Il tabacco a Venezia

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La polizza d'incanto, ovvero il modulo con il quale si partecipava all'assegnazione dell'appalto per il dazio d'uscita del tabacco a Venezia (1745).
Dai documenti ritrovati presso l'Archivio di Stato di Venezia risulta, come già è stato scritto qui, che fu Bortolo Boneri il primo ad avere concretamente l'idea di appaltare il dazio sul tabacco nel 1654, diventandone il primo appaltatore.
Per dovere di completezza si deve dire che alcuni autori citano come primo appaltatore di tabacco a Venezia un certo Davide Daniele da Pisa; tuttavia non indicano né anno, né fonti, senza aggiungere altro al nome.
Con la riforma del Boneri sorse a Venezia una categoria di commercianti ai quali i fumatori devono ancor oggi riconoscenza: i tabaccai. Infatti in precedenza il tabacco era venduto dagli speziali di medicina, imperando ancora la convinzione che questa erba possedesse delle virtù curative.
Le regole dell'appalto non furono sempre costanti, ma subirono varie modificazioni nel corso degli anni. L'appalto poteva riguardare singoli territori o singole città della Repubblica di Venezia, nel qual caso esistevano più appaltatori (o "partitanti"), o poteva essere concesso per tutti i tabacchi che entravano nella Repubblica, e così esisteva un "partitante generale".
Presto venne preferita questa seconda forma, perché accadeva spesso che, appaltando il tabacco per le città e le province di confine, la gara d'appalto andasse deserta, trattandosi di mercati poco remunerativi a causa della facilità di procurarsi il tabacco con il contrabbando dei vicini territori stranieri.
L'appalto veniva indetto mediante un proclama pubblicato per tutto lo Stato Veneto. Nel 1692 così veniva annunciata ai magistrati veneziani l'avvenuta indizione di una gara d'appalto nella città di Conegliano: «Hoggi in questa città con le forme solite, in concorso di popolo, ho fatto seguir pubblico proclama, che chiunque intende fitar il dazio del tabacco, comparir debba al magistrato che all'incanto sarà deliberato al più offerente...». E così vent'anni più tardi veniva indetto un appalto a Venezia: «...per il 13 febraro 1711 M.V. si porteranno Sue Eccellenze sopra l'incanto in Rialto al luoco solito per deliberare al più offerente il Datio delli grossi sei per lira del consumo e vendita del Tabacco della città di Venetia...». Chi nel giorno stabilito voleva partecipare all'asta, ritirava gratuitamente un apposito modulo, chiamato "Polizza d'incanto": nella prima parte si fa riferimento alle principali leggi che regolano la materia, con gli obblighi ed i doveri che si doveva assumere l'offerente, compreso quello di prestare una cauzione (stabilita, ad esempio, nell'anno 1747 M.V. in ventiquattromila Ducati). La seconda parte contiene la formula dell'offerta che doveva essere completata con l'indicazione dei Ducati offerti e firmata dall'offerente. A chi aveva fatto l'offerta più vantaggiosa, veniva concesso l'appalto per la durata stabilita.
Aggiudicandosi l'appalto, il partitante aveva diritto a mantenere ai propri ordini una squadra fino ad un massimo di 16 spadaccini ed armigeri, per salvaguardare i propri interessi e controllare che non si verificassero contrabbandi o altri abusi. Le regole sul tabacco infatti prevedevano che «Il Magistrato (...) concederà all'Impresario Generale le solite (16) sedici licenze d'armi da fuoco e da taglio per li Agenti della sua impresa.» Coloro che componevano questa milizia privata ricevevano delle patenti, spesso elegantemente stampate su pergamena, con le quali si conferiva la facoltà di portare le armi e «...di visitar qualunque casa e luoco affine di rinvenir li contrabbandi e questi arrestare, come pure li contrabbandieri.»
La durata dell'appalto (o condotta) era generalmente stabilita per la durata di cinque anni, anche se non mancarono condotte che durarono di meno (tre anni) ed altre, specialmente verso lo spirare del Settecento, che durarono di più (otto anni): infatti quando la Repubblica Veneta attraversava periodi di maggiori difficoltà finanziarie, non esitava a concedere appalti per periodi più lunghi, che realizzavano offerte più alte durante la gara, per far fronte ad improvvise carenze di denaro.
Era abitudine indire la nuova gara d'appalto circa un anno prima della fine della condotta precedente, in modo che, come si legge in un documento del 15 dicembre 1706, «...possano i nuovi conduttori havere campo di stabilire le sublocazioni, non meno che di provvedersi di tabacchi, e quelli preparare con gli odori dei fiori...».
Il partitante generale era un vero e proprio monopolista: a lui faceva capo qualsiasi quantità di tabacco veniva introdotta nei domini di Venezia. A lui faceva anche capo quella che oggi si chiamerebbe la rete di distribuzione, la rete commerciale.
Non è possibile in questa sede entrare nel dettaglio dei complessi rapporti che intercorrevano tra una nutrita serie di appaltatori, subappaltatori, affittuali e le relative norme che li regolavano, norme che poi variarono spesso con l'andare del tempo. Si è quindi qui costretti a semplificare molto.
Il partitante generale concedeva il monopolio del tabacco ad altri appaltatori, per un territorio più limitato, una provincia, una o più città, ecc... Questi appaltatori (possiamo paragonali a dei grossisti) a loro volta avevano la facoltà di dare in sublocazione il commercio per zone ancora più ristrette (una città, un borgo, un comune) a dei subappaltatori. I subappaltatori potevano poi avere degli affituali. Al gradino più basso stavano i bottegai, i tabaccai di oggi.
    
   
Il permesso rilasciato a Piero Sizza nel 1686 (1685 more veneto) di poter vendere tabacco a Malamocco, un'isola che separa la laguna veneta dal mare Adriatico. 
Naturalmente uno o più gradi di questa gerarchia potevano anche mancare, ma sempre il tabacco finiva nell'ultimo passaggio ai negozianti al minuto. Questi, almeno fino ad una certa data, prendevano in affitto la vendita del tabacco per una o più botteghe, ed erano perciò chiamati affittuali, anche se in tempi più lontani erano detti "accordati", perché era loro «accordato a rivender tabacco».
Gli accordati, o affittuali, pagavano un fitto proporzionale alla quantità di tabacco che vendevano, quantità che era sempre rigorosamente accertata per fini fiscali (e per evitare i contrabbandi). Inoltre periodicamente le loro giacenze venivano inventariate.
Verso la fine del secolo XVII gli affittuali godevano di un utile netto del 10 per cento sulle vendite. A loro volta i subappaltatori dovevano render conto dei tabacchi all'appaltatore generale, che aveva l'obbligo di rifornirli. Con il gran numero di bollette che accompagnavano i carichi, doveva esserci anche l'ordine del partitante generale, con cui egli autorizzava il trasporto del tabacco (come si legge in un proclama del 1693) e, sempre a fini di controllo, gli appaltatori dovevano dare l'elenco dei subappalti che avevano concesso.
Queste regole non restarono immutate nel corso degli anni, ma subirono varie modifiche: l'innovazione più significativa fu dell'estate del 1722, e stabiliva che il tabacco non venisse più fornito dal partitante, che tuttavia conservava l'appalto del dazio, ma dallo stato, attraverso il fondaco pubblico, e ciò per evitare i contrabbandi: il 13 agosto la proposta ricevette il parere favorevole dei magistrati preposti al commercio (i cinque Savi alla Mercanzia). Sei mesi prima dello scadere della condotta, i tabacchi residui in possesso dell'appaltatore venivano inventariati ed entro tre giorni dalla fine della durata della condotta quelli restati invenduti, da chiunque fossero posseduti, dovevano esser consegnati al fondaco pubblico; il pubblico magazzino del tabacco di Venezia si può ancora vedere: è una bassa costruzione, sulla riva del Canal Grande, presso il traghetto di Ca' Garzoni, a San Samuele.
 
Il pubblico magazzino del "Partito del Tabacco" a Venezia, presso il traghetto di Ca' Garzoni a San Samuele.
 
Il negoziante per vendere il tabacco doveva possedere un apposito permesso: si tratta di una vera e propria licenza di commercio.
A sinistra è mostrata una del 1686 (1685 M.V.): «Si permette a Piero Sizza di poter vender Tabacco in Malamocco per mesi sei da principiar il presente giorno, nel qual tempo debba tener la presente Licenza sempre affissa sopra la porta della sua Bottega in vista, & a notitia di tutti, come resta disposto dalla delibaratione dell'Eccellentissimo Senato. Dat. li 24 genaro 1685/6».
Chi vendeva il tabacco senza la licenza affissa sopra la porta incorreva nella pena di 500 Ducati, mentre chi lo comperava da chi non possedeva la licenza, incorreva nelle stesse pene destinate ai contrabbandieri. Non mancava chi, contravvenendo alle leggi, vendeva il tabacco senza permesso: come quando, nel 1785, alcuni negozianti veneziani si lamentarono di un improvviso calo nelle vendite. Dalle indagini condotte risultò che avevano la sfortuna di tenere i loro spacci autorizzati vicino ad un ospedale, dove le religiose vendevano di nascosto il tabacco ai loro ricoverati.
 
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Pagina aggiornata il 19 novembre 2017.