Splendori e miserie di un 50 grana

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Antonello Cerruti
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Re: Splendori e miserie di un 50 grana

Messaggio da Antonello Cerruti »

Il problema dei francobolli su supporto cartaceo è che un'eccessiva umidità legata all'operazione lasci una "gora" visibile o determini alterazioni della carta.
Cordiali saluti.
Antonello Cerruti
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Stefano T
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Re: Splendori e miserie di un 50 grana

Messaggio da Stefano T »

Napoli1860 ha scritto: 18 marzo 2025, 10:04 Nel merito, dovrei verificare se per caso sul catalogo Pedemonte è disponibile anche l'immagine a colori, ma la mia sensazione è che il pezzo era tutto sommato pulito fino al 2021 (le immagini del 1964 si raccordano bene a quelle del 1991 e del 2021).

Il cambio di stato (l'ossidazione pervasiva) non credo che sia "un'ossidazione di ritorno" (per precedente ripulitura) ma l'effetto di una pessima conservazione durante questi quattro anni.
Piano e bene.

Il colore nerastro sul 50 grana è dovuto ad un' "ossidazione" (o meglio salificazione) del pigmento naturale dell'inchiostro che contiene particelle metalliche (piombo e quindi perossido di piombo) ad opera dell'aria e dei gas in essa disciolti: in particolare l'acido solfidrico (che contiene zolfo) lo trasforma in solfuro di piombo, un sale di colore nero, che è il colore che vediamo preponderante nell'ultima foto.

Per rimediare all'inestetismo si può usare un cotton fioc imbevuto di soluzione di perossido di idrogeno al 3% (acqua ossigenata) e il francobollo, dopo un tot di passate leggere con asciugature intermedie, generalmente riprende il suo colore perchè il solfuro di piombo (nero) viene trasformato in solfato di piombo (che ha un colore bianco). Il problema è che, nel tempo, l' "ossidazione" riprenderà anche con più vigore perchè la pulizia viene fatta quasi sempre con una base acida che, restando intrappolata in profondità nel supporto cartaceo, continua e rafforza nel tempo l'azione di ossidazione dell'inchiostro (formazione di ulteriore perossido di piombo).

Nel caso del 50 grana in esame la parte annerita, per estensione ed intensità del colore, a mio avviso non può essere dovuta ad una semplice cattiva conservazione (che sia in taschina o chiusura in cassaforte).
I francobolli potrebbero infatti essere stati trattati, magari subito prima della vendita nel 2021, e a distanza di 4 anni, a causa delle sostanze usate che hanno continuato a lavorare, la situazione è migliorata a livello di sbiancamento ma è peggiorata per quanto riguarda l'inchiostrazione, ora molto scura.

E questo sembra essere confermato dal fatto che anche gli ingiallimenti (ossidazioni) presenti nelle foto precedenti e dovuti alla gomma originale, risultano molto allegeriti e in certi punti scomparsi.
Confronto 50 grana.jpg
Vi faccio inoltre notare come tutto l'angolo sinistro alto e parte del bordo orizzontale del 50 grana, ben visibile nelle foto in bianco e nero, risulti essere quasi scomparso in quella del 2021, per poi ricomparire annerito nell'ultima asta.
Confronto 50 grana copia.jpg
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Napoli1860
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Re: Splendori e miserie di un 50 grana

Messaggio da Napoli1860 »

Pur con tutte le incertezze del caso - calibrazione della riproduzione sul catalogo, calibrazione della mia foto - questa è la pagina del volumetto "Capolavori filatelici della Collezione Pedemonte", in cui la lettera era stata riprodotta a colori (se ci cliccate sopra, si ingrandisce e si raddrizza).

IMG_3122.jpg
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Napoli1860
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Re: Splendori e miserie di un 50 grana

Messaggio da Napoli1860 »

IMG_3123.jpg
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Napoli1860
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Re: Splendori e miserie di un 50 grana

Messaggio da Napoli1860 »

Questa pagina è stralciata dal libro "Il possesso della bellezza - dialogo tra i collezionisti d'arte".

Ognuno può trarne le analogie che ritiene più significative.
Napoli1860
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Re: Splendori e miserie di un 50 grana

Messaggio da Napoli1860 »

Questo è uno zoom sulla foto del 1991.
1.png
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Stefano T
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Re: Splendori e miserie di un 50 grana

Messaggio da Stefano T »

Al netto dell'intensità dei colori e della luminosità ovviamente diversi tra le varie immagini, direi che l'ultima confermi che è successo qualcosa a quei francobolli, che continuano a schiarirsi e a virare colore.
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Stefano
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FerdinandoM
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Re: Splendori e miserie di un 50 grana

Messaggio da FerdinandoM »

Sono d'accordo con quanto scrive Napoli1860.
E' molto strano che il 50 gr sia stato ruotato rispetto al 5gr.
Secondo me la busta è stata manomessa facendo combaciare la scritta "Annullato" a cavallo dei due francobolli.
A mio avviso l'affrancatura non è autentica e potrebbe trattarsi di una frode.
Ho provato a fare una verifica partendo dall'immagine iniziale. (Vedi foto 1)
Ho poi fatto combaciare un fb da 50 gr in modo da avere la dimensione esatta del bollo "Annullato". (Vedi foto 2)
Quindi ho inserito il bollo "Annullato" sull'immagine iniziale per verificare la corrispondenza delle lettere del bollo. (Vedi foto 3)
Come si può vedere i due bolli "Annullato" hanno una leggera differenza. Quello originale è più largo rispetto a quello impresso sulla busta in discussione. Lo si può notare soprattutto nella posizione della lettera T, ed ecco perché, come ha osservato Napoli1860, manca la prima L di "Annullato".
Per verifica ho fatto la stessa operazione con un altro differente bollo "Annullato" e come si può vedere anche in questo caso la lettera T non è allineata con quella del bollo sulla busta. (Vedi foto 4) Ciao:
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Napoli1860
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Re: Splendori e miserie di un 50 grana

Messaggio da Napoli1860 »

FerdinandoM ha scritto: 18 marzo 2025, 23:08 E' molto strano che il 50 gr sia stato ruotato rispetto al 5gr.
Secondo me la busta è stata manomessa facendo combaciare la scritta "Annullato" a cavallo dei due francobolli.
A mio avviso l'affrancatura non è autentica e potrebbe trattarsi di una frode.
Buongiorno Ferdinando,
vorrei provare a separare l'analisi empirica dalle considerazioni teoriche.

Dunque, i tuoi raffronti sui timbri "ANNULLATO" sembrano giungere a conclusioni impietose. Ora mi chiedo: gli "ANNULLATO" in cartella erano tutti uguali? Cioè, vado a memoria, ma mi sembra di ricordare - per capirci - che i ferri di cavallo siciliani sono tutti diversi tra loro, quindi, per dire, il ferro di cavallo di Palermo è diverso da quello di Catania, ed entrambi sono diversi da quello di Messina, e così via (anche se le differenze sono così minime che nessuno si è mai preso la briga di censirle, anche per la difficoltà oggettiva dell'operazione). Ma qui - nel caso del nostro "ANNULLATO" - è proprio di differenze tutto sommato minime che si parla. Se - in generale - l'ANNULLATO dell'officina "X" non era lo stesso "ANNULLATO" dell'officina Y, allora, forse, l'ANNULLATO che tu hai preso come pietra di paragone potrebbe essere una metrica (più o meno) distorta, e forse la stessa diversa inchiostrazione potrebbe trarre in inganno. Intendiamoci: non lo so, sto solo ipotizzando, ma nel solo intento di rendere massimamente robusta la tua analisi empirica.

Sul piano teorico - invece - ritorno sul punto che citavo all'inizio: è corretto, o no, che l'assicurata raddoppiava il costo della tariffa di base, quale che fosse? Perché se è così, allora non possono (non dovrebbero) esserci assicurate affrancate per importi dispari, e tanto basterebbe a dire che siamo alle presenza di una frode (o, più propriamente, di una affrancatura "non conforme").

Detto ciò, rimane un busillis: al netto dell'ossidazione, questo pezzo è passato prima dalla "Pedemonte" (leggasi Giulio Bolaffi) e poi da Imperato (che non era propriamente uno sprovveduto), e se pure uno non volesse dare peso al pedigree, resta il fatto che l'ultimo realizzo d'asta è stato di 8000 euro (da una base di 3500, quindi vi è stata contesa al martelletto) vale a dire quasi 10.000 euro una volta computati i diritti d'asta. Fatico a credere che se lo sia aggiudicato qualcuno che voleva semplicemente buttare del denaro
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Francesco Baino
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Re: Splendori e miserie di un 50 grana

Messaggio da Francesco Baino »

Buongiorno a tutti,
mi inserisco in questa interessantissima discussione e vi ringrazio per tutti i contributi. Al di là degli apsetti legati all'annullo, come si può giustificare la tariffa? Essendo una assicurata, l'affrancatura radoppia il "costo base"; immaginando l'eccesso di un grano, si avrebbero quindo 54 grana, e la tariffa base è 27 grana. Come giustificarla?
Napoli1860
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Re: Splendori e miserie di un 50 grana

Messaggio da Napoli1860 »

Francesco Baino ha scritto: 20 marzo 2025, 12:19 Buongiorno a tutti,
mi inserisco in questa interessantissima discussione e vi ringrazio per tutti i contributi. Al di là degli apsetti legati all'annullo, come si può giustificare la tariffa? Essendo una assicurata, l'affrancatura radoppia il "costo base"; immaginando l'eccesso di un grano, si avrebbero quindo 54 grana, e la tariffa base è 27 grana. Come giustificarla?
Esatto. E' la mia stessa perplessità. O la tariffa era 54 grana (il doppio di 27 grana, ma.. cos'era 27 grana in termini tariffari? e - poi - perché arrotondarla?) oppure... boh?!?
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Francesco Baino
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Re: Splendori e miserie di un 50 grana

Messaggio da Francesco Baino »

D'altra parte, come già sottolineato nel forum, è veramente strano che questa lettera sia passata nelle mani dei illustri periti (famiglia Diena), grandi mercanti (Giulio Bolaffi) e fior di collezionisti (Pedemonte, Imperato) senza che nessuno abbia mai obiettato.
Se qualche membro del forum con competenze specifiche può aiutarci a chiarire la questione della tariffa è il benvenuto; onestamente io non sono riuscito a venirne a capo.
Napoli1860
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Re: Splendori e miserie di un 50 grana

Messaggio da Napoli1860 »

Francesco Baino ha scritto: 20 marzo 2025, 12:19 ... e la tariffa base è 27 grana. Come giustificarla?
Nel mio repertorio fotografico c'è questo frammento...

27grana.png

... che però vai a sapere se corrisponde ad una "tariffa esatta" o se apparteneva ad un'affrancatura più articolata (come ricorda Nino Aquila, francobolli sciolti e frammenti "non parlano il linguaggio della storia postale").
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Napoli1860
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Re: Splendori e miserie di un 50 grana

Messaggio da Napoli1860 »

Francesco Baino ha scritto: 20 marzo 2025, 12:19 come si può giustificare la tariffa? Essendo una assicurata, l'affrancatura radoppia il "costo base"; immaginando l'eccesso di un grano, si avrebbero quindo 54 grana, e la tariffa base è 27 grana. Come giustificarla?
Sarà forse il caso di richiamare un punto, che tutti conosciamo, ma che spesso dimentichiamo: gli oggetti postali sono creazioni dell'uomo, appartengono alla realtà empirica, e sai - Orazio - ci sono più cose tra cielo e terra di quante tu ne possa sognare nella tua filosofia.

E' vero che, da un lato, questi oggetti postali andavano creati secondo norme e regole ben determinate (a volte maniacalmente precise: "il francobollo va messo in alto a sinistra e annullato in modo da lasciare libera l'indicazione del valore") ma poi, all'atto pratico, dentro la realtà del funzionamento delle poste c'erano anche gli uomini, e l'anche non è un inciso secondario.
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E allora, cosa mi dite? Siamo in periodo (postale) di Regno d'Italia (dall'1 marzo valevano le tariffe sarde sull'intera penisola) e qui abbiamo una lettera assicurata affrancata per 7 grana. Valeva ancora - nella normativa delle poste italiane - la regola del raddoppio della tariffa per le assicurate? Si? No? Non lo so. Certo che "fa strano" vedere un'assicurata per 7 grana, anche perché - ne sono abbastanza sicuro - ci sono corrispondenze simili dello stesso periodo affrancate per 8 grana.

E quindi? Come dobbiamo considerare questo oggetto? Nel migliore dei modi possibili, se guardiamo al realizzo che spunto nel 1991 alla "Pedemonte". E oggi, invece? Oggi, forse, le cose andrebbero diversamente, perché con la sensibilità odierna - forse - si fa più attenzione ad aspetti apparentemente formali, e tuttavia fondamentali per poter raccontare l'oggetto (e quindi "farlo parlare") con tutta la precisione che serve.

Altro esempio.
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Questa è una normale, normalissima lettera per l'interno ("da qui a lì", nel Regno di Napoli: non è una circolare, non è una stampa) e quindi, a rigore, dovrebbe essere affrancata per 2 grana; e invece c'è solo un 1/2 grano, e tanto sembra essere bastato per portarla a destinazione senza un fiato, senza nessuna tassazione; e quindi? Come dobbiamo interpretarlo questo oggetto? Non lo so, non saprei dire, ma forse sarà il caso di contestualizzarlo un minimo, di collocarlo nel periodo storico a cui appartiene. La lettera è del 18 ottobre 1860, nel mezzo della dittatura garibaldina, in prossimità dei plebisciti, e ciò che accadeva il quel periodo lo lascio raccontare a Gigi Di Fiore.
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E in questo enorme, ingarbugliato, e pazzesco bordello, secondo voi, a chi gliene poteva mai fregare qualcosa se una stupida lettera "da qui a lì" era affrancata con 1/2 grano anziché con 2?

Noto talvolta un atteggiamento distruttivo, sino all'auto-lesionismo: se l'oggetto non è come dovrebbe essere (secondo norme e tariffe postali) ci si industria subito a dimostrare che si tratta di una falsificazione per ingannare i collezionisti (con un atteggiamento - let's me say - un filo presuntuoso, non avendo i documenti in mano).

No, no, no, e ancora no: non funziona così. Ci sono più cose tra cielo e terra di quante la normativa postale ne potesse prevedere, e della storia postale napoletana - poi - si potrebbe dire quel che in tanti dicevano della città di Napoli: un paradiso abitato da diavoli.

Quindi - per il bene di tutti, a tutela di tutti - teniamo distinte le due cose: un conto è darsi criteri di selezione rigorosi (per cui in collezione devono entrare solo oggetti che possono essere correttamente descritti in base alla normativa postale dell'epoca), altro, ben altro, è sparare a zero su qualunque cosa non sia esattamente come deve essere, indurre timori per l'uomo nero che vive sotto il letto, diffondere una paura per qualcosa che non esiste.

:cin:
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Napoli1860
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Re: Splendori e miserie di un 50 grana

Messaggio da Napoli1860 »

Per proseguire sulla stessa china, qualcuno sa spiegare cosa sia un'affrancatura da 1,25 grana?
mista.jpg
E qui mi ricollego a quest'altra discussione

viewtopic.php?t=75153

I casi sono due: o 1,25 grana significa qualcosa (e allora diciamo cosa significa) oppure 1,25 grana non significa un bel nulla (e fa solo parte di quella infinità di cose che esistono tra cielo e terra).

Se 1,25 grana vuol dire qualcosa, allora siamo in presenza di una grande rarità.

Se 1,25 grana non vuol dire nulla, allora siamo in presenza di un oggetto di grande impatto scenico, ma che non possiamo in alcun modo far parlare, se non chiamando in causa una (banale, pacchiana) frode postale dell'epoca (e considerato che lo scopo di ogni inserimento in collezione è invece migliorare la narrazione che si vuol fare, ognuno valuterà se sia il caso o no di inserirlo, semmai se ne avesse la possibilità e disponibilità economica).

Ripeto: io non so se 1,25 grana vuol dire qualcosa oppure no, ma la casistica interpretativa è questa.

Quel che non va bene - nel caso in cui 1,25 grana non volesse dire nulla - è muovere dal pregiudizio per cui "sicuramente è un oggetto per frodare i collezionisti", senza neppure averlo mai avuto in mano.
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Napoli1860
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Re: Splendori e miserie di un 50 grana

Messaggio da Napoli1860 »

Francesco Baino ha scritto: 20 marzo 2025, 12:19 immaginando l'eccesso di un grano
Questo è solo un frammento, quindi vai a sapere com'era fatto il documento originario, ma rimane comunque un altro piccolo UFO (nel senso che, mettendolo in collezione, non si saprebbe bene quale didascalia si potrebbe scrivergli sotto).
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Napoli1860
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Re: Splendori e miserie di un 50 grana

Messaggio da Napoli1860 »

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E a proposito di contestualizzazione storica di questo oggetto - perché, ricordiamolo, nulla ha senso di per sé, ma tutto può acquistare un significato solo se inserito in un contesto opportuno - avete visto a chi è indirizzata?

A Pasquale de Virgilii!

Cosa? Come dite? Non sapete chi è Pasquale De Virgilii? Beh, dovreste :-))

https://aldiquadelfaro.blogspot.com/202 ... onica.html

(e, per carità, è solo una congettura basata sul nulla, ma non sarei affatto meravigliato se il mittente abbia pensato: "oh, sto scrivendo a Pasquale De Virgilii, la lettera gli sarà recapitata comunque, qualunque francobollo gli metto, e perciò gli metto proprio il minimo")
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Francesco Melone
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Re: Splendori e miserie di un 50 grana

Messaggio da Francesco Melone »

Napoli1860 ha scritto: 20 marzo 2025, 12:45
Francesco Baino ha scritto: 20 marzo 2025, 12:19 Buongiorno a tutti,
mi inserisco in questa interessantissima discussione e vi ringrazio per tutti i contributi. Al di là degli apsetti legati all'annullo, come si può giustificare la tariffa? Essendo una assicurata, l'affrancatura radoppia il "costo base"; immaginando l'eccesso di un grano, si avrebbero quindo 54 grana, e la tariffa base è 27 grana. Come giustificarla?
Esatto. E' la mia stessa perplessità. O la tariffa era 54 grana (il doppio di 27 grana, ma.. cos'era 27 grana in termini tariffari? e - poi - perché arrotondarla?) oppure... boh?!?
Cari amici,
vorrei sottoporre alla Vostra competente attenzione, oltre naturalmente a quella degli illustri studiosi che frequentano il Forum, quelle che seguono che sono solo alcune mie riflessioni, frutto di alcune differenti interpretazioni che, a loro volta, hanno espresso gli eminenti studiosi che citerò.
Una sola cosa a me sembra di poter affermare con sufficiente certezza: alla data della lettera in questione non si applicavano più le vecchie disposizioni tariffarie che prevedevano il raddoppio della tariffa in caso di lettera assicurata e, pertanto, tra gli altri elementi da tenere in considerazione, non si può prescindere dalla valutazione della data per tentare di comprendere i cambiamenti nel frattempo intervenuti.
Sto elaborando da tempo e spero di pubblicare appena possibile un mio lavoro di valutazione e congruità tariffarie delle lettere di mia conoscenza affrancate con il 50 grana del Regno di Napoli e Province. Non sempre, infatti, risultano attendibili le valutazioni descrittive delle case d’asta nel proporre tali affrancature, che spesso vengono indicate in modo non sempre chiaro e talvolta possono trarre in inganno un acquirente incauto, così come non lo sono le possibili spiegazioni di alcuni studiosi che, per quanto autorevoli, affermano che alcune presunte manipolazioni siano da ritenersi come le uniche possibili e sufficienti a motivare il loro giudizio.
Tale lavoro non ha alcuno scopo se non quello di fornire a collezionisti e studiosi utili elementi di riflessione prima di procedere ad un acquisto o ad una valutazione di affrancature così importanti, verificandone comunque la coerenza con la tariffa vigente per quella determinata affrancatura, la presenza del numero dei porti manoscritta, che non è l’unico elemento da considerare, facendo opportuno riferimento non solo a questo, ma a tutti gli elementi che devono essere tenuti in considerazione, che comprendono la valutazione sia delle tariffe vigenti all’epoca di tali affrancature sia delle tassazioni con l’affrancatura proposta, per verificare la coerenza o meno di entrambe con le normative vigenti, ed anche la presenza o meno del numero dei porti manoscritto, che, a volte, non era necessariamente indicato dall’ufficiale postale. L’assenza dell’indicazione del numero dei porti deve essere infatti considerata solo una premessa importante e necessaria nella valutazione preliminare dell’affrancatura, ma non indispensabile, per stabilire che una lettera di quel determinato porto sia stata manipolata o meno.
Ci sono altri casi che presentano dei dubbi di interpretazione tariffaria o controversie interpretative della dubbia manipolazione dell’affrancatura.
E’ importante conoscere inoltre anche le tariffe di tassazione che talvolta non sempre sono state applicate correttamente, come nel caso di alcune lettere descritte.
Per quanto detto, prima di affermare con assoluta certezza il presunto tipo di manipolazione, è necessario osservare tutti gli elementi dei documenti oggetto d’esame prima di trarre conclusioni che, ad un’analisi più attenta, potrebbero rivelarsi errate.
E’ indispensabile verificare dunque la coerenza di tutti gli elementi disponibili per la valutazione dell’affrancatura in esame e non solo soffermarsi su uno solo di tali elementi.
Questo mio lavoro, una volta completato, non avrà naturalmente la pretesa di essere esaustivo in questo senso e sarò molto grato pertanto a chiunque vorrà fornirmi poi ulteriore documentazione oltre a quella riportata.
Ciò premesso, traendole da tale lavoro ancora provvisorio, ma da cui si può percepire lo spirito con cui è stato concepito, illustrerò dapprima le immagini di alcune lettere assicurate affrancate con le descrizioni tariffarie secondo la normativa vigente prima che avvenisse il loro cambiamento, poi la spiegazione di tale cambiamento tariffario effettuata da Mario Mentaschi in un suo articolo pubblicato sul Vaccari Magazine e quindi la descrizione della lettera diretta a Lucera, dalla dubbia interpretazione, riferendomi alla spiegazione del suddetto studioso, di cui ai rispettivi allegati.
Sono necessarie alcune indispensabili premesse.
Come è noto, al regime borbonico successe nel 1860 quello luogotenenziale. Uno dei primi provvedimenti emanati dal Luogotenente Generale Farini fu il decreto n. 155 del 6 Gennaio 1861, relativo alla riorganizzazione dell’amministrazione provinciale delle poste napoletane, e quello n. 156, in pari data, riguardante il servizio postale. Questo decreto si richiama a diverse leggi e decreti in vigore nelle province “dell’alta Italia” e, tra l’altro, alla legge del 18 Novembre 1850 n. 1108, a quella del 9 Aprile 1854 n. 1697 (che prevedeva l’abrogazione di alcuni articoli della legge del 18 Novembre 1850 sulla tassa delle lettere e sostituzione di altri articoli) e al decreto del 23 Ottobre n. 1859 n. 3700.
Che cosa prescrivevano queste leggi?
Il pagamento di un diritto fisso oltre la tassa progressiva fissata per le lettere ordinarie. Affrancatura preventiva, quindi, più un diritto fisso di centesimi 40, fissato dal decreto del 1859; se con ricevuta di ritorno, altri 20 centesimi. Prima dell’entrata in vigore della legge 5 Maggio 1862 sulla riforma postale, quindi, le lettere raccomandate andavano soggette al diritto fisso di 40 centesimi. Nelle Province emiliane, toscane e siciliane, (quest’ultime dal 1 Giugno 1861) questo diritto fu di 25 centesimi. Nelle Province napoletane, invece, dove erano rimaste in vigore le precedenti tariffe borboniche, il diritto fisso di raccomandazione per una lettera semplice avrebbe dovuto essere di 4 grana (il doppio della normale tassa), ossia 16 centesimi circa.
Che cosa prescriveva invece il decreto luogotenenziale n.ro 156 all’art. 2 ?
“Tutte le tariffe sancite dalle leggi e decreti predetti (quelli dell’alta Italia, per intenderci) saranno in vigore dall’epoca suddetta in queste province, colla sola differenza che la tassa…delle province napoletane è mantenuta conforme all’ultima tariffa, cioè in moneta napoletana di grana due per ogni porto semplice…”
La tassa…e non il diritto che era di 40 centesimi.
E ancora: “Art. 3 – sino a tanto che non sarà messa in corso la moneta italiana in queste province meridionali, le tasse applicate alle lettere verranno nelle province napoletane esatte sulla base di cinque grana per centesimi venti italiani e così via”. Quindi la lettera semplice: 2 grana, quella semplice raccomandata: 2 grana più il diritto fisso di 40 centesimi (10 grana), in totale 12 grana; con ricevuta di ritorno ulteriore diritto fisso di 5 grana; la lettera assicurata: oltre la tassa ordinaria, un diritto proporzionale di 25 centesimi (6 grana) per ogni cento lire o frazione.
Anche l’esame del testo di Sirotti-Colla indica che il diritto di assicurazione era determinato nella misura fissa di 10 grana, anche se in questo testo si legge che talvolta era applicato nella misura di 4 grana nei mesi di Marzo e Aprile 1861, mentre Mario Mentaschi in un articolo sul Vaccari Magazine n. 14 asserisce che il diritto di assicurazione era determinato nella misura fissa di 4 grana, indipendentemente dall’epoca dell’affrancatura.

Prima parte:
Descrizione dei piani tariffari per lettere inviate all’interno del Regno.

Come indicato da Mario Mentaschi, in base alla convenzione postale franco-borbonica entrata in vigore il 1 Gennaio 1854, i piani tariffari previsti per le varie destinazioni, salvo diversa indicazione, erano i seguenti:
La tariffa per l’invio delle lettere all’interno del Regno, a partire dalla prima data d’uso dei francobolli napoletani (2 Gennaio 1858) prevedeva una tariffa uniforme che dipendeva o dal volume o dal peso, quando queste lettere venivano inoltrate via di terra che era di 2 grana per lettere di 1 foglio e di 4 grana per lettere di due fogli, progredendo poi in rapporto al peso per lettere più voluminose, in ragione di 1 grano per ogni ulteriori 5 trappesi (1/6 di oncia circa 4,3 grammi). Le lettere di un’oncia pagavano 8 grana, quelle di due once pagavano 16 grana, quelle di tre once pagavano 24 grana e così via, mantenendo sempre la progressione intermedia di 1 grano per ogni ulteriori 5 trappesi di peso. Le suddette tariffe si applicavano anche alle lettere spedite con i postali nazionali.
Le tariffe per le lettere via di mare inoltrate tramite le diverse compagnie di navigazione, in particolare quelle verso la Sicilia, Genova e Civitavecchia, vengono descritte oltre.
Con la sopradetta descrizione dei due decreti luogotenenziali del 6 Gennaio 1861, venne introdotta a partire dal 1 Marzo 1861 la normativa postale del Regno sardo-italiano, facendo seguito all’istituzione delle Province napoletane, avvenuta il 14 Febbraio 1861, ed entrarono in vigore nuove tariffe in grana che, con il rapporto di cambio di 5 grana = 20 centesimi e di 1 grano = 4,25 centesimi, corrispondevano a quelle delle altre regioni del Regno. Per le lettere scambiate all’interno delle Province napoletane venne disposta la tariffa ridotta di 2 grana per lettera semplice fino a 10 grammi con progressione di 2 grana ogni 10 grammi sino a 50 grammi di peso e di 2 grana per ogni ulteriori 50 grammi. Il diritto di assicurazione era determinato dunque nella misura fissa di 10 grana, o di 4 grana, secondo quanto descritto dall’esame dei testi di riferimento sopra citati.
Per quanto detto, tali decreti luogotenenziali potevano dare adito a diverse interpretazioni tariffarie da parte degli operatori postali dal momento che la data della lettera diretta a Lucera (2 Febbraio 1861) si colloca proprio al centro delle suddette disposizioni tariffarie emanate il 6 Gennaio 1861 e che dovevano entrare in vigore dal 1 Marzo 1861. I cambiamenti tariffari spesso hanno dato luogo a differenti interpretazioni della corretta affrancatura da applicare da parte degli addetti postali ed è proprio per tale motivo che sono poco propenso a credere che la lettera in questione sia stata oggetto di manipolazione o sia stata affrancata in frode.
Naturalmente quelle esposte, come detto all’inizio, sono solo alcune riflessioni che sottopongo alla Vostra attenzione e competenza per l’eventuale segnalazione di altri elementi che a me possono essere sfuggiti.
Ringrazio quindi chiunque voglia intervenire e porgo cordiali saluti.
Francesco Melone
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Antonello Cerruti
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Re: Splendori e miserie di un 50 grana

Messaggio da Antonello Cerruti »

FerdinandoM ha scritto: 18 marzo 2025, 23:08 Sono d'accordo con quanto scrive Napoli1860.
E' molto strano che il 50 gr sia stato ruotato rispetto al 5gr.
Secondo me la busta è stata manomessa facendo combaciare la scritta "Annullato" a cavallo dei due francobolli.
A mio avviso l'affrancatura non è autentica e potrebbe trattarsi di una frode.
Ho provato a fare una verifica partendo dall'immagine iniziale. (Vedi foto 1)
Ho poi fatto combaciare un fb da 50 gr in modo da avere la dimensione esatta del bollo "Annullato". (Vedi foto 2)
Quindi ho inserito il bollo "Annullato" sull'immagine iniziale per verificare la corrispondenza delle lettere del bollo. (Vedi foto 3)
Come si può vedere i due bolli "Annullato" hanno una leggera differenza. Quello originale è più largo rispetto a quello impresso sulla busta in discussione. Lo si può notare soprattutto nella posizione della lettera T, ed ecco perché, come ha osservato Napoli1860, manca la prima L di "Annullato".
Per verifica ho fatto la stessa operazione con un altro differente bollo "Annullato" e come si può vedere anche in questo caso la lettera T non è allineata con quella del bollo sulla busta. (Vedi foto 4) Ciao:
Chi ha avuto modo di sollevare appena il margine del 50 grana vicino al 2 grana, mi assicura che sotto si vede parte
dell' ANNULLATO.
Cordiali saluti.
Antonello Cerruti
Napoli1860
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Re: Splendori e miserie di un 50 grana

Messaggio da Napoli1860 »

Ringrazio anzitutto il Dottor Francesco Melone, per aver dedicato tempo e ingegno alla scrittura di questa ammirevole pagina di forum, che per estensione degli argomenti, profondità di analisi e chiarezza d'esposizione penso che rimarrà "di riferimento" - d'ora in poi - per chiunque voglia discutere di Storia postale napoletana; con l'auspicio di poter quanto prima consultare l'originale opera sui 50 grana in cui è impegnato, e l'augurio dei migliori successi.
Francesco Melone ha scritto: 26 marzo 2025, 18:15 Naturalmente quelle esposte, come detto all’inizio, sono solo alcune riflessioni che sottopongo alla Vostra attenzione e competenza per l’eventuale segnalazione di altri elementi che a me possono essere sfuggiti.
Ringrazio quindi chiunque voglia intervenire e porgo cordiali saluti.
Nel merito, riassumerei così il mio pensiero.

Ci sono i regolamenti postali da un lato, e ci sono gli uomini chiamati ad attuarli dall'altro. Come a dire: c'è la teoria e c'è la pratica, e tra le due cose - tra teoria e pratica - si creano talvolta delle fratture, in filatelia e non solo, anzi direi un po' dappertutto, in qualunque campo di studio.

L'intervento di Francesco Melone, poi, chiarisce un altro aspetto, che può sembrare specifico della filatelia, ma che in realtà - anche qui - si riscontra anche in altri ambiti di studio: la stessa teoria, talvolta, diventa vaga, sfuggente, mi spingo a dire ambigua.
Francesco Melone ha scritto: 26 marzo 2025, 18:15Per quanto detto, tali decreti luogotenenziali potevano dare adito a diverse interpretazioni tariffarie da parte degli operatori postali dal momento che la data della lettera diretta a Lucera (2 Febbraio 1861) si colloca proprio al centro delle suddette disposizioni tariffarie
Viene quindi meno - o comunque non è più così stabile come si vorrebbe - quel punto di riferimento per valutare lo specifico oggetto sottoposto alla nostra attenzione (o se preferite, è come se lo strumento usato per effettuare una misurazione, anziché fisso e immutabile, fosse esso stesso soggetto a delle deformazioni).

Come raccapezzarsi, in questo guazzabuglio? Non saprei dire, sinceramente, ma forse può essere utile ricordare un'ovvietà: noi siamo collezionisti, cioè siamo persone che passano al setaccio una marea di oggetti, per stabilire quali siano degni di entrare in collezione e quali no (osservo, incidentalmente, che l'espressione ricorrente "la filatelia è come il maiale, non si butta via nulla" è tipica dei commercianti, e - lasciatemi dire - di commercianti un filo autolesionisti, che assimilano sé stessi a dei macellai - con tutto il rispetto per i macellai, ci mancherebbe - e i francobolli a della carne di porco, che non mi sembra esattamente una strategia di marketing tra le più geniali; per i collezionisti, al contrario, in filatelia si butta tanto, tantissimo, quasi tutto avrei voglia di dire, prova ne sia che spesso, in cataloghi di migliaia di lotti, non se ne riesce a trovare neppure uno di proprio interesse).

Dunque, dicevo, di fronte a un mondo spesso caotico, rumoroso, contradditorio e illogico, la basilare misura di profilassi è nel rigore del criterio di filtraggio per i pezzi che devono entrare in collezione. A prescindere che si esponga o no, ogni collezionista dovrebbe sempre immaginare una didascalia - una narrazione, una spiegazione - sotto i pezzi che porta in collezione, e la collezione sarà tanto più di valore (sul piano filatelico) quanto più accurate, precise ed esaustive saranno le didascalie.

Volendo ridurre l'idea a uno slogan: una collezione vale tanto quanto la qualità delle sue didascalie.

Se per scrivere una didascalia - con cui dare un significato all'oggetto - devo iniziare a formulare congetture su congetture, se ciò che si osserva lo devo imputare a eventi che non potranno mai essere né convalidati né smentiti, se - insomma - trasferisco il rumore del mondo caotico (degli oggetti esistenti) dentro ciò che dovrebbe essere un mondo ordinato (della collezione) allora vengo meno al precetto base dell'atto collezionistico: portare ordine (concettuale) in una realtà disordinata.

Ovviamente - a un certo livello - non sarà sempre possibile evitare del tutto congetture e supposizioni, ma l'importante è che a ogni momento se ne abbia il sostanziale controllo.

Mostrerò in altro topic un oggetto che - credo - rende bene l'idea, e l'occasione sarà anche favorevole per rispondere ad alcuni forumisti che hanno postato i loro begli oggetti, ma prima... devo riprendermi del tutto dal fuso orario! :ko:
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