A San Moisè.
Dopo la caduta della Repubblica, Venezia vide e subì distruzioni e
trasformazioni ad opera dei francesi, non solo per motivi funzionali, ma
spesso per motivi "estetici".
Fu il caso dell'interramento di quasi quattrocento metri del rio di
Sant'Anna per ricavare quella che inizialmente chiamarono via Eugenia, in
onore di Eugène de Beauharnais (1781-1824), Vicerè d'Italia, e che dopo
vari cambi di nome oggi è nota come via Garibaldi.
Fu anche il caso di quella arteria, oggi chiamata Strada Nova, che segue
una direttrice che va dalla stazione ferroviaria verso il cuore del centro
storico veneziano, messa subito allo studio da una apposita commissione
istituita sotto il regime del Regno d'Italia.
D'altra parte il senatore conte Luigi Torelli (1810-1887), Prefetto di Venezia
dal 5 maggio 1867 al 28 luglio 1872, non poteva concepire che a Venezia
potessero esistere 357 vie (calli) larghe meno di un metro e mezzo e 45
addirittura meno di un metro e Dante di Serego Allighieri (1843-1895),
sindaco di Venezia dal 1879 al 1888, era un propugnatore di «...ampliazioni
e sventramenti...»: arrivò a presentare ben quaranta interventi
complessivi.
Fu in questo clima che venne ripresa un'idea non attuata dai francesi,
quella cioè di un allargamento della calle lunga San Moisè per ottenere
una via più ampia che collegasse Santa Maria del Giglio alla Bocca di
Piazza
La
"Cale Longa S. Moisè" in una pianta del 1729
(Lodovico Ughi).
In calle larga Ventidue
Marzo c'è un portale attraverso il quale si accede alla corte
Lovisella.
Il
vecchio progetto dei francesi cominciò a realizzarsi nel 1875: vennero
distrutte, o ridimensionate, case o parti di palazzi per creare un
rettilineo largo una decina di metri dal ponte di San Moisè ad un ponte
da costruirsi sul rio dell'Albero.
Questo ponte non fu però costruito e così restò l'attuale strettoia
costituita dalla calle
e ponte delle Òstreghe.
Si era creata in questo modo una comoda passeggiata che arrivava in
pratica fino all'Accademia, attraverso al ponte austriaco in ferro del
1854 che al tempo si chiamava ponte della Carità.
La
targa che ricorda l'allargamento della "Calle Longa",
chiamata "via".
Il sindaco Dante di Serego Allighieri inaugurò la nuova arteria nel 1880 dedicandola al
22 marzo, la data in cui Venezia con Daniele Manin insorse contro gli
austriaci proclamando la Repubblica. Una targa lo ricorda ed
immancabilmente viene chiamata "via" come altre apposte sotto
quel sindaco che aveva il pallino della toponomastica e la «...smania
di sbattezzare le "calli" per ribattezzarle "vie" e i
"campi" per ribattezzarli "piazze"...» (Alvise
Zorzi, 1922-2016).
Il
"nizioleto" manomesso ai tempi dello scandalo di
borsa.
Gli
speculatori colsero l'occasione al balzo per costruirvi attorno uffici,
residenze e negozi.
Lo
stemma della Camera di Commercio sopra il portone attraverso
il quale una volta vi si accedeva.
Trovò qui sede la Camera di Commercio e la Borsa, oltre ad alcuni
istituti bancari: attività che poi cessarono, o vennero trasferite
altrove per lasciar spazio a negozi ed attività orientate verso il
turismo.
A proposito di Borsa, c'è da ricordare uno scandalo finanziario esploso
nel 1971 che coinvolse proprio un agente di cambio veneziano, Attilio
Marzollo (1927-1984), che fallì lasciando un "buco" di
cinquanta miliardi di lire coinvolgendo persino alcune delle maggiori banche
nazionali.
All'epoca un gesto goliardico interessò un nizioleto di
questa calle larga, proprio in prossimità della sede della borsa dove
aveva operato l'agente di cambio, trasformando «MARZO» in «MARZOLLO»!