"Kingdom of Naples" - La collezione di Mario Merone con commento tecnico di pasfil e note storiche di gianni tramaglino

Forum di discussione sulle emissioni e la storia postale del Regno delle Due Sicilie - Domini al di qua del faro - Napoli
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apache
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Re: Da Napoli a Sofia..........

Messaggio da apache »

gianni tramaglino ha scritto:Il 6 settembre 1860, alle 17.30 il re la regina con una modesta scorta si imbarcano sul Messaggero, comandato da Vincenzo Criscuolo. Lasciava a Napoli tutto, anche i suoi averi personali che saranno incamerati dal vorace Savoia.


Caro Gianni

ancora grazie per questi bellisiimi e godibilissimi contributi storici.

Nel giorno in cui si svolgevano gli avvenimenti da Te riportati usciva questo Omnibus. n. 74, Giovedì 6 settembre 1860, affrancato con un 1/2 grano II tavola.

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Auguri di Buona Pasqua

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gianni tramaglino
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Re: Da Napoli a Sofia..........

Messaggio da gianni tramaglino »

apache ha scritto:
gianni tramaglino ha scritto:Il 6 settembre 1860, alle 17.30 il re la regina con una modesta scorta si imbarcano sul Messaggero, comandato da Vincenzo Criscuolo. Lasciava a Napoli tutto, anche i suoi averi personali che saranno incamerati dal vorace Savoia.


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gianni tramaglino
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Re: Da Napoli a Sofia..........

Messaggio da gianni tramaglino »

Ma il giorno precedente....

Proclama di Francesco II del 5 settembre 1860

a cura di Alfonso Grasso



Fra i doveri prescritti ai Re, quelli dei giorni di sventura sono i più grandiosi e solenni, e io intendo di compierli con rassegnazione scevra di debolezza, con animo sereno e fiducioso, quale si addice al discendente di tanti Monarchi. A tale uopo rivolgo ancora una volta la mia voce al popolo di questa Metropoli, da cui debbo ora allontanarmi con dolore.

Una guerra ingiusta e contro la ragione delle genti ha invaso i miei stati, nonostante ch'io fossi in pace con tutte le potenze europee.

I mutati ordini governativi, la mia adesione ai grandi principii nazionali ed italiani non valsero ad allontanarla, che anzi la necessità di difendere la integrità dello Stato trascinò seco avvenimenti che ho sempre deplorato. Onde io protesto solennemente contro queste inqualificabili ostilità, sulle quali pronunzierà il suo severo giudizio l'età presente e la futura.

Il corpo diplomatico residente presso la mia persona seppe, fin dal principio di questa inaudita invasione, da quali sentimenti era compreso l'animo mio per tutti i miei popoli, e per questa illustre città, cioè garantirla dalle rovine e dalla guerra, salvare i suoi abitanti e loro proprietà, i sacri templi, i monumenti, gli stabilimenti pubblici, le collezioni di arte, e tutto quello che forma il patrimonio della sua civiltà e della sua grandezza, e che appartenendo alle generazioni future è superiore alle passioni di un tempo.

Questa parola è giunta ormai l'ora di compierla. La guerra si avvicina alle mura della città, e con dolore ineffabile io mi allontano, con una parte dell'esercito, trasportandomi là dove la difesa dei miei diritti mi chiama. L'altra parte di esso resta per contribuire, in concorso con l'onorevole Guardia Nazionale, alla inviolabilità ed incolumità della capitale, che come un palladio sacro raccomando allo zelo del Ministero. E chieggo all'onore ed al civismo del Sindaco di Napoli e del Comandante della stessa Guardia cittadina di risparmiare a questa Patria carissima gli orrori dei disordini interni ed i disastri della guerra civile; al quale uopo concedo a questi ultimi tutte le necessarie e più estese facoltà.

Discendente da una Dinastia che per ben 126 anni regnò in queste contrade continentali, dopo averle salvate dagli orrori di un lungo governo viceregnale, i miei affetti sono qui. Io sono napoletano, ne potrei senza grave rammarico dirigere parole di addio ai miei amatissimi popoli, ai miei compatriotti.

Qualunque sarà il mio destino, prospero od avverso, serberò sempre per essi forti ed amorevoli rimembranze. Raccomando loro la concordia, la pace, la santità dei doveri cittadini. Che uno smodato zelo per la mia Corona non diventi face di turbolenze. Sia che per le sorti della presente guerra io ritorni in breve fra voi, o in ogni altro tempo in cui piacerà alla giustizia di Dio restituirmi al Trono dei miei maggiori, fatto più splendido dalle libere istituzioni di cui l'ho irrevocabilmente circondato, quello che imploro da ora è rivedere i miei popoli concordi, forti e felici.

Francesco

Napoli, 5 settembre 1860
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gianni tramaglino
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Re: Da Napoli a Sofia..........

Messaggio da gianni tramaglino »

Il sette settembre 1860.........

Quei piccoli eroi di Gaeta
di Roberto Maria Selvaggi


Il 7 settembre 1860 alla Nunziatella regnava una grande agitazione:
la notizia che il Re aveva raggiunto Gaeta e che l’esercito avrebbe tentato un’ultima difesa sulla linea del Volturno, nonostante i silenzi di molti ufficiali ed istruttori, era trapelata. Alcuni dei ragazzi decisero di fuggire dal collegio per raggiungere il loro Re e per poter partecipare all’ultima difesa.

I loro nomi non possono essere dimenticati, perché rappresentano sentimenti e valori che non hanno confini: il loro esempio sarebbe stato di grande aiuto al popolo meridionale, molto più che il ricordo di Garibaldi e di Cavour. Noi non possiamo ricordare come eroi positivi solo quelli che, venuti da fuori, ci avrebbero “liberato”.

Furono invece cancellati dalla storia.

I due fratelli Antonio ed Eduardo Rossi, 17 e 14 anni, erano figli di un ufficiale morto nella campagna di Sicilia del 1848. Un giornalista francese presente a Gaeta durante l’assedio li ricorda così: “Ho incontrato stasera su una batteria un sottotenente di 15 o 16 anni che serviva ai pezzi con due soli uomini per quattro cannoni, caricando, puntando e tirando con rabbia. Questo bravo ragazzo si chiama Rossi ed ha un fratello che, come lui, si è distinto durante l’assedio”. Eliezer Nicoletti, 17 anni, figlio del maggiore di fanteria che sbaragliò i garibaldini di Pilade Bronzetti alla battaglia del Volturno , Ludovico Manzi, 17 anni, Ferdinando de Liguoro, figlio del colonnello comandante il 9° Puglia, reggimento da lui condotto da Capua a Napoli con i garibaldini ormai padroni della città. Dopo la resa fu come gli altri vessato e maltrattato.

Non riconosciuti a questi ragazzi nemmeno i gradi acquisiti sotto il loro legittimo Re.

De Liguoro emigrò in Austria, dove fu ammesso nell’esercito e combatté anche a Custoza contro i piemontesi nel 1866. Alfonso Scotti Douglas, 11 anni, il più giovane di questi ragazzi, figlio del generale di origine parmense Luigi, fu adibito ai lavori del genio nella piazza di Capua.

Carmine Ribas, 18 anni, che raggiunse l’anziano padre di stanza a Gaeta, fu anch’egli adibito ai lavori del genio nella piazza di Capua.

Francesco e Felice Afan de Riviera, 17 e 16 anni, figli del generale Gaetano, raggiunsero i fratelli maggiori che combattevano a Capua. Anch’essi dopo Gaeta emigrarono in Austria e Felice abbracciò in seguito la vita religiosa entrando in convento a Napoli, dove morì nel 1924.

Francesco Pons de Leon, 18 anni, raggiunse il padre, maggiore in servizio nella piazza di Gaeta e operò lui pure come semplice servente ai pezzi di una batteria.

Ferdinando Ruiz, 17 anni, nipote del generale Vial, fra mille peripezie riuscì ad arrivare a Gaeta solo nel gennaio 1861. Ferdinando e Manfredi Lanza, 17 e 16 anni, figli di un ufficiale del genio, si comportarono da piccoli eroi a Gaeta e Ferdinando, l’ultimo giorno d’assedio, fu colpito da una granata che gli troncò di netto un piede.

Infine Carlo Giordano, 17 anni, orfano da pochi mesi del padre, generale napoletano. Fuggì dalla Nunziatella il 10 ottobre, dopo i suoi compagni.

Durante l’assedio servì alla batteria Malpasso con abnegazione e coraggio, supplendo all’inesperienza con la forza della sua giovane età e con l’entusiasmo di chi difende la propria Patria da una vile aggressione.

L’11 febbraio 1861 iniziarono le trattative di resa della piazza di Gaeta. Il generale Cialdini preferì non interrompere il bombardamento, anzi lo intensificò perché, come scrisse a Cavour, naturalmente in francese, “le bombe fanno ragionare male e diminuiscono le condizioni richieste”.

Poche ore prima della firma della capitolazione, il 13 febbraio 1861, scoppiò con un tremendo boato il deposito di munizioni della batteria Transilvania, che travolse uomini e cose e distrusse la batteria servita da Carlo Giordano. Fu l’ultima vittima di una inutile ferocia e di una assurda guerra civile.

I suoi resti non furono mai trovati, ma il suo ricordo deve rimanere nei cuori dei meridionali perché il suo sacrificio non sia dimenticato.

Da nessuna parte, né a Gaeta né altrove esiste una lapide che ricordi questo ragazzo che, a torto o a ragione, considerò il Regno delle Due Sicilie la sua Patria.

__________________________________________________________________________________

Fonte:
“Il SUD Quotidiano” del 14/2/98
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gianni tramaglino
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Re: Da Napoli a Sofia..........

Messaggio da gianni tramaglino »

GIUSEPPE GARIBALDI: DISCORSO ALLA POPOLAZIONE DI NAPOLI DOPO IL SUO INGRESSO DEL 7 SETTEMBRE

1860


Alla cara popolazione di Napoli,

Figlio del popolo, è con vero rispetto ed amore ch’io mi presento davanti a questo centro imponente di popolazione Italiana, che molti secoli di dispotismo (servaggio) non hanno potuto ridurre ad umiliare ed a piegare il ginocchio al cospetto della tirannide.

Il primo bisogno dell’Italia era la concordia, il secondo l’unità della grande famiglia Italiana; oggi la Provvidenza ha provveduto alla concordia colla sublime unanimità di tutte le provincie alla ricostituzione nazionale; pel secondo essa diede al nostro paese Vittorio Emanuele, che noi possiamo da questo momento, chiamare il vero padre della patria Italiana. Vittorio Emanuele, modello dei Sovrani inculcherà ai suoi discendenti il loro dovere per la prosperità di un popolo che lo elesse a capitanarlo con amore vero, con frenetica devozione.

I sacerdoti Italiani, consci della sacra loro missione hanno per garanti del rispetto con cui saranno trattati, lo slancio, il patriottismo, il contegno veramente cristiano di numerosi loro confratelli, che, dai benemeriti monaci della Gancia ai generosi sacerdoti del continente Napoletano noi abbiamo veduto alla testa dei nostri militi sfidare i maggiori pericoli delle battaglie.

Io ripeto: la concordia è la prima necessità d’Italia. Dunque i dissenzienti d’una volta, che ora sinceramente vogliono portare la loro pietra al patrio edificio, noi li accoglieremo come fratelli.

In fine, rispettando la casa altrui noi vogliamo essere padroni in casa nostra che piaccia o che non piaccia ai prepotenti della terra.

GIUSEPPE GARIBALDI


Questa voce è stata pubblicata in Italia storia e dintorni, Regno delle Due Sicilie.
GIOVANNI VIRNICCHI
L’INVASIONE E LA FINE DELLE DUE SICILIE: I 62 GIORNI DI GARIBALDI E IL SACCHEGGIO DI NAPOLI
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gipos
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Re: Da Napoli a Sofia..........

Messaggio da gipos »

:clap: :clap: :clap: splendido!
Giuseppe
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gianni tramaglino
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Re: Da Napoli a Sofia..........

Messaggio da gianni tramaglino »

Arriva quindi il giorno 8 settembre e a Chieti.....
Alle ore 5 e mezza del mattino giunge da Napoli il seguente telegramma: “Il Direttore dell’Interno a tutte le Autorità del Regno. – Il Dittatore GARIBALDI è giunto in Napoli alla mezza tra lo entusiasmo generale di tutta la popolazione. Tutto è festa e tranquillità”. Napoli, ore 10, 45 p.m.

L’Intendente Vincenzo De Thomasis lo rende noto a tutta la città con questa nota:

“Nel partecipare questa importante comunicazione esorto la nobile e generosa Città di Chieti e tutte le popolazioni della Provincia all’ordine ed alla temperanza, e ad attendere con cala e dignità le ulteriori disposizioni governative. Nel frattempo i Municipii dovranno provvedere al mantenimento dell’ordine pubblico facendosi coadiuvare dalla Guardia Nazionale, dalla Gendarmeria e da ogni altra forza pubblica. Chieti, 8 settembre 1860”.

Come riferisce il periodico “Il Rinnovamento. Giornale di Abruzzo Citeriore” (Si pubblica 3 volte la settimana) del 14 Settembre 1860, diretto da Ferdinando Santoni- de Sio, a Chieti vi furono reazioni popolari immediate: “Tutta la Guardia Nazionale si mise subito sotto le armi; gli stemmi borbonici furono atterrati per ogni dove e in vece, come per incanto, si vide su tutti i petti la gloriosa arma sabauda” Dà anche notizia che sulle cantonate delle vie era stato affisso il proclama dell’Intendente Vincenzo de Thomasis con l’annuncio dell’ingresso di Garibaldi a Napoli.

Alle ore 10,00 viene convocato il Municipio della Città di Chieti, composto da: Raffaele Leognani Fieramosca, Sindaco Consiglio; da 27 Decurioni: Angelo de Vitis, Vincenzo Ubaldi, Giustino de Berardinis, Giovanni de Matteis, Luigi Accettella, Ferdinando barone Sanità; Errico Zecca, Giuseppe Silecchi, Alessandro gentile, Camillo Iuliani, Enrico Nicolini, Raffaele de Benedictis, Donato Cocco, Concezio de Horatiis, Raffaele Minichilli, Ignazio barone Persiani, Raffaele Olivieri, Raffaele Lanciano, Gianvincenzo Pellicciotti, Raffaele Persiani, Giovanni Palombaro, Giampietro barone Tabassi, Antonio Brunetti, Alceste de Lollis, Raffaele Ranalli, Pasquale Spinelli, Giuseppe de Sanctis.

Il Sindaco dà lettura del telegramma “Real Ufizio del Telegrafo Elettrico n. 2313, Chieti 7 settembre 1860” già fatto conoscere dall’Intendente de Thomasis e subito viene adottata la seguente deliberazione: “Il Municipio all’unanimità delibera che a Nome di Vittorio Emanuele Re D’Italia, e sotto la Dittatura del Generale Giuseppe Garibaldi, l’attuale Intendente Vincenzo de Thomasis assuma provvisoriamente i poteri di Prodittatore in questa Provincia; e che per tutte le occorrenze venga Egli coadiuvato da un Consiglio di sua scelta che rappresenti la capacità, la Municipalità, la proprietà e la Milizia Nazionale. La presente deliberazione, annunziata dalla loggia Municipale alla gran massa della popolazione raccolta in buon ordine nella piazza grande di questa Città ed alle cinque Compagnie della Guardia Nazionale, è stata accolta con grida entusiastiche di “Viva Vittorio Emanuele Re d’Italia – Viva la Nazionalità ed Indipendenza Italiana – Viva Il Dittatore Garibaldi – Viva il Prodittatore DeThomasis”. In fine il Municipio ha deliberato di recarsi immantinente al Signor de Thomasis per la convenevole partecipazione.” (Seguono le firme del Sindaco e dei Decurioni).

Fonte : http://www.noidelgbvico.it/
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gianni tramaglino
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Re: Da Napoli a Sofia..........

Messaggio da gianni tramaglino »

Intanto......

l'8 settembre 1860 a Castellammare di Giuseppe Plaitano



« Historia est testis temporum, lux veritatis, vita memoriae, magistra vitae, nuntia vetustatis » (La storia è testimone dei tempi, luce di verità, vita della memoria, maestra di vita, messaggera dell'antichità), questa frase spesso ripetuta e abbreviata a piacimento, secondo i comodi del momento, di cui un esempio potrebbe essere: “La storia è maestra di vita” è ormai talmente abusata che pare, soprattutto a Castellammare di Stabia, si faccia volentieri a meno di tenerla in considerazione, relegando in tal modo, una così “vecchia maestra” tra i più futili ed inutili luoghi comuni.
Si ricade così, spesso in errori ed eccessi già scontati e condannati, vengono ripetuti errori e concetti, che poi si rivelano falsi ed infondati, al cui cospetto, però, in molti (sicuramente in troppi) si prosternano, per poi accorgersi di essersi inchinati ad autentici ciarlatani.
Il libro “Castellammare di Stabia dal 1848 al 1860” pubblicato 100 anni fa, rievoca un’interessante periodo della storia stabiese ed offre, a parere dello scrivente, un ottimo spunto anche per il presente.
I diversi capitoli che formano il libro furono pubblicati per la prima volta nei giornali cittadini “Don Chisciotte” e “Stabia” (anno 1898), in seguito l’autore affermò che diversi anziani gli fecero notare delle inesattezze, così che furono aggiunte al libro sopra indicato le opportune rettifiche.
Dalle cronache dell’epoca si evince che il 17 ottobre del 1909, nella sala gremita del “Savoia” (un teatro stabiese che sarebbe più opportuno identificare come una baracca di legno che sorgeva all’altezza dell’attuale Circolo Nautico), furono ricordati i giorni ed alcuni raccapriccianti episodi accaduti mezzo secolo prima a Castellammare, in quel periodo palcoscenico di tristi e sanguinose vicende. Ecco i fatti da me appresi: era una domenica mattina e il piccolo teatro era gremito di professionisti, intellettuali e numerose signore che sfoggiavano abiti eleganti e cappelli vistosi (con piume d’uccello e fiori, come dettava la moda di quell’epoca). Il relatore fra un applauso e l’altro tuonava contro i gesuiti e il “fanatismo religioso”, mentre molti della platea controllavano l’ora, preoccupati di perdere l’ultima Messa al Gesù. La conferenza proseguì per un bel po’, fin quando in conclusione verté sui fatti che accaddero nel 1860, raccontando dell’avanzata di Garibaldi che provocò a Napoli e nel circondario una violenta insurrezione con stragi e massacri e che a Castellammare il popolo insorse e il 28 giugno 1860, quando il palazzo municipale fu assalito (furono forzate le porte allo scopo di distruggere l’archivio (sic) e gli uomini autori delle ingiustizie commesse).
I rivoltosi, capitanati da Luigi Russo e Nicola Giordano, spedizionieri e da un macellaio soprannominato “‘o lione” misero a ferro e fuoco l’ufficio della polizia, una guardia fu trucidata, il figlio del commissario Lo Monaco, spaventato dalla folla inferocita, si precipitò da una finestra. Un’altra guardia che si trovava sulla rotonda della “California”, fu spinta fra gli scogli sottostanti e fratturandosi annegò mentre gli insorti lo coprirono di sassi. Con queste azioni il popolo si preparava alla liberazione; l’alba del 7 settembre 1860, Garibaldi entrò in Napoli, dando luogo ad altre manifestazioni di massa. Il giorno 8 settembre nel nostro Cantiere gli operai cominciarono a ribellarsi e riunitisi presso la direzione delle costruzioni iniziarono a gridare “fuori gli infami”. Si trattava di quelli “puri” (volendo parafrasare un proverbio dialettale leggermente colorito, si potrebbe dire: “che pisciavano acqua santa p’‘o velliculo”) che chiedevano chiaramente l’epurazione. Infami erano invece quegli operai o capimastri che secondo i compagni “puri” erano stati eccessivamente ossequiosi verso il “vecchio regime”. In tale occasione in molti soffiarono sul fuoco per vedere perseguitato ed annientato qualche collega che dava fastidio. Il vice direttore del Cantiere un certo Giuseppe De Luca, venuto a conoscenza che nell’officina dei fabbri venivano approntati pugnali ed altri arnesi da usare a mo’ di arma, cercò con le buone maniere e per mezzo del Capitano ing. Filippo Tommasuoli (un ufficiale, molto ben visto dagli operai), di far tornare tutti alla calma. Così mentre una commissione si recava in Direzione per presentare una lista dei “malvisti”, questi onde evitare guai, fuggirono per mare con l’ausilio di una barca. Ottenuto l’ordine di licenziamento, gli operai allestirono un carro trionfale che alcuni giorni dopo, trainato da una coppia di buoi, al suono della banda fu portato in giro per la città con fiaccole e bandiere tricolori, acclamando Garibaldi e Vittorio Emanuele. Tale dimostrazione, come disse il Salvati, servì come pretesto, ad alcuni, per sottrarre dal Cantiere, opportunamente nascosti, rame ed altri oggetti. Dunque con la “cacciata” dei Borboni ci furono assalti a pubblici uffici, si perpetrarono violenze e furti e tutto ciò in nome della libertà e del progresso e contro la tirannide ed il despotismo. Evito commenti, ognuno può fare parallelismi… …Ritornando alla cronaca del tempo, si apprende poi che non appena le acque furono calme, gli operai espulsi fecero ritorno senza subire ulteriori ripercussioni “essendo bastato come punizione per chi era colpevole, il disprezzo e la paura”.
fonte : http://www.liberoricercatore.it/

Castellammare nel 1860 (Stampa d'epoca - Coll. Gaetano Fontana)

Attacco al "Monarca" 1860 (Stampa d'epoca - Coll. Gaetano Fontana)
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gianni tramaglino
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Re: Da Napoli a Sofia..........

Messaggio da gianni tramaglino »

...e a Napoli......

Il ministro della guerra di Garibaldi, Enrico Cosenz, telegrafò già l’8 settembre le seguenti disposizioni:

“Il ministro della guerra Cosenz a tutti i comandanti le armi nelle province ed a tutti i comandanti, o governatori delle piazze – Questo ministero di guerra manifesta agli ufficiali di ogni grado ed ai militari dell’esercito napoletano, essere volere del signor generale dittatore, che tutti siano conservati nelle loro integrità, sì nei gradi, che negli averi: però si avranno le seguenti norme:

Tutti i militari dell’esercito che bramano servire, si presenteranno ai comandanti, o governatori delle piazze dei luoghi più prossimi al loro domicilio, rilasciando ad essi debito atto si adesione all’attuale governo ed il loro recapito.
Gli ufficiali che si presenteranno con le truppe saranno conservati nella loro posizione con gli averi di piena attività, ma quelli che si presenteranno isolatamente, saranno segnati alla seconda classe, per essere poscia opportunamente impiegati nella imminente composizione dell’armata.
Quegli ufficiali militari, che non si affrettino di presentarsi al servizio della patria, resteranno di fatto esclusi e destituiti, se non faranno atto di adesione nella maniera indicata, tra dieci giorni, a contare dalla pubblicazione della presente disposizione.Tanto le comunico per lo esatto adempimento di sua parte.


Napoli 8 settembre 1860

Firmato Enrico Cosenz
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gipos
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Re: Da Napoli a Sofia..........

Messaggio da gipos »

Ciao: Ciao: superba escussione dei fatti accaduti in quei giorni, desidero ricordare che il Ministro Cosenz fervente credente dell'opera del Generale, altri non era che un ex Ufficiale del regio esercito borbonico che fu distaccato dal Re Ferdinando II assieme al Generale Pepe ed all'Ulloa con oltre 2.700 uomini Duosiciliani nel 1848 in occasione della prima Guerra dell'indipendenza, in soccorso al Re Piemontese che dichiarò guerra all'Austria.
Voglio ricordare ancora che di quei 2.700 uomini che combatterono per l'indipendenza e l'unità Nazionale si conosce poco, infatti gli storici ricordano sempre che in quei tragici giorni si immolarono alla causa i volontari Toscani per la maggior parte studenti, professori; Pochi ricordano che i soldati Borbonici difesero strenuamente le posizioni di Curtatone e Montanara fino all'estremo sacrificio.
Una semplice riflessione su fatti che ancora oggi non conosciamo bene, scusatemi se sono andato oltre.
Ciao: Ciao:
Giuseppe
Ultima modifica di gipos il 10 aprile 2013, 23:12, modificato 1 volta in totale.
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Roscianum
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Re: Da Napoli a Sofia..........

Messaggio da Roscianum »

Ciao:
Una caterva di :clap: :clap: :clap: :clap:
al nostro gianstorico ed alla sua trama....glino.
:what: che mi succede mi sto tramaglizzando :-))
Nilo
Colleziono bolli ed annullamenti fino al 1900 della provincia di Cosenza

"Collezionare francobolli è il primo passo verso l'alienazione mentale"
Honore de Balzac
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gianni tramaglino
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Re: Da Napoli a Sofia..........

Messaggio da gianni tramaglino »

Un grazie per gli interventi degli Amici!
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L’ultimo sindaco borbonico di Napoli di Luigi Pandolfi .....e in quei giorni il sindaco......



Il calabrese Giuseppe Pignone, ultimo sindaco borbonico di Napoli. In un libro di Vincenzo Diego il crepuscolo del Regno delle Due Sicilie. “Le luci dell’immenso palazzo reale stavano per spegnersi. La clessidra della storia, per i Borbone, stava per far cadere gli ultimi granelli di tempo”: con queste parole, molto evocative per la verità, Vincenzo Diego tratteggia nel suo libro il crepuscolo del Regno delle Due Sicilie, lo scenario in cui si snoda la vicenda politica ed umana dell’ultimo sindaco borbonico di Napoli, Giuseppe Pignone d’Alessandria, marchese d’Oriolo. “I gigli recisi, Giuseppe Pignone del Carretto e la fine del regno borbonico”, questo il titolo del volume appena uscito per i tipi di Valentina Porfidio Editore, in cui l’autore narra la bella e suggestiva storia dell’aristocratico calabrese, che re Ferdinando II, nel 1857, aveva chiamato a ricoprire la carica di primo cittadino della capitale del Regno. Giuseppe Pignone era nato ad Oriolo, in Calabria Citra, l’8 maggio del 1813 da Carlo e Isabella Pignatelli dei duchi di Montesarchio Irpino. Ancora oggi, in questo piccolo centro dell’alto Ionio cosentino, il castello, tra i più imponenti e ben conservati della Calabria, costituisce la vestigia del potere e della magnificenza del nobile casato. La famiglia del marchese, di antica e potente nobiltà di origine provenzale, era infatti molto influente a quel tempo presso la corte dei Borbone. E proprio le frequentazioni a corte valsero al futuro sindaco di Napoli la fiducia del sovrano, che lo volle in quel posto di grande prestigio e responsabilità, dopo Andrea Carafa dei duchi di Noja. Non si può dire che il suo mandato lo svolse in un clima di calma piatta Giuseppe Pignone.



Dalla morte di “Re Bomba” all’ingresso di Garibaldi in città, tutti gli avvenimenti che accompagnarono i suoi anni al palazzo del municipio furono di una intensità straordinaria. Compreso il matrimonio tra Francesco II e Maria Sofia di Baviera, ultimo evento di grande fastosità di una dinastia che si avviava fatalmente al tramonto, che lo vide nei panni di organizzatore dei festeggiamenti civili. Non c’è dubbio però che la parte più interessante del volume è quella che riguarda la trattativa tra il Pignone e Garibaldi, che precedette l’ingresso di quest’ultimo in città il 7 settembre 1860. È una pagina di storia drammatica, in cui sui consuma la fine del regno borbonico e, tra tradimenti e cambi repentini di casacca, il passaggio di consegne delle chiavi della città all’ “Eroe dei due mondi”. Emblematica a tal riguardo è la scena della partenza del re per Gaeta, descritta piacevolmente da Diego: “Il momento era arrivato, il Palazzo Reale salutava per sempre Franceschiello e la sua Corte. Francesco II non lo immaginava, ma la sua città non la rivedrà più. Uscito dal palazzo in carrozza, con la moglie Maria Sofia e due gentiluomini di corte, si accorse che più avanti nella farmacia reale del dott. Ignone, ancora poche ore prima suddito devotissimo, alcuni operai stavano staccando dall’insegna i gigli borbonici”. Sul piano storiografico spicca in particolare il rifiuto del sindaco Pignone di decretare l’annessione di Napoli al Regno Sabaudo, prima che Garibaldi ne assumesse il governo. Si trattò di un estremo sussulto di dignità di fronte alle pretese di Cavour e dei piemontesi. Più un gesto simbolico in verità, che un atto dalle conseguenze politiche significative e durature: un mese dopo sarà lo stesso Garibaldi a firmare il decreto di indizione del Plebiscito che formalizzerà l’annessione dei territori che furono del Regno delle Due Sicilie al nuovo Regno d’Italia.


L’8 settembre del 1860
, il giorno dopo l’ingresso di Garibaldi a Napoli, il marchese d’Oriolo rassegnava, irrevocabilmente, le dimissioni dalla carica di sindaco. Il Dittatore avrebbe voluto che rimanesse al suo posto, ma Giuseppe Pignone fu irremovibile, dando così prova della sua coerenza, ma anche una lezione di dignità in un frangente della storia meridionale in cui a predominare erano abbondantemente il trasformismo, l’opportunismo, i voltafaccia. E che Garibaldi avesse in gran considerazione questo nobile calabrese, lo si evince dalla parole che gli dedicherà in una lettera del 10 settembre 1860: “So che l’opera Sua, a giudizio dell’universale, è riuscita utilissima al Municipio, e di ciò, che la onora, io pure le rendo grazie. Confido che non sia lontano il momento in cui io possa rivederla in qualche pubblico ufficio, degno di Lei”. Rimane un dubbio, in ogni caso: incontrando Garibaldi a Salerno, il Pignone volle solo concordare il suo ingresso in città, in modo da evitare inutili spargimenti di sangue oppure volle contribuire, sia pure indirettamente, alla sua impresa di unificare l’Italia? Difficile a dirsi, e questo il libro non ce lo dice. Forse entrambe le cose, il che sarebbe stato anche plausibile, vista la temperie.
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gianni tramaglino
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Re: Da Napoli a Sofia..........

Messaggio da gianni tramaglino »

Pietro Giannelli lasciò Napoli l'8 settembre 1860, diretto a Gaeta


GIANNELLI, Pietro
Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 54

di Carlo M. Fiorentino

Fonte : http://www.treccani.it

GIANNELLI, Pietro. - Nacque a Terni l'11 ag. 1807 da Pietro, di famiglia patrizia originaria di Nepi, e da Olimpia Petroni. Compiuti gli studi liceali al collegio dei gesuiti di Terni, si trasferì a Roma dove si laureò alla Sapienza in teologia e diritto civile e canonico. Nel 1831 fu ordinato sacerdote e, alcuni mesi dopo, auditore della Camera apostolica sotto la presidenza di mons. S. Spada Medici, carica che mantenne per diversi anni.

Spogliatosi degli abiti della Compagnia di Gesù, alla quale aveva appartenuto agli inizi della sua carriera ecclesiastica, il G. intraprese nel 1851 l'attività diplomatica in qualità di uditore di mons. A. Garibaldi, nunzio a Napoli, che seguì l'anno successivo alla nunziatura di Parigi. Tornato a Roma alla fine del 1852, fu nominato da Pio IX uditore di Rota. Nell'aprile 1858 fu promosso nunzio a Napoli e il 6 giugno dello stesso anno consacrato arcivescovo di Sardi in partibus infidelium dal card. C. Patrizi. Il 25 dello stesso mese fu nominato assistente al soglio pontificio.

La nunziatura a Napoli, che costituisce uno dei periodi più interessanti della sua carriera ecclesiastica, durò due anni e mezzo e, a parte l'ultima fase del regno di Ferdinando II, coincise praticamente con il breve regno di Francesco II, a cui il G. mostrò sin dall'inizio stima e solidarietà: il giovane re di Napoli "è pieno di religione e di devozione verso la Santa Sede e la Chiesa", scriveva di lui al segretario di Stato card. G. Antonelli il 4 giugno 1859, alcuni giorni dopo l'ascesa al trono, "ed almeno finora non sembra predominato da que' miseri pregiudizi, che con sommo danno delle cose religiose si osservano spesso negli uomini di governo per quanto d'altronde pii […] Non deve però dissimularsi, che attesa la sua giovanissima età non può avere molta esperienza nella difficilissima arte di governare e che perciò non manca di essere esposto a' pericoli specialmente ne' tempi che corrono; ma confido, che la Divina Provvidenza sarà per liberarlo". Tali pericoli, che misero in luce la fragilità politica del giovane sovrano di Napoli, si materializzarono nei mesi successivi con lo scoppio della seconda guerra d'indipendenza e, nel 1860, con la spedizione dei Mille e la campagna meridionale dell'esercito piemontese. Questi avvenimenti furono seguiti con attenzione dal G., i cui dispacci al card. Antonelli offrono un quadro per molti versi originale della situazione politica e diplomatica napoletana, nonché dello stesso ruolo da lui avuto presso Francesco II, di cui si era intanto guadagnato la fiducia, divenendone una sorta di padre spirituale. Il G. seguì Francesco II a Gaeta, dove si recò nel settembre 1860, rimanendovi fino alla caduta della cittadella nel febbraio 1861 e motivò con ragioni di solidarietà umana questa sua presenza accanto al re di Napoli nei momenti tragici dell'assedio e dell'epidemia di tifo che fece vittime anche tra il seguito reale.

La confidenza tra il G. e Francesco II si mantenne anche quando questi si recò in esilio a Roma. Negli anni successivi il prelato si confermò uno dei più ascoltati consiglieri del deposto re borbonico: ciò non gli impedì, tuttavia, di allacciare e mantenere saldi legami di amicizia con alcuni ecclesiastici decisamente orientati in senso liberale, come il benedettino C. De Vera, abate del monastero di Montecassino.

Il 1° ott. 1861 il G. fu nominato prosegretario della congregazione del S. Concilio, divenendo segretario titolare il 14 marzo 1868. In questa veste collaborò fino al 1875 con il prefetto card. P. Caterini con il quale condivideva le posizioni "intransigenti". Dal 1865 al 1869 ricoprì anche la carica di segretario della congregazione direttrice incaricata di preparare il concilio Vaticano I, la quale, riunitasi una prima volta nel marzo 1865 e una seconda nel maggio 1866, dal 28 luglio 1867 al 28 nov. 1869 tenne 55 sedute, i cui processi verbali furono redatti dallo stesso prelato. Nella prima seduta questi aveva presentato un rapporto dettagliato che riguardava diversi temi: l'utilità per la Chiesa di promuovere un concilio; gli ostacoli che vi si potevano opporre; le disposizioni da prendere nell'eventualità di una convocazione, in particolare quelle relative ai rapporti con i principi cattolici. Quale segretario della congregazione il G. inviò regolarmente dei rapporti a Pio IX sulle decisioni della stessa, che difese in più occasioni contro le obiezioni sul suo operato mosse dallo stesso pontefice. Durante questi anni egli fu anche membro di diritto della commissione preparatoria per la disciplina ecclesiastica.

Il 16 dic. 1869, una settimana dopo l'apertura del concilio, il papa lo nominò tra i 26 membri della commissione Pro recipiendis et expendendis PP. propositionibus, incaricata dell'esame dei postulata dei vescovi da sottoporre alla discussione. A questo titolo, il 5 febbr. 1870, il G. si pronunciò sull'opportunità di mettere all'ordine del giorno del concilio la questione dell'infallibilità pontificia conformemente alla petizione della maggioranza, ritenendo che la definizione fosse necessaria ma che la pubblicazione di un decreto speciale sulla questione non fosse conveniente vista la contropetizione firmata da 140 vescovi. A suo parere, infatti, sarebbe stato opportuno limitarsi a rendere più esplicita la definizione del concilio di Firenze (1431-43), in modo da indurre molti vescovi dell'opposizione a rientrare nei ranghi della maggioranza. Tale posizione era condivisa anche dal cardinale G. Antonelli.

Il 15 marzo 1875 il G. fu creato cardinale con il titolo presbiterale di S. Agnese extra Urbem, concessogli da Pio IX il 31 dello stesso mese. Il 2 luglio 1877 fu nominato presidente del Consilium supremum publicae rei moderandae e il 29 giugno 1879 da Leone XIII segretario dei Memoriali.

Nonostante la fama di legittimista e di intransigente che si era creato durante la nunziatura a Napoli nel 1858-60, egli fu in realtà, secondo un giudizio di mons. V. Tizzani, severo censore degli ambienti vaticani di quegli anni, "bastantemente scaltro per istare bene con tutti" (Pásztor, II, p. 575 n.). Ciò era confermato da mons. T. Bellà, prelato di Curia al servizio di diversi paesi cattolici, il quale in un'informativa al governo francese scritta dopo la morte di Pio IX confidava che il G. "ha capito il suo tempo, e comprende che le esagerazioni sono frutti fuori stagione. Egli in conclave voterà coi moderati" (Weber, 1978, II, p. 736). Il G. ebbe infatti un atteggiamento temperato, e se l'8 febbr. 1878, il giorno successivo alla morte di Pio IX, nella prima riunione dei cardinali che doveva stabilire il luogo in cui si doveva tenere il conclave, egli si era astenuto, in quella decisiva del giorno dopo si espresse in favore dello svolgimento del conclave a Roma. Tuttavia non è certo che egli votasse in favore del card. G. Pecci, candidato del partito moderato, anche se farebbe propendere per questa ipotesi il fatto che egli apparteneva alla cerchia dei porporati intimi del filippino G. Calenzio, conclavista del card. L. Bartolini, grande elettore di Leone XIII.

Il G. morì a Roma il 5 maggio 1881.
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gianni tramaglino
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Re: Da Napoli a Sofia..........

Messaggio da gianni tramaglino »

Anche da " Napoli" un affettuoso saluto a Lucio e che il Lugana scorra a fiumi eternamente ! gianni

l'8 settembre Francesco II si rivolge ai soldati da Gaeta

ORDINE DI SUA MAESTA' IL RE D. G.
Soldati

È tempo ormai che la voce del Vostro Sovrano echeggi nelle vostre fila; di quel Sovrano che crebbe in mezzo a Voi e che spendendo ogni Sua cura pel vostro immegliamento ha finito per dividere i pericoli, ed oggi le sventure.
Gli illusi o sedotti che hanno immerso il Regno intero nelle sciagure e nel lutto, non sono più fra noi; epperò ch'io fò appello al Vostro Onore, alla Vostra fedeltà, alla ragione stessa, onde l'onta infame di codardia e di tradimento sia cancellata con una seguela di gloriose azioni, e di nobili slanci.
Noi Siamo ancora in numero sufficiente per affrontare un nemico che non combatte con altre armi se non con quelle potenti della seduzione e dell'inganno. Ho fin oggi voluto Io risparmiare molte città, ed in particolare la capitale dal Sangue e dalle stragi, ma ridotti ora sulle linee del Volturno e del Garigliano vorremo ancora aggiungere note umilianti alla Nostra condizione di Soldati? Permetterete Voi che per la sola opera Vostra il Sovrano lasci il proprio Trono, e vi abbandoni ad una eterna infamia? No, non mai!
In questo supremo momento ci raccoglieremo tutti intorno alle Nostre bandiere per difendere i Nostri dritti, il Nostro Onore, ed il Nome Napoletano diggià per molto avvilito, e se in tal momento, vi saranno ancora de'seduttori che vi mostrano ad esempio que'sciagurati che per pura viltà si son dati al nemico, Voi invece mostrerete que' bravi e valorosi soldati che seguendo la sorte del proprio Sovrano Ferdinando IV (di gloriosa memoria), si ebbero lode non comune dall'universale, e beneficenza e gratitudine dallo stesso Monarca.
Questo bello esempio di fedeltà sia per Voi di gara generosa, e se il Dio degli Eserciti proteggerà la Nostra Causa, avrete a sperare ciocche altrimenti facendo, non potrete mai conseguire.

Gaeta 8 Settembre 1860
Firmato - FRANCESCO
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gipos
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Re: Da Napoli a Sofia..........

Messaggio da gipos »

Ciao: Ciao: a tutti, oltre ai complimenti per gianni tramaglino :clap: :clap: :clap: che come sempre ci ammalia con le sue testimoianze mi permetto di immettere due scansioni, la prima riguarda la testimonianza di Charles Garnier presente nella cittadella negli ultimi giorni dell'eroica resistenza della fortezza borbonica, additando come unico responsabile di decine e decine di morti che potevano essere evitate il famigerato e tristemente famoso Generale Cialdini, la seconda rappresenta l'immagine di parte della cittadella oramai quasi distrutta.
Queste testimonianze sono state estrapolate dal volume la presa di Gaeta di Mino Milani.
Un Ciao: Ciao: a tutti:
Giuseppe
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gianni tramaglino
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Re: Da Napoli a Sofia..........

Messaggio da gianni tramaglino »

....Ma è del 6 settembre 1860 l’ultimo atto pubblicato nella “Collezione delle leggi e de’ decreti reali” di Francesco II


Dacchè un ardito condottiero, con tutte le forze di che l'Europa rivoluzionaria dispone, ha attaccato i nostri dominii invocando il nome di un Sovrano d'Italia, congiunto e amico, Noi abbiamo con tutti i mezzi in poter nostro combattuto durante cinque mesi per la sacra indipendenza de'Stati nostri. La sorte delle armi ci è stata contraria. L'ardita impresa, che quel Sovrano nel modo più formale protestava sconoscere, e non pertanto, nella pendenza di trattative di un intimo accordo, riceveva ne'suoi Stati principalmente ajuto ed appoggio, quella impresa, cui tutta Europa, dopo d'aver pubblicato il principio di non intervenzione, assiste indifferente, lasciandoci soli lottare contro il nemico di tutti, è sul punto di estendere i suoi tristi effetti fin sulla nostra Capitale. Le forze nemiche si avanzano in queste vicinanze. D'altra parte la Sicilia e le Provincie del Continente, da lunga mano e in tutti i modi travagliate dalla rivoluzione, insorte sotto tanta pressione, hanno formato de'Governi provvisorii col titolo e sotto la protezione nominale di quel Sovrano, ed hanno confidato ad un preteso Dittatore l'autorità ed il pieno arbitrio de'loro destini. Forti de'nostri dritti, fondati sulla storia, su i patti internazionali e sul diritto pubblico Europeo, mentre Noi contiamo prolungare, finchè ci sarà possibile, la nostra difesa, non siamo meno determinati a qualunque sacrifizio per risparmiare gli orrori di una lotta e dell'anarchia a questa vasta metropoli, sede gloriosa delle più vetuste memorie e culla delle arti e della civiltà del Reame. In conseguenza Noi moveremo col nostro Esercito fuori delle sue mura, confidando nella lealtà e nello amore de' nostri sudditi pel mantenimento dell'ordine e del rispetto all'autorità. Nel prendere tanta determinazione sentiamo però al tempo stesso il dovere, che ci dettano i nostri dritti antichi ed inconcussi, il nostro onore, l'interesse de' nostri eredi e successori, e più ancora quelli de' nostri amatissimi sudditi, ed altamente protestiamo contro tutti gli atti finora consumati e gli avvenimenti che sonosi compiuti o si compiranno in avvenire. Riserbiamo tutti i nostri titoli e ragioni, sorgenti da sacri incontrastabili dritti di successione, e da'Trattati, e dichiariamo solennemente tutti i mentovati avvenimenti e fatti nulli, irriti, e di niun valore, rassegnando per quel che ci riguarda nelle mani dell'Onnipotente IDDIO la nostra causa e quella dei nostri popoli, nella ferma coscienza di non aver avuto nel breve tempo del nostro Regno un sol pensiero che non fosse stato consacrato al loro bene ed alla loro felicità. Le istituzioni che abbiamo loro irrevocabilmente garentite, ne sono il pegno. Questa nostra protesta sarà da Noi trasmessa a tutte le Corti, e vogliamo che, sottoscritta da Noi, munita del suggello delle nostre Armi reali, e contrassegnata dal nostro Ministro degli affari esteri, sia conservata ne' nostri reali Ministeri di Stato degli affari esteri, della Presidenza del Consiglio de'Ministri, e di grazia e giustizia, come un monumento della nostra costante volontà di opporre sempre la ragione ed il dritto alla violenza ed alla usurpazione".
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pasfil
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Re: Da Napoli a Sofia..........

Messaggio da pasfil »

gipos ha scritto:Ciao: Ciao: a tutti, oltre ai complimenti per gianni tramaglino :clap: :clap: :clap: che come sempre ci ammalia con le sue testimoianze mi permetto di immettere due scansioni, la prima riguarda la testimonianza di Charles Garnier presente nella cittadella negli ultimi giorni dell'eroica resistenza della fortezza borbonica, additando come unico responsabile di decine e decine di morti che potevano essere evitate il famigerato e tristemente famoso Generale Cialdini, la seconda rappresenta l'immagine di parte della cittadella oramai quasi distrutta.
Queste testimonianze sono state estrapolate dal volume la presa di Gaeta di Mino Milani.
Un Ciao: Ciao: a tutti:
Giuseppe


Ciao Giuseppe ed un salutone anche all'amico Gianni.

Ogni guerra è una solenne sconfitta per i vincitori ed i vinti.
Una tempesta di fuoco su una bellissima roccaforte, ma giacchè in data 17 dicembre 1860 le Provincie dell’ex Regno delle Due Sicilie vennero annesse al Regno di Vittorio Emanuele e non vi era rimasto altro da conquistare (eccetto Civitella del Tronto e Messina), trattare una resa o un semplice embargo non sarebbe stato comunque efficace ed avrebbe potuto risolvere la questione senza tali accanimenti?
Mah. Ciao: Ciao: Ciao:
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gipos
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Re: Da Napoli a Sofia..........

Messaggio da gipos »

Ciao: Ciao: Pietro, condivido pienamente il tuo pensiero bastava avere un minimo di umanità in più per far sì che tante atrocità venissero meno, voglio ricordare ancora che anche la fortezza di Civitella subì la stessa sorte, anzi dopo la resa lo stesso Cialdini diede ordine di minare le mura della cittadella affinchè non restasse niente di integro che potesse ricollegarsi all'ex Regno di Napoli.
Ciao: Ciao:
Giuseppe
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gianni tramaglino
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Re: Da Napoli a Sofia..........

Messaggio da gianni tramaglino »

Caro Giuseppe e caro Pietro ...del Cialdini ...ahime...avremo modo di scrivere a lungo... gianni
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Re: Da Napoli a Sofia..........

Messaggio da pasfil »

Da
DINA REBAUDENGO - EROS SOGNO: "FILLUMENIA" - GIUSEPPE GARIBALDI.
Edizioni AEDA
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