Stati - casi di studio e insegnamenti
Questo Trinacria – offerta da Ghiglione – è un altro caso interessante.
La prima annotazione ha un tocco di grottesco. La base di Ghiglione per una Trinacria sciolta come ce sono tante (dopo aver fatto la tara all’enfasi commerciale) è la stessa di Corinphila per quella che – all’unanimità, da sempre – è riconosciuta come la migliore Trinacria su giornale (all’epoca, il tasso di cambio CHF/Euro era praticamente unitario).
È una situazione no-sense, se vista isolatamente. Il punto è che in un’asta, più che le basi di partenza, contano le aggiudicazioni d’arrivo. Ma allora perché preoccuparsi tanto del punto da cui si parte, se poi, alla fine, rivela solo ciò che accade all’ultimo colpo di martelletto?
La risposta è complessa (richiederebbe di tirare in ballo svariati argomenti) ma a un livello terra-terra si può dire che la politica delle basi d’asta può segnalare indirettamente il grado di sicurezza/paura del banditore.
Quando si dice che i veri prezzi sono quelli delle aste si sta presumendo che tutti, ma proprio tutti gli interessati, saranno in sala (in senso fisico o virtuale) il giorno dell’asta. E questo, sì, lo può ragionevolmente presumere Corinphila, ma non certo Ghiglione.
Così, quando ci si sente sicuri (della più larga partecipazione) le basi possono pure essere concorrenziali (specie se, come da Corinphila, i partecipanti sono stati ben educati a vedere rialzi anche superiori a 10 volte la base).
Quando si ha paura (che qualcuno porti via a poco qualcosa di pregiato per mancanza di partecipazione) si tende ad alzare la base. John Maynard Keynes aveva ragione: “il denaro calma i nervi”.
La prima annotazione ha un tocco di grottesco. La base di Ghiglione per una Trinacria sciolta come ce sono tante (dopo aver fatto la tara all’enfasi commerciale) è la stessa di Corinphila per quella che – all’unanimità, da sempre – è riconosciuta come la migliore Trinacria su giornale (all’epoca, il tasso di cambio CHF/Euro era praticamente unitario).
È una situazione no-sense, se vista isolatamente. Il punto è che in un’asta, più che le basi di partenza, contano le aggiudicazioni d’arrivo. Ma allora perché preoccuparsi tanto del punto da cui si parte, se poi, alla fine, rivela solo ciò che accade all’ultimo colpo di martelletto?
La risposta è complessa (richiederebbe di tirare in ballo svariati argomenti) ma a un livello terra-terra si può dire che la politica delle basi d’asta può segnalare indirettamente il grado di sicurezza/paura del banditore.
Quando si dice che i veri prezzi sono quelli delle aste si sta presumendo che tutti, ma proprio tutti gli interessati, saranno in sala (in senso fisico o virtuale) il giorno dell’asta. E questo, sì, lo può ragionevolmente presumere Corinphila, ma non certo Ghiglione.
Così, quando ci si sente sicuri (della più larga partecipazione) le basi possono pure essere concorrenziali (specie se, come da Corinphila, i partecipanti sono stati ben educati a vedere rialzi anche superiori a 10 volte la base).
Quando si ha paura (che qualcuno porti via a poco qualcosa di pregiato per mancanza di partecipazione) si tende ad alzare la base. John Maynard Keynes aveva ragione: “il denaro calma i nervi”.
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Re: Prezzare gli Antichi Stati - casi di studio e insegnamenti
Ghiglione ha offerto ripetutamente la Trinacria per poco più d’un anno, difendendo sempre la base di 5.000. All’ultima tornata, però, decide di mollare la presa: da 5000 si passa a 4000, vale a dire -20%.
Ora, una riduzione del 20% non si può certo definire un singhiozzo o un sussulto, ma è un taglio davvero minimale: è il “18” all’università.
E questo è stato l’esito.
Ora: che senso ha – dove sta la furbizia – nel pagare ben più di 7.000 euro (commissioni incluse) ciò che per più d’un anno si poteva prendere a poco più di 6.000?
Il punto è che molti collezionisti si sentono “stupidi” a essere i soli a volere un certo oggetto; hanno bisogno di vedere l’underbidder, ed allora, sapendo che c’è anche qualcun altro interessato, si predispongono bene a pagare anche di più, se occorre; ma per scovare l’underbidder, per farlo uscire alla luce del sole, la base deve scendere (come minimo: il 18 all’università) del 20%.
C’è poco o nulla di razionale, secondo i parametri economici, ma tutto si spiega filtrando la situazione con animo collezionistico.
Ora, una riduzione del 20% non si può certo definire un singhiozzo o un sussulto, ma è un taglio davvero minimale: è il “18” all’università.
E questo è stato l’esito.
Ora: che senso ha – dove sta la furbizia – nel pagare ben più di 7.000 euro (commissioni incluse) ciò che per più d’un anno si poteva prendere a poco più di 6.000?
Il punto è che molti collezionisti si sentono “stupidi” a essere i soli a volere un certo oggetto; hanno bisogno di vedere l’underbidder, ed allora, sapendo che c’è anche qualcun altro interessato, si predispongono bene a pagare anche di più, se occorre; ma per scovare l’underbidder, per farlo uscire alla luce del sole, la base deve scendere (come minimo: il 18 all’università) del 20%.
C’è poco o nulla di razionale, secondo i parametri economici, ma tutto si spiega filtrando la situazione con animo collezionistico.
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