Rio Terrā

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  A San Giacomo dall'Orio.
Rio terrā (o terā) indica un rio che č stato interrato, come abbiamo spiegato anche qui
 
Il rio, quando non era stato ancora interrato, nella veduta "a volo d'uccello" di Jacopo de Barbari.
  
 
Il rio terrā a San Giacomo dall'Orio visto verso il Canal Grande.
 
 
Stemma Zatta scolpito su un architrave di porta al civico 1285.
Questo rio terrā attualmente non ha un nome proprio, ma anticamente quando ancora non era stato interrato, il rio era chiamato "de riva de Biasio".
Era detto anche rielo (cioč piccolo rio) per distinguerlo dal vicino rio di San Zan Degolā: infatti il campiello che vi si affacciava, e che oggi porta al rio terrā, č detto campiello Rielo.
 
Pātera rettangolare con animali attorno ad un albero di palma, vicino al numero civico 1286.
 
Il rio partiva dal Canal Grande giungendo fino davanti a Ca' Zusto per poi voltare a sinistra (a destra nell'immagine che mostriamo di Jacopo de Barbari) dove oggi si trova corte Cazza per unirsi al vicino rio di San Zan Degolā.
 
Una pātera rettangolare vicino al civico numero 1288.
Stando a Vincenzo Coronelli (1650-1718) il rio, che lui chiamava Ģdi Riva de Biagioģ, era attraversato da sei ponti, dei quali quattro in legno, ad uso delle abitazioni, e due in pietra: il ĢPonte di Riva de Biagio di pietra con una bandaģ e quello Ģdi Ca' Bembo di pietra senza bandeģ.
 
Piccolo frammento di fregio tra i numeri 1287 e 1288.
 
Due frammenti di cherubini adornano i timpani di due abbaini di palazzo Marcello Toderini, da questo lato seminascosto da un muro di cinta.
 
Il rio venne interrato, diventando cosė rio terā, nel 1779.
Sulle facciate di alcune case che lo fiancheggiano sono visibili alcuni frammenti lapidei: uno stemma della famiglia Zatta (XVII-XVIII secolo), pātere e rilievi scultorei del XII-XIII secolo.
Oltre un muro di cinta che racchiude lo spazio privato di pertinenza di palazzo Marcello Toderini, sono visibili sui timpani di due abbaini altrettante teste di cherubini.
Sulla facciata di una casa posta ai numeri civici  1309 e 1310 č visibile un'iscrizione che ricorda che l'edificio fu, per testamento di Cecilia Amizo, legato nel 1374 alla chiesa di San Zan Degolā e successivamente cadde in rovina per essere ricostruito nel 1779 dal primo presbitero Antonio Puppo e dai suoi successori. Evidentemente per la ricostruzione si colse l'occasione dell'interramento del canale.
 
Una lapide ricorda la ricostruzione di una casa di proprietā della chiesa di San Zan Degolā.
   
  
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Pagina aggiornata il 6 novembre 2015