caro Antonello,
Ben vengano le tue osservazioni e gli esempi che posti

e, ovviamente, lungi da me la volontà di fare il bastian contrario, anzi!! Sei riuscito invece a intrigarmi nell'argomento abbastanza da obbligarmi a dare risposte un po' meno generiche per capire meglio la genesi di queste varietà.
Innanzitutto bisogna avere un’idea del funzionamento del torchio a stella (nell’immagine è rappresentato un tipico torchio litografico, contemporaneo al Cav. Matraire, realizzato dalla ditta torinese “Bollito e Torchio” che probabilmente era del tipo che fu utilizzato per la stampa dei francobolli di cui ci stiamo occupando):
torchio_a_stella_elementi e funzionamento.jpg
Dopo che l’incisore aveva preparato la pietra con il disegno da riprodurre (realizzato con particolari matite litografiche, le cui tracce sono idrorepellenti ma che richiamano l’inchiostro), la si disponeva e veniva fissata sul carrello scorrevole, con la matrice verso l’alto. Essa veniva quindi inumidita con acqua e poi spalmata d’inchiostro mediante un rullo simile ad un grosso mattarello: l’inchiostro si dispone sulle parti della superficie della pietra disegnate mentre l’acqua si posiziona sulle parti libere. Veniva quindi disposta la carta, anch’essa debolmente inumidita, al disopra della pietra e veniva chiuso il timpano del carrello, che bloccava la carta. A questo punto veniva abbassato il coltello (una specie di lama diritta di cuoio) e fissato in modo che risultasse ubicato trasversalmente sulla superficie superiore del carrello.
Si avviava quindi la stampa, movimentando la ruota a stella che, mediante un sistema di cinghie e contrappesi, consentiva al carrello di scorrere longitudinalmente lungo l’asse del torchio prima in un senso e poi al contrario, ritornando nella posizione di partenza: durante questa operazione, tramite un pedale, l’operatore imprimeva una idonea pressione al coltello che consentiva di trasferire, durante lo scorrimento del carrello, l’inchiostro dalla pietra alla carta (idealmente si potrebbe pensare al funzionamento di uno scanner!). Et voilà, la stampa era fatta!
Una volta chiarito (spero) il funzionamento del torchio, passiamo ad analizzare in che modo possono generarsi le varietà di cui sopra (in ordine di rarità):
1. Slittamento del foglio: tra l’andata e il ritorno del carrello il foglio accidentalmente si sposta e, se la pressione del coltello nel frattempo non è stata ridotta, viene impressa una nuova immagine sulla carta, discosta da quella primaria: quest’ultima appare molto meno inchiostrata, in quanto la gran parte dell’inchiostro è già stato assorbito nella passata di andata del carrello.
2. Vibrazioni durante la stampa: durante la lavorazione colpi accidentali al torchio o vibrazioni possono causare dei modesti fenomeni di sdoppiamento dell’immagine impressa.
3. Perdita di efficacia del disegno litografico riportato sulla pietra di stampa: la matrice progressivamente perde le caratteristiche di nitidezza del disegno e la capacità di attrarre l’inchiostro e fugare l’acqua, generando fenomeni simili allo sdoppiamento dell’immagine, in situazioni di iper-inchiostrazione.
Spero di aver dato un contributo valido alla discussione, e spero che anche altri amici intervengano con le loro riflessioni in merito e con altre ipotesi per spiegare la genesi di queste varietà.
se sbaglio mi corriggerete..

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