Il
ponte di San Marziale davanti all'omonima chiesa.
A Santa Fosca.
Questo toponimo trae origine dalla chiesa dedicata a San Marziale, detta in
veneziano San Marcilian.
Curiosamente lo "Stradario del Centro Storico Veneziano" del
Comune di Venezia del febbraio 2012 prevede per il campo la dizione
"San Marcilian" e per il ponte quella "San Marziale".
In realtà i nizioleti dipinti precedentemente a tale documento
riportano la dizione "San Marziale".
Attualmente
(2016) il "nizioleto" riporta la denominazione
"S. Marziale". Considerata l'evidente sproporzione
tra la scritta e lo spazio del "nizioleto",
verosimilmente ipotizziamo che in precedenza fosse stato
scritto "Campo S. Marziale vulgo San Marcilian".
La revisione del predetto stradario effettuata dal Comune di Venezia nel
2015 ha ignorato l'incongruenza.
Anche per questo motivo, oltre al fatto che la forma dialettale San
Marcilian ci sembra oggettivamente caduta in disuso, noi abbiamo
preferito riferirci alla dizione "San Marziale" che, al momento,
si legge sui nizioleti.
Quest'area, marginale rispetto al nucleo primitivo rialtino, nell'VIII
secolo era ancora paludosa e semisommersa.
Fu merito di una famiglia originaria di Cremona, i Dardani che erano
giunti a Venezia all'inizio di quel secolo (una cronaca riferisce
addirittura l'anno 703), se questa insula venne prosciugata e
bonificata per offrire un'espansione urbanistica alla città che si stava
stabilizzando.
Il
pozzo di campo San Marziale.
La
chiesa di San Marziale (parzialmente nascosta per motivi prospettici
dal campanile di Santa Fosca) nella veduta di Jacopo de' Barbari
mostra il proprio impianto basilicale (sulla destra è ben visibile
la parete absidale).
Si suppone che precedentemente
all'anno Mille qui venisse costruita una chiesetta nel luogo dove in
precedenza esisteva uno squero.
Ma non ne sappiamo molto di più.
Invece nel XII secolo la chiesa venne totalmente rifatta per
interessamento della famiglia Bocchi e nel giugno 1142 risulta dedicata a
San Marziale di Limoges, un Santo del quale non disponiamo di dati storici
sicuri che divenne oggetto di una falsificazione agiografica che presentò
il Santo di Limoges come apostolo di Cristo e di Pietro, che perdurò
almeno fino ai primi decenni del XX secolo.
Il Santo è raffigurato generalmente con abiti episcopali e con il
patorale: è il bastone-pastorale miracoloso che avrebbe ricevuto da San Pietro e con
il quale avrebbe resuscitato Austricliniano, suo compagno di viaggio
durante l'evangelizzazione della Gallia.
La chiesa del XII secolo aveva un impianto basilicale a tre navate, come
ci mostra Jacopo de' Barbari nella sua veduta di Venezia "a volo
d'uccello" riferibile al 1500.
Le dimensioni dovevano essere le stesse della chiesa odierna che
probabilmente fu fabbricata utilizzando le più antiche fondazioni.
Aveva sette altari ed un coro al centro della navata che successivamente,
a seguito delle nuove norme liturgiche dettate dal Concilio di Trento,
venne spostato nel presbiterio.
Alcune pale d'altare non erano di poco conto: un Tiziano (L'arcangelo
Raffaele e Tobia, circa 1530), Jacopo Tintoretto (San Marziale fra San
Pietro e San Paolo, circa 1548-49), Domenico Tintoretto (le portelle
dell'organo), Sebastiano Ricci (varie opere dipinte tra il 1700 ed
il 1705).
"San
Marziale fra San Pietro e San Paolo" dipinto da Jacopo
Tintoretto attorno al 1548-49 per 50 ducati.
Il
Tiziano, che originariamente si trovava nella sacrestia di San Marziale,
oggi è visibile nella vicina chiesa della Madonna dell'Orto.
L'arcangelo
Raffaele e Tobia, di Tiziano Vecellio, dipinto attorno al 1530
per la chiesa di San Marziale, dove si trovava nella
sacrestia. Purtroppo nel passato subì delle ridipinture e dei
restauri che ne compromisero lo stato.
Per quanto riguarda la pala del Tintoretto, dipinta in origine per
l'altare maggiore e poi spostata in occasione della ricostruzione della
chiesa tra XVII e XVIII secolo, pare si tratti del primo lavoro che venne
commissionato al celebre pittore che per questo ricevette un compenso di
50 ducati.
La chiesa, che fu parrocchiale
fino a tutto il 1875, è legata anche ad un curioso episodio che noi
riportiamo semplificando quanto ci racconta lo storico Flaminio Corner
(1693-1778) nel suo "Notizie Storiche delle Apparizioni, e delle
Immagini più Celebri di Maria Vergine Santissima nella Città e Dominio
di Venetia ecc.", Venezia 1761.
Nello Stato Pontificio, nel territorio di Rimini, viveva un giovane pastore
di nome Rustico. In un giorno dell'estate 1286, mentre
sorvegliava il gregge tenendosi al riparo dal sole sotto l'ombra di alcuni
faggi, Rustico vide un tronco, o un grosso ramo, che per bizzarria della natura
assomigliava ad una figura femminile.
Fu così che Rustico si mise in testa di ricavare da quel ceppo
un'immagine della Madonna, sebbene gli unici lavori che avesse provato a
fare fino ad allora fossero stati alcune zampogne e delle scodelle in legno.
Il giovane ci metteva tutta la sua buona volontà ed in qualche modo la
statua cominciava a prendere forma, fino a quando una mattina vide il suo
lavoro sfigurato «...per opera del nemico infernale, che voleva in tal modo
far desistere il divoto Giovine dall'intrapresa».
Ma Rustico non si scoraggiò, ricominciando daccapo, «...ma anche ne'
giorni seguenti trovò nella notte distrutto quanto aveva egli lavorato nel
di antecedente».
La
Madonna delle Grazie conservata sotto una teca di vetro (da cui i
riflessi nella foto) su un altare
della chiesa di San Marziale, tra un gran svolazzo di angeli, a
ricordare quelli che hanno completato la miracolosa immagine.
Un giorno si presentarono davanti al pastore «...due vaghissimi
fanciulli di bianchi lini vestiti...» che saputo quale era il motivo
della sua afflizione, «...cortesemente s'esibirono di compir essi
perfettamente il lavoro». Dopo vari tentennamenti Rustico accettò di
metterli alla prova.
I due giovani sconosciuti, utilizzando i poveri strumenti del pastorello, in
breve tempo perfezionarono la statua ed il volto della Madonna: «...maestrevolmente
(...) essi perfezionarono in breve ora la maestosa faccia della
prodigiosa figura».
I due giovani si rivelarono a Rustico: erano due angeli inviati da Maria,
madre di Dio. Questa era rimasta colpita dalla fede che aveva dimostrato il
pastorello e li aveva inviati per completare quell'opera la cui esecuzione
veniva continuamente disturbata dalla «diabolica invidia».
Comandarono così Rustico a recarsi a Rimini dal Vescovo ed al Governo di
Rimini i quali, per obbedienza al volere divino, avrebbero dovuto porre la
statua su una barchetta senza alcuno a bordo, lasciandola nel mare «...a
disposizione della Divina Provvidenza».
Per i prodigi che la statua andava compiendo (alcune guarigioni miracolose)
i riminesi vollero portare in processione la statua, ma una volta giunti
davanti al porto non ci fu verso di farla proseguire: venne così eseguito
l'ordine divino «...che riposta fosse in una Navicella senza condotta di
uomo, ed abbandonata alla direzione del Cielo».
Alcuni riminesi, «...desiderosi di veder l'esito del prodigioso
viaggio...», con un'altra barca, seguirono la navigazione della barchetta
che prese la direzione verso Venezia, entrò nel porto di Malamocco,
e poi attraverso i canali giunse in città nella Sacca della Misericordia,
vicino all'Abbazia
di Santa Maria della Misericordia in Valverde.
Una
casa con altana in campo San Marziale.
Il
campanile a vela della chiesa di San Marziale è della metà
dell'Ottocento.
Qui
si trovava a chiedere la carità un uomo cieco che teneva in braccio il
figlioletto di sette anni muto dalla nascita. Passata la barca, «...sciolse
miracolosamente per la prima volta la lingua il muto fanciullo...» e
subito dopo anche il padre «...ottenne perfettamente la vista».
I cittadini di Rimini, che avevano seguito la barca con la statua
miracolosa fino alla riva di campo San Marziale, raccontarono quanto era
successo. Il parroco di San Marziale corse dal Vescovo di Castello,
Bartolomeo Querini, il quale ordinò di portare la statua in cattedrale
per collocarla su qualche altare. Ma mentre il parroco si prodigava per
eseguire gli ordini del vescovo, nessuna forza umana riuscì a spostare da
lì il simulacro della Madonna, segno che la volontà Divina voleva che
fosse collocata nella chiesa di San Marziale.
Il che avvenne con gran pompa, alla presenza del Vescovo, del Doge
Giovanni Dandolo, della nobiltà e di grande folla di popolo.
L'attaccamento per questa Madonna fu tale che nel 1296 venne istituita una
Scuola di devozione intitolata a Santa Maria delle Grazie, la quale inviò
a Roma una delegazione per supplicare il Pontefice Bonifacio VIII a
concedere qualche forma di indulgenza per chi avesse impetrato grazie
attraverso questa Madonna. Ma il Papa rigettò la richiesta.
I fedeli veneziani scoraggiati si stavano accingendo al ritorno, quando «...la
Vergine Santissima volendo consolata la loro Fede, apparve di notte tempo
in candida veste col Divin suo Figliuolo fra le braccia al Pontefice, ed
esortollo (...). A tale celeste avviso mutossi il cuore del Papa».
Così alla Scuola di devozione venne concessa la richiesta indulgenza.
Sull'antependium dell'altare sul quale è collocata
l'immagine della Madonna delle Grazie è raffigurata la barchetta
con la statua prodigiosa che naviga tra le acque preceduta da alcuni
angeli.
La
raffigurazione della statua affidata, su una barchetta, alle
acque e preceduta da alcuni angeli.
Sui
due dadi che fanno da base alle colonne che fiancheggiano l'altare sono
raffigurati, da una parte, gli angeli che rifiniscono la sacra immagine
ancora sul tronco di un albero, dall'altra un uomo ed un bambino, su un
ponte che chiedono l'elemosina, a ricordare i primi che ricevettero a Venezia
la grazia dalla Madonna miracolosa.
Tale immagine era talmente tenuta in considerazione, che nei secoli venne
sottoposta a doratura più volte. Quando venne restaurata nel 1958, fu
tolta la pesante crosta dorata che la ricopriva e così il gruppo ligneo
apparve nella sua forma originaria, rappresentativo di una scultura gotica
di inizio Quattrocento, con alcuni riferimenti ancora trecenteschi.
La chiesa di San Marziale venne ricostruita alla fine del XVII secolo e
riconsacrata nel 1721 dal Patriarca Pietro Barbarigo (1671-1725).
A seguito della spoliazione e distruzione della chiesa di Santa Maria dei
Servi e dispersione di quanto contenuto (conseguenza del decreto
napoleonico del 1806) il parroco di San Marziale nel settembre 1810
richiese al Demanio per la propria chiesa un busto in legno della Madonna «...esistente
nella cappella della chiesa dei Servi...» ed una statua di San
Filippo Benizi ed il mese dopo fece richiesta anche delle reliquie che
erano conservate in quella chiesa per darne una degna collocazione. Ma non
venne accontentato (sappiamo che il busto della Madonna venne assegnato
alla chiesa di San Marcuola).
Come abbiamo accennato, San Marziale fu parrocchiale fino a tutto il 1875:
dal 1876 divenne chiesa vicariale di
quella di Madonna dell'Orto che era stata riaperta al culto nel 1868.
L'ultimo
restauro al quale è stata sottoposta risale al 1958.
Attorno alla chiesa di San Marziale sono sorte alcune congregazioni, o
Scuole di devozione, che hanno lasciato alcune tracce nei luoghi
circostanti.
Iscrizione
che segnala la
proprietà della casa dei Convicini di San Marziale (in campo San
Marziale):
«CAXE
· DELI
COVEXINI · DE
S · MARZILIAN»
Iscrizione che segnala
la proprietà della casa dei Convicini di San Marziale (oltre
il rio del Trapolin):
«CAXE DELI
CONVECINI
DE · S · MR ·»
 
San
Marziale benedicente.
Così sono ricorrenti i monogrammi «CSM» (anche sulle grate in
ferro battuto della chiesa), ad identificare la cura e la generosità dei
Convicini di San Marziale nei confronti dell'edificio sacro; inoltre le case
di proprietà della congregazione sono segnalate da iscrizioni.
In campo San Marziale, sotto i barbacani di
una casa, vi è un'iscrizione ormai quasi del tutto illeggibile relativa
alla Scuola della Visitazione, della quale si intravede appena lo stemma:
«MCCCCXXIIII ADI PRIMO DE
LUIO
FO LEVADA STA SCUOLA IN
SOLER IN TEMPO DEL SERENISSIMO
PRINCIPE MISIER FRANCESCO FOSC
ARI SIANDO GASTALDO SIER BORTOLAMIO
LOTO AVICARIO SIER PIERO POLO SCR:
IVAN SIER LUNARDO TRIVISAN ET DE
TUTI I SUOI COMPAGNI 7 C
MDV ADI PRIMO LUIO FO RENOVADA
QUESTA SCHUOLA».
Presto
scompariranno del tutto le parole che oggi si leggono con
molta difficoltà.
Sullo stesso fabbricato, sulla facciata rivolta verso il campo, è
visibile tra il primo ed il secondo piano un bassorilievo del XV secolo
con San Marziale benedicente che regge sulla mano sinistra il modello di
una chiesa.
La chiesa di San Marziale acquistò una certa fama nel 1373 allorché,
nello stesso giorno, Venezia riportò tre successi militari: contro
Francesco I da Carrara, signore di Padova, sconfiggendo i turchi e
sottomettendo nuovamente Zara. I tre fatti avvennero nello stesso giorno,
il 1° luglio di quell'anno, quando a Venezia si celebrava la festa di San
Marziale (che oggi il calendario liturgico colloca al 30 giugno). Per
questo motivo il giorno di San Marziale venne ascritto tra le ferie di
palazzo, cioè fra i giorni solenni della Repubblica.
Il ponte di San Marziale, come il vicino ponte di Santa Fosca e l'altro
più famoso ponte dei Pugni a Santa Margherita, era teatro di
combattimenti con i bastoni e poi con i pugni. Domenica 17 ottobre
1545, mentre era in corso una lotta tra Castellani e Nicolotti, ed erano i
Castellani che stavano per avere il sopravvento, alcuni Nicolotti che
assistevano alla tenzone arrampicati sui tetti delle case vicine,
cominciarono a scagliare tegole dall'alto contro gli avversari. Ne
risultò una grande rissa, si sguainarono le spade e molti furono i morti
per ferite, per soffocamento e per annegamento.
Furono individuati i responsabili che vennero puniti: si trattava di un «...prè
Paris, un Iseppo barbier, et un suo compagno».
Queste lotte erano molto cruente e verso la fine del Cinquecento si
cominciò a sostituirle con altre manifestazioni di abilità atletica e
ginnica.
Il
re di Francia Enrico
III (1551-1589) che durante la sua visita a Venezia assistette il 27 giugno 1574 ad
una di queste battaglie sul ponte dei Carmini, avrebbe esclamato: «Troppo poco
per una guerra, troppa crudeltà per un semplice gioco».
Sempre sul ponte di San Marziale nella notte del 18 ottobre 1619 venne
ucciso da un colpo di moschetto sparato a tradimento Alvise del fu Antonio
Mocenigo dalle Zogie.
La peste del 1575 ebbe inizio in parrocchia di San Marziale, precisamente
nella casa di Vincenzo Franceschi che aveva ospitato un trentino
contagiato dal morbo.
Infine in quel tratto della fondamenta de la Misericordia, che una volta
era conosciuta anche come fondamenta di San Marziale, nel 1622 un Nicolò
Morosini, avvocato, uccise un ebreo che gli aveva rifiutato un prestito di
danaro.