Si è effettivamente una cosa fondamentale ed anche i periti farebbero bene a costruirsi un archivio di riferimenti dei bolli più banali. Un mio amico, che purtroppo ha poi abbandonato la filatelia, aveva una casa letteralmente piena di buste con affrancature comunissime, spesso malconce, ma che coprivano la geografia italiana e all'incirca un secolo di annulli e che tornò molto utile quando, nel 1996, fu messa in asta questa busta:Giovanni Piccione ha scritto:Ecco uno dei motivi che mi intriga nel cercare di ricostruire i vari annulli usati nel tempo .
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La comparsa del catalogo provocò un po' di maretta, non tanto perchè una prestigiosa casa d'aste e un noto perito avallavano quella che a molti sembrava una cospicua bufala, ma perchè la pubblicità con la foto di questo pezzo comparve in 4ª di copertina di "Qui filatelia", la rivista della FSFI. Pur comprendendo che gli introiti pubblicitari erano molto importanti per una rivista ai primi passi, non fummo pochi a ritenere che la FSFI dovesse essere più attenta nell'accettare la pubblicità per evitare che, in casi come questo, potesse sembrare un avallo anche della FSFI stessa. Ovviamente si generarono molte discussioni sulla genuinità della lettera: i bolli sembravano assolutamente originali (non ho mai visto la busta dal vivo, ma immagino che a tergo avesse il bollo di arrivo di Corno Giovine) ma l'affrancatura non era in tariffa: all'epoca una raccomandata nel distretto in RSI pagava 2 lire e fuori distretto 2,50. Inoltre sembrava poco probabile che quella che il CEI definisce "Emissione locale di Casalecchio di Reno" venisse invece usata altrove. Poi, tra i collezioni di fiscali di vecchia data circolava la voce che tali marche sovrastampate avessero cominciato a vedersi negli anni '50 inoltrati, insomma che fossero esse stesse una bufala. Ma fin qui si era nel campo delle opinioni: la banca poteva essersi procurata materiale per affrancare un po' "fuori porta", la lettera poteve essere stata accettata da un impiegato distratto, abituato da sempre a vedere le raccomandate affrancate con 1,75. Ma a questo punto il mio amico tira fuori dal suo archivio una decina di buste, tutte spedite da Codogno tra la fine degli anni '30 e gli anni '50: messe in ordine di data del bollo si vedeva chiaramente che l'ammaccatura della corona, in corrispondenza della O di Milano, non c'era negli anni '40 ma compariva solo nel 1952 e che quindi mai avrebbe potuto bollare in quel modo la raccomandata in questione. Insomma: un bollo autentico finito in mani sbagliate al momento della dismissione e usato per creare un costoso falso.
A questo punto pensavo che storia fosse finita ma, aprendo il CEI (edizione 2002-3) per controllare se l'emissione era ancora definita di "Casalecchio di Reno" vedo una cosa che mi pare sia il giusto complemento:
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la raccomandata, affrancata con una bella mista di francobolli, marche doppie e marche sovrastampate, con valori gemelli tanto per non lesinare, va da Corno Giovine a Codogno, percorso inverso dell'altra e c'è da scommetterci che al verso c'è lo stesso timbro di Codogno che nell'altra annullava i francobolli. Quindi non uno ma due bolli autentici finiti in buone mani! Ma non basta: visto che l'etichetta di raccomandazione aveva bisogno dell'indicazione di località, perchè non usare lo stesso timbro usato per l'indirizzo dell'altra lettera?
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Michele