La
chiesa di Sant'Aponal che si affaccia sull'omonimo campo.
A Rialto.
Il campo ed il rio, che è stato interrato (tombato) negli 1844-45
diventando un rio terrà, prendono il nome dalla chiesa dedicata a
Sant'Apollinare (Sant'Aponal in veneziano), santo vescovo martire
ravennate.
La chiesa, documentata come esistente nel 1360, venne costruita attorno al
1034 da alcune famiglie originarie di Ravenna, tra cui un Alessandro
Scievola (o Scievolo, o Sciavola, o Sievoli o dalle Cevole) che si era
trasferita a Venezia. Alla costruzione della chiesa concorse anche la la
famiglia Rampan (o Rampani) che già da prima abitava in questa zona nei
pressi del ponte Storto.
Il
campo (con il pozzo) e la chiesa di Sant'Aponal nella veduta
"a volo d'uccello" che Jacopo de' Barbari
incise nel 1500. Alle spalle della chiesa (a destra
nell'immagine) si nota il rio di Sant'Aponal che verrà
interrato sotto la dominazione austriaca negli anni 1844-45.
Nel XV secolo venne costruito (o ricostruito) il campanile: sulla cella
campanaria è affissa una lapide, non del tutto leggibile, dalla quale si
può capire che fu fatto fare nel mese d'ottobre 1407 («MCCCCVII MS OCTOBR»),
quando era parroco Francesco Pavoni («FRĀCISCI D PAVOĪB S
PLEBAT E S. APOLIĀRI») e procuratore Francesco Faletro («S.
APOLIĀRI FRĀCISCI FALET° PCVRATOĪS»).
Aiuta a leggere questa lapide la trascrizione che fu fatta fare su pietra
nel 1791 dall'allora parroco Angelo Inchiostro.
Il parroco Marco Piacentini continuò nell'opera di restauro e
ricostruzione della chiesa, rinunciando ad un terzo dei proventi che gli
spettavano come piovano, che destinò alla chiesa, pagando inoltre di
tasca propria tanti altri lavori.
Nel 1467 venne modificata la parte terminale del campanile bizantino con
l'aggiunta del tamburo ottagonale sulla sommità, aggiunta che vediamo
fedelmente riprodotta nella veduta del de' Barbari che data 1500.
Ma la fabbrica, nonostante i restauri, risentiva di tutta la sua età:
Marco Antonio Cocci, detto il Sabellico (circa 1436-1506) ne parla come di
una chiesa vecchia e malandata, «locum vetustate confectum aurea testudine
tesselatoque pavimento».
La
Croce gotica della facciata della chiesa di Sant'Aponal.
Oggi
non vediamo più quella vecchia costruzione: infatti la chiesa venne
sottoposta ad un radicale restauro, praticamente una rifabbrica, attorno
al 1583: ne testimonia l'anno un'iscrizione incisa sotto la grande croce
gotica della facciata:
«RESTAVR.M
MDLXX
XIII»
Della vecchia fabbrica rimangono soprattutto le decorazioni marmoree che
oggi si trovano sulla facciata: sotto le antiche guglie che coronano la
parte superiore, con all'interno figure di Santi, si vede prima di tutto
la citata
croce gotica che mostra in rilievo Gesù sulla Croce, in alto San Pietro e
sul braccio orizzontale la Madonna (a sinistra) e San Giovanni (a destra).
Sul piede della Croce un personaggio che regge un cartiglio che ci
rivela il suo nome in carattere gotico: «S. IONAS . PRF», cioè il Profeta Giona.
La tradizione infatti sostiene che in questa chiesa si conserva il corpo
del Profeta: «ex antiqua hujus ecclesiae traditione quiescere dicitur in
ea corpus s. Jonae prophetae; cujus deductio unde et quando peracta sit
ignoratur: venerandum ejus caput ad aram lateralem marmoro loculo
includitur, reliquia vero lipsana ignoto loco recondita latent cujus
memoria vel ex temporum injuria, vel ex virorum desidia ommino deperiit».
Anche Francesco Sansovino (1521-1586) ricorda che questa chiesa era «...veneranda
per il corpo di Iona Profeta collocato fuori del coro sopra l'Altare».
Al di sotto della croce, e sopra l'iscrizione con la data, è
visibile, a ricordare il vescovo Apollinare, un pastorale con sovrapposta
la mitria.
Sotto la finestra circolare è collocata una Madonna entro una
cornice parzialmente frantumata. Una scritta in gotico recita: «AVE ·
MARIA · GRATIA · PLENA».
Il
gruppo scultoreo sopra il portale della facciata della chiesa di
Sant'Aponal.
La
Madonna sulla facciata di Sant'Aponal.
Più complessa è la storia del gruppo marmoreo sopra il portale
d'ingresso della chiesa (e sottostante l'immagine della Madonna): Giulio
Lorenzetti (1886-1951) lo liquidava come «"Cristo in croce, Santi
e rilievi" con "Scene della vita di Cristo" (1294?), di
ignota provenienza». Ma in realtà questa non era la sua originaria collocazione.
Questo complesso di sculture, che come ha osservato lo studioso Rodolfo Gallo (1881-1964)
appartengono a varie epoche ed a differenti stili, decoravano forse i
portali della precedente chiesa. Con la sua rifabbrica verso la
fine del XVI secolo furono recuperate e collocate sulla parete
absidale esterna che si affacciava sul rio di Sant'Aponal, oggi rio
terrà.
Una fotografia di Carlo Naya (1816-1882) ci mostra proprio questo gruppo
quando era collocato sulla parete posteriore della chiesa, in posizione elevata.
Lo
stesso gruppo quando era collocato sulla parete posteriore
della chiesa.
Una
curiosa croce sulla facciata della chiesa.
Vediamo raffigurate alcune scene: tra i pilieri in cui sono inseriti Gesù
alla colonna (a sinistra) e Gesù che porta la croce (a destra), c'è la
figura di Gesù Cristo crocifisso, con a sinistra ancora Gesù stesso con
la corona di spine e a destra Maria. Sopra l'arco gotico che chiude
superiormente la composizione troviamo al centro il Padre Eterno con ai
lati Maria (a sinistra) e San Giovanni (a destra).
Sotto due scene: Gesù che prega nell'Orto degli Ulivi e più sotto ancora
Gesù che appare agli Apostoli con San Tommaso che mette il dito nel
costato.
In quest'ultima raffigurazione è inserito un cartiglio con l'anno: «CCMLXXXXIIII»,
ovvero 1294. Questa data però non si riferisce a tutte le sculture che
compongono il gruppo, essendo alcune di epoca certamente posteriore.
Il
cartiglio con l'anno 1294.
Restando ancora sulla facciata, dobbiamo ricordare che per accedere alla
chiesa una volta si doveva passare per un peristilio che poggiava con
quattro colonne sul pianerottolo davanti alla porta.
Lo poté vedere Giacomo Guardi (1764-1835) che lo raffigurò in uno
schizzo che rappresenta il campo Sant'Aponal, mentre Emmanuele Antonio
Cicogna (1789-1868) nel 1830 scriveva «...da non molti anni si è levato pure un
antico peristilo...».
Nello
schizzo di Giacomo Guardi si può notare il peristilio
all'ingresso della chiesa di Sant'Aponal.
Possiamo ipotizzare che il peristilio possa essere stato costruito nel
1583. Infatti il 5 settembre di quell'anno il Capitolo concede a Battista
e Pietro Ballarini, figli del fu Donato, ed ai loro successori, uno spazio
nel campo fuori del portone principale per la loro tomba di famiglia «...ed
erigano il Capitello fuor di essa porta». Il capitello cui si fa
cenno potrebbe essere proprio il peristilio.
Sul lato destro della facciata, ad altezza d'uomo, si trova un'inserzione
di pietre che formano una croce: alcuni vogliono vedere in questa croce un
simbolo intenzionale dei Templari. Noi invece la vediamo solo come una
curiosità.
Con la caduta della Repubblica prima e con l'arrivo dei francesi poi, a
seguito delle soppressioni napoleoniche delle confraternite religiose nel
1806,
furono indemaniati i beni delle Scuole che facevano capo a questa chiesa.
Il 18 settembre 1810, all'epoca della seconda concentrazione delle chiese
veneziane, la parrocchia di Sant'Aponal venne soppressa e la
chiesa chiusa.
Cominciò quindi la consueta opera di saccheggio: demolita la cupola
posteriore, quello che ne risultò fu venduto come materiale da costruzione
il 27 maggio 1811; il 5 giugno 1813 un tale Giacomo Florian acquistò il
pergamo per la chiesa di San Biagio di Lendinara (Rovigo) che in quegli
anni era in ricostruzione.
L'8
luglio 1813 Giovan Battista Cavallini acquistò per 262 lire la pala del
"Cristo morto sul monumento con le Marie" di Jacopo Palma il
Giovane (circa 1548/50-1631).
Oltre a questa, altre tele andarono vendute
e disperse, come la "Battaglia di Costantino e Massenzio" «...dove
si vede la Croce in aria, con un Angelo; opera così rara, che fa stupire
chi la mira...» di
Alvise dal Friso (1544-1609), data in deposito il 10 giugno 1839 alla
chiesa di Santorso di Schio e da dove si sono poi perse le tracce.
L'"Elezione episcopale di San Gottardo", dello stesso autore, fu
assegnata nel 1852, assieme ad oltre un centinaio di altre opere, alla diocesi di
Leopoli (oggi L'viv in Ucraina) e destinata «...alle chiese povere della
Bucovina...»: ormai deve ritenersi perduta, forse anche a seguito degli sconvolgimenti che ha
attraversato quella regione durante la Prima Guerra Mondiale.
La "Madonna del Carmelo con le anime del Purgatorio" di
Giambattista Tiepolo (1696-1770) finì sul mercato
antiquario, dove venne acquistata dalla Soprintendenza di Milano ed è
oggi custodita nella Pinacoteca di Brera.
La
"Madonna del Carmelo con le anime del Purgatorio" di
Giambattista Tiepolo, oggi alla Pinacoteca di Brera, si
trovava originariamente nella chiesa di Sant'Aponal.
La chiesa possedeva pure un reliquiario gotico che racchiudeva una spina
della Croce di Cristo. Nell'elenco delle reliquie possedute dal sacerdote
Guglielmo Wambel (1795-1847) e da questi donate ai Frati Minori
Conventuali, che in quel periodo (1835-1867) si erano in parte trasferiti
presso la chiesa di San Tomà, leggiamo infatti di un «Reliquario di
metallo dorato con croce circondata da corona spinea di metallo argentato
con piede di metallo dorato di forma gottica - contiene in cilindro
cristallino una Spina di Gesù Cristo posata sopra base di metallo
argentato. (Apparteneva alla soppressa Chiesa Parrocchiale di S.
Apollinare Venezia)». Dove sia andata a finire, come tante altre di
quelle reliquie, non lo sappiamo.
In
questa vecchia foto è visibile il monumento funebre a Vettore
Cappello, proveniente dalla chiesa di Sant'Elena, che adornava la porta d'ingresso di quella di
Sant'Aponal.
Svuotata
del tutto, la chiesa di Sant'Aponal venne variamente utilizzata: nel 1812
Venezia era stata sottoposta al blocco navale da parte della marina
inglese; quell'inverno fu inoltre terribile mettendo a repentaglio il
futuro raccolto; in aggiunta il Friuli fu devastato da un terremoto: c'era
la carestia in città. Così il podestà Bartolomeo Girolamo Gradenigo
chiese al direttore del Demanio Antonelli la consegna temporanea di sei
edifici per installarvi dei molini a mano per sopperire in qualche modo
alle necessità alimentari della popolazione: uno di questi edifici fu
proprio questa chiesa che divenne, provvisoriamente, un molino.
Successivamente la chiesa «...servì a ricovero notturno di poveri,
poi ad officina da magnano [fabbro- N.d.R.] e falegname, poi a
magazzino di mobilie, e carcere per detenuti politici, e deposito di
sfaciture, e spaccio di carbone...». Un certo David Zacuti la usava
come bottega per svolgere la propria attività di rigattiere: furono
aperte quattro finestroni rettangolari, ancora esistenti, per illuminarne
l'interno senza che nessuno si preoccupasse che in questo modo si alterava
la volumetria della facciata.
A titolo di curiosità, ricordiamo fino agli ultimi anni del Novecento il
campanile della chiesa affittato come magazzino del negozio di frutta e verdura
esistente nel campo.
Nel 1840 la chiesa venne messa all'asta per 8.400 lire austriache come
bene demaniale «rovinoso», e quindi con la prospettiva della
demolizione. Venne acquistata da un certo Angelo Vianello (il Cicogna
però lo chiama Domenico), detto Chiodo.
Questi, il 5 settembre di quell'anno, la rivendette ad una "Pia
Unione pel Riaprimento della Chiesa di S. Apollinare", sorta appunto con l'intento di riaprire
la
chiesa, con contratto steso davanti al notaio Baroncelli.
Grazie a tanti contributi ed elemosine, si cominciò a restaurare e
adornare la chiesa.
Degli otto altari originari, ne erano rimasti solo cinque: così come
altare maggiore venne recuperato quello della chiesa soppressa di Santa
Giustina, donato dallo Stato grazie ai buoni uffici del marchese Amilcare
Paolucci, già comandante della Marina Austriaca a Venezia.
Un gruppo di dame veneziane (ricordiamo le contesse Loredana di Gatterburg
Morosini, Teresa di Thurn, Clementina Mocenigo) donò quadri per decorare
le cappelle, alcuni dipinti da loro stesse. Lattanzio Querena (1768-1853)
dipinse un "Martirio di Sant'Apollinare", Giuseppe Borsato
(1771-1849) due affreschi sopra le cappelle laterali ai lati del
presbiterio, Giacomo Bazzani (morto nel 1856), che aveva rilevato
l'attività organaria dai figli di Gaetano Callido, allestì un nuovo
organo dietro rifusione delle sole spese vive.
Fervevano ancora i lavori quando Venezia, insorta agli austriaci nel 1848,
venne stretta d'assedio: il 30 ed il 31 luglio 1849 due palle di cannone
caddero dentro la chiesa danneggiandone il pavimento rifatto. I due punti
esatti furono evidenziati da due inserti di marmo nero a ricordo
dell'avvenimento.
Si volle arricchire la facciata, spogliata anni prima del peristilio.
Grazie all'interessamento del Podestà Giovanni Correr, l'I.R. Comando
della Città e Fortezza di Venezia il 29 settembre 1841 concesse a titolo
di deposito il monumento funebre a Vettore Cappello (1400?-1467) che si trovava nella
chiesa di Sant'Elena, chiusa nel 1806: «Meglio avrebbesi amato di farne
dono ai signori Rappresentanti la pia Unione pel lodevole uso a cui
l'hanno destinato, ma ciò oltrepassando i limiti del proprio potere,
forza si è che li Signori Rappresentanti si compiaciano di rilasciare
all'I.R. Intendenza dei viveri alla quale appartiene l'ex chiesa di St.
Elena, un reversale contenente l'obbligo della restituzione del Monumento
in discorso, se mai dal Militare o Civile Governo fosse reclamato».
A seguito di questa concessione, venne quindi trasportato dalla chiesa di
Sant'Elena il
monumento, opera forse di Antonio Rizzo
(1430?-1499?), dove il Capitano da Mar appare inginocchiato davanti a
Sant'Elena; Ermolao Paoletti riteneva però che la statua di Sant'Elena
possa essere
di mano di Andrea Bregno (1418?-1503), che con il Rizzo lavorò per lungo tempo nel Palazzo
Ducale.
Più recentemente Anne Markham Schulz ha attribuito l'opera a Nicolò di
Giovanni Fiorentino (ca.1418-1507?)
Con il restauro della chiesa di Sant'Elena e la sua riapertura al culto nel 1929
(venne eretta a parrocchia il 24 dicembre 1930), questo monumento
sepolcrale tornò al suo posto originario per il quale era stato
progettato ed era nato, così a decorare la facciata di Sant'Aponal fu collocato il
complesso scultoreo che, come detto sopra, fino ad
allora si trovava sulla parete absidale posteriore della chiesa.
Un quadro del pittore
americano Ralph Wormeley Curtis (1854-1922), intitolato "Entrance
of little church", mostra la porta d'ingresso della chiesa di
Sant'Aponal sovrastata dal monumento funebre a Vettore Cappello
(cortesia Natasha
Wallace).
L'ingresso all'edificio
delle Scuole.
Alla
fine, la "Pia Unione pel Riaprimento della Chiesa di S. Apollinare" spese complessivamente
80.000 lire italiane.
Si contava di riaprire la chiesa il 23 luglio 1850, in prossimità della
ricorrenza della festa di Sant'Apollinare, ma ciò non fu possibile e la
riapertura come oratorio sacramentale privato avvenne il 16 giugno 1851,
essendo la sede patriarcale marciana vacante, alla presenza
di monsignor Giovanni Antonio Farina (1803-1888), Vescovo di Treviso e
proclamato Santo il 23 novembre 2014.
Con la morte dell'ultimo confratello di quella pia unione di devoti, o con
la cessione delle loro quote, la
proprietà della chiesa passò alla fabbriceria di San Silvestro.
Venne quindi nuovamente chiusa alla metà del XX secolo.
Attualmente è affittata al Comune di Venezia come luogo di deposito e
d'archivio.
In occasione del crollo di alcune scaffalature contenute all'interno,
cariche di faldoni, il portone rimase aperto per qualche ora e qualcuno
riuscì a fotografare lo stato dell'interno. Le foto sono state tratte da
"Lo Stradario di Venezia - Vol. II" di Piero Pazzi, Venezia
2001.
A
sinistra uno scaffale crollato davanti all'altare maggiore, a
destra faldoni sopra (e davanti) ad un altare laterale.
A fianco della chiesa, all'imboccatura della calle del Campaniel, vediamo
un edificio dove tra due finestre dell'ultimo piano si scorge un bassorilievo che
rappresenta i quattro Santi Coronati. Sotto la data «M . DC . LII» e
sotto ancora su due righe
«SCOLA DI
TAGIAPIERA».
La Scuola riuniva gli scalpellini, lapicidi (detti anche tajapiera)
e per un certo tempo anche gli
scultori. Venne istituita nel 1307 ed era ospitata nella chiesa di San
Giovanni Evangelista dove possedevano un proprio altare. Per entravi a far
parte bisognava superare una prova d'arte che consisteva nello scolpire
una base attica, iniziando dal disegno preparatorio fino all'opera
compiuta su pietra.
I
quattro Santi Coronati, protettori dei "Tajapiera".
Nel 1515 lasciarono San Giovanni Evangelista per trasferirsi in questo
edificio a Sant'Aponal, nella cui chiesa ottennero nel 1602 di avere una
tomba di fronte al proprio altare dedicato ai quattro Santi Coronati. La
pala d'altare rappresentava naturalmente i quattro santi ed era
stata dipinta da Andrea Schiavone (circa 1515-1563).
I quattro Santi sono ricordati con i nomi di Sinforiano, Claudio,
Nicostrato e Castorio: erano degli scalpellini, o scultori convertiti al
cristianesimo, i quali si erano rifiutati di scolpire per l'imperatore
Diocleziano la statua di una divinità pagana, e per questo motivo furono
messi a morte; sono detti "coronati" perché con il loro
sacrificio ricevettero la corona del martirio.
Particolare
di palazzo Molin, poi Cappello, a Sant'Aponal con la presa d'acqua
per i vigili del fuoco.
Al
piano terra, nei locali oggi occupati da un'attività commerciale, c'era
la sacrestia. Ma qui in tempi più antichi deve essere stata ospitata la Scuola
dei pistori.
Si potrebbe dedurre da una scritta che si legge all'esterno, incisa
sull'architrave di una balconata che fa quasi da vetrina a fianco della porta d'ingresso.
Un'iscrizione
relativa all'Arte dei Pistori che prosegue, con un'aggiunta
sullo stipite della porta adiacente.
Nell'epigrafe si legge:
«NEL TEMPO . D . SER . ZVANE . DE . LOVI . PISTOR
. A . S . APONAL
GASTALDO E COMPAGNI . M . D . VIII . ADI . II . DE .
MARZO»
C'è una curiosa aggiunta eseguita quando l'iscrizione era già stata
completata. E' stata fatta sulla pietra dello stipite della porta a
destra; dovrebbe venir letta dopo la parola «S . APONAL»; recita:
«DE LA PAROCCHIA DE S. SILVE» (cioè S. Aponal della Parrocchia
di San Silvestro).
Ma questo edificio ha ospitato, dal 1394, anche l'Arte degli spezieri da grosso che
comprendeva i fabbricanti di confetti, i venditori di cere, i droghieri, i
raffinatori di zucchero ed i venditori di olio di mandorle, a cui si
dovevano aggiungere i mandolèri che potevano vendere questi generi.
Emmanuele Antonio Cicogna (1789-1868) riuscì a vedere una figurina
rappresentante San Gottardo ed all'interno, per salire al piano superiore,
delle lastre sepolcrali che recavano un'abbreviazione gotica che stava ad
indicare il medesimo santo che era protettore dei mandolèri. A
Sant'Aponal esisteva una Scuola di devozione che si riuniva per le proprie
funzioni attorno all'altare innalzato a San Gottardo sin dal 1467 ed a
questa si era unita l'Arte dei mandolèri nel 1675.
La chiesa di Sant'Aponal ha anche una porta secondaria che conduce ad una
piccola corte collegata alla calle de l'Ogio, detta de la Rugheta. Questo
spazio è stato privatizzato ed è sempre chiuso da un cancello, seppure
all'interno goda dell'illuminazione pubblica!
La
lapide che ricorda l'interramento del rio che esisteva dietro
alla chiesa di Sant'Aponal.
Il rio terrà Sant'Aponal è il risultato dell'interramento, avvenuto nel
1844-45, di un rio che si chiamava rio del Fontego, per la sua vicinanza
con il pubblico fontego (magazzino) della farina istituito per la
prima volta nel 1178 dal Doge Orio Mastropiero (prima metà XII
secolo-circa 1192).
All'incrocio tra il rio terrà e la calle de l'Ogio, detta de la Rugheta,
sul luogo dove esisteva il ponte de l'Ogio che scavalcava il rio prima che
venisse interrato, su un pilastro d'angolo si notano le insegne vescovili
riferite al Santo Vescovo Apollinare.
Riccioli di un
pastorale ed una mitria vescovile, oltre ad un'iscrizione, riferibili
al vescovo Apollinare, su due facce del pilastro angolare tra
il rio terrà e la calle de l'Ogio.
Sul lato verso il rio terrà è visibile la mitria ed il ricciolo finale
di un pastorale che termina con una foglia trilobata; sul lato verso la
calle de l'Ogio, probabilmente esisteva ugualmente l'immagine della
mitria, poi cancellata. In più ci sono dei resti di un'iscrizione
riferibile a Sant'Apollinare vescovo della quale, dalla strada, siamo
riusciti a leggere qualche frammento di parola, incisa in gotico: «SIGNI
SAN · T ·... APO NE ...S».
Proseguendo per il rio terrà si incontra il palazzo Molin, poi proprietà
dei Cappello, dove nacque ed abitò fino all'età di quindici anni Bianca Cappello,
destinata a diventare Granduchessa di Toscana andando in sposa a Francesco
I de' Medici. Un piccolo approfondimento su questa storia è raccontata in
questa
paginetta.
Alcuni frammenti lapidei del cinquecentesco palazzo Molin sono ancora oggi
osservabili, seppure maltrattati dall'indifferenza di chi ha il potere di
mettere le mani sulla città.
Non doveva essere difficile trovare un posto meno invasivo per collocare
la presa d'acqua del circuito idrico antincendio, magari spostato di un
paio di metri.
Ed anche far scendere il pluviale dalla grondaia di poco più in là, onde
evitare di passare sopra il frammento cinquecentesco di decorazione.
Un certo pressappochismo e menefreghismo.
Frammento
cinquecentesco di decorazione un po' "maltrattato"
dal pluviale.
A Sant'Aponal abitò, e morì, il pittore Alvise Benfatto, detto dal Friso
(circa 1544-1609), figlio di una sorella del più celebre Paolo Caliari,
detto il Veronese. Si può leggere infatti nei libro dei morti di quella
parrocchia: «1609, 7 ottobrio. ms. Alvise Benfatto pittor, d'anni 65
in circa, ammalato da febbre già giorni otto».
Sappiamo
che nel 1448 abitava a Sant'Aponal un «...maestro Bernardo fenestraro...»
che aveva chiuso con finestre, impiegando oltre 1500 vetri, le absidi
della chiesa di Santa Maria della Carità, oggi Gallerie dell'Accademia.
Nessuna di queste vetrate però è pervenuta fino a noi. Marin
Sanudo (1466-1536) ci racconta un curioso episodio accaduto il 19 dicembre
1510: «Adi 19 fo portato in Collegio un mostro nato qui in Venexia in
campiello di santo Aponal da un povero erbariol, videlicet uno puto et una
puta che si tienevano insieme davanti, videlicet do teste, quatro braxe,
quatro gambe [...] el qual nacque et vixe una hora: sono batezati la
femena Maria el puto Zuane: so portati poi dal Patriarcha et in colegio
serenissimo, et cussì molti andono in caxa a vederli et pagavano uno
soldo et sono imbalsamati. Et, cossa mostruosa, hanno un corpo solo».