La
calle che conduce alla corte del Teatro. Dovrebbe chiamarsi calle
del Teatro ed invece attualmente (2015) il "nizioleto" la
indica come calle
de la Comedia.
A Santa Maria Mater Domini.
Anticamente faceva parte del circondario di San Cassiano (e come teatro di
San Cassiano viene anche indicato). Noi però preferiamo dare
l'indicazione di Santa Maria Mater Domini perché è più prossimo a
questo campo, nel sestiere di Santa Croce, per non confonderlo con un altro
teatro che si trovava a San Cassiano, nel sestiere di San Polo, che viene chiamato "Teatro
vecchio".
Giuseppe Tassini (1827-1899) riteneva che fosse stato costruito «...nel
principio del secolo XVII...», ma oggi possiamo tranquillamente stabilire
che era contemporaneo dell'altro teatro di San Cassiano
("vecchio") , giacché nel 1581 ospitò la Compagnia dei
Confidenti di Giovanni Pellesini, un famoso comico dell'arte e zanni,
noto con il soprannome di Predolino per la maschera che indossava, nato a
Modena (o a Reggio Emilia) attorno al 1526 ed ancora vivente nel 1601.
Il
simbolo della Scuola Grande della Misericordia (XVI o XVII
secolo) sul muro di una corte privata in calle de la Comedia.
Venne dunque fatto erigere attorno al 1580 dalla famiglia Tron, del ramo
di San Beneto, tra il rio di San Cassiano e quello de le Do Torri.
Francesco Sansovino (1521-1586) ci fa sapere che era «...in forma [...]
rotonda...» con gradinate per gli spettatori..
Sull'architrave
di una porta murata di calle de la Comedia due antiche numerazioni (con
cifre arabe e romane). Da notare una correzione, o ripensamento, nel
numero romano.
Nel 1629 venne distrutto da un incendio («...l'accidente dell'incendio
nel teatro delle comedie a S. Cassano...»), ma venne ricostruito,
seppure molto lentamente: infatti nel 1630-31 c'era stata una grave
pestilenza a Venezia che ne aveva decimato la popolazione (i morti in
città furono 80mila; in questa occasione venne edificata la Basilica di
Santa Maria della Salute, come ex voto per la liberazione della
città dal flagello).
Fu dunque ricostruito in pietra, con una struttura a ferro di cavallo
molto alta che ospitava ben cinque ordini di palchi.
Venne riaperto per il Carnevale del 1637 con l'"Andromeda", testo
poetico di Benedetto Ferrari (1597-1681) e musiche di Francesco Manelli
(1595-1667): si trattò della prima rappresentazione a Venezia, e nel
mondo, di un dramma in musica eseguita in un teatro pubblico.
La
corte del Teatro di San Cassiano.
Le stagioni teatrali si susseguirono con contratti che legarono al teatro
per tre stagioni il musicista Francesco Cavalli (1602-1676), il cui nome
originario era Pietro Francesco Caletto Bruni, la cantante Elena
Passarelli, Lucietta Gamba e altri.
Ma poi cominciarono a insorgere difficoltà economiche e nel 1755 venne chiuso.
Fu fatto un integrale restauro a cura dell'architetto Francesco Bognolo,
al quale si deve, tra l'altro, la facciata della chiesa di San Tomà;
venne quindi riaperto nel 1763.
Tuttavia non ebbe più una grande fortuna, forse anche a causa della sua
posizione periferica rispetto al centro della città; inoltre, per la sua vicinanza
ai postriboli delle Carampane, cominciò ad essere mal frequentato, da un
pubblico popolare e volgare.
Una
volta questo era il ramo primo del Teatro, oggi ormai privato.
Il
ramo secondo del Teatro. Sullo sfondo si intravede il muro che cinge
il giardino (dove una volta era il teatro) di pertinenza del palazzo
Albrizzi.
Vi era l'abitudine di cenare nei palchetti, ma anche in platea, accendendo
fuochi e lumi: «Alcuni si ricorderanno [...] come negli ultimi anni della
sua durazione solessero i Veneziani sovente, tra un atto e l'altro delle
Commedie, o dell'Opere musicali, ripetere in esso una specie di baccanale,
cenando molti senza cerimonie, ma gran rumore nei palchetti, e nella
platea...». Pare addirittura che lo sport preferito da alcuni
frequentatori dei palchi fosse quello di lanciare i mozziconi delle
candele sul pubblico in platea!
Anche
in ramo secondo del Teatro si possono scorgere su un architrave due
vecchie numerazioni, in cifre romane ed arabe.
Si racconta che una volta, all'apparire di una ballerina evidentemente non
gradita, siano stati lanciati dai palchi anatre, fagiani e pernici,
trasformando la rappresentazione in una specie di scena di caccia.
Nel 1781 in questo teatro si esibiva come prima ballerina Stella Cellini
nell'intermezzo musicale "L'amor per rigiro". Lei rifiutò le
avances del nobile Tommaso Sandi il quale per vendicarsi la denunciò per
condotta scandalosa, accusandola di essersi accompagnata addirittura con
dei turchi. Lei venne condannata il 29 gennaio, ma fece ricorso al
Consiglio di Dieci, il quale la sottopose ad una visita ginecologica,
dalla quale fu «...dichiarata, per fede giurata di due ostetrici,
tuttora pulcella» e poté tornare a ballare sulla scena. Il pubblico
licenzioso immediatamente l'accolse fra gli applausi inneggiando alla
vergine Cellini.
Il
ramo secondo del Teatro visto dal rio: sopra la rivetta un arco che
una volta reggeva un cancello. Forse era un ingresso dall'acqua per
accedere al teatro.
Nonostante le difficoltà, il teatro riuscì a sopravvivere alla caduta
della Repubblica. Tuttavia i francesi stabilirono che solo quattro teatri
potevano restare aperti e così, nel 1807 fu decretata la chiusura
definitiva del teatro di San Cassiano, che di fatto era già chiuso dal 1804.
Venne demolito nel 1812.
La sua area, ridotta a sterpaglia, divenne il giardino privato della
famiglia Albrizzi, che fece costruire un ponticello che, scavalcando il
rio di San Cassiano, metteva in collegamento il loro
palazzo con il giardino.
Il
ponticello che collega il secondo piano di palazzo Albrizzi (a
sinistra) al giardino sorto sull'area dove una volta c'era il
teatro. Sotto c'è il rio di San Cassiano.
Oggi, per raggiungere la corte del Teatro, si deve percorrere la calle
de la Comedia: in realtà questo nome, pur essendo ufficializzato da un nizioleto
tuttora visibile (2015), non è previsto: dovrebbe chiamarsi calle del
Teatro.
In questa calle la Scuola Grande della Misericordia aveva delle
proprietà: possiamo scorgere infatti un bell'emblema del XVI o XVII
secolo con la sigla «SMV»
(Santa Maria di Valverde) sul muro di cinta di una corte privata.
Sempre in questa calle ci sono le tracce di due differenti numerazioni
sull'architrave di una porta.
Il ramo secondo del Teatro, dalla corte giunge fino ad una rivetta sul rio
de le Do Torri sovrastata da un arco: forse era un vecchio accesso al
teatro per chi vi arrivava per acqua.
Lo
stemma della Scuola Grande di San Giovanni Evangelista indicava la
proprietà dello stabile.
Sul fondale di un camino, al primo piano, un emblema della Scuola Grande
di San Giovanni Evangelista (XVI secolo) con le lettere «S. Z.
E.» (San Zuane
Evangelista) indica un'antica proprietà della confraternita.
Il ramo primo del Teatro non è più segnalato, essendo diventato un
tratto di calle privato, chiuso da un cancello.