Badoèr (corte, ramo, sotopòrtego)

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Uno scorcio su corte Badoer. 
Ai Frari.
La corte, da molti anni ed anche ora che scriviamo, si trova in uno stato di incuria e degrado a causa della presenza di un clochard che ha scelto il pòrtego come sua "residenza".
La storia della famiglia Badoèr risale molto addietro nel tempo e si intreccia con quella dei Partecipazio al punto che molti non dubitano che si tratti della stessa famiglia.
Troviamo per la prima volta il cognome Badoer in un documento dell'anno 900 dove tra i firmatari c'è un «...Ursus Badoviarius...».
Una cronaca dell'XI secolo afferma che i Particiaci (Partecipazio) sono stati chiamati Badoèr («...Particiaci, qui Badovarii apelati sunt...»).
All'uccisione del doge Pietro Tradonico (13 settembre 864) ad opera di congiurati, venne eletto il Doge Orso Partecipazio: a dire il vero il diacono Giovanni lo chiama semplicemente «Urso», ma Andrea Dandolo (1306-1354) nelle sue cronache gli attribuisce il cognome di Particiaco.
Orso avrebbe avuto, tra veri e presunti, otto figli, tra cui Vulcana, la fanciulla morta di dolore nel ricevere il bocciolo di rosa da parte del suo amato morto in battaglia: vicenda alla quale si rifà l'ancora attuale omaggio di un bocciolo di rosa che gli uomini veneziani fanno alla propria donna (moglie, fidanzata, ma anche madre o sorella) nel giorno di San Marco, 25 aprile.
I figli di Orso ebbero tutti poca salute, e si può ipotizzare che fossero affetti da qualche forma di rachitismo, del genere di quello che colpì la discendenza dei Merovingi. Uno di questi si chiamava Badoaro, ed alcuni ritengono che con questo figlio sia entrato il cognome Badoèr nella stirpe dei Partecipazio.
Quando nel 912 venne eletto dall'assemblea popolare un altro Orso Partecipazio (distinto con il numero ordinale II), che era detto Paureta o Baduario, non si può più ritenere che fosse discendente della precedente famiglia Partecipazio: forse apparteneva ad un altro ramo, ma molto di più non si può sapere per la scarsità delle fonti che sono pervenute fino a noi circa quel periodo tanto lontano.
 
Un altro scorcio di corte Badoèr verso il "portègo", purtroppo occupato dalle povere cose del "clochard" che vi vive.
 
 
L'ingresso "ceramico" del laboratorio di Neera Gatti.
Comunque sia, suo figlio Pietro, che più tardi (939) venne eletto Doge, viene citato come Pietro Badoèr: a questo proposito Andrea Dandolo osserva che i due cognomi, Partecipazio e Badoèr, fossero della stessa stirpe.
La famiglia Badoèr fu sempre molto ricca, di una ricchezza spropositata, al punto che ai tempi della Repubblica esisteva il modo di dire «pien come el Badoer» (pieno [di ricchezze] come i Badoèr).
I Badoèr avevano vaste proprietà, documentate già nel 1038, nella zona dove oggi sorge la basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari. Era una zona bassa e paludosa (era chiamata infatti lacus badovarius) parte della quale venne donata da Giovanni Badoèr ai frati minori, affinché potessero costruirvi la loro chiesa.
Questo ramo della famiglia abitava nell'allora parrocchia di San Tomà e concorse con Francesco Badoèr al rifacimento della sua facciata, come ci ha documentato Giannantonio Pivoto, parroco di questa chiesa morto nel 1789: «Faciem hujus Ecclesiae in honestiorem formam a. 1666. inceptam, & completatam an. 1670. sub directione Balthassaris Longena, & decenti ornatu innovatam ex marmore histriano...».
La loro casa aveva la facciata che prospetta ancora oggi, con lo stemma di famiglia, sul campo dei Frari.
Lo conferma anche la Descrizione della Contrada fatta nell'anno 1713 dove viene citata la «...casa propria di Zuane Badoer fo de ser Pietro...» ed il "Libro d'Oro" dell'anno 1714 dove si fa cenno ad un ramo dei Badoèr abitante «...ai Frari, in Calle della Passion...».
Alla corte Badoèr si accede per il ramo Badoer che nel "Cattastico del Sestier di San Polo" del 23 maggio 1802 è denominato «...Ramo di Ca' Badoer...»; la corte viene descritta nello stesso "Cattastico" quale «...Corticella Privata...», pur essendo soggetta a servitù pubblica. Infine oltre il pòrtego si dovrebbe aprire un sotopòrtego che conduce ad una «...riva di scalini n. 3...» sul rio di San Tomà: oggi quest'ultimo tratto è stato privatizzato ed è chiuso da un cancelletto di legno.
In ramo Badoèr, nel 1948, venne aperta la bottega di ceramiche di Neera Gatti (1906-1973) con annessa scuola di formazione per ceramisti. Il laboratorio rimase attivo fino al 1972 ed oggi ne resta l'originale ingresso.
  
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Pagina aggiornata il 29 dicembre 2015