Salam Israele, Shalom Palestina


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La zona del mercato attraversata dalla via Crucis.
 
La via Crucis attraverso le viuzze del mercato tra l'indifferenza della gente
Lasciando da parte le disquisizioni archeologiche, qui presso la fortezza Antonia, seguendo la tradizione, si ricordano con degli edifici commemorativi la flagellazione di Gesù (con una cappella restaurata e riaperta al culto nel XIX secolo), la sua condanna a morte (cappella ricostruita sopra una precedente chiesetta bizantina), la presentazione del condannato al popolo (la basilica dell'Ecce Homo).
Verso il centro del Litòstrato, dove si trovano alcuni giochi incisi sulla pietra con i quali i soldati passavano il tempo, si nota anche un'incisione che rappresenta la "B" che sta per "basiliscus", cioè re. Evoca il crudele divertimento dei soldati di estrarre a sorte tra i condannati un re, cui fingevano obbedienza ma che in realtà veniva sbeffeggiato fino al momento dell'esecuzione.
"E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora; quindi gli venivano davanti e gli dicevano: «Salve, re dei Giudei!»"
(Giovanni 19, 2-3)
E' da qui che si è consolidata nel tempo la partenza della "via Crucis", un itinerario spirituale di preghiera che ricorda il percorso che fece Gesù dopo la sua condanna, portando il "patibulum" (cioè l'asta orizzontale della croce) e con la motivazione della condanna appesa al collo, fino al luogo dell'esecuzione, su Golgota (il monte Calvario): sono circa 600 metri che si snodano tra le strette viuzze della città vecchia, tra negozi, mercati, venditori e gente impegnata nell'attività di tutti i giorni. Anche se dobbiamo ricercare quel percorso alcuni metri più sotto l'attuale livello stradale, anche se questo percorso fosse partito piuttosto dalla reggia di Erode, identica resta l'atmosfera: un condannato a morte che sale verso il monte dell'esecuzione tra la chiassosa indifferenza della gente.
La devozione della via Crucis ebbe origine in occidente verso il XII secolo e non volle essere solo un ricordo simbolico perché venne arricchito di episodi che non sono narrati nei testi evangelici come, ad esempio, le cadute di Gesù: alla fine del Quattrocento si contavano nella via Crucis ben sette cadute di Cristo.
Ma si hanno notizie di processioni più antiche: in epoca bizantina dal Getsèmani al monte Calvario, nell'VIII secolo passava per la casa di Caifa sul monte Sion, nel XIII secolo i Francescani cercarono di fare un percorso all'incontrario, partendo dal Golgota (il monte Calvario).
Le stazioni erano otto, poi furono aumentate per non deludere i pellegrini (XVI secolo). Non tutte le stazioni hanno un luogo codificato e, ad esempio, quello dell'imposizione della croce è stato definito solo nel 1914.
Il cortile di origine crociata di ingresso alla basilica del Santo Sepolcro.
Alla conclusione della "via Dolorosa" arriviamo alla basilica del Santo Sepolcro, un edificio che è il risultato di continue trasformazioni che si sono succedute nei secoli e che riunisce in un unico complesso i luoghi della morte, della sepoltura e della ressurezione di Gesù Cristo.
Questi siti erano al di fuori delle mura della città (vennero inglobati nel 41-44 d.C. con la costruzione del terzo muro sotto Erode Agrippa) e furono subito oggetto di culto e di venerazione da parte dei primi Cristiani.
Nel 135 l'imperatore Adriano profanò questi luoghi cercando di cancellarne la memoria: fece coprire l'intera zona con un enorme terrapieno che sarebbe diventato il "campidoglio" della nuova città pagana Aelia Capitolina. Sopra la roccia del Golgota edificò un tempietto dedicato a Venere-Ishtar e sopra il sepolcro altri tempietti commemorativi di varie divinità.
Ancora una volta l'opera di profanazione e di paganizzazione voluta dall'imperatore Adriano contribuì a localizzare e confermare i punti esatti in cui si trovavano la cima del Golgota e la tomba di Gesù.
Difficile riconoscere la struttura originaria a tre navate della basilica crociata, completamente snaturata con le continue successive trasformazioni ed aggiunte.
 
 
 
 
 
 
Una scritta su una delle colonne del portale d'ingresso, se originale, indicherebbe la "firma" lasciata da un pellegrino nel XIV secolo.
Oggi possiamo anche avere una visione precisa di questi luoghi come dovevano essere ai tempi di Gesù grazie agli studi stratigrafici della zona, che trovano puntuale riscontro nei racconti evangelici: la leggera gibbosità del Golgota, dove esisteva una vecchia cava di pietre, appena fuori le mura e presso una strada. Nell'avvallamento a nord-ovest c'era l'orto ("giardino") di Giuseppe d'Arimatea e, dove il pendio riprendeva oltre la cava, era scavata la tomba nuova.
Dalla cima del Golgota alla tomba sono quaranta metri.
"...il luogo dove fu crocifisso Gesù era vicino alla città."
(Giovanni 19, 20)
"E quelli che passavano di là lo insultavano..."
(Matteo 27, 39)
"I passanti lo insultavano..."
(Marco 15, 29)
"...nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora deposto."
(Giovanni 19, 41)
Con la libertà di culto proclamata dall'imperatore Costantino vennero demoliti gli edifici pagani e venne rimosso il terrapieno.
La tomba di Gesù consisteva in due ambienti comunicanti scavati nella roccia: la camera sepolcrale con un blocco di pietra su cui veniva deposta la salma e un vestibolo da dove si poteva guardare all'interno. Una grossa pietra rotonda veniva fatta rotolare per chiudere l'entrata.
"Chinatosi, vide le bende per terra, ma non entrò."
(Giovanni 20, 5)
"Poi fece rotolare un masso contro l'entrata del sepolcro."
(Marco 15, 46)
"«Chi ci rotolerà via il masso dall'ingresso del sepolcro?». Ma, guardando, videro che il masso era già stato rotolato via, benché fosse molto grande."
(Marco 16, 3-4)
La roccia attorno alla tomba di Gesù venne tagliata e la camera sepolcrale venne incastonata in un'edicola (perdendo il vestibolo originario) posta al centro di una grande cupola (l'Anastasis).
La cima del Golgota (il monte Calvario) venne ugualmente isolata, squadrandola e rivestendola di marmi, e lasciata all'aperto all'angolo sud-occidentale di un chiostro monumentale, protetta da una cancellata.
Infine Costantino fece edificare una grandiosa basilica a cinque navate.
Il complesso venne danneggiato dall'invasione persiana del 614, fu restaurato e costruita un'edicola sopra la roccia del Golgota.
Nel 1009 il sultano Hakim fece demolire tutti gli edifici e scalpellare il blocco di pietra della camera sepolcrale.
Nel 1048 l'imperatore bizantino Costantino Monomaco restaurò almeno parzialmente il complesso.
Dopo l'ingresso dei Crociati in Gerusalemme, venne ristrutturata tutta l'area con la costruzione di una grande basilica che riuniva il Golgota e la tomba, che restava sempre al centro dell'Anastasis, in un unico edificio.
La cupola venne ricostruita nel Settecento, ma già nel 1808 andò distrutta a seguito di un incendio: il suo rifacimento fu curato dai Greco-ortodossi che cancellarono resti crociati, iscrizioni e tombe.
Noi entriamo nella basilica del Santo Sepolcro attraverso un cortile che ai tempi dei Crociati presentava un porticato del quale oggi restano solo alcune tracce di colonnato.
Su una colonna del portale d'ingresso, in alto vicino al capitello, una strana iscrizione coglie la mia attenzione: "1384 9 luglio/piero vendrame" ed al centro un segno (mercantile?).
Le complesse operazioni di rifornimento di olio e di sostituzione degli stoppini alle lampade.
"Vendrame" sembrerebbe un cognome veneto e non è da escludere che appartenga a qualche veneziano giunto fin qui. Ad esempio un Vendrame pellicciaio abitava a Venezia nella parrocchia di S. Silvestro nel 1355.
Devo però aggiungere che, pur non essendo io un esperto, la grafia non mi sembrerebbe appartenere al XIV secolo...
L'interno della basilica è a dir poco architettonicamente caotico, con sovrapposizioni incongruenti che si sono succedute: è impossibile rintracciare la forma a tre navate dell'impianto crociato.
Non estranee a questa situazione devono essere anche le troppe teste che sovrintendono a questo luogo: Francescani, Armeni, Greco-ortodossi, Sirio-giacobiti, Abissini, Copti, ognuno dei quali in qualche misura ha da dire la sua sul complesso per rivendicare diritti e non perdere privilegi.
Come chi sovrintende alle lampade e proprio nei momenti di maggiore affluenza di pubblico (unicamente per farsi vedere da più gente possibile) si adopera ad una macchinosa ed "eterna" operazione di rifornire di olio le lampade e di sostituire gli stoppini: le lampade vengono fatte scendere con un sistema di catene e carrucole mosse a mano, viene effettuato il rifornimento, controllato lo stoppino e quindi sono riportate in alto.
E poi tocca ad un altro gruppo di lampade, e così via.
E vi assicuro che nella basilica del Santo Sepolcro le lampade sono veramente numerose.
L'Anastasis, la grande cupola nel cui centro c'è l'edicola del Santo Sepolcro.
Per gli stessi motivi alle 11 di sera c'è un complesso cerimoniale per la chiusura della basilica dove i rappresentanti della comunità religiosa di turno si fanno chiudere dentro dall'esterno per vegliare il santo luogo.
Regole anacronistiche (risalgono al 1757) definiscono i rapporti più minuti ed insignificanti tra i Cristiani: mi hanno detto che una delle regole stabilisce a chi spetta la pulizia dei gradini di una certa scala, suddividendoli tra gradini pari e dispari.
Non è un bell'esempio di unità dei Cristiani, se pensiamo che proprio tra queste mura di oggi, duemila anni fa i soldati romani non vollero rovinare la preziosa tunica di Gesù, fatta di un unico pezzo di stoffa senza cuciture, dividendola in quattro ma preferirono piuttosto tirarla a sorte per mantenerla integra.
"...quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d'un pezzo da cima a fondo. Perciò dissero tra loro: «Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca.» Così si adempiva la Scrittura: "Si son divise tra loro le mie vesti e sulla mia tunica han gettato la sorte". E i soldati fecero proprio così."
(Giovanni 19, 23-24)
L'edicola del Santo Sepolcro.
Appena entrati nella basilica saliamo per una stretta scala a destra che ci porta sulla cima del Golgota (il monte Calvario): il punto in cui fu posta la croce di Gesù è segnalato, sopra vi è un altare e sopra ancora un'artistica croce.
Non dobbiamo pensare di poter riconoscere la roccia del monte, in quanto nei secoli è stata ricoperta di marmi. Tuttavia se si scende sotto, in corrispondenza della cappella del Calvario, c'è un'altra cappella, dedicata ad Adamo. Ricordiamo che qualcuno vuole che il monte Calvario coincida con la tomba di Adamo. Si tratta di una coincidenza evidentemente simbolica: come Adamo è stato il primo uomo, così Gesù è stato, con la sua morte, colui che ha donato la salvezza all'umanità, è stato l'uomo nuovo.
Interessante è scendere in questa cappella per un altro motivo: attraverso una parete protetta da un vetro si può scorgere la roccia del Golgota, senza ricoperture marmoree, posta alcuni metri sotto la cima del monte (che si trova sopra, nella corrispondente cappella del Golgota).
E qui possiamo vedere come la montagna sia attraversata verticalmente da una frattura, da una spaccatura, che si intuisce inizi dall'alto e prosegue verso il basso, fin tanto si può seguire con lo sguardo.
La spaccatura è monitorata da alcuni strumenti di precisione messi, evidentemente, per tenerla sotto controllo.
La "Pietra dell'Unzione" vista dall'alto del Golgota.
"E Gesù, emesso un alto grido, spirò.
Ed ecco il velo del tempio si squarciò in due da cima a fondo, la terra si scosse, le rocce si spezzarono..."
(Matteo 27, 50-51)
Innumerevoli sono le cappelle costruite attorno al Golgota; come ad esempio quella dedicata a S. Elena, cui si accede scendendo ulteriormente. Di discrete dimensioni, a tre navate con elementi bizantini e crociati, da qui per un'altra scala si scende in un ambiente che originariamente era una cisterna d'acqua romana: dovrebbe essere il luogo in cui S. Elena avrebbe ritrovato i resti della croce sulla quale è morto Gesù.
Proprio di fronte all'ingresso della basilica, nel vestibolo, si nota a terra una pietra, chiamata Pietra dell'Unzione, a ricordare il luogo su cui venne adagiato il corpo di Gesù per essere unto di olii aromatici.
Il frammento della pietra che chiudeva l'accesso alla tomba.
 
Nella camera sepolcrale della tomba di Gesù .
Non si tratta della lastra di pietra originale, essendo stata sostituita più volte nel corso dei secoli.
Ognuno ha voluto caricare questa basilica di elementi significativi, ma poco credibili: la pietra delle "tre Marie", dove Maria, madre di Gesù, Maria di Clèofa e Maria di Magdala si sarebbero soffermate per assistere Gesù morente sulla croce, la cappella della "divisione delle vesti", dove i soldati romani si sarebbero divise le vesti di Gesù, la cappella "degli improperi", con una discutibile colonna della flagellazione, seppure venerata dal XII secolo, la prigione di Cristo, eccetera.
Diciamo che si tratta di cappelle commemorative, che non indicano alcun luogo preciso.
Noi ci dirigiamo verso l'Anastasis, la grande cupola eretta nel 1810 dai Geco-ortodossi per sostituire quella costantiniana distrutta da un incendio. Al suo centro l'edicola del Santo Sepolcro composta da due ambienti: il vestibolo, completamente ricostruito, e la camera sepolcrale, cioè la tomba vera e propria, originale.
Il vestibolo, chiamato anche cappella dell'Angelo, conserva al suo interno, racchiuso in una teca, un frammento di roccia che si ritiene sia una parte del masso rotondo che chiudeva l'ingresso alla tomba.
Dal vestibolo un'apertura angusta consente di entrare nella camera sepolcrale, dove si è ammessi due alla volta, per un momento di raccoglimento e di preghiera davanti alla lastra che ha accolto il corpo di Cristo.
Anche noi ci soffermiamo davanti.
"Chinatosi, vide le bende per terra, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide le bende per terra e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte. Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette."
(Giovanni 20, 5-8)
"«...Non è qui. E' risorto...»"
(Matteo 28, 6)
Sulla lastra sepolcrale una luce perenne accesa ed un drappo con una scritta ricamata in oro: CRISTOS AHESTH: CRISTO E' RISORTO.


    
 

 
 
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Pagina aggiornata il 19 settembre 2017.