La filigrana gigli borbonici

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  La filigrana è descritta osservandola dal verso del francobollo (cioè dalla parte non stampata) con la base rivolta verso il basso.
 
L'ultimo, in ordine di tempo, degli Antichi Stati italiani a dotarsi di carta filigranata per stampare i propri francobolli fu il Regno di Napoli per i "Domini al di qua del Faro" (i successivi francobolli per i "Domini al di là del Faro", cioè la Sicilia, furono stampati su differenti provviste di carte non filigranate).
La carta filigranata veniva fornita dalla cartiera di Bonaventura Tajani con i telai e le forme che venivano consegnati dall'Amministrazione Generale delle Poste.
Il contratto stipulato il 28 ottobre 1857 con Bonaventura Tajani e Francesco Fusco è preciso su questo punto: «La carta sarà del sesto corrispondente alla forma per la fabbricazione che l'Amministrazione generale delle poste darà di volta in volta a lui.» (articolo 3). E ancora all'articolo 4: «Il signor Tajani si obbliga di custodire con somma riserva e diligenza la forma che riceverà dall'Amministrazione in due telai simili, alla quale egli la renderà non appena compiuta la fabbricazione della carta richiestagli.»
Quindi notiamo che il Tajani, per fabbricare la carta, aveva a disposizione due telai per formare la filigrana.
Oltre a «...custodire con somma riserva e diligenza la forma...» che riceveva dall'Amministrazione Generale delle Poste, in caso di rottura di qualche parte di filigrana che comportava la sostituzione di qualche elemento, il Tajani poteva eseguire l'operazione solo «...con l'autorizzazione dell'Amministrazione generale.» (articolo 5), evidentemente perché la filigrana doveva rimanere inalterata nel suo disegno.
Sempre nel contratto del 1857 troviamo anche la prima descrizione di come doveva essere la filigrana, seppure con una imprecisione. L'articolo 6 infatti ci dice che «...la carta porterà impresso, secondo filograni, la leggenda, in giro de' quattro lati, bolli postali; più N. 40 gigli sparsi nel campo ripartiti in dieci linee orizzontali, ciascuna di quattro gigli, ed in uno degli angoli le lettere iniziali B- T-, le quali indicano il nome e cognome del Sig. Tajani; il tutto secondo un foglio di campione che si alliga al presente contratto contrassegnato dal suggello in ceralacca dell'Amministrazione generale delle poste». Probabilmente doveva essere scritto "dieci linee verticali"; oggi diremmo meglio 40 gigli disposti in quattro righe orizzontali, ciascuna di dieci gigli.
Ma chi aveva materialmente costruito i telai per la filigrana dei francobolli? Le carte d'archivio non ce lo dicono.
Tuttavia sappiamo che sette mesi più tardi «...per la fabbricazione di carta ad uso di bollo...» venne incaricano di preparare «...paia quaranta di forme...» il «formaro Francesco Acquarulo».
Data anche una certa somiglianza nei dettagli tra la filigrana delle carte da bollo e quella per i francobolli, possiamo ritenere che l'autore della filigrana "gigli" sia stato probabilmente lo stesso Francesco Acquarulo.
Il foglio di carta per la stampa di 200 francobolli misurava circa cm. 48,5 x 28,5, mentre la filigrana complessivamente occupava un rettangolo un poco più piccolo di cm. 45 x 25.
Utilizzando frammenti originali, venne eseguita per la prima volta da Alberto Diena la ricostruzione di come si doveva presentare il disegno della filigrana nel suo assieme: il disegno venne pubblicato nel 1923 dal Catalogo storico-descrittivo dei francobolli d'Italia.
Inoltre un foglio completo di carta filigranata si trovava nella collezione De Ferrari.
Come si presenta un foglio con la filigrana gigli completa.   
Schema delle posizioni della filigrana giglio: a sinistra diritta, a destra capovolta.
I quaranta gigli borbonici non sono sempre uguali, variando di forma e dimensione: in larghezza misurano circa 23 millimetri, in altezza 25, ma ci sono gigli più grandi ed anche quelli più piccoli e anche quelli di forma piuttosto irregolare, forse il risultato di qualche riparazione. La loro distanza orizzontale tra punta e punta (superiore o inferiore) è di circa 4 centimetri, mentre quella verticale (tra punta inferiore e quella superiore del giglio sottostante) è di circa 3 centimetri. Gli ampi spazi esistenti nel foglio privi di filigrana, come si vede nell'immagine sopra, erano tali da consentire di avere francobolli privi di filigrana dal momento che nessun francobollo arrivava a misurare in altezza 3 centimetri.
I fogli, una volta inumiditi prima di ricevere la stampa, venivano collocati nel torchio calcografico in ordine casuale: diritti, invertiti, capovolti, capovolti ed invertiti.
Ne consegue che, oltre ad avere francobolli privi di filigrana, possiamo trovare quelli con i gigli diritti o capovolti.
A sinistra mostriamo lo schema con le possibili posizioni della filigrana gigli borbonici e qui sotto un giglio parziale diritto su una "crocetta" luogotenenziale.
(La carta con cui vennero stampati questi francobolli a volte non aiuta ad evidenziare la filigrana).
 
Filigrana giglio diritta su una "Crocetta" (catalogo Vaccari 2011-2).
Schema di una filigrana linee con lettera («B») speculare posta in basso e di una filigrana linee verticale.
 
La filigrana linee e la filigrana lettere
I gigli sono racchiusi da una cornice composta da due righe rette parallele entro le quali corre una linea sinusoidale interrotta al centro dei quattro lati, per ciascun lato, dalla scritta «BOLLI POSTALI».
A causa di una non precisa centratura del foglio al momento della stampa, possiamo trovare francobolli che presentano, in alto, in basso, a destra o a sinistra, parte del disegno marginale della filigrana che a sua volta può essere speculare se il foglio venne inserito con il verso invertito.
Si tratta di frammenti di linea retta, della linea sinusoidale, ma anche frammenti delle lettere che componevano le parole «BOLLI POSTALI».
Tanto più sono complete queste particolari filigrane, tanto maggiore è l'interesse per questi esemplari.
Sotto presentiamo un 2 grana (I tavola) dove la filigrana è invertita: sotto la riga orizzontale, a destra è visibile una parte di linea sinusoidale mentre a sinistra appare una minima porzione della lettera «B» di «BOLLI» (dal frammento di lettera si desume che la filigrana è speculare, cioè invertita).
 
Filigrana linee con frammento della lettera «B» speculare (collezione privata).
Due differenti forme del monogramma «BT» (da Emilio Diena, "I francobolli del Regno di Napoli", Milano 1932).
 
La filigrana monogramma
Sull'angolo inferiore sinistro della forma è posto il monogramma «BT», le iniziali del fabbricante Bonaventura Tajani.
Come è avvenuto per i gigli, anche questo monogramma presenta delle diversità, come pure la sua distanza dalla linea di contorno inferiore che varia da 7 a 9,5 millimetri.
Ad un attento esame, Emilio Diena notò che la forma delle due lettere intrecciate che lo compongono può essere differente e ne individuò 6 tipi diversi. Qui sotto a sinistra ne mostriamo due.
Secondo Diena queste differenze possono attribuirsi ad alterazioni che hanno subito le forme o a successive riparazioni, piuttosto che alla fornitura di nuove forme per la filigrana.
 
Il monogramma «BT» quasi completo (da E. De Angelis, M. Pecchi, "Il Francobollo da ½ Tornese del 1860 Croce di Savoia", Roma 2008).
 
Una filigrana anomala
I fogli con la filigrana gigli borbonici vennero usati anche per la stampa dei francobolli da ½ tornese "Trinacria", nel periodo della dittatura di Garibaldi, e "Crocetta", nel successivo periodo luogotenenziale e oltre: in questi casi i fogli erano tagliati a metà, dovendosi stampare solo cento francobolli.
Per i motivi già detti non tutti i francobolli risultavano filigranati: oltre a quelli con i gigli (o porzioni di essi) e senza filigrana, possiamo trovare quelli con la linea di riquadro o con frammenti di lettere, o con il monogramma «BT», parziale o completo.
Nel 1934 Emilio Diena diede la notizia ("Il Corriere Filatelico" n. 1, gennaio 1934, pagg. 1 e 2) del ritrovamento di un ½ tornese "Crocetta" che presentava un'anomala filigrana, dandone la riproduzione.
 
La filigrana anomala su una "Crocetta" (da "Il Corriere Filatelico" n. 1, gennaio 1934, pag. 1).
 
Si tratta della "Crocetta" n. 99, tanto nella ricostruzione del foglio fatta da Emilio Diena che in quella definitiva di Enzo De Angelis e Mauro Pecchi, caratterizzata tra l'altro dalla frazione «½» ingrossata da un ritocco, stampata «...in azzurro cupo che si avvicina all'indaco».
Emilio Diena provò a decifrare questa filigrana anomala che vedeva per la prima volta: «...a destra una parte di lettera majuscola, probabilmente una "G". Quanto alla linea curva a sinistra, ritengo si tratti della parte destra di una majuscola "D", abbreviazione di Don». Aveva infatti visto una carta a mano usata a Napoli nel 1860 dalla Stamperia Reale che mostrava in filigrana la scritta «D. Carm.ne Baccari».
Di fronte a questa anomala filigrana Emilio Diena, ritenendo che comunque si trattasse di un marchio del fabbricante, formulò due ipotesi: lo stampatore, prima di effettuare la seconda tiratura con il nuovo colore più scuro, avrebbe effettuato delle stampe di prova su carta differente ed almeno una di queste sarebbe stata utilizzata; oppure sarebbero stati stampati fraudolentemente dei fogli allo scopo di venderli al pubblico. Diena propendeva per la prima delle ipotesi.
Il problema restò in sospeso, senza novità, per oltre vent'anni, fino a quando, nei primi mesi del 1957, il dottor Giulio Bolaffi sottopose all'attenzione dell'ingegnere Alberto Diena, figlio di Emilio, un altro francobollo da ½ tornese "Crocetta", ugualmente occupante la posizione 99 del foglio, stampato sempre in azzurro cupo, che presentava la stessa anomala filigrana.
Di questo esemplare al tempo non venne fornita un'immagine.
L'ingegnere Diena ipotizzò che, anziché essere stato stampato su fogli di provenienza privata, si potesse trattare di carta filigranata con una variante nel marchio di fabbrica.
Alla fine del 1957 (ne scrive su "Il Collezionista - Italia Filatelica" n. 1, gennaio 1958, pagg. 25 e 26) l'ingegnere Diena esaminò un altro ½ tornese "Crocetta" con la stessa anomala filigrana. L'esemplare, appartenente al margine superiore del foglio, doveva occupare la posizione 9, o 8 (al tempo non era stata ancora effettuata l'intera ricostruzione del foglio).
Ma il francobollo aveva qualcosa in più, rispetto agli altri due fino ad allora conosciuti: accanto all'anomala filigrana era presente parte della riga di riquadro con la linea sinusoidale che contorna i 40 gigli della filigrana "ufficiale".
 
La filigrana anomala con linee di riquadro inferiore su una "Crocetta" (da "Il Collezionista - Italia Filatelica" n. 1, gennaio 1958, pag. 26).
 
Il fatto che questa volta la filigrana con l'anormale monogramma compaia in alto del francobollo e non in basso, non deve stupire: sappiamo infatti che i mezzi fogli con cui venivano stampati questi francobolli erano collocati abbastanza casualmente sotto il torchio: diritti, invertiti, capovolti, capovolti invertiti.
Pur non riuscendo a decifrare le lettere, l'ingegnere Diena concludeva che si doveva trattare di un diverso marchio di fabbrica, con le lettere non intrecciate fra loro, forse adottato per le successive forniture di carta «...collata e di pisto più fino...» (con colla e di impasto più fino e levigato) come era stato richiesto dall'Amministratore Generale delle Poste per ovviare all'inconveniente di francobolli che si staccavano dalle lettere.
Queste forniture possono essere state impiegate, magari parzialmente, per la stampa del ½ tornese "Crocetta" ed in teoria anche per la stampa di alcuni francobolli della serie del 1858 avvenuta dopo la caduta del Governo borbonico.
Successivamente alla pubblicazione di questo articolo si ha notizia del ritrovamento di altri tre esemplari con la filigrana anomala.
Del primo di questi tre (il quarto rinvenimento a partire dal 1934) non ci risulta sia stata pubblicata l'immagine.
Nel 1978 fu trovato un quinto esemplare su una "Crocetta" proveniente dalla posizione 20 del foglio, secondo la ricostruzione definitiva di De Angelis e Pecchi.
 
1978: la filigrana anomala con linee di riquadro a sinistra su una "Crocetta" (da E. De Angelis, M. Pecchi, "Il Francobollo da ½ Tornese del 1860 Croce di Savoia", Roma 2008).
 
E' un esemplare molto interessante ed intrigante, perché mostra quello che c'è a sinistra della linea curva che aveva già osservato Emilio Diena nel 1934: parte della riga di riquadro con la linea curva sinusoidale. Si vede inoltre la linea curva attraversata da un segmento verticale.
Il sesto esemplare rinvenuto venne descritto nel 1980 ed occupa la posizione 19 del foglio (secondo la ricostruzione di Enzo De Angelis e Mauro Pecchi): mostra solo parte di una linea curva a sinistra e parte di una linea curva arricciata sulla destra.
 
1980: la filigrana anomala su una "Crocetta" (da E. De Angelis, M. Pecchi, "Il Francobollo da ½ Tornese del 1860 Croce di Savoia", Roma 2008).
 
Non crediamo che al momento si possa dare ancora una soluzione definitiva al disegno di questa particolare particolare filigrana: restano sempre molte le domande che richiedono una risposta.
Per concludere, aggiungiamo che i principali cataloghi italiani riportano questa varietà di filigrana: «filigrana diversa (cerchio sormontato da croce)» (Unificato, senza indicazione di quotazione) e «filigrana diversa (cerchio sormontato da una croce (...) sono noti 5 esemplari (usati)» (Sassone 2014, € 32.500,00).
Da notare che gli esemplari dei quali si è parlato sembrerebbero essere sei, per quattro dei quali è stata pubblicata l'immagine.
 
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Pagina aggiornata il 20 novembre 2017.