Ripercorrendo
la storia di un francobollo, sfatiamo leggende e credenze consolidate nel
tempo ed approdiamo ad impensabili collegamenti con il Regno di Sicilia e
l'appena costituito Regno d'Italia.
Il
5 centavos (Yvert n. 14) detto anche il "trencito"
nella gradazione rosso carminio brillante.
Questo francobollo è piuttosto
famoso: è ancora oggi considerato da molti collezionisti, forse la
maggioranza, il primo francobollo commemorativo emesso al mondo.
Il Catalogo Scott 2005 ancora lo considera emesso per il «20th anniv.
of the first railway in South America, linking Lima and Callao» e di
conseguenza ci capita di leggere frasi come: «Il
primo francobollo commemorativo è stato emesso nel 1871 dal Perù per il
20° anniversario della linea ferroviaria nazionale...».
Ma non è vero.
In questa pagina cercheremo di raccontare la storia di questo francobollo
e scopriremo anche un curioso collegamento con dei francobolli italiani
mai nati.
Dobbiamo però cominciare dalla storia di questa ferrovia, generalmente
ritenuta la prima dell'America latina.
Ed anche qui dovremo smentire un mito, perché anche questo non è vero.
La ferrovia
Il 13 maggio del 1826,
dopo soli cinque anni dalla raggiunta indipendenza, il governo fece
pubblicare sul giornle "El Conciliador" un avviso per la
costruzione di una ferrovia tra Lima ed il porto di El Callao: «Interior
- Avviso
Official - Ministerio de Hacienda - Se ha propuesto al Gobierno la
construcción de un camino de fierro desde el puerto del Callao a esta
capital. Los individuos que quisieran entrar en la ejecución de esta
empresa, presentaran dentro ocho días sus propuestas cerradas y selladas
a este Ministerio, donde sé abrirán el sábado 20 del corriente,
pudiendo rectificar las suyas en el mismo termino los concurrentes D. Juan
Begg y Francisco Quiroz y se preferira la más ventajosa a la Republica.»
All'avviso risposero alcuni imprenditori, con differenti proposte: John
Begg, un commerciante inglese che viveva a Lima, Francisco Quiroz,
proprietario di miniere di Cerro de Pasco e prefetto di Junin, Guillermo Cóchrane
e Yosé A. Fletcher.
In realtà anche tra gli studiosi peruviani non c'è una unanimità su
come doveva essere questo «camino de fierro»: probabilmente non
si pensava ad un convoglio mosso dalla forza del vapore, ma solo a
trazione animale.
Ed infatti fra le varie proposte presentate ce n'erano di alcune veramente
curiose, come quella che prevedeva una "ferrovia ad acqua".
Scriveva un giornale dell'epoca «...la linea ferroviaria non avrà
bisogno né di vapore né di fuoco perché tutto il percorso ha un
dislivello naturale. Sopra Lima scorre il rio Rimac che attraversa una
parte della città e sfocia vicino al Callao. I treni saranno spinti per
mezzo di cinghie agganciate al convoglio che girano attorno a dei grandi
tamburi fissati alle due estremità del percorso. Queste enormi pulegge saranno
mosse da una o più ruote idrauliche a pale poste sulla riva che gireranno
sotto l'impulso della corrente del fiume...».
Evidentemente questa idea bizzarra non ebbe seguito.
Un contratto comunque venne firmato per la costruzione del «camino de
fierro», ma non ebbe seguito, per l'opposizione che fece un certo
Juan Mathensen, che possedeva il privilegio di concessione di un
importante "camino madera carril" (poco più di carri trainati
da animali su un percorso in legno) tra Lima ed il porto del Callao, che
serviva soprattutto al trasporto delle merci dal porto alla capitale..
Si giunge così al 1834 quando il 20 marzo, con il governo di Luis José
de Orbegoso y Moncada, venne sottoscritto un contratto con l'impresario
Tomás Gil per la costruzione della ferrovia Lima-Callao.
José
Vicente Oyague y Soyer, uno dei soci dell'impresa che costruì
la ferrovia Lima-Callao.
Tuttavia il
governo riconsiderò successivamente la sua decisione dichiarando il 26
febbraio 1835 di non dar seguito all'opera per «...no tener objetivos
importantes ni creerse indispensable para el tráfico».
Per un decennio non si sente più parlare del problema della ferrovia, poi
negli ultimi anni a ridosso della fine della prima metà del secolo il
dibattito ferroviario si infiamma nuovamente: nel 1846 ci fu addirittura
una frattura che contrappose il potere esecutivo a quello legislativo. Da
un lato si sosteneva la proposta sulla costruzione della ferrovia
dell'ingegner Guillermo Wheelwright, dall'altro il Congresso Nazionale
esaminava i progetti di Antonio Geofra e di Antolin Rodulfo.
Dopo appalti e licitazioni che non andarono a buon fine, finalmente il 6 dicembre 1849
(ma ci sono fonti che indicano anche una diversa data, 4 dicembre 1848) si arrivò alla
firma del contratto tra il Governo ed i signori Pedro Gonzáles Candamo,
all'epoca il più ricco ed "introdotto" finanziere del Perù e
José Vicente Oyague y Soyer con il fratello che costituivano l'impresa
che aveva avuto in concessione la ferrovia per 99 anni.
La
stazione di San Juan de Dios come appariva in una fotografia
del 1878.
Una
delle tre prime locomotive che arrivarono nel 1850
dall'Inghilterra; si tratta di una Stephenson 2-4-0.
Il 30 giugno 1850 ci fu la
cerimonia della posa della prima pietra presso quella che sarebbe dovuta
diventare la stazione di Lima e nel mese di luglio, sotto la direzione
dell'ingegner John England ebbero inizio i lavori nei quali furono
impiegati anche i carcerati.
La stazione di Lima venne costruita
abbattendo l'ospedale di San Diego, appartenente al convento di
San Juan de Dios. Il convento, che diede il nome alla
stazione, fu mantenuto fino al 1914, anno in cui fu demolito per lasciare
spazio alla plaza San Martín. Oltre alla stazione principale del Callao,
edificata nella plaza Grau del porto, vennero costruite altre stazioni intermedie, su un percorso di 13
chilometri e 717 metri: La Salud, La Legua, Bellavista, Mercado, Santa
Rosa e Chucuito.
La
stazione principale di Callao nel 1900.
Lo scartamento delle rotaie era di metri 1,435. L'intera opera venne a
costare 550.000 soles.
Cinque mesi dopo l'inizio dei lavori già si poteva effettuare un primo
viaggio di prova.
Il 3 gennaio 1851 vennero trasportati anche alcuni passeggeri.
Dall'Inghilterra erano arrivate tre locomotive Stephenson tipo 2-4-0 che
vennero battezzate "Lima", "Callao" e "Oyague"
(dal nome di uno dei soci dell'impresa che costruì la ferrovia); nel 1852
ne arrivò una quarta, uguale, che venne chiamata "Castilla".
L'inaugurazione ufficiale avvenne
sabato 17 maggio 1851. Il quotidiano "El Comercio" nella sua
edizione serale così commentò l'avvenimento: «E' arrivata in questa
città la ferrovia, dopo undici mesi e diciotto giorni dalla posa della
prima pietra che perpetuerà la memoria della ferrovia tra Lima ed El
Callao: alle dieci e mezza della mattina di oggi arrivarono in città con
la ferrovia i vagoni che minuti prima erano partiti dal Callao. Dentro non
si sentiva altro segnale di festa se non il suono di una zampogna suonata
da uno dei costruttori della ferrovia; molte persone erano venute dal
Callao con le vetture, perché si era sparsa alta la voce che ci sarebbe
stata una gran festa per celebrare il grandioso avvenimento di poter
arrivare dal porto del Callao fino a San Juan de Dios in un quarto d'ora,
però non avendo incontrato altro che i soliti curiosi se ne ritornarono
immediatamente...»
Nessun cenno sul giornale sul
fatto che quella che era stata inaugurata era la prima ferrovia
dell'America latina.
E non poteva essere altrimenti.
Infatti non lo era, nonostante spesso questo venga scritto e detto ancora
oggi. Infatti il primo tratto ferroviario aperto in America latina è
stato il Georgetown-Mahaica nella Guyana Britannica, inaugurato il 3 novembre
1848.
Eventualmente la Lima-Callao può fregiarsi dell'onore di essere stata la prima
linea ferroviaria ad essere aperta nell'emisfero meridionale.
Questa linea venne subito chiamata dalla popolazione "el ferrocarril
inglés" ed è interessante notare come l'interesse del trasporto
ferroviario nel Perù facesse seguito ad un altro interesse: quello per il
guano.
Sulle coste del Perù e
sulle isole antistanti il litorale dove
nidificavano milioni di uccelli marini, come i cormorani, si trovavano
immensi giacimenti naturali di guano (il nome deriva dalla parola «guanay»
che in lingua quechua significa appunto cormorano); dopo la loro
scoperta avvenuta attorno al 1840, gli inglesi furono subito interessati
allo sfruttamento di questa materia prima importante per i fertilizzanti.
Ne ottennero la concessione e la costruzione della ferrovia faceva parte
di un complesso gioco di politica economica. E' da segnalare che poi lo
sfruttamento del guano è diventato monopolio governativo e che, non a
caso, oggi al Callao sono stanziati gli impianti per la produzione di
fertilizzanti azotati.
Successivamente la concessione dei diritti sulla linea passò ad un'altra
impresa, l'inglese "The Lima Railways Company Ltd.". Ci furono
altri passaggi della concessione, come quello alla "Empresas
Eléctricas Asociades" che elettrificò la linea. Finalmente, con
risoluzione 24 giugno 1938, dopo oltre ottant'anni di attività, la
ferrovia Lima-Callao venne abolita e si passò al suo smantellamento. Il
20 marzo 1961 a Londra venne messa in liquidazione anche la "The Lima
Railways Company Ltd.".
Ma per comprendere appieno la genesi del nostro francobollo, per il quale
fin qui abbiamo raccontato solo alcune premesse ferroviarie, dobbiamo
brevemente ricordare un'altra ferrovia, la Lima-Chorrillos.
Questa ferrovia venne inaugurata il 7 novembre 1858.
Lettera
da Lima al Callao del 3 giugno 1866 trasportata con la
ferrovia. La tariffa, che era stata ridotta a 5 centavos, fu
assolta mediante un francobollo da un dinero (10 centavos)
frazionato diagonalmente a metà.
Il
5 centavos verde del 1866
(Yvert n. 10)
Il francobollo
Tutta questa lunga premessa, oltre a ricordare degli avvenimenti lontani nel
tempo cercando di essere i più precisi e documentati possibile per
sfatare alcune dicerie consolidate, ma non sempre corrette, ci può
aiutare a comprendere meglio la genesi del nostro francobollo,
affettuosamente chiamato dai collezionisti dell'America latina "trencito".
Anche se dobbiamo parlare di tariffe, eviteremo di fornire tutti i
rapporti che intercorrevano tra le varie unità di misura, "real",
"dinero" "peseta", "peso", anche perché nel
1866 queste unità monetarie cambiarono con l'introduzione del
"sol" che si suddivideva in cento "centavos". Citeremo
solo i rapporti che ci interesseranno.
In quegli anni dunque in Perù la tariffa postale base, quella più bassa, era
di dieci
centesimi. Ricordiamo che 10 centesimi equivalevano ad un "dinero".
Il 29 dicembre 1865 fu concessa la riduzione della metà per il prezzo di
tutta la posta che sarebbe stata trasportata con il treno tra le città di
Lima, Callao e Chorrillos cosicché la tariffa per il trasporto della
corrispondenza con le due nuove ferrovie diventò di 5 centavos.
Per questa ragione non è raro (anche se resta non comune e comunque è
cosa sempre interessante) trovare buste affrancate con un francobollo da un
dinero rosso (Yvert n. 8) frazionato per metà (in genere diagonalmente),
dimezzandone il valore a 5 centavos.
Questo è stato anche il motivo dell'emissione, avvenuta nel 1866, di un
francobollo da 5 centavos verde (Yvert n. 10).
Dopo che il presidente Mariano Prado venne rovesciato, venne annullata la
riduzione a metà prezzo della tariffa.
Ci furono molte lamentele da parte degli utenti delle poste e soprattutto
dai commercianti, spedizionieri e agenti marittimi che tenevano una fitta corrispondenza
tra l'importante porto del Callao e la capitale.
Lettera
per Lima del 3 giugno 1872 trasportata con la ferrovia ed
affrancata co il 5 centavos "trencito" annullato con
griglia segmentata.
Può sembrare strano che una ferrovia lunga neppure 14 chilometri fosse
così importante, eppure dal 1851, anno della sua costituzione, al 1860
trasportò sei milioni di passeggeri, vale a dire oltre tre volte l'intera
popolazione del paese, in quel tempo.
Le proteste e le lamentele comunque raggiunsero l'obbiettivo e così il 15
settembre 1869 venne reintrodotta la tariffa ridotta alla metà per la
corrispondenza trasportata con i treni.
Con l'occasione venne disposta l'emissione di uno speciale francobollo da
5 centavos per il servizio postale ferroviario tra Lima, El Callao e
Chorrillos: si trattava del nostro "trencito".
Al proposito sono da notare due cose: lo scopo per cui venne emesso questo
francobollo derivava da una precisa esigenza postale: la tariffa da 5
centavos per la posta inoltrata con i treni.
Non c'era alcun intento commemorativo.
I cataloghi in genere indicano come anno di emissione il 1871, tratti in
inganno dall'idea della celebrazione dei vent'anni dell'istituzione della
ferrovia Lima-Callao (1851-1871).
Ma anche questo non è esatto.
Infatti al di là della data del 15 settembre 1869, che stabiliva di
emettere lo speciale francobollo, i primi francobolli con il "trencito"
apparvero prima del 1871. Scriveva l'"American Journal of Phylately"
(già, la testata era proprio scritta così!) nel numero di maggio 1871: «...questo francobollo speciale da 5 centavos è entrato in circolazione solo
a partire dall'aprile 1871, anche se già da qualche mese se ne sono visti
degli esemplari annullati...».
Da allora i collezionisti sono andati alla ricerca delle prime date d'uso
del "trencito" ed al momento attuale la data più antica
riscontrata è quella dell'8 giugno 1870, prima quindi del ventesimo
anniversario della ferrovia.
Ma non è finita.
Nessuno tra quanti hanno affermato il presunto aspetto commemorativo ha
spiegato il motivo della scritta: ci sono tre città nominate: Lima (in
alto), Chorrillos (a sinistra) e Callao (a destra). Se il francobollo
avesse voluto ricordare i vent'anni della ferrovia Lima-Callao, perché è
indicata anche la città di Chorrillos?
Noi conosciamo la risposta: la tariffa ridotta per il quale il francobollo
era stato emesso riguardava le linee Lima-Callao e Lima-Chorrillos. Solo
successivamente, il 27 gennaio 1873, la riduzione venne estesa all'intero
sistema ferroviario del paese. E per tale motivo esistono questi
francobolli con gli annulli di altre città; gli annulli più rari sono
quelli di Truijllo e Chicama.
La
locomotiva "Callao" nel 35 centavos di posta aerea del
1936 (Yvert n. 13)
Il
centocinquantesimo anniversario delle ferrovie peruviane ricordato
nel 2000 (Yvert n. 1265)
Il
"trencito" riprodotto in un francobollo del 1999 per il
cinquantenario dell'Associazione Filatelica Peruviana (Yvert n.
1204)
Una
rara varietà di colore: il bruno rossastro. Senza affermarlo
con sicurezza, avanziamo il dubbio che possa trattarsi di
un'alterazione dei pigmenti originari del rosso (collezione
Phil Lunn).
Per essere ricordata
filatelicamente la ferrovia Lima-Callao dovrà aspettare il 1936, quando
uscì un valore di posta aerea dedicato al centenario dell'indipendenza
politica della provincia del Callao: il valore da 35 centavos (Yvert n.
13) rappresenta la locomotiva "Callao", una delle prime
locomotive arrivate in Perù per i treni di quella ferrovia.
Un altro francobollo vedrà la luce il 30 novembre 2000, per i centocinquant'anni
delle ferrovie peruviane (Yvert n. 1265).
Infine anche il nostro "trencito" sarà ricordato riprodotto nel
francobollo emesso nel 1999 per il cinquantenario dell'Associazione
Filatelica Peruviana (Yvert 1204).
Ma al di là della sua storia,
della leggenda cui ha dato origine, che abbiamo visto essere del tutto
infondata, il "trencito" è un francobollo che ha molti spunti
di interesse per i collezionisti.
Infatti questo francobollo venne stampato con la macchina di Lecoq, come
altri delle prime emissioni peruviane (Yvert nn. 8 e 9 del 1862, n. 15
del 1871 e n. 16 del 1873).
Come leggiamo nel libro di José Dàvila Condemarin nel suo "Coleccion
Postal", Lima 1870, era stata fatta arrivare da Parigi e «...il 5
settembre 1862 cominciò a funzionare la macchina di Lecoq, fatta
fabbricare a questo scopo, la medesima che è ancora oggi in funzione.» (pag.
198).
J. B. Moens nel suo "Les Timbres du Perou", Bruxelles 1878,
spiega sommariamente così il funzionamento della macchina: «Avendo visto
funzionare a Bruxelles la macchina Lecoq, possiamo certificare che è
ingegnosa e talmente semplice che anche un bambino può farla andare e
stampare da 15 a 20 mila francobolli l'ora, impressi su carta in bande
continue (...) Il francobollo esce completo dalla macchina (...)
Dei rulli,
spalmati col colore desiderato, stampano la cornice; la carta avanza e un
punzone a secco applica lo stemma in rilievo; infine più avanti il retro
viene gommato e quindi la banda esce dalla macchina.» (pag. 46).
Un esemplare
del "trencito" stampato su carta ricongiunta, dove cioè una
striscia di carta era stata incollata all'altra per ottenere una banda
continua.
In aggiunta, e questa notizia l'apprendiamo dal carteggio di Antonino
Pampillonia del quale avremo modo di occuparci in seguito, «...questa macchina volge e
svolge la carta a forma di nastro di lunghezza illimitata (...) taglia un
bollo dall'altro senza staccarlo...» ed ancora «... non ha bisogno
di controllazione perché essa stessa segna il numero di quanti bolli si
stampano, in un giorno, in un'ora, infine come si vuole.»
La macchina di Lecoq dunque stampava un francobollo alla volta su una
striscia di carta, pregommata oppure no, poteva essere azionata con una
pedaliera, assieme al rilievo ed alla stampa del francobollo poteva
imprimere una rudimentale perforazione, probabilmente a
"roulette", come si può vedere nel francobollo da 2 centavos
oltremare del 1873 raffigurante un lama (Yvert n. 16).
La striscia di carta era alta quanto era alto il francobollo e quindi
scorreva in orizzontale rispetto alla vignetta che veniva impressa.
Per questo motivo i margini superiore ed inferiore del francobollo
risultano perfettamente rifilati, anche se possono toccare la vignetta:
infatti poteva capitare che la striscia di carta entrasse nella macchina
non perfettamente perpendicolare, ma con una certa inclinazione e quindi
durante l'avanzamento l'impressione del francobollo risultava decentrata.
Proprio per come erano stampati sulla banda di carta i blocchi di questi
francobolli possono esistere solamente in strisce orizzontali; a
differenza del 2 centavos oltremare del 1873 che invece era stampato
coricato rispetto alla fettuccia di carta e che pertanto esiste in multipli
verticali.
Secondo il "Catalogo especializado de las estampillas del Peru"
(Casa Filatelica Bustamante, Lima, 1981) il maggior blocco conosciuto di
questo francobollo è una striscia nuova di sei esemplari.
Una striscia
di quattro del 5 centavos "trencito": i multipli possono
esistere solo in strisce orizzontali; la più grande conosciuta è
composta da sette esemplari nuovi.
Un'altra caratteristica di questi francobolli è la stampa su carta
ricongiunta: la stampa, come abbiamo ricordato, avveniva su bande di carta
«...di lunghezza illimitata...», ma a quel tempo non esistevano bobine di
carta: erano strisce di carta che venivano incollate le une alle altre
mentre il macchinista faceva avanzare la stampa!
L'esame della frequenza percentuale con cui si incontrano questi esemplari
stampati sulla congiunzione di due strisce di carta ha portato gli
specialisti a concludere che ogni striscia era lunga tanto da permettere
la stampa di 20/25 vignette.
Sono interessanti le varie gradazioni di colore: lo Stanley Gibbons ne
elenca tre, lo Scott e l'Yvert due, ma in realtà sono molto più numerose
e vanno dal rosso vivo al rosa pallido, dal carminio scuro allo scarlatto,
dal vermiglio al bruno rossastro (con quello che possono servire le parole
ad indicare i colori).
Sono note e ricercate anche alcune varietà di stampa, che in genere
interessano la parte destra del francobollo e sono dovute ad una
abbondante inchiostrazione: «CALL» oppure «ALLAO» al posto di «CALLAO».
Varietà
«CALL».
Varietà
«ALLAO» e mancanza della cifra «5» sull'angolo superiore destro.
Le
due principali varietà di stampa che si riscontrano sul 5 centavos
"trencito". L'esemplare di destra ha anche quella, meno
comune, della mancanza della cifra «5». Sono varietà causate da
una inchiostrazione troppo abbondante.
Avevamo premesso che avremmo trovato un curioso collegamento tra questo
francobollo ed il Regno di Sicilia.
Come è noto a molti l'unica emissione di francobolli per i Domini al di
là del Faro ebbe una gestazione sofferta.
Secondo noi all'origine di questa emissione ci fu una incomprensione sul
metodo di stampa da utilizzare. Da una parte tipografi e meccanici si
recavano ripetutamente a Parigi per «...informarsi dei metodi che si
adoperano in Francia per la fabbricazione dei bolli di posta...» e
tornavano con dei francobolli di Francia stampati tipograficamente,
d'altra parte allo stesso tempo veniva affidato all'incisore Tommaso
Aloysio Juvara l'incarico di incidere in "taille-douce"
(per la stampa calcografica) i francobolli
siciliani con l'effigie di re Ferdinando II. «La fabbricazione dei franco-bolli di Sicilia con il metodo
elettrotipico abbisogna della costruzione dei blocchi che compongono le
plance da cui devono tirarsi i detti bolli. Questo sistema di costruzione
delle plance e di impressione è quello che il Sig. Giuseppe La Barbera mi
riferì avere appreso in Francia (...) Una volta che siensi apprestate le
plance, tutto quanto necessita è un ordinario torchio, le dimensioni di
una plancia per tirare 200 bolli non essendo dissimile da quelle
comunemente usate per stampare. » «Appena mi sarà pervenuta l'incisione costà ordinata all'artista
Aloysio (Juvara), sarà qui (a Palermo) provveduto a quanto
bisogna per la fabbricazione di cotali bolli col metodo galvano-plastico (...)
Lo stesso D. Giuseppe La Barbera, che apprese in Francia il metodo di
esecuzione e di tiratura per questi bolli, si è offerto di eseguirne qui
prontamente le plance (...) Qui (a Palermo) si possono
costruire ed acquistare due torchi simili a quelli degli stampatori...».
Non ci si rendeva conto che si stava mescolando la tipografia con la
calcografia!
Ma oramai era troppo tardi per tornare indietro rispettando la data del
1° gennaio 1859, prevista dal decreto reale e dal "Regolamento per
l'attuazione del sistema dei francobolli di posta in Sicilia".
Che si fosse partiti col piede sbagliato si cominciava e prendere
coscienza ad alto livello, se il Ministro per gli Affari di Sicilia
residente a Napoli ebbe a scrivere che il sig. Cervati, Amministratore
Generale delle Poste dei Domini Continentali, «...nulla trovò preparato
per un servizio che doveva attuarsi immancabilmente al 1° dello imminente
Gennaio. Egli era nella dura alternativa o di non attuare il servizio e
dare un pubblico scandalo dopo la pubblicazione dei Decreti, o di
cominciar male. Coraggiosamente per salvare la dignità del Real Governo
si appigliò al secondo partito...»
Il sig. Giuseppe La Barbera, ottico e meccanico di Palermo, ottenne
l'appalto per la stampa dei francobolli alla quale si applicò con il
tipografo Francesco Lao e cominciò il lungo periodo delle prove. Furono
lunghi e ripetuti i tentativi per ottenere le lastre calcografiche con
metodi inadeguati per l'incisione originale di cui disponevano.
Tanti furono gli insuccessi. Basti ricordare che si abbandonò l'idea
delle plance contenenti duecento impronte (come erano quelle dei
francobolli dei Domini al di qua del Faro) ed a fatica si riuscirono ad
ottenerne da cento: anzi, inizialmente erano quattro piccole lastre da 25
francobolli riunite assieme a formare la tavola da cento (e gli
specialisti di Sicilia hanno in mente le impronte delle teste dei chiodi o
delle viti che servivano a tenere assieme l'assemblaggio).
Così si profilò l'idea che quelli incisi dallo Juvara dovessero
considerarsi dei francobolli provvisori: «...io ho sempre più motivo
di credere che i bolli dei quali si parla non ci possano affatto mancare
per attuarsi con essi in linea provvisoria il novello servizio al
cominciare del prossimo gennaio.»
E' qui che facciamo conoscenza con un altro personaggio, Antonino
Pampillonia, che aveva ricevuto «...lo incarico degli apparecchi della
carta bollata...».
Si fa strada l'idea di ricorrere ad un altro
metodo, più semplice, sicuro ed economico, per stampare i francobolli.
Inizialmente si spera ancora di fare in tempo di abbandonare il complicato
metodo messo in piedi dal La Barbera e dal Lao che continuava a non dare
risultati soddisfacenti, poi per mancanza di tempo si ripiega ad accettare
i loro francobolli provvisori, che dovevano essere però stampati in una
provvista che doveva bastare per il primo trimestre del 1859, dopo di che
sarebbero subentrati altri, stampati con un nuovo metodo, a condizione che
avessero un'effigie reale assolutamente somigliante.
Anche il Pampillonia si reca a Parigi per «...acquistare una macchina
che, con minor spesa e più facilità ed esattezza dell'attuale metodo
galvano plastico, possa assicurare più durevolmente l'impressione dei
francobolli postali di Sicilia.»
E di che macchina si tratta? di una macchina di Lecoq!
«...il macchinista Lecoq (...) alla fine di questo mese mi ha promesso
consegnarmi una graziosa macchina, che viene mossa da un solo uomo, e che
ogni calando dà colpo e stampa due francobolli alla volta, totale in un
giorno 20.000 e 30.000 più tardi, quando la persona che la saprà muovere
avrà acquistato la pratica necessaria.»
Il Pampillonia a Parigi prende anche contatti con diversi incisori,
ripiegando poi su Emile Lesaché che lo aveva assistito per la produzione dei
punzoni e delle matrici per la carta bollata. Sono così di Lesaché i
primi saggi dei nuovi francobolli di Sicilia stampati con la macchina di
Lecoq.
Il primo saggio preparato da
Emile
Lesaché a Parigi e stampato con la macchina di Lecoq: esistono tre
stati. Del terzo (a destra) esiste un certo numero di esemplari
stampati in blu, sebbene fosse stato bocciato, per mostrare il
funzionamento della macchina. Di questo tipo furono fatte delle
imitazioni in colori diversi da E. C. Usigli di Firenze.
Emilio Diena scrive di aver veduto uno di questi saggi stampati sulla
congiunzione di due strisce di carta, quella stessa varietà che è
nota sul "trencito" e sugli altri francobolli del Perù
stampati con questa macchina (le
immagini in bianco e nero provengono dallo studio di Emilio Diena sui
francobolli di Sicilia pubblicato in "Emilio Diena - Una vita per
la filatelia", Amministrazione Poste e Telecomunicazioni, s.i.d.).
Una imitazione del terzo
stato del primo saggio Lesaché.
Un saggio stampato in rosso a
Parigi da Emile Lecoq (vignetta con un contorno di perline e gigli
borbonici agli angoli). Non è certo che l'incisione sia opera del
Lesaché ed il rosso non era fra i colori richiesti. Uno di questi
saggi (assieme ad altri) venne inviato nel giugno 1860 dal
Direttore delle Poste peruviane José Davila Condemarin al Ministro
degli Esteri peruviano come esempio di realizzazione di francobolli
con quell'apparecchiatura. Curiosamente il francobollo peruviano da 1
peseta bruno del 1862 presenta lo stesso contorno di perline.
Particolare
di una macchina da stampa costruita da Emile Lecoq simile a quelle di
cui parliamo: si trova al Museu Nacional da Imprensa di Porto,
Portogallo. (Da "The
Postal Gazette" n. 3 del 2009)
Nel dicembre 1858 il Pampillonia arriva a Napoli con una delle due
macchine che aveva acquistato da Emile Lecoq. Durante il viaggio si era rotto
un pezzo, ma fu sistemata quel poco che bastava per mostrarla in funzione
al Ministro per gli Affari di Sicilia. Nel gennaio 1859 veniva portata a
Palermo, ma il suo funzionamento lasciava a desiderare.
Ci asteniamo dal parlare degli altri saggi che vennero proposti al fine di
migliorare il disegno, perché l'argomento non è pertinente a quanto ci
eravamo proposti.
Diremo solo che a scombinare i piani ci fu anche la morte del re
Ferdinando, avvenuta il 22 maggio 1859, che consigliava di cambiare il disegno
dei francobolli con l'effigie di Francesco II con interminabili
discussioni circa la somiglianza dei bozzetti che venivano presentati.
Intanto, arrivata anche la seconda macchina di Lecoq che era stata
acquistata, tutto il materiale, compresa la macchina per tagliare in
strisce la carta, fu riposto in un locale dell'Amministrazione Generale
delle Poste a Palermo.
Altri avvenimenti stavano sconvolgendo la Sicilia con il tentativo di
insurrezione a Palermo il 4 aprile (convento della Gancia) e lo sbarco di
Garibaldi nel porto di Marsala avvenuto l'11 maggio 1860.
L'uso dei francobolli con l'effigie del defunto sovrano non poteva essere
tollerato, ed infatti questi andarono scomparendo dalla circolazione:
l'ultimo uso conosciuto, tardivo, è del 23 luglio 1860 dall'ultimo
baluardo borbonico, cioè Messina.
E' noto come in Sicilia (caso crediamo unico) si tornasse al vecchio
sistema precedente l'uso dei francobolli, quello cioè del porto pagato in
contanti. Questo durò fino al 1° maggio 1861, quando vennero introdotti
i francobolli del tipo sardo-italiano.
L'idea tuttavia di preparare un nuovo tipo di francobolli c'era e già dal
giugno 1861 era stato dato un incarico per preparare il nuovo conio.
Tuttavia questi francobolli non vedranno mai la luce per tutta una serie
di problemi, non ultimo quello di decidere se dovessero recare il valore
in moneta siciliana o in moneta italiana.
A noi qui interessa sapere che fine abbiano fatto le due macchine di
Lecoq.
Mentre da un lato i nuovi francobolli non riuscivano a vedere la luce, un
meccanico, Giuseppe Porcasi, propose di utilizzare le macchine acquistate
dal precedente governo, che con poco sarebbe riuscito a mettere in
funzione ed in un mese tutto poteva essere pronto per la stampa. L'8
gennaio 1861 venne anche approvato il soggetto della nuova vignetta, lo
stemma sabaudo, così come era stato fatto per il governo provvisorio di Toscana.
Ormai era imminente l'adozione dei francobolli sardo-italiani anche per la
Sicilia ed ogni iniziativa di emissioni locali venne bloccata: l'11 marzo
1861 l'Ispettore Generale delle Poste Italiane, cav. Giuseppe Pagni,
inviato in Sicilia con il compito di riordinarne il servizio postale,
diede ordine di sospendere «...la stipulazione del contratto per la
fabbricazione dei francobolli, in attesa di ulteriori disposizioni».
Intanto le due macchine di Lecoq erano state messe in ordine dal Porcasi
ed ebbero il tempo di stampare gli ultimi saggi.
Non possiamo parlare di veri saggi, piuttosto di disegni prodotti
per dimostrare che le macchine erano tornate funzionanti.
Si tratta di disegni dei quali, scrive Emilio Diena, «...si trovano
talvolta esemplari in vecchie raccolte...».
Il primo disegno ad essere impresso era un rettangolo di colore pieno
(vermiglio) con l'impronta di quella che sembra essere una moneta
borbonica con l'effigie di Ferdinando II (morto un anno e mezzo prima) con
la scritta «FERD. II. D.G. REGNI VTR. SIC. ET HIER. REX».
Una stampa prodotta
dal Porcasi per provare la macchina di Lecoq rimessa in
funzione.
Per fornire una prova migliore il Porcasi realizzò poi due altri disegni,
dei quali Emilio Diena trovò la nota spese in data 28 marzo 1861:
«Due matrici in rame, incise per eseguire prove di macchina».
Anche queste matrici vennero stampate accoppiate in colore vermiglio con la macchina
di Lecoq su strisce orizzontali di carta bianca gommata.
Il disegno è piuttosto rozzo: uno mostra il profilo di Vittorio Emanuele
II volto a destra: la lettera «P» ai quattro angoli è quasi sicuramente
l'iniziale del Porcasi; l'altro invece dovrebbe forse rappresentare una
figura di Italia, chiaramente ispirata all'Helvetia dei francobolli
svizzeri emessi nel 1854-62.
Diena scrive di averne veduta una striscia di quattro con uno degli
esemplari stampato sulla congiunzione di due strisce di carta.
Una
striscia di quattro degli
ultimi due "saggi" stampati con le macchine di Lecoq in
Italia nei primi mesi del 1861.
Sono queste le ultime volte che le due macchine di Lecoq furono fatte
funzionare in Italia, assieme alla macchina per tagliare la carta in
strisce.
Poi per ordine dell'ispettore Pagni tutti i macchinari furono inviati a
Torino, presso la Direzione Generale delle Poste Italiane, che li
ricevette il 17 maggio 1861.
E poi?
Possiamo fare solo ipotesi: saranno rimaste in un magazzino, saranno state
vendute come ferro vecchio, forse il cav. Matraire andò a visionarle per
vedere come erano fatte e se si potevano riutilizzare?
Questo non lo sappiamo.
Ma visto che siamo nel campo delle ipotesi, potremmo anche immaginare che
in qualche modo possano essere andate a finire in Perù nel settembre 1862
per stampare francobolli, tra cui il nostro "trencito".
1887,
francobollo commemorativo della Privat Brief Verkehr di Francoforte
1888,
francobolli della serie commemorativa dedicata al centenario della
colonizzazione del New South Wales. A sinistra veduta del golfo di
Sidney, a destra il primo governatore, capitano Arthur Phillip, ed
il governatore allora in carica, sir Carrington.
Qual'è stato il primo francobollo commemorativo al mondo?
A margine resta ancora un domanda che
viene naturale e che esige una risposta: ma allora se il nostro "trencito"
non è un francobollo commemorativo, qual'è stato il primo francobollo
commemorativo emesso al mondo?
Naturalmente sono stati molti i francobolli che si contenderebbero questo
primato, ed andando alla ricerca di spostare sempre più indietro la data
della loro comparsa si è attribuito la "palma" di primo
francobollo commemorativo al mondo a francobolli che, onestamente,
definire "commemorativi" è una forzatura: nell'elenco compaiono
così quelli della prima emissione del Baden e del Württemberg (1851,
nella iscrizione hanno un riferimento all'unione postale austro-tedesca
del 1850, non con intento commemorativo, ma solo come giustificazione
legislativa alla loro emissione); quelli francesi della serie detta "Napoléon
III lauré" (1863, Yvert n. 25 e successivi, dove il fatto che al
profilo di Napoleone III sia stata aggiunta la corona d'alloro vorrebbe
commemorare i successi dell'imperatore nella campagna d'Italia del
1859-60); quelli del New Brunswick (1860-63, Yvert n. 4 e successivi, dove
quattro furono emessi il 15 maggio 1860 in concomitanza del completamento
della ferrovia "European and North American Railway" e della
visita del principe di Galles, futuro re Edoardo VIII, ma sulle vignette
non c' alcun riferimento a queste commemorazioni).
Noi crediamo che per essere considerato commemorativo un francobollo deve
essere emesso con la volontà esplicita di ricordare un personaggio o un
evento.
Questa volontà deve essere manifestata nella vignetta, attraverso il
bozzetto e con una idonea scritta inequivocabile oppure nel decreto di
emissione.
Allora secondo noi due sono le emissioni che possono contendersi il
primato di poter essere considerati i primi francobolli commemorativi del
mondo.
Il primo è stato emesso nel giugno (o luglio) 1887 in occasione del nono
torneo degli Schutzen a Francoforte, che coincideva con il
venticinquennale dell'associazione. Furono emessi due francobolli da parte
delle poste private locali "Privat Brief Verkehr" di
August Kirchofer, entrambi da 2 pfennig, con lo stesso bozzetto che
rappresentava uno "Schutze" con il fucile ed il duomo della
città sullo sfondo e la scritta «IX Deutsche Bundesschießen u. Jubiläums
Frankfurt a. M.». Nelle intenzioni l'esemplare in rosso era destinato
alla corrispondenza degli organizzatori, quello verde invece era a
disposizione di tutti. Alla fine della manifestazione però venne
distribuito a tutti anche quello rosso. Le poste private di Francoforte
(questa volta la "Circular Post") avrebbero ripetuto l'iniziativa il 20 agosto, con un francobollo
da un pfennig celebrativo del "IV Bundesfest des Deutschen Radfahrerbundes"
nel quale campeggia un velocipede.
E' evidente che queste sono emissioni locali di compagnie postali private, come
ne esistevano molte in Germania.
Per incontrare la prima emissione commemorativa di un'amministrazione
postale pubblica c'è da attendere l'anno dopo, il 1888, quando il Nuovo
Galles del Sud (New South Wales) ha voluto ricordare con dei francobolli
(1888, Yvert nn. 59-66) il primo centenario della sua colonizzazione.
Accanto ad una veduta di Sidney, fondata nel 1888, al capitano James Cook,
scopritore della terra che battezzò New South Wales, alla regina
Vittoria, ad una mappa dell'Australia, al capitano Arthur Phillip, primo
governatore, a lord Carrington, governatore in carica e primo personaggio
vivente non appartenente ad una famiglia reale a comparire su un
francobollo, oltre a questi soggetti dunque altri con animali tipici del
territorio. Una scritta commemorativa indicava il motivo dell'emissione: «New
South Wales Postage - One hundred years - 1888».
Non un solo francobollo commemorativo, ma un'intera serie.