Venezia alle Galápagos

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Lido, Malamocco,
riva degli Schiavoni
Il viaggio
della "Vettor Pisani"
Punta Lido, punta Malamocco,
arrecife Schiavoni
 
Il "gabinetto zoologico" allestito nella "Vettor Pisani". (Da: Gaetano Chierchia, "Collezioni per studi di scienze naturali fatte nel viaggio intorno al mondo dalla R. Corvetta Vettor Pisani (Comandante G. Palumbo) - Anni 1882-83-84-85", Forzani e C. Tipografi del Senato, Roma, 1885).
La pirocorvetta "Vettor Pisani".(Archivio di Palazzo Tozzoni di Imola - Da Società Italiana per lo Studio della Fotografia).
 
La pirocorvetta Vettor Pisani fu l'ultima delle grandi corvette ad elica costruite dalla Marina italiana e fu anche la prima nave ad essere stata realizzata nell'Arsenale di Venezia per la Regia Marina dopo l'annessione del Veneto all'Italia (1866).
Progettata dall'ispettore generale Giusepe Micheli, era stata impostata l'11 maggio 1867 originariamente con il nome di Briosa. Il nome venne poi mutato in Vettor Pisani in onore del grande, e sfortunato, ammiraglio veneziano (1324-1380) che fu "Capitano Generale da Mar" durante la lunga guerra contro Genova.
Faceva parte del programma navale presentato in parlamento dal ministro Diego Angioletti il 3 aprile 1865. Tuttavia diverse difficoltà, anche di ordine finanziario, ne avevano rallentata la costruzione che iniziò solo due anni più tardi a Venezia.
Venne varata alla presenza di seimila persone il 22 luglio 1869 e consegnata ufficialmente alla Regia Marina il 10 aprile 1871: aveva un dislocamento di 1.692 tonnellate, lo scafo in legno, tre alberi a vele quadre, batteria coperta con castello di prora ed un ampio cassero a poppa.
La prua era ornata con una polena che raffigurava il busto di Vettor Pisani: era stato un dono del conte Andrea Morosini.
Non era una nave veloce, tuttavia aveva discrete qualità nautiche e teneva bene il mare grosso («...valente lottatrice del mare...»).
Chi vi era stato a bordo la definì «...un poltronissimo bastimento...» (Antonio Ansaldo), «...la tarda Pisani...» che «...cammina poco a vela e poco a motore...» (Enrico Serra), una «...nave così antiquata...» (Tommaso di Savoia), «...sta benissimo al mare con qualunque tempo, sebbene (...) non sia velocissima...» (Giovanni del Drago).
In origine l'apparato motore da 300 cavalli era stato fornito dalla ditta Guppy & Company di Napoli con due caldaie cilindriche che vennero sostituite nel 1879. Non aveva una grande autonomia di carbone («...porta poco carbone...» e consumava molto), ma questo non era un problema perché la navigazione avveniva per lo più a vela.
Anche l'armamento subì più volte delle modifiche: all'epoca della storia che stiamo per raccontare era composto da dieci cannoni da 12 cm. A.R.C. a retrocarica montati su affusti automatici Albini.
L'equipaggio era composto da 238 uomini che disponevano all'interno di comode sistemazioni bene adatte a lunghe campagne di navigazione; infatti la nave venne subito impiegata nella circumnavigazione del globo.
Dopo avere ultimato l'allestimento a Venezia si trasferì a Napoli per gli ultimi preparativi, da dove salpò il 30 maggio 1871 per la sua prima circumnavigazione (Capitano di fregata Giuseppe Lovera di Maria) che durò 27 mesi durante i quali percorse 48.000 miglia, delle quali 40.000 usando esclusivamente le vele.
Fu una campagna che la vide impegnata in rilievi idrografici nel mar Rosso, in attività di supporto politico e commerciale, in particolare in Giappone, che la portò anche al ritrovamento di due esploratori italiani, Odoardo Beccari e Luigi Maria D'Albertis, dispersi in Nuova Guinea.
La seconda circumnavigazione ebbe inizio, sempre da Napoli, il 14 giugno 1874 (Capitano di fregata Alberto De Negri, sostituito poi a Yokohama da Antonio Ansaldo) e durò 33 mesi durante i quali furono percorse 49.000 miglia. Nonostante fosse un viaggio di ordinario addestramento durante il quale venne mostrata la bandiera nazionale in venticinque porti prevalentemente cinesi, giapponesi e della costa americana dell'oceano Pacifico, vennero corrette le posizioni geografiche di alcune isole dell'arcipelago delle Molucche che risultavano sbagliate nelle carte nautiche del tempo.
Dopo una pausa di oltre un anno, il 7 aprile 1879 partì da Brindisi per la sua terza circumnavigazione del globo (Capitano di fregata Tommaso di Savoia, duca di Genova) che durò 32 mesi con 42.000 miglia percorse. Il viaggio, di carattere diplomatico, la portò in estremo Oriente (Cina, Giappone e Russia asiatica). Fu la prima nave al mondo ad ospitare l'imperatore Meiji con i principi imperiali giapponesi e la prima nave italiana a risalire il fiume Yangtze (o Yang-Tse-Kiang, fiume Azzurro) per esibire il tricolore all'interno della Cina.
Dopo la quarta ed ultima circumnavigazione del globo, durata 36 mesi, della quale scriviamo subito sotto, la Vettor Pisani venne impiegata prevalentemente come nave scuola per gli allievi ufficiali dell'Accademia Navale di Livorno effettuando campagne d'istruzione nel Mediterraneo, ma raggiungendo anche l'Inghilterra.
La Vettor Pisani concluse la sua carriera il 6 marzo 1892, il 12 febbraio 1893 venne cancellata dai quadri della Regia Marina e successivamente fu demolita.
E veniamo alla sua ultima campagna oceanografica.
Il 1° marzo 1882 la Vettor Pisani passò in armamento all'Arsenale di Venezia per prepararsi alla sua quarta circumnavigazione del globo che la vide percorrere 42.000 miglia.
Subordinatamente alle sue missioni militari aveva anche obiettivi scientifici: raccogliere campioni zoologici, dati antropologici, effettuare rilievi idrografici e topografici.
 
Il Capitano di fregata Giuseppe Palumbo, comandante della "Vettor Pisani".
 
Al suo comando c'era il Capitano di fregata Giuseppe Palumbo, proveniente dall'ex marina napoletana, coadiuvato da numerosi competenti ufficiali; tra questi il Tenente di vascello Cesare Marcacci, responsabile per la parte idrografica e batimetrica assieme all'ufficiale di rotta Tenente di vascello Enrico Serra, ed il Tenente di vascello Gaetano Chierchia responsabile per l'aspetto zoologico, la raccolta e conservazione dei reperti di flora e fauna marine.
Quest'ultimo, per prepararsi alla missione, era stato inviato per tre mesi presso la Stazione Zoologica di Napoli fondata e diretta dal prof. Felix Anton Dohrn, un fervente convinto darwinista.
A sua volta aveva istruito gli altri ufficiali affinché fossero in grado di «...discernere i tipi, le classi, gli ordini, le famiglie e, potendo, alcuni generi e specie più importanti...», imparare come catturare e uccidere le varie specie «...per rimanere intatte, e finalmente preparare quel materiale in numero e qualità indispensabile ai lavori, che, senza creare ostacoli all'ordinario servizio di una nave da guerra, potea compatibilmente con le altre esigenze esservi imbarcato.»
Per la conservazione dei campioni venne allestito a bordo un gabinetto zoologico completo dell'attrezzatura necessaria, tavoli, casse, contenitori, oltre cinquecento tra flaconi e vasi di vetro e quant'altro poteva servire.
Le raccolte allestite dagli ufficiali della Vettor Pisani esistono in larga parte ancora oggi, anche se disperse in diversi musei e collezioni di storia naturale.
Il 26 marzo 1882, al tramonto, la Vettor Pisani lasciò l'Arsenale di Venezia per intraprendere il suo lungo viaggio.
Il 2 aprile arrivò a Napoli per caricare carbone e strumenti scientifici, per allestire la sala idrografica e per gli ultimi aggiustamenti e riparazioni; durante la sosta a Napoli furono acquistati «...vari istrumenti musicali napoletani per ricreare l'equipaggio nelle lunghe navigazioni.»
Il 20 aprile salpò per il mare aperto.
Durante il viaggio verso Gibilterra effettuò degli scandagli per cercare, senza trovarlo, un banco segnalato da alcune carte nautiche inglesi a sud di Formentera. Altri scandagli furono fatti in navigazione verso le isole Canarie.
La Vettor Pisani toccò poi le isole di Capo Verde: la fortezza portoghese di São Vicente non era stata ancora ultimata, cosicché per rispondere alle salve di cannone di saluto partite dalla nave le autorità portoghesi furono costrette ad acquistare la polvere da sparo al mercato. In questo modo la Vettor Pisani fu la prima nave da guerra che i cannoni di São Vicente salutarono militarmente.
Alla notizia della morte di Giuseppe Garibaldi, giunta il 13 giugno, le bandiere della Vettor Pisani furono messe a mezz'asta in segno di lutto.
Durante la traversata dell'oceano Atlantico il 27 giugno, alle 7 e mezza del mattino, venne tagliata la linea dell'Equatore e l'equipaggio festeggiò l'avvenimento con la tradizionale infrazione della disciplina.
Avvicinandosi alla costa del Brasile gli scandagli si fecero più frequenti: ci furono delle incertezze nel riconoscere la punta di Olinda per raggiungere il porto di Pernambuco, come veniva chiamato allora dagli europei Recife. Gli ufficiali non riuscirono a chiarire se questo fosse stato conseguenza di un errore di rotta o piuttosto la posizione di Pernambuco non fosse stata definita esattamente sulle carte.
La Vettor Pisani era giunta sulla costa americana con il carbone agli sgoccioli: il primo macchinista Carlo Zuppaldi aveva fatto «...pel carbone il miracolo dei cinque mila pesci e dei cinque mila pani.»
 
Da Napoli a Montevideo. (Da: Gaetano Chierchia, "Collezioni per studi di scienze naturali fatte nel viaggio intorno al mondo dalla R. Corvetta Vettor Pisani (Comandante G. Palumbo) - Anni 1882-83-84-85", Forzani e C. Tipografi del Senato, Roma, 1885).
 
La sosta si prolungò per 22 giorni a causa del pistone del cilindro poppiero che era risultato lesionato e dovette essere sostituito con qualche difficoltà.
Da qui la Vettor Pisani in poco più di due settimane arrivò a Rio de Janeiro compiendo numerosi scandagli anche per cercare di localizzare e misurare con certezza alcuni supposti banchi che erano stati segnalati lungo la rotta da altri bastimenti.
 
L'entrata a Rio de Janeiro nell'agosto 1882. ( Archivio di Palazzo Tozzoni di Imola - Da AA. VV. "Tra Meridiani & Paralleli", Edizioni Duerre, 1998").
 
Durante la permanenza a Rio de Janeiro, che durò 25 giorni, l'equipaggio visitò alcune vaste tenute agricole, produttrici soprattutto di caffè e zucchero: gli ufficiali restarono affascinati dal paesaggio, ma anche colpiti dalla condizione di schiavitù in cui erano tenute le persone che vi lavoravano.
Nonostante il Brasile avesse promulgato nel 1850 una legge che vietava la tratta degli schiavi e nel 1871 una che prevedeva l'abolizione graduale della schiavitù, era ancora concesso che restassero schiavi coloro che già lo erano ed i loro figli fino al compimento del ventunesimo anno d'età.
Il 12 agosto 1882 gli ufficiali furono ricevuti nel palazzo imperiale da Pedro II (1825-1891), Imperatore del Brasile, con l'Imperatrice Teresa Cristina di Borbone (1822-1889), figlia di Francesco I (1777-1830) e sorella di Ferdinando II (1810-1859) che furono entrambi Re delle Due Sicilie.
L'Imperatrice, non dimenticando le proprie origini napoletane, «...contenta di rivedere l'uniforme italiana, non risparmiava di rivolgere parole gentili...» conversando amabilmente in italiano con «inflessioni napoletane».
Il 18 agosto la Vettor Pisani ebbe l'onore di ospitare a bordo Pedro II: a bordo l'Imperatore visitò accuratamente ogni parte della nave facendo continue domande ed interessandosi del gabinetto zoologico, dei lavori idrografici, dello scandaglio Thompson e del rilievo della rada di Pernambuco eseguita da Cesare Marcacci e dal Guardiamarina Riccardo Pericoli.
Lo stato maggiore della nave si recò spesso ai ricevimenti serali dati dalla principessa Isabella Braganza Borbone delle Due Sicilie (1846-1921) e dal principe consorte Gastone d'Orléans, Conte d'Eu (1842-1922) «sordo come un ghiro».
Dopo la ripartenza da Rio de Janeiro la Vettor Pisani fece la conoscenza con il "pampero", un vento tempestoso da sud-ovest così chiamato perché sembrava provenire dalle "pampas". Oltre a scandagliare, continuavano le osservazioni zoologiche e la raccolta di campioni da parte di Gaetano Chierchia.
A Montevideo era di stanza la Divisione Navale dell'America Meridionale, in quel momento rappresentata dalla cannoniera Scilla e comandata dal Capitano di fregata Antonio Giustiniani.
Qui era stata concentrata la corrispondenza epistolare che venne distribuita all'equipaggio che ne era privo dalla partenza da Gibilterra.
Vennero anche spedite in Italia alcune casse contenenti i campioni zoologici che erano stati raccolti fino a quel momento.
La navigazione quindi proseguì verso Sud per imboccare lo stretto di Magellano sferzato da un vento fortissimo e da una tempesta di neve.
Nonostante il tempo sfavorevole vennero fatte alcune osservazioni sulle correnti nello stretto. La Vettor Pisani arrivò così a Punta Arenas per il consueto rifornimento di carbone.
Qui alcuni dell'equipaggio ebbero la fortuna di incontrare un patagone: era detenuto per l'assassinio di un colono ma, per l'età e le sue condizioni di salute, gli era concesso di passeggiare accompagnato da una guardia.
A Punta Arenas si erano dati appuntamento degli astronomi di varie nazionalità (i tedeschi erano giunti con la cannoniera Albatros) per allestire degli osservatori in vista del passaggio del pianeta Venere sul Sole che doveva avvenire il 6 dicembre.
La navigazione poi proseguì nell'oceano Pacifico, costeggiando le coste frastagliate del Cile.
 
Da Montevideo a Guayaquil. (Da: Gaetano Chierchia, "Collezioni per studi di scienze naturali fatte nel viaggio intorno al mondo dalla R. Corvetta Vettor Pisani (Comandante G. Palumbo) - Anni 1882-83-84-85", Forzani e C. Tipografi del Senato, Roma, 1885).
 
Spesso la Vettor Pisani accostava per permettere ad una squadra di far legna per risparmiare sul carbone. Sull'isola Sanchez, su un tronco, c'era una serie di tavolette con incisi i nomi dei bastimenti militari che presero la fonda: tra questi c'era quello dell'Archimede e la data «1879». In altre (baia Nassau, baia Isthmus, Puerto Bueno, ecc.) l'equipaggio lasciò il nome della Vettor Pisani scritto su tavole o direttamente sulla roccia.
A Puerto Gallant ci fu il primo incontro di quelli della Vettor Pisani con un gruppo di indios; altri ne seguirono in seguito.
Puerto Lagunas e la navigazione nei canali interni degli arcipelaghi di Chonos e Chilloé. (Da: Gaetano Chierchia, "Collezioni per studi di scienze naturali fatte nel viaggio intorno al mondo dalla R. Corvetta Vettor Pisani (Comandante G. Palumbo) - Anni 1882-83-84-85", Forzani e C. Tipografi del Senato, Roma, 1885).
La corvetta proseguiva verso Nord tormentata «...dall'onda poco pacifica dell'Oceano omonimo», ma invece di transitare per i canali occidentali della Patagonia il proposito del Comandante Palumbo era quello di navigare all'interno degli arcipelagi di Chonos e Chiloé e raggiungere Ancud per lo stretto di Chacao dopo aver fatto rilevamenti idrografici e raccolto campioni zoologici di quelle acque sconosciute.
Nessuna nave delle dimensioni della Vettor Pisani fino ad allora si era inoltrata in quel dedalo di canali ed isolotti; chi si era avventurato prima, Juan de Moraleda nel XVIII secolo ed il Beagle (1828), il Nassau (1867) ed il Chacabuco non aveva fatto rilevamenti cartografici. Solo il comandante del Beagle, Robert Fitz Roy, fece uno schizzo che, nonostante fosse stato aggiornato dal Governo cileno, era «...sì inesatto da confondere la testa al navigante che si avventura in questi canali.»
Nei giorni precedenti l'equipaggio era stato mandato a terra a fare un gran rifornimento di legna per le caldaie.
Il 2 novembre 1882 si alzò il piccolo pavese in onore del compleanno della Regina d'Italia Margherita di Savoia ed alle 13.20 la Vettor Pisani imboccò il canale di Darwin per arrivare, dopo due giorni non senza difficoltà, a Puerto Lagunas.
Da qui partirono delle squadre per rilevare l'intera cartografia della zona e raccogliere esemplari di fauna e flora marine; fu una missione che durò quindici giorni.
Al rientro sorse un problema: quasi tutti gli isolotti non avevano nome, come confermarono anche alcuni "loberos" incontrati (cacciatori di foche). Non si sapeva come chiamare quelle isole e quelle baie e come indicarle nella cartografia che si stava componendo.
Il comandante Palumbo riuscì a mettersi in contatto con il Capitano di Fregata Francisco Vidal Gormaz, direttore dell'Oficina Hidrográfica de la Marina Nacional cilena, il quale, confermando che tutte quelle isole non avevano un nome ufficiale, invitò Palumbo a chiamarle con nomi italiani in modo che restasse memoria nel tempo della spedizione e del lavoro fatto.
Così alla sera, nel quadrato ufficiali, vennero dati i nomi usando quelli degli ufficiali imbarcati e di luoghi italiani: dopo "Puerto Italiano" seguirono "Isla Palumbo", "Isla Serra", "Isla Marcacci, "Isla Caniglia", "Isla Chierchia", "Isla Pandolfini", "Isla Tozzoni", "Islas Pescetto", Isla Parenti" "Isla Pericoli" e poi "Punta Gallese", "Monte Italia", "Monte Vesuvio", "Bajo (banco) Otranto" eccetera.
Tutt'ora quelle isole si chiamano ufficialmente con quei nomi.
 
Alcune isole nel canale di Darwin battezzate con i nomi degli ufficiali italiani della "Vettor Pisani".
 
Dopo Ancud e Valparaiso, dove si fermò per un mese e mezzo a causa di un lavoro da far fare in una fonderia, la corvetta proseguì la navigazione verso nord per raggiungere le coste cilene e poi quelle del Perù non ancora rappacificate con la guerra e le occupazioni ancora in corso, la cosiddetta "guerra del salnitro", e poi la guerra civile in Ecuador.
La navigazione tra Callao, Guayaquil, Panamá, Galápagos e nuovamente Callao. (Da: Gaetano Chierchia, "Collezioni per studi di scienze naturali fatte nel viaggio intorno al mondo dalla R. Corvetta Vettor Pisani (Comandante G. Palumbo) - Anni 1882-83-84-85", Forzani e C. Tipografi del Senato, Roma, 1885).
Così per superare il blocco navale che impediva l'accesso a Mollendo, il comandante Palumbo dovette attendere il permesso dei cileni, mentre per sbarcarvi era necessaria un'autorizzazione telegrafica del Contrammiraglio peruviano Lizardo Montero.
Ad Arica, occupata militarmente dai cileni, e poi ad Ancón, alcuni ufficiali poterono visitare le necropoli che erano state scoperte da pochi anni: «In Arica scavai le "huacas" (...), ottenni così diversi crani e qualche utensile, ma non fummo troppo fortunati in queste ricerche. Ad Ancon, ove si ripeterono gli scavi, trovammo delle mummie, apparentemente intere, cucite nella stuoia intatta, ma si dovettero gettare in mare perché completamente polverizzate.»
Durante la permanenza ad Ancón il Guardiamarina Paolo Parenti ed il medico di bordo in seconda Antonio Boccolari poterono effettuare degli scavi nella necropoli precolombiana con maggiore fortuna: il materiale da loro trovato è conservato attualmente presso il Muse Civico Archeologico Etnologico di Modena.
Ad Ancón c'era il Comandante della Stazione Navale del Pacifico, il Capitano di vascello Giovanni Cafaro, a bordo della corvetta Archimede.
Dopo una permanenza di tre settimane a Callao, la Vettor Pisani venne inviata in missione a Guayaquil dove, a causa dello scoppio di una guerra civile in Ecuador, si era asserragliato il presidente Ignazio de Veintemilla mentre la città era assediata dagli uomini del Generale Eloy Alfaro.
Il comandante Palumbo, con l'aiuto di alcuni suoi ufficiali e senza mai parteggiare per una o l'altra fazione, fece un difficile lavoro di intermediazione per proteggere gli interessi dei connazionali e degli altri stranieri che non avevano proprie navi all'ancora, adoperandosi tanto con de Veintemilla, quanto con Alfaro.
Nonostante la situazione politica, nei due mesi e mezzo di permanenza Gaetano Chierchia riuscì ad avere in dono dal capitano di una nave mercantile italiana due esemplari vivi di tartaruga terrestre (Chierchia la chiama "testudo nigra") provenienti dall'arcipelago delle Galápagos: sul carapace della più grande era inciso l'anno «1822».
Guayaquil era stata sottoposta a cannoneggiamenti ed alla fine, il 9 luglio, cadde ed il de Veintemilla fuggì via mare. Ma, grazie anche gli interventi diplomatici del comandante Palumbo, non ci furono saccheggi in città. Così imbarcati alcuni civili il 14 luglio la nave lasciò quel porto per dirigersi a Paita dove vennero sbarcati i rifugiati politici e con un'altra sosta per imbarcare carbone il 25 luglio fu di ritorno a Callao, occupata dai cileni.
Il 22 ottobre venne conclusa la pace ed il giorno dopo il Colonnello Miguel Iglesias entrò a Lima.
A Callao il Tenente di vascello Chierchia spedì alla stazione zoologica di Napoli tutto il materiale raccolto da Montevideo fino a quel momento redigendo un accurato inventario.
A fine novembre, a seguito della vendita della corvetta Archimede per 68.000 franchi alla Barabino & C., si imbarcarono sulla Vettor Pisani gli ufficiali e l'equipaggio di quella nave per essere portati a Panamá dove sarebbero stati rilevati dal trasporto ad elica Conte di Cavour.
La partenza avvenne il 5 dicembre. Durante la navigazione verso la nuova destinazione, che sarebbe durata dieci giorni, poco prima di attraversare il golfo di Guayaquil la Vettor Pisani investì di prua una balena, o un altro grosso cetaceo: la nave vibrò tutta, ma non subì conseguenze.
Nell'attesa dell'arrivo del Conte di Cavour, dove si sarebbe imbarcato l'equipaggio dell'Archimede, gli ufficiali della Vettor Pisani poterono ispezionare i lavori per il taglio dell'istmo di Panamá «...ben lieti di vedere nel suo nascere questo grandioso canale, che ci auguravamo di traversare, un giorno quando avrà riuniti i due oceani.»
Le condizioni igieniche del posto, dove imperversava la febbre gialla, consigliarono di fare, nell'attesa, una crociera a vela all'arcipelago de las Perlas ed all'isola di Taboga dove l'equipaggio prese parte alle danze per il Carnevale del 1884.
A Panamá intanto era arrivato il Conte di Cavour sul quale il 3 marzo trasbordarono quelli dell'Archimede.
La Vettor Pisani poté lasciare Panamá in direzione dell'arcipelago delle Galápagos dove vennero eseguiti rilevamenti idrografici e raccolte zoologiche. Ma sulla permanenza alle Galápagos scriviamo nell'ultima parte di questo racconto.
Dopo una decina di giorni, la corvetta dovette fare rotta nuovamente alla volta di Callao: il porto era affollato di navi da guerra di varie nazionalità per seguire da vicino gli sviluppi della situazione che si era venuta a creare dopo che il Colonnello Miguel Iglesias si era autoproclamato Presidente provvisorio della Repubblica.
Le nazioni europee e gli Stati Uniti non avevano ancora riconosciuto il suo Governo perché non ritenevano tutelati e garantiti i diritti dei propri connazionali.
La Vettor Pisani sarebbe dovuta restare in porto fino all'arrivo dell'incrociatore Flavio Gioia che sarebbe giunto a sostituirla.
Il professor Antonio Raimondi (Milano 1826-San Pedro de Lloc 1890) volle vedere il materiale raccolto sull'arcipelago delle Galápagos e diede un aiuto nel classificare le piante terrestri: ormai la sua età avanzata non gli avrebbe più consentito di farvi quell'esplorazione che aveva sempre sognato.
Il 14 maggio con l'arrivo del Flavio Gioia giunse anche l'ordine di attraversare il Pacifico facendo scalo alle Hawaii; così il 19 maggio la Vettor Pisani lasciò la rada di Callao.
Durante la navigazione Cesare Marcacci effettuò continui scandagli con misurazioni delle temperature a varie profondità in una regione dell'oceano Pacifico che, dal punto di vista idrografico, era ancora inesplorata. Naturalmente continuavano ad essere prelevati campioni zoologici da Gaetano Chierchia che faceva sempre acute osservazioni sul materiale raccolto anche grazie ad alcune ingegnose modifiche alle attrezzature progettate dal comandante Palumbo e realizzate a bordo.
 
Da Callao alle isole Hawaii. (Da: Gaetano Chierchia, "Collezioni per studi di scienze naturali fatte nel viaggio intorno al mondo dalla R. Corvetta Vettor Pisani (Comandante G. Palumbo) - Anni 1882-83-84-85", Forzani e C. Tipografi del Senato, Roma, 1885).
 
La Vettor Pisani impiegò quaranta giorni per giungere ad Honolulu dove trascorse una ventina di giorni per operazioni di routine: rassetto generale con piccole riparazioni, pulizie, carico del carbone, rifornimenti ed esercitazioni.
Durante la permanenza ad Honolulu, la corvetta accolse a bordo numerosi ospiti di rango: tra questi il sovrano delle Hawaii, Re Kalakaua che si dimostrò molto interessato alle collezioni scientifiche ed ai lavori di scandaglio.
Secondo le prime disposizioni, dopo le isole Hawaii, la Vettor Pisani avrebbe dovuto far rotta verso la Polinesia meridionale a cominciare dalle isole Marchesi e dirigersi verso la Nuova Guinea visitando alcuni di quegli atolli per studiare le barriere coralline.
Questo purtroppo non fu possibile, a causa del troppo tempo passato sulle coste dell'America meridionale a rincorrere le tante guerre che mettevano a rischio gli interessi dei nostri connazionali.
Così il 19 luglio la corvetta lasciò Honolulu per far rotta verso le Filippine, non senza rimpianti: «I venti giorni colà trascorsi furono tra i più graditi ed istrutivi (sic!): si passava di maraviglia in maraviglia e di novità in novità. Nessuno di noi avrebbe creduto di trovare in mezzo all'oceano una monarchia così ordinata...».
Ci furono giorni di vento violento che non consentirono di fare raccolte di campioni, ma anche in quei giorni il comandante Palumbo non volle rinunciare agli scandagli a gran profondità incontrando non poche difficoltà: la nave infatti doveva arrestarsi e con quelle condizioni di mare il forte rollio causava sbandate anche di 30°.
Dopo la linea di cambio data (attraversata tra il 28 ed il 29 luglio) la nave diresse tra le isole Caroline e le Marianne incontrando giorni di nebbia che impedirono agli ufficiali di fare il punto nave (scoprendo poi di trovarsi fuori rotta di 90 miglia) e periodi di calma di vento.
Occorsero 54 giorni per arrivare a San Jacinto, nell'isola di Ticao dell'arcipelago delle Filippine, lottando contro la forza del monsone contrario che rallentava il cammino.
Qui la sosta fu di cinque giorni durante i quali, oltre ai consueti rifornimenti di legna, non avendo trovato il carbone, e di viveri freschi, si poterono effettuare il rilievo cartografico del porto e indagini zoologiche nell'acqua e nell'entroterra.
Con sorpresa venne rinvenuto a bordo, nei locali delle stive, un serpente lungo 120 centimetri; si suppose che fosse giunto nascosto tra la legna imbarcata.
Essendo il tempo del monsone di Sud-Ovest, il comandante Palumbo preferì ormeggiare a Cavite piuttosto che a Manila, la cui rada era più esposta e comunque restava facilmente raggiungibile con un'ora di vaporetto.
Le consuete operazioni di rifornimento vennero accelerate all'arrivo di un telegramma del comandante dell'incrociatore Cristoforo Colombo, il Capitano di Vascello Enrico Accinni, che ordinava alla Vettor Pisani di dirigersi a Shanghai.
Fu una navigazione molto sofferta, dovendo affrontare il monsone di Sud-Est. Giunta ad Amoy (Xiàmén) il 4 ottobre senza troppe difficoltà per imbarcare carbone in abbondanza (superando di 25 tonnellate il carico), osservata un'eclisse totale di luna il giorno successivo, il giorno 8 la Vettor Pisani cercò di partire per Shanghai, ma le condizioni del mare erano proibitive e fu costretta a rientrare ad Amoy.
Riprovò a ripartire la sera del 13 ottobre dirigendo verso le isole Pescadores (isole Penghu) per poi doppiare a Sud Formosa (Taiwan) per costeggiarla ad Est sfruttando la corrente marina favorevole: ma, nonostante tutti gli sforzi compiuti, risultò impossibile procedere oltre. Dovette così ripiegare su Hong Kong dove la nave restò ancorata per oltre due mesi, in attesa che il monsone perdesse un po' di forza.
A Gaetano Chierchia non fu possibile fare indagini zoologiche presso le isole vicine perché, a causa della guerra di fatto tra Francia e Cina, era bene non uscire dal dominio inglese. Ma non per questo Chierchia rimase inattivo: arrivò a raschiare le tavole di legno delle banchine del porto alla ricerca di campioni zoologici di quelle acque come pure, alla partenza, esaminò con cura tutte le colonie che avevano ricoperto la catena e l'ancora della Vettor Pisani!
 
Da Honolulu a Shanghai. (Da: Gaetano Chierchia, "Collezioni per studi di scienze naturali fatte nel viaggio intorno al mondo dalla R. Corvetta Vettor Pisani (Comandante G. Palumbo) - Anni 1882-83-84-85", Forzani e C. Tipografi del Senato, Roma, 1885).
 
Lasciato finalmente il porto di Hong Kong, la corvetta si diresse verso Shanghai navigando a poche miglia dalla costa: il monsone infatti era più tranquillo anche se improvvisi peggioramenti costrinsero il comandante a trovare riparo nei porti che incontrava in attesa di un miglioramento per proseguire l'itinerario verso Nord.
La Vettor Pisani ancorò nel porto di Shanghai il 6 gennaio 1885 con un freddo intenso e temperature che oscillavano tra i -5° ed i +3°: le lagune circostanti il porto erano in parte gelate.
A bordo era restata una delle due tartarughe delle Galápagos imbarcate a Guayaquil: l'altra era morta accidentalmente per un grosso peso che le era precipitato sopra.
L'intenzione era di portarla viva in Italia, navigando nelle acque tropicali, ma la variazione di itinerario che aveva costretto la nave a trovarsi così a Nord in pieno inverno non giovò al suo stato di salute: dopo aver rifiutato il cibo per qualche giorno, a metà gennaio «...il sangue si gelò nelle vene e la vita si spense.»
Con il medico di bordo in seconda Antonio Boccolari, Gaetano Chierchia cercò di conservare il corpo intatto con delle iniezioni.
I giorni trascorrevano in porto con le ordinarie occupazioni di riassetto della nave fino a quando, il 19 gennaio, giunse l'ordine telegrafico di fare al più presto rientro in Italia. Così il giorno successivo la Vettor Pisani lasciò Shanghai salutata dall'incrociatore Cristoforo Colombo e da tutte le navi straniere presenti con i loro equipaggi. Gli «Urrah!» di tutti quei marinai, gridati nella fraterna consapevolezza dei comuni pericoli e sofferenze che si affrontavano in navigazione, produssero un'emozione ancora più forte negli uomini della Vettor Pisani per il pensiero che nel giro di tre mesi avrebbero potuto rivedere l'Italia.
 
Da Shanghai a Napoli. (Da: Gaetano Chierchia, "Collezioni per studi di scienze naturali fatte nel viaggio intorno al mondo dalla R. Corvetta Vettor Pisani (Comandante G. Palumbo) - Anni 1882-83-84-85", Forzani e C. Tipografi del Senato, Roma, 1885).
 
Il viaggio procedette senza indugio attraversando il mare della Cina verso la penisola Malacca, per approfittare del monsone ancora favorevole per non molto tempo.
La corvetta trascorse alcuni giorni a Singapore per riempire i magazzini e le stive e poi attraversò il golfo del Bengala dirigendo verso Colombo, da dove ripartì il 25 gennaio.
Il comandante Palumbo avrebbe voluto ripetere gli scandagli e la raccolta dei campioni zoologici, come era stato fatto nel Pacifico, dal momento che nessun lavoro di questo tipo era stato mai compiuto nell'oceano Indiano, ma dovette rinunciare: l'ordine di rientro era stato tassativo ed il monsone di Nord-Est stava per terminare.
Tuttavia Gaetano Chierchia riuscì ugualmente a recuperare durante la traversata un po' di campioni di fauna e flora oceaniche compiendo le sue consuete attente osservazioni, in particolare sulla fluorescenza di certi esseri.
Il 15 marzo ancorarono al porto di Aden, il 22 entrarono nel mar Rosso ed il 23 furono ad Assab per imbarcare gli ammalati delle truppe italiane che avevano bisogno di rimpatrio.
Il 27 marzo la Vettor Pisani entrò a Massaua dove si sentì a casa, per la contemporanea presenza della nave ammiraglia Amerigo Vespucci e poi la fregata Garibaldi, l'avviso Barbarigo e le navi mercantili Amedeo e Washington.
La sera del 31 furono imbarcate 106 persone della Garibaldi, destinata ad ospedale galleggiante e già disalberata, che dovevano rientrare in Italia.
Il 1° aprile la Vettor Pisani mosse verso Suez.
Non furono più fatte indagini zoologiche: tutto il tempo che rimaneva venne destinato a riordinare il materiale raccolto fino a Massaua, redigendo gli ultimi inventari ed imballando.
Attraverso il taglio di Suez, la Vettor Pisani giunse il 14 a Porto Said per gli ultimi rifornimenti di carbone e di viveri.
Alla vista, all'orizzonte, del profilo dell'Etna l'entusiasmo dell'equipaggio salì alle stelle.
Alla mattina del 30 aprile la Vettor Pisani attraversò la bocca del porto di
Napoli. Gli venne incontro un vaporetto, battente bandiera tedesca: era il professor Dohrn che voleva essere il primo a salutare l'arrivo della Vettor Pisani, così come era stato l'ultimo a scendere da quella nave tre anni e 10 giorni prima, in quello stesso porto.
Giungiamo così all'ultima parte del nostro racconto.
  
Lido, Malamocco,
riva degli Schiavoni
Il viaggio
della "Vettor Pisani"
Punta Lido, punta Malamocco,
arrecife Schiavoni
 
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Pagina aggiornata il 17 ottobre 2011