A San Rocco.
La scrittura di questo toponimo è varia, come sono varie le spiegazioni
della sua origine e significato.
Restando allo "Stadario del Centro Storico Veneziano" del 2012
del Comune di Venezia, non c'è una scrittura univoca.
Troviamo infatti il luogo principale che è denominato semplicemente «Castel
Forte» (senza "campo" o altra indicazione), la calle «Calle
de Castel Forte San Rocco», il ramo «Ramo Drio [dietro -
N.d.R.] Castel Forte», il
sottoportico «Sotopòrtego de Castel Forte».
Altra
variazione di un "nizioleto".
Il
"Sotopòrtego de Castel Forte", chiuso, privatizzato e
utilizzato come deposito/magazzino.
Inoltre i nizioleti, ovvero le denominazioni stradali ufficiali dipinte
dal Comune di Venezia, non tengono completamente conto dello
"Stradario" e sono diversi: oggi (2019) manca
l'indicazione relativa alla località «Castel Forte», la calle è
indicata come «Calle de Castelforte S. Rocco», parola unita e
"San" abbreviato), il ramo ha perso il "drio" «Ramo
Castelforte» con il nome unito senza spazio di separazione e ugualmente il
sottoportico ha il nome unito senza la separazione: «Sotopòrtego de
Castelforte».
L'origine di questo toponimo è incerta.
Antonio
Coccio, detto il Sabellico (1436ca.-1506) si rifà ad un castello, o ad
una fortezza, anticamente esistente in analogia con il Castello d'Olivolo
(oggi San Pietro di Castello) e forse similmente a quanto poteva esistere
vicino a San Marco dove viene ricordato un Castel
Cimesin.
Nel suo "De Situ Urbis Venetae" (1494 o 1495) scrive infatti
(qui seguiamo la versione tradotta in italiano da Lucio Fauno con il
titolo "De sito di Vinegia" apparsa nel 1544):
«Io odo che'l luogo herboso di dietro ove poche et basse case si veggono,
chiamasi dal volgo castello, ma di ciò la cagione non so, se non forse
agli habitatori si debba dar fede, che dicono da loro maggiori haver
udito, che nei vicini orti ove oggi de tintori et conciatori de vesti le
tende si veggono [le Chiovère
di San Rocco -N.d.R.] per addietro esser stato luogo fortissimo,
della qual opera ancor oggi alcuni antichi vestigi si veggono».
Castel
Forte San Rocco.
Il
frontespizio del trattato "Della Laguna di Venezia" di
Bernardo Trevisan dove l'autore pubblica i rilievi delle due lapidi
romane rinvenute in Castel Forte.
E
più avanti continua «...la linea da quei tre rivi [la confluenza
del rio de le Muneghete, il rio de la Frescàda ed il rio di San Pantalòn
- N.d.R.], che sono oltre la chiesa di s. Giovanni Evangelista dietro
la chiesa de minori [dei Frati Minori, cioè Santa Maria Gloriosa dei
Frari - N.d.R.] per il campo, ove dicesi che fu Castel forte».
Giuseppe Tassini (1827-1899), senza precisare la fonte, riferisce che il
nome Castel Forte avrebbe origine nel fatto che qui nel 1261, o 1264,
sarebbe stata fabbricata una nave chiamata "Rocca Forte".
Sul "Rerum Italicarum Scriptore", Tomo XXII, "Vitae Ducum
Venetorum Italice Scriptae ab Origine Urbis" di Marin Sanudo
(1466-1536), Milano, 1733 leggiamo infatti che «...uscì di Venezia
una gran Nave, che si chiamava la Roccaforte, sulla quale erano 500
combattenti, ed era bene in punto, e con quella molte e molte altre Navi
picciole e ben fornite, sulle quali erano etiam mercanzie. Delle quali era
Capitano Michele Doro, il quale andava nostro Bailo in Acri. E queste Navi
s'incontrarono sopra la Smirne nell'armata de' Genovesi, ch'era di galere
16. Le quali assaltarono le dette nostre Navi, e presero tutte le picciole,
ma non la grande. La quale veduto di non poter combattere, fece volta, e
si salvò».
Le
due lapidi romane trovate durante lo scavo di un pozzo a 13
piedi circa di profondità a Castel Forte San Rocco illustrate
da Bernardo Trevisan nel suo trattato "Della Laguna di
Venezia".
Il
"Ramo Drio Castel Forte", come dovrebbe essere la
denominazione ufficiale adottata dal Comune di Venezia, ma non
rispettata dai "nizioleti" toponomastici.
Dai
vecchi scrittori, come Bernardo Trevisan, nel suo trattato "Della
Laguna di Venezia", 1715, questa zona è sempre stata considerata di «...inestimabile
antichità...», tanto è vero che questi, in particolare, illustra
due lapidi romane trovate durante uno scavo «...nella profondità di
tredeci piedi incirca...» che testimonierebbero appunto l'antichità della
bonifica di quest'area.
Opinione confermata anche da Tommaso Temanza (1705-1789) che
rilevava come, esauriti i mattoni provenienti dalle rovine di Altino e
data la ricchezza di crete che si trovavano nelle melme della laguna, si
costruirono fornaci per la produzione dei mattoni che servivano per
l'edilizia. Di una di queste fornaci «...che nel Secolo XV. esisteva in
Castel-forte, presso San Rocco, ne ho trovato notizia; ma non di altre.
Questa di Castelforte fu forse la più antica; perchè quel luogo è una
delle più antiche tombe di Rialto». Dove per tomba si intendeva un
dosso, un rialzo artificiale del terreno, ovvero una bonifica.
Su Castel Forte si fa notare subito un imponente edificio residenziale: si
tratta di una "casa doppia", un particolare artificio
architettonico mediante il quale si potevano ricavare più distinte
autonome abitazioni sulla stessa superficie.
La Scuola di San Rocco, che quasi da subito ricevette il privilegio di
potersi fregiare dell'appellativo di "Grande", era decisamente
ricca di proprietà e di rendite che destinava ai propri fini assistenziali
e benefici. Così, quando la sua accresciuta importanza era ancora di più
aumentata, volle dotarsi di una sede più grande e prestigiosa e per
questo scopo acquistò dei terreni limitrofi sui quali operò come
architetto Antonio Abbondi, detto lo Scarpagnino (1465-1549).
La
piante del pianterreno dell'edificio in Castel Forte San
Rocco.
I
due emblemi della Scuola grande di San Rocco "firmano" la proprietà
dell'edificio.
Tuttavia non
tutti i terreni furono occupati dalla Scuola: così si pensò di costruire
un edificio che, nell'idea iniziale, prevedeva sei abitazioni (dopo
ridotte a quattro), progetto al quale si dedicò nel 1548 lo stesso
Scarpagnino, che per altro non riuscì a vederlo realizzato, morendo
infatti nel 1549.
La compattezza del terreno, che come abbiamo visto era dovuta al fatto che
si trattava di un'antica bonifica, consentì di evitare la palificazione,
consueta per gran parte degli edifici veneziani, passando direttamente a
collocare lo "zatterone" sul suolo.
Per dare autonomia alle abitazioni, furono realizzate quattro cisterne in
corrispondenza dei muri portanti, in modo da poter attingere l'acqua da
due locali confinanti. Ai quattro angoli furono collocati con funzione
statica altrettanti massicci pilastri angolari in pietra d'Istria che
assolvono anche al compito di delimitare fisicamente e visivamente i
confini della proprietà.
Un particolare che oggi ormai non si nota più è il fatto che l'esterno
venne affrescato sul
lato che prospetta il campo e su quello laterale di fronte alla Scuola:
per questo lavoro venne chiamato Vitruvio Buonconsiglio (notizie dal 1523 al
1571). Gli affreschi erano ancora visibili nell'Ottocento; oggi, ad un
esame attento, sotto uno strato di intonaco in parte staccato, gli
specialisti hanno osservato tracce di un motivo grigliato, probabilmente
riquadri per le pitture del Buonconsiglio.
La
"casa doppia" di Castel Forte San Rocco.
Sulla facciata che prospetta sul rio si vede ripetuta due volte,
l'immancabile firma della Scuola Grande di San Rocco, che ne certifica la
proprietà.
Nel tempo, a seguito di successivi frazionamenti, le quattro iniziali
abitazioni sono oggi diventate 18 unità.
Aggiungiamo infine che il sotopòrtego de Castel Forte è
completamente privatizzato, chiuso da cancelli, inaccessibile e ridotto a
deposito di materiali.