Accampamenti beduini lungo la strada che sale verso Gerusalemme.
Per entrare in Gerusalemme noi seguiamo la strada n. 1, una
strada in salita. In salita perché la strada n. 1 proviene dalla grande depressione della Great Rift Valley,
sotto il livello del mare, e ci porta agli 800 metri di altezza di
Gerusalemme.
"Mentre saliva a Gerusalemme,
Gesù..."
(Matteo 20, 17)
"Mentre erano in viaggio per salire a Gerusalemme..."
(Marco 10, 32)
"...Gesù proseguì avanti agli altri salendo verso
Gerusalemme."
(Luca 19, 28)
"Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a
Gerusalemme."
(Giovanni 2, 13)
Lungo la strada vediamo accampamenti
di beduini. Il loro vivere il nomadismo è inesorabilmente destinato a
scomparire.
Dotati di un'intelligenza attenta ed acuta, i loro figli sono
molto ricercati nel mondo del lavoro. Molti fanno studi superiori,
l'università, e sono sempre meno quelli propensi a continuare la vita errante dei
loro padri e dei loro avi.
Veduta di Gerusalemme dal monte
Scopus.
Fortificazioni asmonee sotto l'attuale livello del suolo.
Il muro occidentale del Tempio: si notano le pietre appartenenti all'arco di
Robinson e gli scavi che hanno portato alla luce il
livello stradale come doveva essere ai tempi di Gesù.
Gli scavi archeologici sotto le mura del Tempio hanno portato alla luce il
livello stradale ai tempi di Gesù.
Il muro occidentale del Tempio, o "muro di preghiera", da noi
impropriamente chiamato "muro del pianto": sullo sfondo si scorge
l'arco di Wilson.
La grande cupola d'oro "Qubbet es-Sakra".
Entriamo in Gerusalemme in un'ora di punta, quando il traffico è davvero
intenso. Ma non possiamo fare a meno di gettare una prima rapida occhiata al
panorama della città. Saliamo quindi sul monte Scopus, un ottimo posto di
osservazione, usato anche da chi voleva conquistarla, Sennacherib,
Nabucodonosor, Alessandro Magno, Tito, i Crociati, e subito sotto di noi
possiamo contemplare la città delle tre religioni, sulla quale domina la
cupola dorata di Qubbet es-Sakhra.
Ammiriamo così la città vecchia, racchiusa nelle sue mura, divisa nei
quattro quartieri, musulmano, ebraico, cristiano ed armeno.
Dalle mura è
restato fuori il monte Sion dove c'è, tra l'altro, la stanza del cenacolo;
e per questo si racconta che Solimano il Magnifico punì con la morte gli
architetti che progettarono le mura, responsabili di questa omissione.
La città è costruita tra alture e valli, molte delle quali oggi
difficilmente distinguibili, ad eccezione della valle del Kidron (Cedron)
che divide nettamente la città vecchia dalla zona del cimitero ebraico.
Quando percorriamo le antiche vie di Gerusalemme dobbiamo pensare che quella
è solo l'ultima Gerusalemme, cioè il risultato di un gran numero di
sovrapposizioni più antiche e di sistemazioni successive.
La struttura della città vecchia attuale risale sostanzialmente all'epoca bizantina.
Ancora oggi è distinguibile il tracciato del cardo maximo, di epoca romana,
il cui selciato si trova qualche metro più sotto di quello attuale. Attorno
tutta una zona di negozi, botteghe, artigiani, commercianti. Ma basta
guardare con attenzione ed è facile trovare zone archeologiche sottostanti
risalenti anche al 1000 a. C.: è così, ad esempio, che ci siamo imbattuti
nei resti di antiche fortificazioni asmonee del II-I secolo a. C. seguendo
delle scale in discesa che ci hanno portato ad alcuni metri sotto il livello
del suolo odierno, nella zona del mercato ebraico.
Il cuore di Gerusalemme resta la spianata del Tempio con le sue mura.
Spianata del Tempio per gli Ebrei ed invece per i Musulmani "Haram
esh-Sherif", cioè il "nobile recinto sacro", il terzo
luogo santo dopo La Mecca e Medina.
Le mura della spianata racchiudono la cima più alta del monte Moria, la
roccia su cui Abramo fu chiamato a sacrificare il figlio Isacco, dove
l'angelo apparve a Davide, dove Maometto con la sua giumenta alata Burak
arrivò di notte in volo per incontrare Abramo, Mosè e Gesù e da qui
ascese al cielo.
Il primo tempio venne costruito da Salomone (circa 959-952 a. C.), poi venne
distrutto dall'invasione dell'esercito di Nabucodonosor (586 a. C.).
Ritornati in patria gli Ebrei costruirono il secondo Tempio (circa 520-515
a. C.) sullo schema di quello di Salomone. Questo tempio resistette per
cinque secoli, nonostante saccheggi ed occupazioni, fino a quando Erode, nel
20 a. C., decise di ampliarlo trasformandolo in un edificio più
prestigioso.
La costruzione venne ultimata in dieci anni per quanto
riguardava le opere più importanti, ma il definitivo completamento avvenne
solo nel 64 d. C. Sei anni più tardi i Romani lo rasero al suolo.
La storia di questo luogo riparte con la conquista di Gerusalemme da parte
degli Arabi (638) che lo trasformarono nel "nobile recinto sacro",
salvo una breve parentesi di dominazione crociata dal 1099 al 1187.
Di
queste vicende resta visibile traccia sulle mura perimetrali, dove si vedono
le diverse file di pietre impiegate nelle varie ricostruzioni o ampliamenti
che terminano con quelle più piccole databili agli interventi di Solimano
il Magnifico tra il 1536 ed il 1542. Interessanti gli scavi archeologici
sulla parte meridionale del muro occidentale.
L'archeologo Robinson, osservando alcune pietre sporgenti dal muro, delle
quali non si capiva la funzione, ebbe l'intuizione che queste facessero
parte di un arco ed iniziò a scavare lì sotto: ed ebbe ragione.
Si trattava di un arco che sosteneva una scalinata che dal portico del
Tempio portava alla strada sottostante. Così ci rendiamo conto di quanto
siamo alti ora rispetto a quello che doveva essere il piano stradale della
via romana ai tempi di Erode.
Le campagne di scavo continuano ancora oggi.
Il lato opposto del muro occidentale è quello comunemente chiamato
"muro del pianto" dai Cristiani, ma per gli Ebrei è semplicemente
il "muro occidentale", o "muro di preghiera". Qui
infatti vengono a pregare perché rappresenta un forte legame con il passato
ed è il punto dove possono arrivare più vicino a dove sorgeva il "sancta
sanctorum" del Tempio.
E' quasi una sinagoga a cielo aperto dove gli Ebrei vengono a pregare ad
ogni ora del giorno e della notte, divisi fra maschi (nel settore
settentrionale) e femmine (nel settore meridionale).
Anche la parte settentrionale del muro occidentale (guardandolo, a sinistra)
è di grande interesse archeologico.
Noi ci limitiamo ad osservare l'arco di Wilson e se pensiamo che sotto vi
passava la strada romana, possiamo capire quanto l'attuale suolo sia
rialzato rispetto al passato.
Saliamo finalmente sulla spianata del Tempio (o Haram esh-Sherif) e il primo
edificio che incontriamo è la moschea el-Aqsa, il più sacro per i
Musulmani.
Le notizie sulla sua origine non sono sicure: pare che abbia origine in una
primitiva moschea, forse in legno, fatta erigere dal califfo Omar, che aveva
conquistato Gerusalemme nel 621, sopra una basilica bizantina che a sua
volta sorgeva sopra una costruzione erodiana. L'aspetto attuale risale al
1033, con successivi e continui interventi di abbellimento, l'ultimo dei
quali è datato 1938.
Proseguendo per la spianata incontriamo El-Kas, una fontana per le
abluzioni rituali, poi saliamo alcuni gradini, passiamo sotto un portico con
quattro archi: questi portici (ce ne sono quattro) sono chiamati in arabo "silsileh",
cioè bilance, perché alla fine del mondo le nostre buone azioni ed i
nostri peccati saranno pesati con delle bilance appese a questi archi.
Finalmente siamo di fronte alla grande cupola d'oro della roccia ("Qubbet
es-Sakra") costruita tra il 687 ed il 691: poggia su un basamento
trapezoidale che alcuni vogliono corrisponda al Tempio di Erode.
All'epoca dei Crociati fu anche trasformata in chiesa, il "Templum
Domini", da cui ebbe origine l'ordine dei Templari.
Un particolare dei rivestimenti in maiolica delle finestre della cupola
d'oro.
Interessanti anche gli altri edifici
che sorgono sull'area: un finissimo "minbar" (o pulpito) di
epoca mamelucca costruito utilizzando materiale dei Crociati, la cupola
della Catena, detta anche casa del Tesoro, le cosiddette scuderie di Salomone,
costruite in realtà da Erode e non per essere scuderie (solo i Templari le
usarono come tali) che corrispondono nell'angolo del muro al pinnacolo del
tempio di cui parla il Vangelo.
Una semplice targa accanto all'albero dedicato ad Oskar ed Emilie Schindler
nel viale dei Giusti delle Nazioni.
La "Hall of Remembrance" con incisi i nomi dei ventidue principali
campi di sterminio nazisti.
"Allora il diavolo lo condusse con sé nella città santa, lo depose
sul pinnacolo del tempio..." (Matteo
4, 5) "Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul
pinnacolo del tempio e gli
disse..." (Luca 4, 9)
A Gerusalemme non può mancare una visita, seppur frettolosa come abbiamo
dovuto fare noi sempre in lotta con il tempo, a Yad Vashem, posto
sulla collina del ricordo ("Har Hazikaron"): il ricordo dei
sei milioni di Ebrei vittime della follia nazista.
E' occupato da una serie di luoghi e di edifici (l'ultimo, inaugurato
qualche mese fa, è a forma di prisma a sezione triangolare che sporge in
parte nel vuoto, oltre il profilo della collina) dedicati a coloro che sono
"passati per il camino", ma anche a tutti noi, perché non
dimentichiamo. Dopo aver percorso uno
dei viali dedicati ai Giusti delle Nazioni, ci soffermiamo su due luoghi. Il
primo è il Memoriale dei Bambini, per quel milione e mezzo di bambini
vittima del nazismo: un ritratto di una di queste giovani vittime, con la
sua storia emblematica che ci riconduce ad un tragico "testa o
croce" tra la vita e la morte, ci porta attraverso delle simboliche
colonne spezzate in un ambiente buio, privo di luce, come doveva essere quel
momento di follia collettiva che ha permesso tali mostruosità. Ancora dodici simbolici ritratti di
altrettanti bambini ed uno struggente
triste canto di sottofondo.
Si avanza nel buio più completo a tentoni, lentamente. Poi pare di scorgere
della luce. Sembra un cielo stellato, ma in realtà è un gioco di luci, di
riflessi, di specchi che moltiplica all'infinito le sette fiammelle accese
di una "menorà".
Di sottofondo, con una lentezza esasperante, una voce ripete un milione e
mezzo di nomi...
Usciamo scossi e commossi da questa esperienza raggelante e ci spostiamo
verso la "Hall of Remembrance". E' un padiglione la cui
architettura, nella sua semplicità, è ricca di richiami simbolici:
l'altare, il sacrificio, la tenda, la prigionia...
La fontana accanto alla quale sarebbe avvenuto l'incontro tra Maria e la
cugina Elisabetta.
Particolare della cappella bizantina sotto la chiesa della Visitazione.
All'interno, davanti ad
una fiamma che arde perenne, sono scolpiti ventidue nomi: sono quelli dei
principali campi di sterminio nazisti.
Siamo in direzione di En Kerem, un villaggio che ormai fa parte dei
sobborghi di Gerusalemme. Qui, già in tempi tardo bizantini, vengono
ricordate la visita di Maria alla cugina Elisabetta e la nascita di Giovanni
Battista.
"In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse
in fretta una città di Giuda."
(Luca 1, 39)
Una leggenda medioevale localizza l'incontro tra Maria ed Elisabetta ad una
fonte, la "sorgente della Vergine" (ricordiamo che En Kerem
significa "sorgente della vigna") che esiste tuttora e si trova
incorporata, ma visitabile, in una moschea in disuso.
Inoltre c'è il ricordo di uno scritto apocrifo secondo cui Elisabetta, per
sfuggire all'uccisione dei bambini ordinata da Erode, si rifugia in una
grotta nella montagna con il piccolo Giovanni ed una roccia prodigiosamente
lo nasconde agli occhi dei soldati (Protovangelo di Giacomo, XXII, 3). Su
questa grotta sorge una cappella bizantina che conserva la pietra che
avrebbe protetto Giovanni.
Successivamente i Crociati vi sovrappongono l'episodio evangelico
dell'incontro delle due cugine e costruiscono, sopra la cappella bizantina,
una chiesa più grande dedicata alla "Visitazione". Il luogo
subì numerose distruzioni e trasformazioni (divenne anche abitazione
privata): la chiesa attuale è del 1939, la cappella inferiore è ancora
quella bizantina. Sul lato opposto del villaggio la tradizione localizza
la casa-grotta di Zaccaria ed Elisabetta, dove sarebbe nato S. Giovanni.
Abbiamo una testimonianza del V secolo che conferma che esisteva qui un
luogo di culto. I Crociati vi costruirono una chiesa che custodiva una parte
dell'abitazione. Anche questa chiesa venne distrutta e il luogo subì altre
trasformazioni: l'edificio attuale dell'Ottocento conserva al suo interno le
tracce delle cappelle bizantine, un mosaico e parte della grotta che si
ritiene facesse parte della casa di Zaccaria e dove sarebbe nato Giovanni
Battista.
Ci rechiamo sul monte Sion, a ridosso delle mura sud occidentali di
Gerusalemme, ma al di fuori di esse.
La sala del Cenacolo.
Il monte degli Ulivi.
Qui in una situazione architettonica confusa e complessa (anche dal punto di
vista giuridico e della proprietà) coesistono sovrapponendosi a vicenda la
cosiddetta tomba di Davide (in realtà un cenotafio crociato), la sala del
Cenacolo (cui si accede attraverso una finestra) e la chiesa della
Dormizione.
L'autenticità del luogo ove si trova la sala del Cenacolo è attestata dai
pochi sondaggi archeologici che si sono potuti fare (ostacolati proprio
dalla complessa situazione amministrativa) confermati tuttavia anche da un
documento raccolto dallo storico Epifanio che, nel 135 d. C., ne fa
esplicito riferimento.
La sala che oggi visitiamo non è certamente la stessa in cui Gesù e gli
apostoli si riunirono per l'Ultima Cena, essendo stata edificata nel 1342
dai Francescani.
Tuttavia il luogo è questo.
"Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala con i tappeti,
già pronta; là preparerete per noi."
(Marco 14, 15)
"Egli vi mostrerà una sala al piano superiore, grande e addobbata..."
(Luca 22, 12)
"Entrati in città salirono al piano superiore dove abitavano."
(Atti 1, 13)
Il nostro itinerario si sposta, sempre fuori delle mura della città
vecchia, al di là della valle del Kidron (Cedron), sul monte degli Ulivi e
nei dintorni legati ad altri episodi evangelici.
"Uscito
[dal Cenacolo]
se ne andò, come al solito, al monte degli
Ulivi..."
(Luca 22, 39)
"Detto questo, Gesù uscì
[dal Cenacolo]
con i suoi discepoli e andò
di là del torrente Cèdron..."
[dal Cenacolo]
con i suoi discepoli e andò
di là del torrente Cèdron..." (Giovanni 18, 1)
Per prima cosa raggiungiamo il luogo più lontano da Gerusalemme, dove Gesù
ascese al cielo.
Luca ci offre una circostanziata localizzazione dell'ultimo saluto di Gesù
ai suoi discepoli: all'uliveto, sulla strada verso Betania.
L'edicola dell'Ascensione.
"Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che
Gesù aveva loro fissato." (Matteo
28, 16) "Poi li condusse fuori
verso Betània e, alzate le mani, li benedisse.
Mentre li benediceva, si staccò da loro e fu portato verso il cielo."
(Luca 24, 50-51)
"Allora
[dopo l'ascensione]
ritornarono a Gerusalemme dal monte detto
degli Ulivi..."
[dopo l'ascensione]
ritornarono a Gerusalemme dal monte detto
degli Ulivi..."
(Atti 1, 12)
In questo luogo, nella seconda metà del IV secolo, la nobildonna romana
Pomenia fece costruire un santuario, dove già la tradizione popolare
venerava un'impronta del piede che Gesù avrebbe lasciata nel momento di
abbandonare la terra.
Nel 614 il santuario venne distrutto dai Persiani.
I Crociati lo
riedificarono con una struttura ottagonale ponendo al centro un'edicola,
ugualmente ottagonale, che conservava all'interno l'impronta.
Della chiesa oggi restano solo alcune mura perimetrali mentre l'edicola
venne trasformata in moschea dal Saladino.