A San Rocco.
Queste vie prendono il nome da una chiesa che ora non esiste più,
dedicata a San Nicola.
La chiesa fu voluta dal Procuratore di S. Marco Nicolò Lion il quale più
tardi avrebbe scoperto la congiura del Doge Marin Falier (1274-1355).
Si racconta, al di là di alcune varianti secondarie sull'episodio, che il
Lion soffrisse di una non precisata malattia
che lo tormentava da tempo: fu grazie a delle erbe che i frati di
Santa
Maria Gloriosa dei Frari coltivavano nei loro orti che il Lion sarebbe
guarito.
Il Procuratore, in segno di gratitudine, nel 1332 volle edificare una chiesetta nei
pressi di quegli orti dai quali proveniva quell'erba provvidenziale che lo aveva
risanato.
La chiesa fu intitolata al Santo di cui il Lion portava il nome: San Nicola.
Per le sue più modeste dimensioni e per non confonderla con altre chiese
intitolate a San Nicola che esistevano in città (San Nicola dei Mendicoli a
Dorsoduro, San Nicolò al Lido, San Nicolò a Castello, per non parlare poi
di San Nicolò nella cittadina di Mira, sul Brenta, vicina ai confini con i
territori padovani) questa chiesetta venne popolarmente chiamata San
Nicoletto.
E spesso veniva aggiunta al nome quella precisazione "della
lattuga", a ricordo dell'episodio che abbiamo citato.
Ramo
San Nicoletto.
La
porta che conduce al piccolo chiostro di San Nicoletto, oggi di
pertinenza dell'Archivio di Stato che lo utilizza per conservazione
di documenti.
Alla chiesa il Lion aggiunse anche la costruzione di un conventino, per
abitazione di qualche frate; nel 1353 il Lion fu inviato ad Avignone, come
ambasciatore presso il Papa Innocenzo VI (1282-1362) ed in quella
circostanza il 13 febbraio con testamento assegnò ai frati minori la
chiesa con il piccolo convento.
La consacrazione avvenne il 17 settembre 1582 con l'intervento del vescovo
di Chioggia Marco Medici.
La piccola chiesa si arricchì nel tempo di opere ragguardevoli:
sull'altare maggiore una pala del Tiziano (1488/90-1576): la Madonna in
gloria con i Santi Nicolò, Caterina, Antonio, Francesco e Sebastiano,
oggi conservata nelle Gallerie Vaticane (tra l'altro, è l'unico lavoro
del Tiziano che conservano questa prestigiosa pinacoteca) e tutt'intorno
lavori di Paolo Veronese (1528-1588) e della sua scuola; e poi Jacopo
Palma il Giovane (1549-1628), Paolo Franceschi detto il Fiammingo (1540
circa-1596), Marco Vecellio (1545-1611), Alvise dal Friso (1544
circa-1609), Odoardo Fialetti (1573-1637/8), Giovanni Sntonio Fiumani
(1643-1710), Giambattista Pittoni (1687-1767) ed altri ancora.
Un
frammento proveniente dalla chiesa di San Nicoletto della
Lattuga.
Oltre a queste opere pittoriche, la chiesa era arricchita di bei dossali
lignei intagliati da Girolamo da Feltre ed il suo convento possedeva una
ricca biblioteca tra cui «...parecchie magnifiche edizioni assai bene
conservate di Opere di Santi Padri [...] e tre o quattro
quattrocentisti non comuni...» oltre ad una pergamena manoscritta «...non
rara...».
Nel 1743 un incendio distrusse in gran parte il piccolo convento, che
però venne ricostruito.
Con la caduta della Repubblica di Venezia la chiesa venne soppressa nel
1806, le opere d'arte in essa contenuta furono disperse e quindi demolita.
Oggi, all'incirca sulla sua area, esiste la casa conventuale dei frati di
Santa Maria Gloriosa dei Frari.
Un piccolo approfondimento sulla chiesa di San Nicolò della Lattuga si può leggere in
questa
pagina.
Una
patèra in calle San Nicoletto.
Dal
ramo San Nicoletto, su un edificio di edilizia popolare degli inizi del
Novecento, è visibile un frammento di fregio con foglie di acanto
proveniente dalla chiesa demolita di San Nicoletto. Su quello stesso
edificio, ma sul lato che prospetta sulla calle drio l'Archivio, è
visibile un altro
simile fregio.
Sopra il numero civico 3072 è collocata una patèra in marmo greco
raffigurante due uccelli uniti con il becco.