E che dovevano fare a Pavia? La lettera venne lasciata nella cassetta dal mittente sperando
nel recapito. Il regolamento non diceva di bruciare, sminuzzare, restituire al mittente la lettera
e neppure di andare a cercarlo: le lettere andavano solo tassate e questa procedura venne applicata.
Semmai ci fu l' ERRORE a Pavia di ANNULLARE la marca e a questo si rimediò in extremis in arrivo. E' fu un grosso sbaglio dato che, una volta pagata la tassa, il destinatario avrebbe avuto il diritto di recuperare la marca per un nuovo utilizzo.
Sul DB ci sono lettere tassate sia con marche da bollo lasciate intonse che normalmente annullate (Vol.II pag.268). Ed erano in partenza da Direzioni postali (Venezia, Treviso)e non da uffici in appalto retti magari da commessi inesperti!
Inoltre: il timbro di arrivo garantisce il trasporto per posta. Una ipotesi: se ammettiamo che la lettera venne spedita non affrancata sarebbe giusta la tassazione 6 ma rimarrebbe ancora da
spiegare il "non buono" nello stesso colore.
L'apposizione di un secondo bollo oltre l'annullo è, secondo me, la prova della buona fede dell'impiegato pavese: una svista o una dimenticanza visto che nel '58 questa tipologia di lettere era in diminuzione. Se avesse avuto la coscienza sporca avrebbe messo la lettera nel plico per Milano senza neppure annullare la marca e lavandosene le mani.
In questa maniera era invece perfettamente rintracciabile e redarguibile

Francesco