Tergesteo ha scritto:Solitamente, l'onere della prova sta a chi afferma.
Potremo studiare gli annulli dei primi giorni di Milano del giugno 1850 per anni, senza trovarne uno che ci consenta di affermare che venne usato un secondo tipario oltre a quello solito con l'1 sopra la I di GIU(gno). Ma si potrà sempre replicare che questo secondo annullo esiste.
Se nel catalogo della vendita "Italia", fosse già scritto in partenza che trattasi di un secondo annullo tipologicamente diverso dal solito e se il certificato di Ferchenbauer contenesse una prova inoppugnabile della sua esistenza (una lettera con testo datato, per esempio), allora tutto si chiarirebbe.
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Benjamin
Concordo con Benjamin,
non c'è campo professionale dove ci si accontenta di semplici asserzioni o di dimostrazioni a metà dove non si esibiscono le prove.
Mi sembra inoltre che l'atteggiamento del perito non sia perfettamente in linea con i dettami relativi alle certificazioni dell'AIEP (di cui è membro):
<<On issuing such “A.I.E.P. Certificates”, the expert is obliged to use his utmost care. Under no circumstances must such certificates be issued for items which, in the opinion of the expert, may be open to even the slightest doubt, controversy or possible misinterpretation.>>
http://www.aiep-experts.net/cms/index.p ... &Itemid=30
Tutti possono sbagliare: si considerano alcuni elementi e li si assume come punti di forza della propria dimostrazione, e si dà magari un minor peso ad altri; una controperizia potrebbe ribaltare la dimostrazione.
Per il francobollo in questione sono stati evidenziati elementi sufficienti a inficiare il certificato del perito (o quanto meno a dimostrare che la perizia non è incontrovertibile).
Poco importa che il perito sia un esperto di fama internazionale: gli Italiani ricordano bene il caso - per citarne uno fra i tanti - delle false teste di Modigliani autenticate da Giulio Carlo Argan...
Amedeo