Il volo 605 della Mexicana impiega
un'ora ed un quarto per arrivare a Mérida.
Ad attenderci c'è Mario Estrada, il nostro corrispondente, che è giunto
con due minibus per accompagnarci in albergo: l'albergo che avevo
prenotato telefonicamente da Città del Messico è l'Hotel Janeiro.
Ci sistemiamo nelle stanze; io mi trattengo con Mario Estrada per mettere
a punto e verificare l'itinerario che avevo preparato. Quindi provo subito
a prenotare telefonicamente l'Hotel Lopez a Campeche, dove contiamo di
arrivare domani; alla fine mi faccio convincere dagli altri compagni di
viaggio ad uscire per trascorrere il resto della serata (sono ormai
le 10 di sera) al Pancho's Bar con musica, bevande e folklore.
La
piramide dell'Indovino (o del Nano) ad Uxmal.
Alla mattina del giorno dopo, con
i nostri bagagli ben disposti nella hall dell'albergo, siamo in attesa del
bus che ci porterà in giro per lo Yucatán nei prossimi dieci giorni.
Teniamo Umberto a letto fino all'ultimo momento: era già da due giorni
che non si sentiva molto bene e questa notte aveva anche un po' di febbre.
Evidentemente è restato vittima di una "vendetta di Moctezuma"
fulminante!
Alle 8.30 finalmente partiamo con un bus Eurocar da venti posti (ed aria
condizionata) dell'agenzia Ruta Maya di Mérida. L'autista che ci
accompagnerà per tutto il viaggio è Víctor Villalobos.
In realtà è una falsa partenza, perché dobbiamo cercare una farmacia
per acquistare delle medicine per Umberto il quale, lavorando nel
laboratorio d'analisi di un ospedale, se le è autoprescritte. Solo che
dobbiamo attendere le 9, ora in cui aprono le farmacie.
Umberto avrebbe bisogno anche di una peretta per clisteri, ma è un
problema capirsi: come si dirà in spagnolo? Così Umberto prova a fare un
disegno. Ne risulta un qualcosa di vagamente erotico-sessuale ma almeno il
farmacista, scoppiando in una fragorosa risata, capisce! La prima tappa del nostro giro nello Yucatán è Uxmal, che raggiungiamo
in poco più di un'ora.
Lasciato il bus nell'area di parcheggio, entrando nel sito archeologico
incontriamo per prima cosa la piramide dell'Indovino (chiamata a volte
anche piramide del Nano).
Naturalmente tutti i nomi dati agli edifici (qui come in altri siti
archeologici, come Chichén Itzá) sono nomi di fantasia, dati dagli
europei per qualche assonanza con persone, episodi o cose già conosciute:
così, ad esempio, il gruppo di rovine universalmente noto come
Quadrilatero delle Monache (Cuadràngulo de las Monjas, in inglese Nuns' Quadrangle) venne
così descritto per la prima volta da un europeo nel XVII secolo, Diego López
de Cogolludo, nella sua "Historia de Yucatán" (Madrid, 1688);
avendo presenti i conventi spagnoli, riferì di una costruzione fatta come
residenza delle vergini maya. Da quella volta il gruppo venne quindi
identificato come Quadrilatero delle Monache.
Il
gruppo al completo (ci ha fotografati il nostro autista Víctor
Villalobos) appena ridisceso dalla piramide dell'Indovino di Uxmal.
Anche il termine "palazzo" che viene attribuito a tanti edifici
(ad Uxmal, ad esempio, il Palazzo del Governatore) va inteso solo per
quanto riguarda il loro imponente aspetto esterno. Non dobbiamo pensare a
costruzioni con ampie stanze, saloni e corridoi: i Maya non erano in grado
di costruirli, ignorando l'uso della chiave di volta. Abbiamo muri di
grande spessore, aperture (porte e finestre) di dimensioni piuttosto
limitate e spazi interni angusti, più lunghi che larghi e molto alti,
essendo i Maya costretti ad avvicinare due muri contrapposti fino quasi a
chiudersi in alto, proprio per la non conoscenza dell'arco e della chiave
di volta.
Sono qui ad Uxmal dopo 13 anni dalla mia
precedente visita: il luogo è sempre magico ed affascinante.
Naturalmente cominciamo subito dalla piramide dell'Indovino, a pianta
ovale, sulla quale saliamo per una ripida scalinata per poi scendere da
quella sul lato opposto.
La
foto non rende l'idea di quanto siano ripidi gli scalini per
giungere alla sommità della piramide dell'Indovino di Uxmal.
Dall'alto della piramide ammiriamo le rovine di Uxmal. Siamo nello stesso
punto dal quale le vide per la prima volta il moderno scopritore John
Lloyd Stephens, nel giugno 1841, il quale avrebbe scritto: «Con mio
sbalordimento, mi trovai subitaneamente in una vasta spianata costellata
da cumuli di rovine, con grandi edifici innalzati su terrazze e
costruzioni piramidali; maestosa e in buono stato di conservazione,
riccamente decorata, senza che neppure un cespuglio ne ostacolasse la
visione e quasi uguale, per l'effetto pittoresco, alle rovine di Tebe
(...) sul Nilo.»
Dall'alto
della piramide dell'Indovino si può godere dello stesso
panorama che ammirò John Lloyd Stephens nel 1841: sullo
sfondo la Grande Piramide, davanti, a sinistra, la piattaforma
su cui poggia il Palazzo del Governatore e la Casa delle
Tartarughe (a destra).
Uxmal significa "fondata tre volte" ed è uno di quei casi in
cui il nome che diamo oggi alle rovine è lo stesso nome con cui era
conosciuta l'antica città fra i suoi abitanti: in genere non è così;
alle rovine venivano spesso dati arbitrariamente dagli archeologi nomi
ripresi dalla vicina città, da un nome geografico; è il caso, ad
esempio, di Palenque e di Copán. Questo quando non è noto il nome
primitivo.
D'altra parte Uxmal era ancora abitata al tempo dell'arrivo degli
spagnoli.
Il missionario Diego López
de Cogolludo nella seconda metà del XVII secolo aveva visitato Uxmal
quando la città portava ancora «...tracce evidenti delle offerte di
cacao e di copale, che è il loro incenso, bruciato poco tempo prima, il
che provava atti di superstizione o d'idolatria commessi di recente, fra
tutti quanti erano sul posto.» ("Historia de Yucatán",
Madrid, 1688).
Tutto sommato di Uxmal si conosce molto di più rispetto a quello che
sappiamo di altre rovine precolombiane. Sappiamo, ad esempio, che si era
alleata nella lega di Mayapán nel Katun 2 Ahua (cioè nel 987 d. Cr.).
Anche della piramide su cui ci troviamo si sa molto su cosa c'è sotto.
L'attuale piramide è sovrapposta ad altre che, una dopo l'altra, sono
state edificate sopra la precedente aumentando d'altezza. Complessivamente
ci sono cinque templi: quello più interno, il più antico, si può far
risalire al 569 d. Cr. Questa infatti è la datazione che si è ricavata
(con l'approssimazione di più o meno 50 anni) con il metodo del carbonio
14 analizzando una trave di legno che si trovava in quel tempio, fissando
in questo modo anche il periodo del massimo apogeo di questa città, tra
il 600 ed il 900 d. Cr.
Decorazioni
in stile Puuc sugli edifici del Quadrilatero delle Monache di Uxmal.
Una
casa di contadini in legno e paglia nello stato di Quintana Roo, nella
parte orientale della penisola dello Yucatán.
Dall'alto rivedo anche il Quadrilatero delle Monache, formato da quattro
edifici con un ricco apparato ornamentale, diverso per ciascun edificio.
Ridiscendiamo dunque dalla piramide, questa volta utilizzando l'altra
scalinata, ugualmente accidentata e ripida, ed entriamo attraverso una
delle grandi aperture (sarebbe improprio chiamarle "archi")
tipiche della regione.
Qui emerge lo stile Puuc in tutta la sua purezza, come nelle file
verticali di mascheroni raffiguranti il dio Chac, nelle decorazioni della
fascia superiore, nelle modanature tagliate obliquamente con una stretta
fila di junquillos stilizzati. Naturalmente di questi antichi popoli noi vediamo solo i resti
dei loro edifici costruiti con materiale durevole: sono piramidi, templi,
costruzioni civili e religiose, ma non ci resta nulla di quello che era
l'abitazione, la casa, della gente comune.
Questa non era molto diversa dalle case del contadino maya di oggi, le chozas.
Infatti vediamo delle capanne in pietra poste come decorazione
dell'edificio nord del complesso del Quadrilatero.
Una
casa di legno e paglia raffigurata in pietra su una
decorazione di un edificio del Quadrilatero delle Monache.
Anche se probabilmente il bassorilievo voleva indicare un tempio (in
origine i templi erano costruiti in legno e solo più tardi venne
impiegata la pietra), non era diverso da una casa. Quindi questa è la
raffigurazione della casa della gente normale, del popolo.
Così continua ad essere costruita la casa dei contadini più poveri dello Yucatán,
come quella che ho fotografato tredici anni fa nello stato del Quintana
Roo.
La
parte centrale del Palazzo del Governatore di Uxmal.
Un altro monumento importantissimo da non perdere qui ad Uxmal è il
cosiddetto Palazzo del Governatore. Ci arriviamo percorrendo un sentiero che
passa attraverso uno sferisterio per il gioco della pelota.
Un
"marcador" su una parete dello sferisterio del gioco
della pelota di Uxmal.
Il Palazzo del Governatore è sicuramente uno degli edifici più
interessanti dell'architettura mesoamericana precolombiana. E' lungo un
centinaio di metri e poggia su una piattaforma artificiale.
Le
tartarughe scolpite a tutto tondo danno il nome a questo edificio, la
"casa da las tortugas" (Casa delle Tartarughe).
La parte centrale è la più
importante (è anche la più larga): da essa parte un motivo trapezoidale
a rilievo dal quale a sua volta si dipartono tutti gli elementi della
complessa ed elaborata decorazione che corre su diversi piani di rilievo.
Si aggiunge una fila di mascheroni di Chac che parte rettilinea per poi
scendere con un angolo di 45 gradi, continua orizzontalmente per poi
risalire e quindi scendere ancora arrivando allo spigolo laterale dove si
trova un'altra fila verticale di maschere di Chac.
Tutto l'apparato decorativo (ad eccezione del motivo serpentiforme del
listello superiore) si interrompe bruscamente in corrispondenza delle due
aperture (chiamate anche "archi", o "falsi archi", o
"archi con volta a mensola") incassate che dividono in tre parti
il corpo dell'intero complesso.
Una
delle due aperture rientranti che dividono in tre parti il
palazzo del Governatore di Uxmal.
Sull'ampia spianata di fronte al palazzo è collocato un Chacmool ed una
colonna spezzata: alcuni vedono in quest'ultima un simbolo fallico, non
estraneo alla cultura di queste popolazioni, ma è interessante notare che
potrebbe avere un preciso riferimento
astronomico.
Sulla piattaforma su cui si eleva il palazzo vediamo anche la Casa delle Tartarughe: un edificio che in realtà si incontra appena si sale sulla
piattaforma, ma sul quale ci si intrattiene solo ora.
Il suo nome è giustificato da alcune tartarughe scolpite a tutto tondo
sulla fascia superiore della decorazione: una decorazione che, unita al
fregio costituito da junquillos ed alla cornice di ataduras,
appartiene al più classico e puro stile Puuc.
Una
panoramica su Uxmal ripresa dalla zona sopraelevata della Grande
Piramide e de "el Palomar": a destra la parte posteriore del
Palazzo del Governatore, in fondo sulla sinistra il Quadrilatero delle
Monache e l'inconfondibile sagoma della piramide dell'Indovino.
Arriviamo quindi alla Grande Piramide e da qui raggiungiamo la casa delle
Colombe (el Palomar), un edificio che fa parte di un altro
quadrilatero, del quale oggi resta ben poco.
La struttura è coronata in alto da una specie di "cresta"
traforata, mantenutasi pressoché intatta: vista da lontano dà proprio
l'impressione di sembrare una colombaia.
La
"cresta" de "el Palomar" spunta appena tra
la vegetazione.
Dopo aver ammirato da una posizione sopraelevata le rovine di Uxmal da una
diversa prospettiva rispetto a quella di prima, quando eravamo sulla
piramide dell'Indovino, rinunciamo a spingerci fino alla Piramide della
Vecchia ed al Tempio dei Falli e facciamo ritorno per una via diversa: i
sentieri sono poco battuti ed a tratti si confondono con la vegetazione.
Attraversiamo quindi la zona chiamata el Cementeiro a causa di certi
bassorilievi che rappresentano teschi ed ossa incrociate. Probabilmente si
trattava di uno Tzompantli.
Troviamo anche il tempo di mangiare qualcosa e così alle 13 in punto siamo
già dentro il nostro bus pronti per ripartire.