A San Polo.
Questo luogo prende il nome da un'edicola votiva dedicata a Sant'Antonio da
Padova.
Si tratta di un capitello a nicchia con un timpano sostenuto da due mezze
colonne: dietro un cancelletto in ferro, è collocata una statuetta del Santo
che tiene tra le braccia Gesù bambino.
E' addossato a palazzo Donà: sul pilastro angolare è incisa inserita entro un
ovale una croce che qualcuno ritiene -ma nutriamo seri dubbi-
"templare".
La
croce incisa accanto al capitello.
Non si tratta di una calle o di un campiello, bensì di un "rio terà",
ovvero un rio che attraversava tutto campo San Polo ed è stato interrato in due
riprese nel 1762
e nel 1787.
In realtà non è neppure stato interrato, bensì reso sotterraneo ed
imbrigliato sotto un volto, in modo da assicurare l'interscambio delle acque con il
Canal Grande.
Il
rio che attraversava campo San Polo non fu interrato, bensì canalizzato
e l'acqua ancora oggi vi scorre sotto.
Una
delle palmette che decorano le finestre del primo piano di palazzo Donà.
Tracce
di un affresco sotto un balcone aggettante.
Questo luogo è praticamente simmetrico
con l'altro capo del campo, dove c'è l'analoga apertura del canale sotterraneo
che ha dato origine ad un altro "rio terà", quello del
Librèr,
oggi chiamato però ufficialmente campiello.
Sopra il capitello antoniano, alle finestre del primo piano di palazzo Donà,
sono visibili ripetuti elementi decorativi a palmette.
Inoltre sotto un balcone aggettante sono rimasti appena visibili tracce di un affresco,
praticamente illeggibile, che però il nuovo intonaco della facciata ha voluto
rispettare.