E' reato introdurre nei confini
dello Stato, acquistare, detenere o mettere in circolazione francobolli
contraffatti, anche non in corso, ma che hanno avuto corso legale,
emessi sia dallo Stato italiano che da Stati esteri.
Si
hanno notizie di questa falsificazione almeno a partire dall'aprile 2006
quando con questo importo si poteva spedire una lettera ordinaria di primo
porto in Italia.
Attorno a questa imitazione ci sono state numerose manovre speculative da
parte di commercianti filatelici che hanno tentato di farla passare per
una stampa "test" del Poligrafico anche con l'appoggio
dell'editore di un catalogo.
Probabilmente tutto avvenne per cercare di commercializzarla alla luce del
sole, cosa che non si sarebbe potuta fare trattandosi della falsificazione
di una carta valori in pieno corso di validità postale.
Donna
nell'arte € 0,45.
Sassone n. 2726
Unificato n. 2775
Cei n. 2615
Bolaffi (numerazione 2002) n. 2854
Falso.
Sassone n. --
Unificato n. --
Cei n. 2615A (però non lo considera falso)
Bolaffi (numerazione 2002) n. --
Questo francobollo venne emesso il 27
gennaio 2004 in forza del tardivo Decreto Ministeriale 6 aprile 2004,
pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 124 del 28 maggio di quell'anno.
L'emissione si era resa necessaria a seguito dell'intervento tariffario
entrato in vigore il 1° gennaio 2004 che, tra l'altro, aveva
portato l'affrancatura di una lettera ordinaria di primo porto (fino a 20
grammi) per
l'interno da € 0,41 ad € 0,45.
La prima segnalazione che si è riusciti a trovare della sua imitazione
risale all'aprile 2006, quando in un circolo filatelico romano furono visti
numerosi fogli completi di questa falsificazione, si disse «per frodare
la posta», e ne venne data anche una sommaria descrizione che coglieva
alcune peculiarità che effettivamente si sono potute riscontrare
successivamente.
L'imitazione, riconoscibile, poteva sfuggire agli addetti postali che
vedevano sfilare sotto i loro occhi milioni di pezzi di corrispondenza ed in
questo modo riusciva ad ottenere lo scopo, cioè ingannarli per frodare la
posta.
Si deve anche tenere presente che gran parte della lavorazione della
corrispondenza era ormai automatizzata ed il contatto tra l'uomo ed il pezzo
postale ridotto al minimo.
Il francobollo originale era stato stampato in calcografia, un metodo di
stampa che a livello artigianale è raffinato e consente di ottenere
preziose stampe calcografiche d'arte a tiratura limitata. Anche impiegata in
rotativa con la Goebel brm-s 350p, la stampa calcografica consentiva di ottenere i fini
tratteggi disegnati da Rita Morena sulla matrice.
Tuttavia a livello industriale le macchine rotative in grado di stampare in
calcografia ingenti tirature non sono certamente alla portata di tipografie
disposte a produrre francobolli falsi per frodare il servizio postale. Così
per l'imitazione si ricorse ad un più economico sistema di stampa. Non fu
usato, come accadde nel passato per altre falsificazioni, il metodo offset.
Con ogni probabilità si ricorse al fotocalco.
L'immagine venne riprodotta fotograficamente al tratto e fotopolimerazzata
per ricavarne successivamente la matrice che venne applicata al cilindro di
stampa.
In questo modo, a differenza del metodo calcografico impiegato per
l'originale, i tratti nell'imitazione risultano sì bene inchiostrati, ma
privi di ogni "spessore", tipico della calcografia.
Illuminando a luce radente la vignetta del francobollo originale (qui sotto
a sinistra) è evidente l'effetto di rilievo della stampa calcografica che
è qualcosa di fisico, tattile, palpabile, percettibile sotto i
polpastrelli. L'inchiostro depositato sulla carta con il procedimento
calcografico è talmente in rilievo che proietta la propria ombra: cosa che
non avviene nell'imitazione (immagine qui sotto a destra).
Particolare dello
sfondo (nell'area superiore destra) stampato in calcografia nel
francobollo originale. La luce radente evidenzia il rilievo calcografico.
Lo
stesso particolare dello sfondo nell'imitazione: la luce radente mostra una
stampa piatta. Inoltre le linee sono più irregolari (delle tracce nere si
dirà in seguito).
La differenza tra la stampa
calcografica del francobollo originale e quella dell'imitazione
si nota anche sulla cornice vegetale che chiude la vignetta a sinistra: i
fini tratti, per effetto della riproduzione fotografica, si sono dilatati ispessendosi.
Si nota sempre nell'imitazione la mancanza di "rilievo" nella
stampa non calcografica.
Particolare della
spiga volta a destra in alto della cornice che inquadra la vignetta del francobollo originale:
la luce radente mette in risalto la
"tridimensionalità" della stampa calcografica.
Lo
stesso particolare della spiga nell'imitazione: la luce radente evidenzia una stampa
diversa da quella calcografica, senza
profondità. Inoltre i tratti risultano ispessiti rispetto agli originali.
Le
stesse caratteristiche si riscontrano anche per il colore nero, con il
quale sono stampate le scritte «ITALIA», l'indicazione del valore
«€ 0,45» e le minute scritte "in ditta" «I.P.Z.S.
S.p.A. - ROMA» e «R. MORENA».
Il
colore nero (in questo caso la parola «ITALIA» e parte delle scritte
"in ditta") a luce radente mostrano la tridimensionalità della
stampa calcografica del
francobollo originale.
Nell'imitazione,
le stesse indicazioni «ITALIA» e «I.P.Z.S. S.p.A. - ROMA»
stampate in nero a luce radente non rivelano alcuna tridimensionalità,
apparendo assolutamente piatte.
Una
cosa curiosa che lascia aperti alcuni interrogativi sul metodo di stampa
usato per questa imitazione è dato osservando da vicino le indicazioni
sulla parte inferiore della vignetta stampate in nero.
In molti esemplari, ma non in tutti, si nota un alone, come di polvere nera, depositata
attorno alle impronte. Non sono diffuse tutt'attorno alla lettera,
ma prevalentemente -se non esclusivamente- sul lato destro.
Anche negli esemplari dove apparentemente non si vede questo pulviscolo
(nell'immagine sotto a destra) a visione ulteriormente ravvicinata se ne
notano tracce, seppure in quantità minore.
Tra i non molti esemplari visionati si è riscontrato che l'alone è più
marcato tra gli esemplari nuovi e meno visibile in quelli passati per
posta.
Questo alone potrebbe essere spiegato in caso di stampa elettrofotografica.
Ma se così fosse anche in questo caso, si dovrebbe ipotizzare una stampa
dell'imitazione della vignetta effettuata con due metodi diversi.
Se le cose stessero realmente così, si aprirebbero scenari che
interesserebbero anche altri "francobolli" (o "progetti di
francobolli") quanto meno dubbi.
Qui ci si limita a documentare con due immagini quanto sopra osservato.
Un
particolare della scritta «ITALIA» nell'imitazione allo stato di nuovo:
è ben visibile l'alone, come di pulviscolo nero, a destra della stampa
del nero.
Lo
stesso particolare della scritta «ITALIA» in una imitazione
passata per posta: seppure meno visibile, l'alone è riconoscibile
anche a questo modesto ingrandimento a destra della gamba inclinata
della «A».
Una
caratteristica che accompagna tutte queste imitazioni è data da una
specie di "barbetta" sotto il mento della Venere di Urbino,
raffigurata nella vignetta.
Effettivamente durante l'intensa produzione di questi francobolli una o
più tirature presentarono dei frequenti difetti più o meno occasionali:
tra questi dei punti e delle rotture (falle) nel disegno sul viso muliebre
che, secondo il loro posizionamento, fecero sbizzarrire i collezionisti
nel definire queste anomalie di stampa: foruncoli, bubboni, barbetta.
Evidentemente i falsari fotografarono per realizzare la loro imitazione
uno di questi francobolli con il difetto della falla di colore sotto il
mento ("Venere con la barbetta"). Moltiplicando l'immagine ("step
and repeat camera") il risultato fu che tutte le imitazioni
presentano quell'identico difetto.
Un
francobollo originale appartenente ad una tiratura con il frequente
difetto di una falla di stampa sotto il mento.
Tutte
le imitazioni sono tratte da un francobollo che presentava il
difetto "barbetta sotto il mento".
Uno
stratagemma usato dai falsari per rendere credibile la loro imitazione fu
quello di simulare la stampa calcografica.
Se il metodo di stampa usato non lo consentiva, pensarono bene di simulare
lo "spessore" la tridimensionalità, del disegno calcografico
almeno visivamente.
Per far questo lasciarono nel cliché che doveva stampare il colore nero
alcuni tratti che appartenevano agli altri due colori, il blu concentrato
(per la cornice) ed il rosso porpora (per la vignetta).
Di conseguenza troviamo attorno al viso e sulle foglie della cornice
alcuni tratti neri che, in questo modo, rinforzano il segno dando
l'impressione di uno spessore, una tridimensionalità, alla stampa, tipici
del metodo calcografico.
A titolo esemplificativo e non esaustivo, di seguito si mostrano alcuni di
questi tocchi di nero di rinforzo (altri sono visibili nell'immagine
immediatamente sopra, sulla "barbetta" e sul taglio della bocca,
ed in quella ancora più sopra che mostra il tratteggio sullo sfondo della
vignetta).
Imitazione:
tratti neri di rinforzo sulla cornice.
Imitazione:
tratti neri di rinforzo sulla cornice.
Imitazione:
tratti neri di rinforzo sul profilo e sull'occhio a sinistra.
Imitazione:
tratti neri di rinforzo sull'occhio a destra.
Di seguito si presentano due
particolari maggiormente ingranditi.
Imitazione:
tratti neri sulla foglia di vite.
Tratti
neri sul profilo della guancia e sui cappelli.
L'imitazione
venne stampata in fogli di cento vignette completi di ornati e scritte marginali
sul bordo.
L'imitazione venne stampata su carta
di modesta qualità, poco consistente e molto filamentosa, in fogli di cento
completi di ornati e delle scritte marginali sulla cimosa.
La carta presenta una debole fluorescenza, molto irregolare ed evanescente,
più visibile al recto piuttosto che al verso, nonché del numeratore
progressivo numerico accompagnato dal codice a barre.
La gomma venne stesa in modo molto irregolare, anche con spessore
differente, e presenta delle nette rigature dovute con ogni probabilità ad
una macchina gommatrice artigianale o, comunque, di modestissima qualità.
La
gomma venne applicata in maniera artigianale, irregolarmente,
con uno spessore non costante. Presenta delle striature
imputabili molto probabilmente al sistema impiegato per
stenderla.
Per ovviare alla mancanza di filigrana nell'impasto della carta, venne
stampato un tappeto di stelle ad imitazione grossolana della filigrana
stelle. Le stelline, scarsamente visibili, hanno un andamento inclinato che ricorda la filigrana
stelle del II tipo che non era in uso per questi francobolli (che erano
stampati su carta con filigrana stelle del IV tipo, ma veniva impiegata
nella produzione di marche da bollo.
La dentellatura quasi regolare in
una riga di imitazioni (una riga sì, una no).
La
pseudo-filigrana presente sull'imitazione, difficilmente
distinguibile ad occhio nudo e con difficoltà anche con la
lampada di Wood, è qui evidenziata da una
particolare illuminazione e dall'impiego di filtri ottici.
Questo fa supporre che in origine la carta fosse stata preparata per
la falsificazione di marche da bollo.
Parebbe, ma il condizionale è d'obbligo, che queste imitazioni esistano
anche su carta priva della pseudo-filigrana.
L'imitazione presenta una dentellatura eseguita malamente con un passo non
determinabile con esattezza, a causa delle irregolarità del perforatore,
comunque vicino a 14,21x14,21 (meno comunque del 14,25 che poi sarebbe il
14¼); invece l'originale venne perforato con la piastra perforatrice con passo
13¼x13¼.
La difficoltà di determinare con maggiore precisione il passo deriva,
oltre che dall'irregolarità degli aghi, anche dal fatto che il
perforatore era con ogni probabilità un pettine doppio che, tra una
battuta e l'altra, lasciava uno spazio ("dentone") di circa 4
millimetri una riga sì ed una no.
Le immagini presentate qui sotto sono tratte dalla stessa striscia
verticale di tre.
Alternativamente
(una riga sì, una no) il "dentone" formatosi tra
una battuta e l'altra.
Si deve aggiungere che i fori della
perforazione hanno un diametro inferiore rispetto ai fori lasciati dalla
piastra perforatrice impiegata per i francobolli originali.
Queste imitazioni furono chiamate anche "falsi di Roma" da
Giovanni Riggi di Numana, perché inizialmente furono rintracciate lì, come
anche confermato dalla segnalazione romana dell'aprile 2006.
Si conoscono
usate in varie località italiane: personalmente si è riscontrato il loro
uso quantomeno a Reggio Emilia (5 maggio 2006), Bologna (17 dicembre 2007),
Roma (3 gennaio 2009).
Poi, improvvisamente, avvenne la loro metamorfosi: da imitazione di un
francobollo avente corso legale per frodare il servizio postale, questo
falso assurse al rango di una prova tecnica eseguita dal Poligrafico stesso.
Venne così repertoriato al numero 2615A dal Catalogo Enciclopedico
Italiano, edizione 2008/2009, finito
di stampare nell'ottobre 2007 e distribuito poco dopo.
Tra l'altro il catalogo sbagliò ad
indicare nel dicembre 2006 il periodo di uscita di questa
"varietà", dal momento che la falsificazione era nota
nell'ambiente collezionistico almeno da aprile. Dà un plusvalore,
definendole «Rarità», alle corrispondenze usate nel periodo
dicembre 2006/gennaio 2007, quando in molti (anche collezionisti)
affrancavano le loro corrispondenze con questa imitazione almeno da maggio.
In questo modo un falso, prodotto
illegalmente per frodare la posta e come tale non poteva essere né detenuto
né messo in circolazione (e di conseguenza non poteva essere ceduto, o
acquistato, o scambiato), divenne un interessante pezzo da collezione proveniente
da una fantomatica tiratura mal riuscita del Poligrafico.
Nel 2008 il Direttore Editoriale del
catalogo, dott. Augusto Ferrara, dichiarò che si trattava di una stampa
avvenuta su una bobina difettosa, con la filigrana poco leggibile, ma
autentica.
In questo modo questi falsi, che come tali porterebbero di sicuro chi
cercasse di venderli diritto in galera, con la benevolenza di molti sono
usciti allo scoperto e nell'edizione primaverile 2009 di Veronafil erano
tranquillamente venduti da un commerciante milanese ad un prezzo superiore
ai 50 euro.
A quanto riferisce il dott. Ferrara si dovrebbe aggiungere che anche la gomma era difettosa come anche il
perforatore: non risulta che il pettine doppio in possesso del Poligrafico
in via Verdi producesse dei fori così piccoli, né che questo sia stato mai
trasferito in via Salaria con il Poligrafico che qui disponeva delle Goebel
brm-s 350p alle quali era accoppiata una piastra perforatrice.
Questi sono dati oggettivi, incontestabili come è incontestabile che
l'imitazione non è stata stampata in calcografia, come invece è successo
per il francobollo originale, mentre certe affermazioni, certe dicerie, non
sono provate da nulla. E' stato anche detto che la tiratura di prova (prova
di che cosa?) sarebbe stata sottratta illegalmente dal Poligrafico e per
questo sarebbe stata sporta una denuncia alla Guardia di Finanza. Si resta in
fiduciosa attesa di avere le prove di tutto questo. Magari chiedendo una
perquisizione allo stand di quel commerciante milanese in modo che
sequestrati questi "cosi" ne sia individuata l'origine e la
provenienza.
Intanto, per onore della cronaca, si riporta anche la notizia secondo la
quale l'imitazione sarebbe stata stampata in provincia di Macerata, dove
sarebbero stati anche individuati e denunciati i falsari.
Sempre per completezza si precisa che la busta
mostrata sotto ed affrancata, tra l'altro, con tre esemplari dell'imitazione
del 45 centesimi della serie "Le donne nell'arte" per frodare la
posta venne spedita da Roma da un commerciante di francobolli!
Dettaglio
dell'affrancatura ottenuta impiegando tre imitazioni per frodare la posta
del francobollo della serie "La donna nell'arte" da € 0,45.
Busta
di terzo porto per l'interno (tra gr. 51 e gr. 100) spedita da Roma il
3 gennaio 2008 ed affrancata con tre imitazioni del francobollo della
serie "La donna nell'arte" da € 0,45 e con un francobollo
da € 0,23 dedicato ai XX Giochi Olimpici Invernali - Torino 2006.
L'affrancatura corretta doveva essere di € 1,50. Apparentemente
sovraffrancata, in realtà il mittente ha pagato al servizio postale
solo 23 centesimi con l'unico francobollo originale.