Il topic faceva riferimento alla bellezza del francobollo. Poi, durante la discussione si è fatto riferimento alla qualità del francobollo.
Quando penso alla “bellezza” di un francobollo (ma il discorso è estensibile ai documenti postali) penso meramente alla sua estetica. E se è vero che ci potrebbero essere criteri oggettivi nella valutazione della sua bellezza, ad esempio l’equilibrio compositivo della vignetta, l’armonia, le proporzioni, ecc - è altrettanto vero che ciascuno di noi, in base alle proprie esperienze, al proprio vissuto, alla propria sensibilità, si crea una sua personale “scala di valutazione” emozionale rispetto ad un proprio canone di bellezza. Canone che potrebbe essere non condivisibile. Nel mio campo, l’architettura, considero “belli” alcuni edifici contemporanei che altri, con altra sensibilità e esperienza diversa, potrebbero ritenere “orribili”, e viceversa. Nel caso dei francobolli sono del tutto soggettivi i giudizi di bellezza sul tipo di soggetto rappresentato nella vignetta, o sulla bellezza del colore usato per l’inchiostro.
E’ per me innegabile che nell’esprimere un personale giudizio sulla bellezza, ciascuno sia condizionato dal personale “gusto” estetico che ci consente di coglierla, quel gusto che ha fatto sussurrare qualcuno che “L’assenza di difetti nella bellezza è di per sé un difetto!” (Henry Havelock Ellis), o che è stato proprio quell’errore nei confini del Perù a rendere il gronchi rosa un francobollo perfetto (sic!).
La “qualità” di un francobollo (estensibile ai documenti postali), a mio avviso, fa riferimento a molteplici caratteristiche e ai suoi requisiti complessivi la cui valutazione generale, contribuisce a determinarne il valore. Alcuni di questi requisiti possono essere anche determinanti per consentire di fornire un giudizio sulla sua bellezza: la centratura (nei dentellati), i margini (negli ASI), la nitidezza dell’annullo. Vi sono inoltre altri diversi parametri: la presenza di linguella (più o meno accentuata), l’assottigliamento (più o meno accentuato e esteso), lo stato di conservazione (ingiallimenti, tagli, strappi, ossidazioni, annullo deturpante, mancanza di denti), l’autenticità (riparazioni, rigommatura, ridipintura…). Sempre nel campo dell’architettura, un edificio che io considero “bello” potrebbe però trovarsi in uno stato di conservazione scarso tanto da richiedere un intervento manutentivo.
Nel caso della qualità, esistono strumenti più o meno standardizzati in grado di misurarne il livello raggiunto. Tali strumenti si basano su scale parametriche o “formule” (vedi Bolaffi o Vaccari, Toselli, Sassone…). Ciascuno di noi poi farà riferimento alla scala o formula che condivide e che ritiene più esaustiva.
E’ ovvio, infine che determinanti per formulare il prezzo ci siano la sua rarità, la sua valenza storica, l’uso postale che l'oggetto ha avuto (corretto, fuori d’uso, in frode, non in tariffa…), nonché la domanda di collezionisti in rapporto alla quantità disponibile. Ma questa è un’altra storia.
Mi rendo conto della complessità della materia e che i temi sono stati già trattati, motivo per cui mi piacerebbe conoscere i vostri pareri e le vostre interpretazioni.
Cordiali saluti
Francesco
