Archeoastronomia mesoamericana

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Un diverso modo di lettura dell'archeologia precolombiana ci rivela l'ingegno e la capacità di quelle popolazioni nell'osservare, calcolare e cercare di capire cosa avveniva nel cielo sopra le loro teste.
Viaggi effettuati in Messico, Guatemala, Honduras e Belize negli anni 1980-1993   
  
Il gigantesco disco del Calendario azteco, conservato al Museo Antropologico di Città del Messico.
Quando si parla di astronomia delle civiltà precolombiane che si sono succedute nell'America Centrale in genere si fa riferimento quasi esclusivamente al calendario. «Il loro anno è perfetto come il nostro, cioè consiste di 365 giorni e di 6 ore...».
Diego de Landa fu il primo a citare il calendario maya, e nel farlo peccò un po' d'immodestia: infatti, come in seguito avremo modo di dire, il loro calendario era più preciso di quello europeo a loro contemporaneo.
Le conoscenze astronomiche di queste civiltà andavano ben oltre il calendario e riguardavano i più significativi pianeti e stelle osservabili, raggiungendo dei livelli di precisione impensabili per quei tempi e che ancora oggi stupiscono, soprattutto se si tiene conto della povertà e della semplicità degli strumenti e dei mezzi di cui disponevano.
Oggi, per studiare i fondamenti dell'astronomia di questi popoli, si ricorre generalmente ad uno dei tre maggiori codici maya esistenti, precisamente a quello detto "di Dresda", alle numerose date che appaiono sui monumenti e sulle steli ed infine alle relazioni, spesso scarsamente attendibili, dei primi scrittori spagnoli subito dopo la conquista.
Noi vogliamo invece tratteggiare le principali conoscenza astronomiche di queste civiltà servendoci di quello che ci hanno lasciato con grande abbondanza: le loro città, i loro monumenti.
E' un'operazione che viene denominata archeoastronomia e della quale, quando ce ne eravamo occupati le prime volte trent'anni fa, nessuno sapeva nulla. Da un lato si cerca di dimostrare come l'urbanistica delle loro città fosse vista in funzione astronomica, come l'intera città fosse concepita come un unico, articolato, osservatorio astronomico; dall'altro lato consente al viaggiatore di oggi che visita queste rovine di avere un riscontro palpabile, fisico, di alcune delle loro realizzazioni nel campo della scienza astronomica.
Il monolito spezzato davanti alla parte centrale del Palazzo del Governatore ad Uxmal.
Viaggeremo prevalentemente tra i Maya, anche se non mancherà qualche riferimento agli Aztechi, ai Toltechi ed ai Totonachi, e citeremo esclusivamente le città più famose, quelle più facilmente visitabili e che sono in genere inserite nei tour turistici.
Una città interessante dal punto di vista astronomico è Uxmal: davanti al Palazzo del Governatore era elevato (ora è spezzato, a terra) un monolito che la maggior parte degli archeologi considera di sembianze falliche e perciò collegato ad un non meglio precisato culto della fertilità.
  
Il monolito spezzato "traguardato" dal Palazzo del Governatore ad Uxmal.
  
Non volgiamo contestare queste affermazioni, anche se bisognerebbe provarle. E' invece incontrovertibile che, ponendosi con le spalle al centro del Palazzo del Governatore e usando come mira quello che resta di questo monolito, si traguarda sull'orizzonte una piramide alta circa 25 metri, posta ad alcuni chilometri di distanza, nella località di Nohpat: essa ci indica il punto su cui sorge il pianeta Venere non in un giorno qualsiasi dell'anno, ma il giorno in cui raggiunge la sua massima declinazione.
La Piramide del Nano (detta anche dell'Indovino) ad Uxmal.
Senza volere abbiamo cominciato da Venere, perché questo è un pianeta abbastanza equivoco: può apparire come due stelle diverse: infatti per 263 giorni è visibile solamente al mattino (stella del mattino), per 50 giorni non è visibile affatto (congiunzione superiore, il pianeta si trova sulla stessa linea che congiunge Sole e Terra), nei successivi 263 giorni è di nuovo visibile alla sera, poi scompare alla vista per altri 8 giorni (congiunzione inferiore).
I Maya erano riusciti a capire tutto questo, ed in particolare che Venere non è una stella, bensì un pianeta che ruota attorno al Sole come fa anche la Terra, e calcolarono il periodo sinodico di Venere, quello dato dal movimento combinato dei due pianeti, in 583,92 giorni: oggi, con gli strumenti di cui disponiamo, possiamo verificare l'esattezza di questo calcolo fino all'ultimo decimale.
Sempre ad Uxmal, la linea che congiunge la Piramide del Nano (o dell'Indovino) con il centro dell'edificio ovest del Quadrilatero delle Monache, indica all'orizzonte il punto dove tramonta il Sole il giorno in cui passa per lo Zenit: un giorno importante per l'agricoltore maya, perché indicava l'inizio della stagione delle piogge; ritroveremo infatti questo orientamento anche in altre città precolombiane.
  
Il Quadrilatero delle Monache visto dalla Piramide del Nano (o dell'Indovino) ad Uxmal.
 
La collinetta artificiale di Uaxactun con i tre templi minori, usati come traguardi per le osservazioni astronomiche.
Un'altra città maya i cui edifici sono stati costruiti in funzione astronomica è Uaxactun, in piena foresta del Peten: il complesso "E" è un vero e proprio osservatorio astronomico.
  
Il complesso "E" del sito archeologico di Uaxactun nella foresta del Peten.
  
Di fronte alla Piramide "E-VII", su un unico rialzo artificiale, sono stati eretti tre templi minori, denominati "E1", "E2", "E3". Un osservatore che si ponesse sul vertice della piramide vedrebbe sorgere il Sole nel giorno del solstizio estivo all'angolo superiore sinistro del tempio "E1"; all'epoca dei due equinozi il Sole si vede spuntare dal centro del tempio "E2" ed infine, durante il solstizio d'inverno, esso sorge passando per l'angolo superiore destro del tempio "E3".
Alcune steli, poste accanto a questo rialzo, indicherebbero altre principali posizioni intermedie del Sole.
Secondo il "Codex Mendoza", questa figura rappresenta un sacerdote-astronomo azteco che «...osserva le stelle di notte per sapere l'ora, questa essendo la sua particolare funzione.»
Una breve linea tratteggiata dal suo occhio va verso una sorta di luna ornata di globi oculari che rappresenta la volta stellata.
Questa illustrazione, come le altre a destra, è stata eseguita da James Cornell che l'ha tratta da Zelia Nuttall, "The Astronomical Methods of Ancient Mexicans". 
Un sacerdote che si fosse posto al mattino sulla sommità della piramide, aiutandosi magari con altri riferimenti stellari, avrebbe potuto stabilire con esattezza la data in cui stava compiendo l'osservazione.
  
Un sacerdote-astronomo che indossa la maschera del dio della pioggia e porta l'emblema del Sole sta di fronte ad una donna, o sacerdotessa (sulla destra), seduta su una piattaforma di fronte ad un "osservatorio". I due personaggi sembrano indicare una stella che si trova nei bastoncini incrociati fra loro.
Il simbolo dei bastoncini incrociati che racchiude un disegno a "occhio" identifica l'osservatorio astronomico.
  
Ancora il simbolo dei bastoncini incrociati in queste due immagini. Il simbolo dell'"osservazione astronomica" appare spesso nei codici maya e quando è collocato nel vano di una porta o di una finestra di un tempio o di un edificio stilizzato è interpretato come rappresentazione di un "posto d'osservazione" o di un "osservatorio".
Nel disegno di sinistra compare con una variante: il volto del sacerdote-astronomo che nel tempio si serve dei due bastoncini come di una mira. Nello stesso disegno di sinistra il tempio è circondato da occhi, che tradizionalmente sono intesi come simboli stellari.
  
Il "Palacio" di Palenque con la sua torre; dalle sue finestre i sacerdati-astronomi compivano le loro osservazioni celesti.
L'osservazione veniva compiuta con mezzi incredibilmente semplici: uno di quelli che ci è stato tramandato consiste in due legnetti incrociati fra loro a formare una mira, attraverso la quale l'occhio traguardava il punto dove il Sole oppure la stella sorgeva o tramontava. Le osservazioni, protratte quotidianamente per centinaia e centinaia di anni, riuscivano a determinare il punto con sorprendente esattezza.
Probabilmente anche la torre che fa parte del Palacio a Palenque è stata eretta come osservatorio astronomico.
Si tratta di una costruzione singolare: infatti è impossibile salire al primo piano, mentre una scala strettissima collega il primo piano al secondo ed al terzo. Le quattro finestre sono orientate secondo i quattro punti cardinali; c'è di più: secondo alcuni studiosi molti glifi indicherebbero che il Palacio, se non addirittura l'intera città, sarebbe stato dedicato a Venere, pianeta da sempre associato all'astro solare. Del Sole avevano scoperto il succedersi delle eclissi, elaborando una sorta di calendario perpetuo.
Il "Caracol" di Chichen Itzà: sul perimetro della piattaforma di base sono collocate alcune rappresentazioni di una divinità, identificata con il Dio del Vento.
  
Un'altra immagine del "Caracol" di Chiche Itzà che rivela la sua funzione di osservatorio astronomico.
Uno dei più famosi osservatori astronomici precolombiani si trova a Chichen Itzà. Parliamo naturalmente del Caracol, una costruzione che anche architettonicamente assomiglia ai nostri attuali osservatori astronomici: su una piattaforma quadrata è posta una costruzione cilindrica; attraverso una scala a chiocciola si accede ad una stanza superiore, sormontata da una cupola.
  
La sommità della torretta di osservazione del "Caracol" di Chichen Itzà.
  
Alcune finestre sono aperte sulle pareti di questa stanza; ora ne restano tre, ma si può ragionevolmente ipotizzare che nella parte oggi distrutta ne esistessero altrettante. Gli astronomi moderni hanno già stabilito con certezza quattro traguardi individuabili attraverso queste finestre, che segnano altrettanti punti dell'orizzonte significativi sotto l'aspetto astronomico.

La direzione "A" individua il Sud, la linea "B" il punto in cui tramonta il Sole agli equinozi, la linea "C" il punto in cui tramonta la Luna il 21 marzo, la linea "D" inquadra il pianeta Venere nel periodo in cui ha la massima distanza dal Sole.
Sulla cornice che contorna il basamento quadrangolare su cui si eleva il Caracol sono poste alcune raffigurazioni di divinità (gli archeologi le avrebbero identificate con il Dio del Vento): il fatto curioso è che esse non sono poste a distanza regolare le une dalle altre, come parrebbe logico, ma a distanze apparentemente casuali.
Alcuni studiosi ritengono che tali figure costituiscono altrettante mire da traguardare dalle finestre del Caracol, indicanti altri interessanti orientamenti astronomici, non ancora individuati con certezza.
La piramide di Kukulkan di Chichen Itzà: tutte le sue parti architettoniche sono state concepite secondo riferimenti calendariali, religiosi ed astronomici.
Un altro importante monumento di Chichen Itzà è la Piramide di Kukulkan, chiamata anche El Castillo, che ha quattro scalinate, composte da 91 gradini ciascuna, per un totale di 364 gradini; è sormontata da un tempio, al quale si accede salendo il 365° gradino: è evidente l'analogia con i giorni dell'anno.
Su ogni faccia sono scolpiti 52 pannelli in rilievo, che evidenziano il ciclo di 52 anni occorrenti per iniziare un nuovo periodo dei due calendari Tzolkin di 260 giorni e Haab di 365 giorni; Quetzalcoatl, il quinto sovrano storico tolteco, visse 52 anni, dal 947 al 999 d.C., ed alla sua morte ebbe inizio un nuovo ciclo. Di 104 anni invece è composto il periodo che unifica i calendari Tzolkin, Haab e l'anno di Venere: è il periodo necessario perché lo stesso giorno Tzolkin, Haab e di Venere si ripresenti una seconda volta.
Le nove piattaforme che suddividono le gradinate della Piramide di Kukulkan stanno a simboleggiare le nove regioni in cui si divide l'Aldilà.
Una delle scalinate termina con l'enorme scultura che rappresenta il Serpente Piumato.
 
 
Ad uso dei turisti, alla sera, a Chichen Itzà si svolge uno spettacolo suggestivo di luci e suoni, durante il quale artificialmente si rievoca la discesa di Quetzalcoatl, il serpente piumato, ad imitazione di quello che accade ogni anno al tramonto, durante i due equinozi.
  
La piramide di Quetzalcoatl , nella "cittadella" di Teotihuacan, nei pressi di Città del Messico: sulle sue quattro facciate si contano complessivamente 365 raffigurazioni di divinità.
Qui si notano alcune delle 12 teste di serpente (a sinistra) e quelle di Tlaloc (a destra).
Circa un'ora prima del tramonto, nei giorni dei due equinozi, di primavere a di autunno, il sole proietta l'ombra dello spigolo della piramide lungo la scalinata, in modo da imitare, con una linea sinuosa, il corpo di un serpente che si salda con la testa scolpita in pietra. Il sacerdote tolteco poteva annunciare, anzi predire in anticipo al popolo radunato per ammirare lo spettacolo, il ritorno di Quetzalcoatl, il "serpente dalle piume di quetzal",  mitico fondatore di Chichen Itzà, che scende dal cielo sulla piramide della città sacra.
Anche in altre città precolombiane si trovano precisi indizi dell'influenza che avevano il calendario e la religione sull'architettura: nella grande città totonchi di El Tajin, sulla costa, a nord di Veracruz, è stata scoperta una piramide costituita da sette terrazze: sullo sbalzo verticale della prima terrazza ci sono 88 nicchie, sul secondo 76, sul terzo 64, sul quarto 52, sul quinto 40, sul sesto 28, sul settimo 17: in tutto fanno 365 nicchie, come i giorni dell'anno.
A Teotihuacan, sulle quattro facce dei sei piani sovrapposti della Piramide di Quetzalcoatl, conteggiando anche le 12 teste di serpente e quelle di Tlaloc, si contano 365 raffigurazioni di divinità; le quattro scalinate del sacrario, posto al centro della Cittadella, hanno 13 gradini ciascuna, per un totale di 52, come 52 sono gli anni del ciclo Tzolkin e Haab.
La Piramide di Tlatelolco, a Città del Messico, nella celebre piazza de Las Tres Culturas, è anche chiamata del Calendario per via delle 365 formelle che raffigurano i simboli dei giorni dell'anno.
I Maya avevano determinato la durata dell'anno in 365,2421 giorni; l'anno astronomico dura 365,2422 giorni: tradotta la differenza in termini di tempo significa che i Maya commettevano un errore di circa 8 secondi ed erano più precisi del calendario Giuliano, in uso fino al 1582, e persino del nostro attuale calendario Gregoriano che considera l'anno civile di 365,2425 giorni. Nel calcolo invece del mese sinodico, che tiene conto del movimento combinato dei diversi corpi celesti ed è pertanto di più difficile determinazione, i Maya commettevano un errore di circa 32 secondi
Tra le rovine di Monte Albán, vicino all'attuale Oaxaca, verso sud un edificio ha un orientamento assai singolare che lo distingue da tutti gli altri: è costruito a forma di punta di freccia ed è inclinato di 35 gradi rispetto all'asse della città.
  
La mappa della parte centrale del sito di Monte Albán, vicino ad Oaxaca: è evidente il disallineamento del tempio "J", chiamato anche l'Osservatorio, rispetto agli altri edifici.
 
L'Osservatorio (tempio "J") di Monte Albán, uno strano edificio dalla caratteristica forma a punta di freccia.
E' indicato dagli archeologi come tempio "J", ma viene chiamato anche l'Osservatorio; la sua struttura è diretta verso lo spazio lasciato libero tra la piramide meridionale ed il complesso "M"; il suo asse è diretto verso un punto su cui sorgeva, tra le montagne, attorno al 275 d.C., la stella Capella, quando il Sole transitava per lo Zenit.
Volgendosi dal alto opposto alla punta della freccia, si incontra il centro del palazzo "P", dove si trova un foro verticale che viene riempito dal disco solare nel giorno in cui questo passava per lo Zenit, ovvero il 9 maggio: gli astronomi-sacerdoti, dopo aver avvistato dal tempio "J" il sorgere di Capella, scendevano nella loro camera-osservatorio del palazzo "P" e si preparavano ad osservare il passaggio del Sole allo Zenit.
Questo condotto poteva forse anche servire per osservare le Pleiadi che transitavano anch'esse allo Zenit a questa latitudine ed in questa stessa epoca.
A Xochicalco si trova un tubo zenitale concepito in modo analogo: doveva avere una simile funzione, tuttavia non è stato chiarito dagli scienziati l'evento astronomico che doveva segnalare. E' possibile che movimenti tellurici lo abbiano spostato dall'originaria posizione.
Una vista sulle rovine di Copan, in Honduras: la "piazza" con il gioco della "pelota" sullo sfondo e la "Scalinata dei geroglifici" a destra.
Copan, oggi nell'Honduras, fu una città cardine per l'astronomia maya: a circa 15 gradi di latitudine nord, il Sole si ripresenta allo Zenit di quel luogo dopo 260 giorni, il che ha fatto supporre a molti che a Copan sia nato quel curioso calendario religioso Tzolkin di 13 mesi di 20 giorni ciascuno.
In realtà il ciclo di 260 giorni era presente anche tra altre popolazioni precolombiane, precedenti la fondazione di Copan.
A molti invece è sfuggita una suggestiva ipotesi: quella per cui i sacerdoti maya siano andati a costruire un centro religioso-astronomico nel luogo dove l'intervallo fra due passaggi del Sole allo Zenit era corrispondente alla durata di un anno Tzolkin: così facendo la stessa città sarebbe stata un luogo di riferimento e di controllo affinché non vi fossero inesattezze nel computo dei cicli religiosi.
C'è da aggiungere che non esiste edificio, altare o stele  a Copan che non rechi incisa una data. La datazione a Copan assume proporzioni maniacali e questo potrebbe confermare l'ipotesi che Copan stessa sia una enorme città-calendario.
La piramide del Serpente Piumato a Xochicalco, in Messico, eretta per ricordare una riunione di sacerdoti-astronomi.
L'importanza astronomica di Copan è dimostrata dal famoso bassorilievo che celebrerebbe una riunione di astronomi. L'altare "Q", posto nella piazza occidentale, ai piedi della piramide "16", mostra alcuni astronomi intenti a redigere dei codici: si tratterebbe di una sorta di congresso indetto per correggere alcuni errori contenuti nei calendari delle varie città maya e per sincronizzarli fra loro.
Tali riunioni non dovevano essere infrequenti; pare infatti che la stessa Piramide del Serpente Piumato, a Xochicalco, sia stata eretta per ricordare una analoga conferenza di astronomi.
Sempre a Copan, il tempio "11", al quale si accede per mezzo della Tribuna degli Spettatori, ha un intento commemorativo: fu costruito nel 764 d.C. a memoria della scoperta di quante eclissi del pianeta Venere ci sarebbero state in un periodo di oltre un milione di anni.
Di Teotihuacan abbiamo già parlato; c'è da ricordare ancora un interessante punto di orientamento astronomico posto al vertice nord-occidentale della Piramide del Sole: è costituito da una mira, un cerchio ed una croce, incisi su una pietra: una identica pietra è posta a tre chilometri di distanza.
  
La piramide del Sole di Teotihuacan, in Messico: anche su questa grande costruzione sono stati trovati dei riferimenti che la mettono in relazione con l'osservazione astronomica.
Una "pecked cross" (croce picchettata): una linea che congiunge due di queste croci indica sull'orizzonte il punto in cui tramontava l'ammasso delle Pleiadi all'epoca della costruzione di Teotihuacan.
  
Congiungendo i due punti si trova esattamente la posizione del punto dell'orizzonte dove andavano a tramontare le Pleiadi nel 150 d.C. il giorno in cui il Sole passava allo Zenit. La mira è costituita da un doppio disegno circolare incentrato su un insieme di assi ortogonali, formati da dischetti scavati nella roccia. Queste "pecked crosses" sono presenti in altri luoghi del Messico e del Guatemala, ed il numero dei cerchietti e dei buchi che le compongono fa pensare ad un loro uso come calendari.
Fino a una trentina d'anni fa, gli archeologi, esaminando le piante degli edifici e delle città precolombiane, avevano intuito che certi orientamenti, certe simmetrie assiali e gli scostamenti da queste, dovevano essere dettati da esigenze collegate all'osservazione degli astri. E' solo dopo che gli scienziati sono riusciti a determinare cosa indicano questi orientamenti, spesso attraverso lunghe e protratte osservazioni sul posto, a volte casualmente per mezzo di riprese fotografiche.
Siamo convinti che l'archeoastronomia riuscirà a strappare altri segreti alle sepolte conoscenze astronomiche delle popolazioni precolombiane, e forse riucirà anche a fare un po' di luce sui motivi che hanno spinto questi popoli a fondare le loro città in luoghi inaccessibili o difficilmente abitabili, in mezzo alle foreste od in cima a montagne che livellavano artificialmente.
 
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Pagina aggiornata il 16 maggio 2017.