Agli Ormesini.
La calle nell'Ottocento era chiamata anche Alberagna, aggettivando al
femminile il nome della famiglia Alberegno, o Alberengo.
In realtà, più correttamente, dovrebbe chiamarsi Alberegno (dal nome
della famiglia), o Alberegna, se si vuole aggettivarlo.
Uno
dei "nizioleti" toponomastici di questi luoghi.
Questi luoghi prendono il nome dalla famiglia Alberegno (o Alberengo):
sappiamo di un Lorenzo Alberegno che nel 1661 possedeva qui alcune case.
Questa famiglia nel 938 avrebbe contribuito alla costruzione (o riedificazione) della
chiesa di San Salvatore a Murano («...fecero edificar la giesia de S.
Salvador de Muran in Isola...») assieme ai Galatazii (o Gatalici, o
Gattalosi).
Dobbiamo aggiungere però che, conformemente anche a quanto scrive
Flaminio Corner (1693-1778) nel suo "Ecclesiae Venetae antiquis monumentis...",
se è vero che le cronache ci riportano la fondazione della chiesa di San
Salvatore in Murano per merito della famiglia Alberegno, per quanto
riguarda i Galatazii (o Gattalosi) quest'ultimi avrebbero sì costruito la
chiesa di San Salvatore, ma non di Murano, bensì quella di Venezia.
E' bene comunque ricordare che si tratta di cronache che furono scritte o
completate molto tardi rispetto agli avvenimenti antichi che esse narrano.
In
alto a sinistra.
In
alto a destra.
In
basso a sinistra.
In
basso a destra.
Le
quattro pàtere seriali moderne in stile bizantineggiante che
adornano la facciata di un edificio nella corte "grande"
Alberagno.
La
corte "grande" Alberagno che si affaccia sul rio de
la Sensa.
Una di queste fantasiose cronache ci descrive gli Alberegno come «...homeni
da valle, de bona coscientia, et amatori della giustizia...».
Sappiamo di un Fantin Alberegno piovano (parroco) di San Moisè nel XIV secolo.
Alcuni membri della famiglia Alberegno furono sepolti nel chiostro
della chiesa di Santa Maria dei Servi, soppressa assieme al monastero con il decreto
napoleonico del 1806 e demolita dall'imprenditore Nicolò Brazzoduro
che l'aveva acquistata per ricavarne materiale edile.
Tuttavia alcuni studiosi riuscirono a vedere queste sepolture ed a
trascriverne le epigrafi.
Scudo
a tacca con lo stemma Alberegno su un edificio un tempo di
proprietà di quella famiglia.
Tra queste vi erano quelle di Bartolomeo Alberegno del fu Nicolò,
morto nel 1588, e di Michele Alberegno, morto nel 1566, autore di una
cronaca veneziana citata da vari autori, tra i quali Giambattista
Gallicciolli (1733-1806) che data quella cronaca come scritta nel
1556.
La famiglia Alberegno, ascritta al patriziato, si estinse con un Giacomo,
avvocato presso l'Ufficio del Proprio, nel 1301 o 1310, tuttavia
sopravvisse con un altro ramo che non apparteneva al patriziato
dedicandosi al commercio delle stoffe ed al quale apparteneva quel
Michele, cronista, che abbiamo appena citato.
Giuseppe Tassini (1827-1899) scriveva di scorgere lo stemma degli
Alberegno, con scolpito un albero, su uno degli edifici di loro
proprietà, sulla fondamenta dei Ormesini, stemma contenuto in uno
scudo a tacca ancora visibile.
Numeri
in cifre romane incisi sugli architravi dei numeri civici 2720
(a sinistra) e 2722 (a destra) di calle Alberagno.
Nella calle Alberagno sono visibili sugli architravi di due porte
altrettanti numeri romani di una precedente antica numerazione: cosa piuttosto
frequente a Venezia.
Mentre un sotopòrtego dalla fondamenta dei Ormesini porta in una
piccola corte, la calle, una diramazione della calle
del Zudìo, porta ad una corte più grande che si affaccia sul rio de
la Sensa.
Il
"salizo" della corte Alberagno presenta numerose
lettere incise (ed anche una stella).
Il selciato di questa corte presenta una particolarità: molti dei tipici masègni
in trachite dei colli Euganei che la lastricano mostrano delle iniziali, lettere o sigle e
persino una stella a cinque punte ed un numero (41, un anno?). Capita anche in altri luoghi di Venezia
(anche non troppo lontano da qui) rilevare dei segni tracciati sui masègni, ma qui la concentrazione
in un unico spazio è assolutamente particolare e non ne conosciamo con
certezza l'origine.
Non è detto che questi segni abbiano mantenuto l'originaria posizione: è
ben possibile che, con lavori nel sottosuolo (acquedotto, distribuzione del gas,
telefonia, ecc.), questi masègni possano essere stati rimescolati.