Il 5 centesimi della IV di Sardegna (a sinistra) a confronto con quello di Napoli (a destra)
La scritta inferiore sul francobollo di Sardegna (in alto) a confronto con quella di Napoli (in basso)
Alcune date (ed un po' di decreti)
L'11 maggio 1860 Garibaldi con i suoi "Mille" sbarca a Marsala, segnando l'inizio del
tramonto del Regno delle Due Sicilie".
Il 6 settembre 1860 il giovane re Francesco II abbandona Napoli che Garibaldi raggiunge
l'indomani 7 settembre, assumendone la Dittatura in nome del re Vittorio Emanuele
II.
Il 9 settembre 1860 il decreto dittatoriale n. 13 prescrive che i sigilli dello Stato,
della pubbliche amministrazioni e dei pubblici ufficiale «avranno lo stemma della Real Casa
di Savoja, con la leggenda Vittorio Emanuele II, Re d'Italia».
L'11 settembre 1860 una disposizione del Ministero delle Finanze ordina di sospendere la
fabbricazione dei francobolli del Regno di Napoli, anche se questo ordine venne disatteso.
Il 16 settembre 1860 intanto era stato nominato Direttore Generale delle Poste, Ferrovie
e Telegrafi di Napoli il Barone Gennaro Bellelli.
Il
Barone Gennaro Bellelli, Direttore Generale delle Poste,
Ferrovie e Telegrafi di Napoli.
Il 17 settembre 1860 il decreto dittatoriale n. 58 prescrive l'adozione nelle Provicie
Meridionali del sistema metrico decimale in vigore nelle Provincie Subalpine.
Il 24 settembre 1860 un decreto dittatoriale di Garibaldi stabilisce il ragguaglio fra la
moneta napoletana, in ducati, grana e tornesi, e la lira italiana.
L'8 ottobre 1860 un decreto a firma del pro-dittatore di Napoli, marchese Giorgio
Pallavicino, stabilisce il corso legale della moneta sabauda.
Il 6 gennaio 1861 il decreto luogotenenziale n. 156 ordina di estendere dal 1° marzo alle
province napoletane l'ordinamento postale in vigore nell'alta Italia.
Il 10 cent. della IV di Sardegna (a sinistra)
a confronto con quello di Napoli (a destra)
La scritta inferiore sul francobollo di Sardegna (in alto)
a confronto con quella di Napoli (in basso)
In grana o in centesimi?
I piemontesi inizialmente
intendevano estendere anche alle province napoletane l'uso dei
francobolli sardi, senza tenere presente la difficoltà che poteva avere all'inizio la
popolazione a dover improvvisamente
abbandonare i conteggi in ducati, grana e tornesi per farli
in lire e centesimi di lira.
La stampa dei francobolli del Regno di Napoli con i simboli borbonici era cessata nel dicembre
1860, anche se forse si continuò a stamparne ancora nel gennaio 1861 e sarebbero quelli, secondo
Emilio Diena, stampati su carta più sottile, fornita dalla cartiera Tajani secondo in nuovo
contratto stipulato appunto nel 1860.
La stampa di questi francobolli venne autorizzata molto probabilmente dal Barone Gennaro
Bellelli, Direttore delle Poste Napoletane, il quale pensò nel frattempo che era necessario
dotare la nuova amministrazione di francobolli che recassero l'effigie del nuovo sovrano, così
come sarebbe avvenuto per le monete (ricordo che il decreto luogotenenziale del
17 febbraio 1861 n. 256 autorizzò la Zecca di Napoli a coniare monete di bronzo a centesimi,
con l'effigie di Vittorio Emanuele II; le impronte di queste monete furono precisate nel successivo decreto
luogotenenziale del 2 maggio 1861, n. 1681).
Non è proprio chiaro se l'idea originaria del Bellelli fosse di predisporre i nuovo francobolli
a Napoli con la nuova monetazione in centesimi piuttosto che in grana.
La Direzione generale delle Poste di Torino aveva comunque inviato 25 pacchi di francobolli
della IV emissione di Sardegna da 5, 10, 20, 40 ed 80 cent., ma questi pacchi erano stati
respinti al mittente dal Bellelli poiché «il loro valore è indicato in lire e centesimi e
conseguentemente non sarebbero da potersi usare agevolmente».
L'iniziativa del Bellelli
Il 20 cent. della IV di Sardegna (a sinistra) a confronto con quello di Napoli (a destra)
La scritta inferiore sul francobollo di Sardegna (in alto)
a confronto con quella di Napoli (in basso)
Fatto sta che il 26 febbraio 1861 a Napoli sono pronte le tavole da stampa dei francobolli con
il valore espresso in centesimi.
Come mai questo cambiamento d'idea da parte del Bellelli? Forse si era convinto che
l'unificazione delle monete sarebbe stata presto ineluttabile. O forse semplicemente il suo
interesse era un altro: in centesimi o in grana, i francobolli dovevano essere stampati a
Napoli.
Il Bellelli aveva già da tempo preso la sua decisione di attrezzare una tipografia allo scopo ed
aveva acquistato una macchina da stampa a Londra e doveva farla lavorare come doveva far
lavorare gli operai che aveva adibito alla macchina. Questi in verità non erano operai
stipendiati, ma tipografi che avevano preso in appalto il lavoro.
I cliché erano stati ordinati da Bellelli a Parigi già alla fine del
1860 e comprendeva tutti i valori in uso a Torino:
proprio per questo la serie in un primo momento non includeva i valori da 1, 2 centesimi e
da 3 lire, valori complementari che uscirono solo nel gennaio 1861,
dopo cioè che il Bellelli aveva già ordinato le incisioni. Ma questo non aveva
scoraggiato il Barone che, successivamente, ordinò anche i punzoni per questi
valori, che però arrivarono in ritardo per poter essere stampati, quando ormai
la sua avventura era terminata.
Carlo Vaccheri, Direttore divisionale inviato da Torino a Napoli con l'incarico di riordinare il
servizio postale, era allarmato per tutto quello che stava tramando il Bellelli, che si
considerava dipendente dalla Luogotenenza napoletana e non dal Governo di Torino.
Il Vaccheri si era reso conto delle frodi postali che venivano perpetuate nel napoletano e
chiaramente temeva che disporre di francobolli preparati da due diverse tipografie, una a
Napoli, l'altra a Torino, non avrebbe fatto altro che rendere difficoltosi i controlli e
favorire gli abusi e le frodi.
La proposta del Bellelli
Il 40 cent. della IV di Sardegna (a sinistra)
a confronto con quello di Napoli (a destra)
La scritta inferiore sul francobollo di Sardegna (in alto)
a confronto con quella di Napoli (in basso)
La Direzione generale di Torino condivideva questi timori, tuttavia il Bellelli andava avanti
per la sua strada.
Quello che avveniva lo racconta lo stesso
Vaccheri nella sua corrispondenza diretta ai suoi superiori a Torino (26 febbraio 1861):
«...questo Signor Direttore Generale, (il Bellelli, N.d.R.) essendosi accertato dell'impossibilità di far confezionare
prontamente tanti francobolli d'ogni qualità bastanti per fornire prontamente tutte le Province
Napoletane e togliere così di corso quelli d'antica forma, desso venne in pensiero di proporgli
di continuare a provvedere quest'Amministrazione di francobolli in moneta napolitana,
riservandosi di farne fabbricare in Napoli di quelli con moneta italiana per uso di codeste
Province che verrebbero così spediti in cambio.»
In sostanza la proposta del Bellelli era diventata questa: io stampo i francobolli in centesimi
e ve li mando a Torino per i vostri usi, in cambio voi mi mandate i francobolli in grana!
Il Bellelli dunque era riuscito a stampare i "suoi" francobolli a partire dalla fine
febbraio/primi di marzo e continuava a stamparli, anche se non si sa bene per quale uso, dal
momento che erano giunti da Torino i francobolli stampati in litografia dal Matraire nei valori
da ½ tornese, 1, 2, 5, e 20 grana il 14 febbraio 1861 cui si aggiungeranno più tardi il 10 grana
ed il 50 grana (il 17 o il 18 marzo) ed il ½ grano (17 aprile).
La sua proposta di "scambio merce" non poteva evidentemente essere accettata da Torino. Anche
senza un esame diretto dei suoi francobolli, Torino poteva ben immaginarsi che questi fossero
difformi, magari in qualche particolare, da quelli del Matraire. E noi sappiamo che questa
supposizione era giusta.
La fine dell'avventura
L'80 cent. della IV di Sardegna (a sinistra)
a confronto con quello di Napoli (a destra)
La scritta inferiore sul francobollo di Sardegna (in alto)
a confronto con quella di Napoli (in basso)
Ma la testardaggine del Bellelli stava volgendo alla fine: infatti un decreto del 19 marzo 1861
sopprimeva la Direzione delle Poste e Strade Ferrate di Napoli riunendo tutti i sevizi postali
sotto un'unica direzione ed il Barone Bellelli fu messo in aspettativa, senza che avesse mai
dato l'ordine di sospendere la stampa dei "suoi" francobolli.
La Direzione generale di Napoli divenne Compartimentale e Carlo Vaccheri ne divenne Direttore.
Naturalmente uno dei suoi primi provvedimenti (3 aprile 1861) fu quello di cessare il lavoro
della discutibile iniziativa del suo predecessore.
Venne fatto l'inventario di tutto quello che era presente nella tipografia. Si trattava di:
290.150 francobolli già confezionati;
432.600 francobolli stampati, gommati, rifilati senza l'effigie del re;
1.311.3500 francobolli solo stampati;
5 risme di carta da 500 fogli ciascuna;
1 «macchina completa di costruzione inglese»;
5 «piccole plance di rame ciascuna con cinquanta francobolli incisi»;
1 «macchinetta pel bollo a secco, col bollo di acciaio inciso a bassorilievo
coll'effige di S.M. il Re Vittorio Emanuele»;
ed altre attrezzature.
Tutti i fogli finiti e quelli in corso di lavorazione furono spediti a Torino. Furono bruciati
65.750 esemplari di vario valore facciale in quanto scarti di stamperia. Il resto del materiale
fu tenuto a disposizione della Direzione generale delle Poste.
A sinistra uno dei quattro 5 cent. usati conosciuti (Paola 1863)
ed a destra uno dei cinque 10 cent. usati noti (Napoli Succursale 18 marzo 1862)
(Il Collezionista Francobolli n. 3/2001)
In seguito venne mandato a Torino anche dell'altro materiale che il Bellelli aveva
ordinato in un secondo momento e che per questo era stato consegnato
dall'incisore parigino solo dopo.
Si trattava delle tavole per i francobolli da 1 e 2 centesimi e per quello da 3 lire.
L'intenzione del Bellelli era dunque quella di stampare tutti i francobolli che venivano
prodotti a Torino.
Non si hanno notizie riguardo i punzoni in acciaio per il rilievo a secco delle cifre "1" e "2".
Forse non furono ultimati e vista la mala parata del Barone Bellelli non si proseguì nel
lavoro.
Inoltre le tre tavole non risultano siano state usate neppure per delle prove.
Il Vaccheri propose per due tipografi un posto di brigadiere ed uno di portalettere.
I francobolli
Dunque furono 290.150 i francobolli perfetti trovati nella stamperia, divisi nei vari
valori:
L'unica busta nota di un non emesso: si tratta di un 10 cent. usato a Napoli il 23 dicembre 1863 per Santa Lucia (Avellino) (Il Collezionista Francobolli n. 3/2001)
centesimi 5
n° 100.950
centesimi 10
n° 83.100
centesimi 20
n° 55.300
centesimi 40
n° 30.700
centesimi 80
n° 20.100
Erano stati presi a modello i francobolli sardi della IV emissione e furono fatti per
assomigliarci il più possibile.
Tuttavia l'incisore francese che eseguì la riproduzione si dimostrò più
esperto nell'arte del bulino del Matraire che, ricordiamolo, non si era mai
destreggiato bene nell'arte dell'incisione preferendo invece sempre la tecnica
litografica.
La cornice
Fu preparata una cornice per
ogni valore, così che ci sono differenze tra le varie cornici, anche se le differenze maggiori
si vedono confrontando i francobolli con i corrispondenti sardi presi a modello, come abbiamo
fatto qui in alto a sinistra.
A sinistra uno dei cinque 10 cent. usati conosciuti (Napoli Succursale a Chiaia 18 marzo 1862) (Catalogo Zanaria Primavera 2005) ed a destra l'unico 20 cent. noto usato a Torino il 31 maggio 1861
del quale è nota una storia curiosa (Il Collezionista Francobolli n. 3/2001)
Si nota prima di tutto che i francobolli del Bellelli sono leggermente più
piccoli di quelli sardi. Anche le perline del contorno esterno alla cornice sono più piccole, ma si notano meglio e
sono più evidenti. Le scritte nei francobolli napoletani sono composte con un carattere
bastoncino le cui aste hanno uno spessore costante, mentre nei francobolli sardi le aste si
presentano più grosse o più piccole: nel complesso nei francobolli di Napoli le scritte
risultano decisamente più leggibili e pulite.
Altre piccole differenze si trovano, soprattutto sugli esemplari poco inchiostrati, in posizioni
ben precise: si tratta in genere di minuscoli puntini. Sul 5 centesimi, ad esempio, un minuscolo
puntino c'è tra le cifre "0" e "5". Altre differenze sono riscontrabili sui fregi
d'angolo ed in quelli attorno all'ovale.
I colori e la gomma
Nei
francobolli napoletani i colori (verde giallo, terra d'ombra, azzurro,
rosso carminio e arancio) sono simili ma non uguali a quelli
dell'emissione sarda. Non presentano una gamma vasta di gradazioni,
tuttavia sono da ricordare per il 5 centesimi il verde giallo scuro,
chiaro e vivo; per il 10 centesimi anche la terra d'ombra può essere
scura o chiara; nel 20 centesimi l'azzurro può diventare azzurro cupo;
anche il rosso carminio del 40 centesimi si può presentare chiaro o scuro
ed infine l'arancio dell'80 centesimi può essere arancio vivo.
Uno dei due 40 cent. conosciuti (Napoli 12 gennaio 1863) in affrancatura mista
con un 5 cent. di Sardegna (Catalogo Sassone 1999)
A destra l'altro 40 cent. conosciuto usato qualche giorno dopo (Napoli 25 gennaio
1863) che occupava la posizione immediatamente superiore: infatti in basso è
restata parte della cornice che appartiene al 40 cent. dell'affrancatura mista. (Il Collezionista Francobolli n. 3/2001)
La gomma, applicata a mano, è piuttosto giallastra e può alterare non
solo il colore della carta, ma interferire anche con il colore del
francobollo. Sui fogli interi si possono scorgere queste diversità di
colore, vuoi perché la gomma non fu applicata in modo uniforme, vuoi
perché la stampa non avvenne con una uniforme inchiostratura.
Nel complesso tuttavia i francobolli riuscirono piuttosto bene, forse
meglio dei loro "fratelli" sardi.
L'effigie
Sui francobolli sardi l'effigie del re è sempre comparsa fin dalla prima emissione del
1851. Ad
ispirare l'augusto ritratto è stato quello preparato da Giuseppe Ferraris, incisore capo della
Zecca, per le monete d'oro da 20 e 10 lire e per quelle d'argento da 5 lire.
Lo ritroviamo stampato sui francobolli litografici del 1851 ed in rilievo sulle emissioni
successive.
Il punzone di Napoli differisce per una serie di particolari: la testa è più inclinata
all'indietro, la fronte appare corrucciata, la barba è diversa (una curva in più), diversa la
curva del cranio e l'orecchio non presenta il caratteristico "orecchino" presente sulla IV
emissione di Sardegna.
Il punzone per l'effigie in rilievo doveva essere montato su un supporto ovoidale, appena più
grande dell'effigie: si trova traccia del supporto in alcuni esemplari.
L'effigie in genere è abbastanza ben centrata. Sono rare le doppie e le triple impronte. Sono
note effigi capovolte e coppie o blocchi con alcune effigi mancanti.
Sono noti alcuni esemplari del 5 centesimi che recano l'effigie dei francobolli sardi.
Potrebbero essere delle prove fatte a Torino dal Matraire su fogli non completati provenienti da
Napoli. Furono trovati tra il materiale di scarto del Matraire.
L'unico esemplare da 80 cent. noto usato (Napoli 24 gennaio
1863)
(Il Collezionista Francobolli n. 3/2001)
Le prove di stampa
Poche sono le prove di stampa che si conoscono di questi francobolli. Emilio Diena dichiarava di
conoscerne alcune in nero del 5 centesimi ed una in nero su azzurro dell'80 centesimi. Non se
ne conosce l'origine.
Inoltre è interessante il fatto che Diena dicesse di possedere una prova del 10 centesimi bruno
chiaro spolverata di porporina. Sembrerebbe una prova di colore per il 3 lire che il Bellelli
non riuscì a stampare: come detto più sopra, le tavole del 3 lire, assieme a quelle dell'1 e 2
centesimi, furono consegnate a Napoli dall'incisore francese quando ormai Bellelli
era già stato esautorato.
L'epilogo
Tutto il materiale trovato nella stamperia di Napoli fu quindi spedito a Torino, a cominciare
dai francobolli perfetti e quelli non ancora ultimati. A Torino rimasero dimenticati per molti
anni.
L'effigie della IV di Sardegna (a sinistra) e quella di Napoli (a destra)
Probabilmente la loro fama non sarebbe quella che è se non esistessero alcuni di questi
francobolli regolarmente passati per posta pur non essendo mai stati posti in vendita.
Il Vaccheri e la Direzione generale delle Poste avevano ragione nel temere frodi e
contraffazioni: era noto che impiegati delle Poste di Napoli applicavano loro stessi francobolli
borbonici falsi, o francobolli già usati, o francobolli di importo inferiore al dovuto.
Ecco quindi che alcuni francobolli prodotti dal Bellelli furono sottratti. Non si sa quando: se
durante la fabbricazione o durante l'inventario. Ma questo potrebbe spiegare i francobolli
abusivamente usati nel napoletano, ed in ogni caso chi se ne era impossessato avrebbe dovuto
attendere almeno un anno e mezzo prima di poterli usare, quando cioè il 1° ottobre 1862 furono
introdotti i francobolli della IV emissione di Sardegna.
Ma esiste uno di questi francobolli che
venne usato subito, a Torino, il 31 maggio 1861: quindi probabilmente al loro arrivo a Torino
qualcuno ebbe modo di impossessarsi di qualche esemplare.
Non è immaginabile che si sia trattato di un errore di distribuzione dei fogli di francobolli:
infatti quelli sardi erano stampati in fogli da cinquanta disposti su dieci righe di cinque
esemplari ciascuna, mentre i fogli di Napoli recavano cinque righe da dieci francobolli.
Un 5 cent. di Napoli con effigie capovolta (Catalogo Zanaria Primavera 2005)
Coppia del 5 cent. di Napoli con effigi apposte anche a cavallo degli esemplari (Catalogo Zanaria Primavera 2005)
Impossibile non accorgersi dell'errore.
Il 20 centesimi con l'annullo "TORINO 31 MAG 1861" venne pubblicamente alla luce a Londra, dalla
famosa casa "Stanley Gibbons" e fu ritenuto un falso. Venne dato in omaggio ad un collezionista
italiano, che nel 1922 lo vendette ad un commerciante per 2.000 lire.
Intanto i francobolli spediti da Napoli a Torino continuavano a dormire, in un qualche
magazzino.
Fu verso il 1925/6 che vennero alla luce, si dice casualmente, e c'è chi dice per opera di
Emilio Diena. Ma non vennero alla luce solo i francobolli nuovi, finiti e non finiti, ma anche i
pochi usati nel napoletano. Usati da chi? Anche qui c'è una ridda di "si dice": potrebbe essere
stato lo stesso Bellelli a pepetrare l'abuso, forse a titolo sperimentale, forse per farsi beffa
di Torino.
Ma un'altra domanda sorge spontanea: se assieme ai francobolli nuovi si trovavano i pochi usati
nel 1862/3, quelli nuovi potevano essere quelli spediti a Torino nel 1861? O si trattava di
materiale che si era trattenuto in qualche modo il Bellelli? Ed in questa seconda ipotesi, che
fine avrebbe fatto il materiale spedito da Vaccheri alla Direzione generale di Torino?
In quegli anni (1925/6) si stava preparando il trasloco dell'Officina Carte Valori di Torino a
Roma. Tutto quanto era a Torino venne inviato a Roma, anche questo materiale? In definitiva non
si trattava di valori bollati, non aveva mai avuto validità: che fine ha fatto?
Qualcuno ha sospettato speculazioni. E c'è da dire che i cataloghi del tempo si affrettarono ad
inserire questi francobolli come francobolli ufficiali non emessi. Ma è proprio così?
Viaggiati per posta
Del 20 centesimi e dell'80 centesimi usati si conosce un esemplare ciascuno. Conseguentemente
esiste una sola serie completa di questi francobolli usati per posta.
Complessivamente dovrebbero esistere questi tredici esemplari:
quattro esemplari del 5 centesimi (il Sassone riporta cinque)
cinque esemplari del 10 centesimi (di cui uno su lettera, il Sassone riporta quattro)
un esemplare del 20 centesimi (l'unico usato fuori del napoletano)
due esemplari del 40 centesimi (provengono da una coppia verticale i cui due
esemplari furono usati a Napoli a distanza di pochi giorni 1'uno dall'altro)
un esemplare dell'80 centesimi
Notizie su alcuni degli esemplari usati noti
Un
5 cent. sciolto usato a Paola (Asta
Bolaffi Ambassador del 16-17 maggio 2008)
Quartina del 20 cent. di Napoli con la coppia superiore senza effigi (Catalogo Zanaria Primavera 2005)
5 cent. verde giallo chiaro
Napoli
12 settembre 1862
sciolto
5
cent. verde giallo (*)
Paola
?
sciolto
5 cent. verde giallo chiaro
Paola
16 marzo 1863
due esemplari su frammento
10 cent. terra d'ombra(*)
Napoli succursale
18 marzo 1862
sciolto
10 cent. terra d'ombra(*)
Napoli succursale a Chiaia
18 marzo 1862
sciolto
10 cent. terra d'ombra(*)
Napoli
23 dicembre 1862
su lettera
20 cent. azzurro oltremare
Torino
31 maggio 1861
sciolto
40 cent. rosso carminio(*)
Napoli
12 gennaio 1863
su frammento in affrancatura mista con un 5
cent. della IV di Sardegna
40 cent. rosso carminio(*)
Napoli
25 gennaio 1863
sciolto, era nella posizione immediatamente
superiore al precedente del quale conserva una traccia
80 cent. arancio(*)
Napoli
24 gennaio 1863
sciolto
(*) I francobolli indicati con un asterisco sono quelli riprodotti
Una storia curiosa riguarda l'unico 20 centesimi non emesso
usato per posta, che rischiò forse di finire in un cestino in quanto "forgery"
(falso). Il maggiore Marco Levy, subito dopo la Prima Guerra
Mondiale, sfogliando un album dedicato alla IV emissione del Regno di
Sardegna presso una nota casa filatelica inglese, notò questo 20
centesimi isolato in una pagina vuota di sinistra con a fianco
l'annotazione "forgery".
Chiese quindi all'impiegata quale fosse stato il prezzo di vendita e
questa gli rispose: «Non è in vendita, noi non vendiamo francobolli
falsi.»
Provò quindi a fare un'offerta di cinque sterline, spropositata per un
francobollo falso. L'impiegata si assentò per parlare con la direzione
della ditta, ma la risposta non cambiò.
Successivamente questo francobollo, considerato evidentemente ancora di
scarso interesse, venne donato da questa importante casa filatelica ad
un proprio cliente italiano che negli anni attorno al 1920 lo vendette
ad Alberto Bolaffi senior per duemila lire. Alberto Bolaffi lo
rivendette poi nel 1938.
Foglio intero da 50 esemplari del 10 cent. non emesso di Napoli
(Catalogo Vaccari 2004/5)
Foglio intero da 50 esemplari del 20 cent. non emesso di Napoli
(Vendita Bolaffi Ambassador n. 318/2002)
Foglio intero da 50 esemplari del 40 cent. non emesso di Napoli
(Vendita Bolaffi Ambassador n. 318/2002)
Le
due imitazioni del 40 centesimi e dell'80 centesimi dei non emessi
delle Province napoletane segnalati per la prima volta dall'ing.
Alberto Diena nel 1957 che ne fornisce una riproduzione in bianco
e nero.
Falsi per imbrogliare i collezionisti
Nel giugno 1957 Alberto Diena segnala per la prima volta la comparsa di
alcuni esemplari falsi. L'imitazione riguarda i due valori più pregiati
della serie: quello da 40 centesimi e quello da 80 centesimi.
In generale l'ing. Diena osserva che le scritte, che spiccano in bianco sul fondo a
colore pieno, hanno il tratto più marcato.
Queste imitazioni risultano stampate su una carta bianca un po' più
sottile dell'originale che, guardata in trasparenza, mostra dei punti più
chiari.
La gomma è bianchissima. Al proposito si deve osservare che nei
francobolli originali la carta risulta non bianca, ma di un colore bianco
avorio per effetto più o meno marcato dovuto al tempo, alla conservazione
ed alla gomma: quella usata per i francobolli originali infatti non è
bianca, ma giallognola.
L'effigie applicata ai francobolli falsi è una imitazione di quella usata
per i francobolli della quarta emissione di Sardegna; quindi è ben
diversa da quella preparata per i francobolli napoletani poi non emessi.
Naturalmente ci sono anche delle diversità nella vignetta che consentono
di identificare le imitazioni dai francobolli falsi. Se ne riportano
solamente alcune.
Imitazione del 40 centesimi: nella parola «FRANCO» la «R» ha la
parte interna dell'occhiello superiore della lettera meno largo rispetto
al francobollo originale mentre la lettera «N» della stessa parola è un
po' più larga dell'originale. La «S» della parola «POSTE» ha le due
parti curvilinee terminali meno arrotondate. La lettera «B» di «BOLLO»
è più grande ma l'occhiello interno superiore è più piccolo, rispetto
al francobollo originale. Nella parola «QUARANTA» l'ultima «A» è alta
quanto la lettera «T» che la precede e la «N» è più larga
dell'originale. Imitazione dell'80 centesimi: l'occhiello inferiore interno della
cifra «8» di «80» è più piccolo dell'originale, come anche i due
occhielli interni della lettera «B» di «BOLLO».