Capitello

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Non deve stupire se, nell'introdurre una presentazione dei numerosi capitelli presenti a Venezia, parliamo prevalentemente di illuminazione pubblica.
Ma si capirà presto il perché.
Nei primi secoli, la viabilità cittadina era soprattutto acquea: ci si muoveva e ci si spostava per la città in barca. Sul lato dei canali sorgevano le facciate più belle e sontuose dei palazzi; sull'acqua si apriva la porta principale delle dimore.
Lo spazio interno delle insule, tra casa e casa, era un qualcosa di accidentale, quasi un'estensione dello spazio domestico come, in altri contesti, poteva essere quello dell'aia, del cortile o dell'orto.
La necessità di spostarsi tra insula ed insula portò alla creazione di ponti che attraversavano i canali, all'inizio il più delle volte delle semplici passerelle in legno gettate di traverso tra una riva e l'altra.
In questo modo venne ad organizzarsi anche una viabilità pedonale che, nelle ore notturne, piombava nel buio ed era il luogo preferito per le aggressioni al viandante.
Ad esempio sappiamo che malintenzionati si nascondevano nell'oscurità della calle e del sotopòrtego della Bissa per assalire i malcapitati; per questo stesso motivo un'altra calle è chiamata esplicitamente calle e rio terrà dei Assassini!
Il muoversi, non solo per mare, ma anche semplicemente lo spostarsi a piedi in città di notte comportava dei rischi. Cosa c'era di meglio se non affidarsi alla Madonna, al Cristo o a qualche Santo? E fu così che in questi luoghi più oscuri (calli e soprattutto sotopòrteghi) venivano collocati dei capitelli, o degli altarini di devozione dedicati a questo o quel Santo.
I capitelli venivano illuminati con dei cesendeli (lumini) così chiamati perché il loro chiarore fioco e tremolante assomigliava a quello delle lucciole, chiamate cicendalae.
 
"El còdega", da "Le Arti che vanno per via nella Città di Venezia" di Gaetano Zompini (1700-1778).
Sotto il dogado di Domenico Michiel (Doge dal 1118 al 1130) venne fatto obbligo ai parroci «...che per le contrade mal secure fossero posti cesendeli impizadi che ardessero tutta la notte, dove furono poste delle belle ancone». Le spese per il loro funzionamento (sostanzialmente l'olio) era a carico, secondo i casi, dei parroci o degli abitanti della zona.
 
 
Sul motivo per cui in maggioranza i capitelli fossero dedicati alla Madonna, proponiamo un piccolo approfondimento in questa paginetta.
Nel 1450 fu decretato di porre quattro grandi lampade a Rialto, sotto i portici, in un luogo che era diventato ritrovo di omosessuali.
L'illuminazione per le calli doveva essere diventata consistente se il frate domenicano Felix Faber (Zurigo, circa 1438/39 - Ulm, 1502) che passò per Venezia in occasione dei suoi due pellegrinaggi in Terra Santa del 1480 e del 1483/84, parlando dei capitelli veneziani, veniva a scrivere: «In omnibus angulis, ubi arcti sunt vici et curvi, est suspensa una lampas, quae noctibus accenditur; et ne lumen gratis ardere videatur, ad parietem, restro lampadam, ponunt aliquam imaginem B. V., et lampas tam ad honorem B. V. accenditur, quem ad comoditatem transeuntium».
Attorno al 1720 alcuni commercianti cominciarono a tenere accese delle lanterne davanti ai loro negozi.
Ed intanto era nata una nuova professione, quella dei còdega: questi erano uomini che, a pagamento, attendevano la gente fuori dei teatri o dei palazzi per accompagnarli lungo la strada con una lucerna accesa.
Nel 1732 venne decretato che di notte la città fosse illuminata da ferài (fanali): erano 843, in vetro, alimentati ad olio e restavano accesi fino all'albeggiare.
Si dice che i còdega li rompessero a sassate, per non perdere il proprio lavoro. Ma è più probabile che la proibizione emanata prontamente contro chi danneggiasse o distruggesse i ferài riguardasse quei malintenzionati abituati ad aggredire nel buio della notte qualche cavaliere.
I còdega infatti non persero del tutto il lavoro e si riconvertirono in impizadori (coloro che accendevano le lampade): erano 138 nel 1758.
Più tardi furono degli imprenditori privati ad aggiudicarsi l'appalto di provvedere all'illuminazione pubblica.
Alla caduta della Repubblica i ferài pubblici erano 1954, ai quali si devono aggiungere quelli privati (un centinaio circa).
 
Lampadario per le Procuratie Vecchie progettato e realizzato da Umberto Bellotto. 
Il 13 marzo 1843 le lampade ad olio furono convertite con l'alimentazione a gas.
Alla fine della I Guerra Mondiale, potendo riprendere la città la vita normale senza il pericolo di bombardamenti, venne collocata una lampada elettrica in 2.850 fanali a gas mentre l'illuminazione interessava ancora 740 ferài.
Quindi venne stabilito che entro il 31 dicembre 1922 si sarebbe dovuta sostituire l'illuminazione pubblica a gas con quella elettrica.
A partire dal 1921 la Ditta Folin & Fabrici iniziò la sostituzione di tutte le lampade ancora funzionanti a gas.
 
Bracciale con armatura di tipo comune, riconvertita da gas ad elettricità. 
 
In quegli anni si mise mani ad un progetto complessivo di razionalizzazione della rete elettrica della pubblica illuminazione: le lampade (mediamente 25) vennero messe in serie realizzando 164 circuiti collegati ad un armadio di trasformazione collegato a sua volta ad una rete che faceva capo ad una cabina centrale di trasformazione e di comando situata nel palazzo comunale di Ca' Loredan.
 
Schema di un'armatura di tipo comune.
 
Vennero conservati e restaurati i vecchi bracciali in ghisa e ferro dell'illuminazione a gas ed i candelabri in ghisa, che però vennero modificati con un fanale rotondo.
Furono appositamente predisposti per luoghi particolari, quali ad esempio le Procuratie e le Mercerie, dei nuovi ferài, opera del commendatore Umberto Bellotto (1882-1940).
La realizzazione di questo progetto iniziò il 1° gennaio 1926 e simbolicamente il 25 aprile 1927 (giorno di San Marco) iniziò a funzionare, seppure parzialmente, la nuova illuminazione.
L'impianto venne completato nella primavera del 1928.
 
Lampadario con bracciale per le Mercerie progettato e realizzato da Umberto Bellotto.
 
Ad iniziare dagli anni Ottanta del Novecento il vetro dei ferài, per evitare rotture dovute soprattutto ad atti di vandalismo, venne progressivamente sostituito dal plexiglass.
A cominciare dal giugno 2011, a seguito di un nuovo appalto per la gestione degli impianti di illuminazione, le lampade furono sostituite da sorgenti led a basso consumo energetico.
  
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Pagina aggiornata il 4 dicembre 2015