Saliamo
sulla Piramide del Tempio delle Chiese del Gruppo Cobá.
A mezzogiorno e mezzo partiamo
alla volta di Cobá.
Secondo un racconto del folklore maya, Cobá era unita a Chichén Itzá,
ad Uxmal ed
a Tulum mediante
la "cuxan san", la "strada sospesa nel cielo", la
"corda vivente" ("cuxan" = vivente, "san"
= corda). Al di là delle leggende, esistevano qui numerosi "sacheob",
strade pavimentate rialzate che non avevano solo una funzione cerimoniale
all'interno delle città, ma le mettevano in collegamento tra di loro. Una
di queste strade, quasi perfettamente rettilinea, è lunga quasi cento
chilometri e collega la base della Grande Piramide, o "Nohoc Mul",
all'insediamento maya di Yaxuna: è stata interamente esplorata e
descritta in un opuscolo del 1934.
Cobá doveva essere una delle più importanti città maya, se le sue
rovine si estendono su una superficie di una settantina di chilometri
quadrati, per la massima parte ancora inesplorate, e gli archeologi
valutano che siano circa 6.500 le strutture da scavare, studiare e
restaurare.
La
Piramide del Tempio delle Chiese del Gruppo Cobá.
Il primo complesso che vediamo è quello chiamato Gruppo
Cobá: tra le rovine completamente esplorate emerge la Piramide del Tempio
delle Chiese. Saliamo i ripidi gradini della piramide e, sovrastando la
foresta, abbiamo un bel colpo d'occhio sulla zona: vediamo i due laghi,
quello quasi circolare è il lago Macanxoc e l'altro è il lago
Cobá.
Dalla parte opposta vediamo la cima di un'altra piramide lontana uno o due
chilometri: è la Grande Piramide, o "Nohoc Mul".
Ridiscesi e tornati un po' indietro incontriamo il "Conjunto de
las Pinturas" (o Tempio delle Pitture).
Da qui un sentiero prosegue tra una vegetazione bellissima; dopo un
chilometro circa incontriamo alcune stele, alcune ben lavorate con figure
femminili o dignitari e glifi, altre molto deteriorate se non addirittura
illeggibili, e vari tumuli di pietre. Siamo nel gruppo chiamato "Ma
Can Xoc".
La Grande Piramide di Cobá,
o "Nohoc Mul".
Verso
il "Conjunto de las Pinturas" di Cobá.
Il sentiero compie un ampio giro, quasi semicircolare, fino ad incontrare la
deviazione per il "Nohoc Mul": il cartello che indica il
percorso fornisce anche la distanza: un chilometro. D'altra parte l'area è
veramente vasta e di conseguenza i vari gruppi da visitare sono molto
distanziati gli uni dagli altri.
Troviamo un primo edificio basso con alcuni gradini ed una stele e oltre gli
alberi cominciamo a intravedere la sagoma di una piramide che risplende del
biancore della sua pietra al sole: è la Grande Piramide, o "Nohoc
Mul", uno splendido edificio alto 42 metri con 120 gradini che
saliamo per ammirare una maestosa vista sulla selva.
I gradini sono decorati con motivi di conchiglie. E' interessante questo
edificio, che mostra nella sua struttura influenze stilistiche
provenienti dal Petén: gli angoli rilevati, tipici di quella lontana
regione, in questa piramide si trasformano in elementi molto più
arrotondati.
Altri bassorilievi che notiamo sono quelli che mostrano il Dio
Discendente, posti sul tempio che sta sulla sommità della piramide, che
si ritiene sia stato aggiunto in epoca successiva.
Oltre alla visita archeologica, limitata alle cose essenziali, è molto
bella questa passeggiata che abbiamo fatto nella foresta, decisamente poco
frequentata: oltre a noi ci sarà appena un'altra decina di visitatori.
La
salita è veramente ripida: la Grande Piramide di Cobá è alta
42 metri e noi sembriamo dei puntini lassù.
Con
le luci viene in qualche modo ricostruito quanto avviene agli
equinozi, quando i raggi del sole disegnano una figura che, unendosi
alla testa di serpente alla base della scalinata, rappresenta la
discesa dal cielo del Serpente Piumato - Kukulkán.
Noi restiamo a Cobá un paio d'ore ma, volendo, una visita più accurata
non richiederebbe meno di una giornata intera. Basti pensare che le rovine
inesplorate di Ixtil stanno a 19 chilometri di sentiero nella selva e che
la piramide di Kucilan dista 8 chilometri: questo è solo per dare l'idea
della grande vastità di questo luogo.
Sono le cinque e mezzo quando arriviamo all'albergo Dolores Alba di
Chichén Itzá, che avevo prenotato da Tulum: si trova in una posizione
comoda, ad un paio di chilometri dall'ingresso al parco archeologico.
Neppure il tempo di occupare le stanze con i bagagli, che il gruppo è
già in piscina.
Víctor, il nostro autista, va a cercare un'altra sistemazione più
economica in paese. Ci verrà a prendere alle 18.30 per portarci alle
rovine di sera, per poter assistere allo spettacolo di luci e suoni ("Luz
y sonido") che viene fatto alle 19.
Davanti a noi c'è la spianata con la piramide di Kukulkán ed il Tempio
dei Guerrieri.
Più voci narranti raccontano, con una certa enfasi retorica, la storia
dei Maya, la loro ascesa, la conquista degli Spagnoli e la loro fine. La
musica accompagna tutta la narrazione mentre dei fantastici giochi di luci
colorate illumina ritmicamente i monumenti davanti a noi.
Effetti
di luci allo spettacolo "Luz y Sonido" a
Chichén Itzá.
Lo spettacolo, della durata di poco più di mezz'ora, si conclude con il
ritorno di Kukulkán, il Dio Serpente, sulla terra ricostruendo quel gioco
di luci e ombre che naturalmente si verifica due volte all'anno, in
occasione degli equinozi di primavera e d'autunno, quando i raggi del sole
creano una figura serpentina che si congiunge alla testa del Serpente
Piumato alla base della scalinata Nord d'accesso al tempio.
L'unica nota un po' negativa, forse perché non fa parte delle nostre
abitudini e della nostra cultura, è data dai testi che sono narrati,
troppo retorici ed enfatici, come nella migliore tradizione dell'America
Latina.
Complessivamente comunque si tratta di uno spettacolo suggestivo che è
piaciuto a tutti. Al termine Víctor Villalobos, il nostro autista, ci
riporta in albergo, presso il quale avevo prenotato la cena.
Più tardi telefono a Gemma a Guadalajara: suo nipote è nato proprio
oggi! Quindi la ragguaglio sui miei spostamenti e le confermo l'orario del
mio arrivo all'aeroporto di Guadalajara.
Il giorno dopo facciamo colazione
presto (avevamo chiesto ieri se ce la potevano anticipare): infatti
vogliamo essere tra i primi ad entrare alle rovine. Alla mattina ci sono
almeno due voli diretti da Cancún che scaricano a
Chichén Itzá centinaia di turisti americani e noi vorremmo compiere la
visita con tranquillità, senza essere travolti dall'orda.
Un
personaggio esce dalle fauci spalancate di un Serpente Piumato su una
parete del tempio dei Guerrieri a
Chichén Itzá.
La storia e le origini di
Chichén Itzá non sono del tutto assodate, ed anche tra gli studiosi ci
sono molte discordanze per la mancanza di fonti documentali certe. Anche la
fonte principale di cui disponiamo, i libri di Chilam Balam, fornisce alcune
notizie contraddittorie.
Sappiamo, lo scrivono tutte le guide, che
Chichén Itzá significa "vicino ai pozzi degli Itzá", ma anche
su chi fossero gli Itzá non tutti sono d'accordo. Probabilmente erano un
ramo di un popola più vasto, i Maya Chintal (i Putún): una popolazione
mista Maya-Nahuat, piuttosto aggressiva, che aveva assorbito molte usanze e
costumi delle genti Nauhat (una forma antica della lingua nahuatl),
proveniente dal Campeche meridionale e dal delta dei fiumi Usumacinta e
Grijalva nel Tabasco. Probabilmente erano viaggiatori e mercanti, poco si interessavano di arti,
di architettura e di astronomia, a differenza dei Maya.
Questi Itzá si sarebbero stabiliti nell'isola di Cozumel e
da qui sarebbero passati nella terraferma conquistando molti centri, tra cui
Chichén.
Maggiori dubbi riguardano quando avvennero questi movimenti. La città
esisteva già, almeno dal V secolo, ed a questo periodo vanno ricondotte le
costruzioni attribuibili alla Chichén antica, dove vediamo un predominio
dello stile Puuc.
Questa città fu forse abbandonata, o per lo meno non fu più vitale, come
avvenne nella stessa epoca per le città maya dell'interno, Palenque,
Tikal,
Piedras Negras e tante altre. Quindi qualche tempo dopo il 900 d. Cr. gli Itzá,
che nel frattempo si erano amalgamati con i Maya dello Yucatán, costruirono
la prima piramide della "nuova"
Chichén Itzá, un po' più a nord del precedente nucleo.
Qui si inserisce il problema (irrisolto) tolteco. I racconti ci direbbero
che l'eroe tolteco Quetzalcoatl (che in lingua maya con l'identico
significato di Serpente Piumato era detto Kukulkán, fuggito da Tula fondò
qui la nuova città; oppure Quetzalcoatl-Kukulkán avrebbe incontrato gli
Itzá a Champotón (Champuchtun) dove si erano insediati e li avrebbe
riportati nella loro antica città costruendo quella nuova.
La
testa del Serpente Piumato con le fauci spalancate alla base della
scalinata che porta al tempio di Kukulkán sulla sommità de "el
Castillo".
Uso, con una voluta cattiveria, il condizionale. Infatti molti autori, anche
qualificati, citerebbero fonti e relazioni antiche come il Popol Vuh, i libri di
Chilam Balam, frate Diego de Landa, eccetera. Naturalmente non ho avuto la
possibilità di accedere a tutte quelle fonti in originale, ma sono riuscito
ad acquisirne qualcuna, ho cercato le citazioni e... non ci sono, o sono
state deformate ad uso e consumo di chi scriveva. Un autore successivo
riportava tali e quali quelle citazioni senza controllare la fonte.
Ma al di là delle storie, delle leggende e delle citazioni "di
comodo", è difficile pensare ad una migrazione di un popolo (il
Tolteco) che si sarebbe spostato per 1.700 chilometri attraversando paludi,
foreste, montagne, fiumi in territori abitati da popolazioni non sempre
amiche, senza lasciare una traccia del proprio passaggio.
Forse si trattò non tanto una migrazione di un popolo, quanto della sua
cultura, delle sue idee? Forse che solo degli architetti toltechi arrivarono
fin qui con i loro disegni che poi vennero realizzati da maestranze maya?
E' difficile pensare che una capitale, tutto sommato modesta quale era Tula,
avesse potuto ispirare tutte le meraviglie che ammiriamo nella nuova
Chichén Itzá. L'arte che vediamo a
Chichén Itzá non è una ripetizione di quello che veniva fatto a Tula.
Il punto d'arrivo dell'arte di Tula, a
Chichén Itzá si sviluppa, si evolve con una tale ricchezza che
dimostrerebbe che il conquistato (il Maya) avesse una tradizione culturale
più ricca di quella del suo conquistatore (il Tolteco) dal quale prende
degli spunti, delle idee, per elaborarli in maniera autonoma.
Con tutti i condizionali del caso, sarebbe anche da prendere in
considerazione che Quetzalcoatl-Kukulkán sia stato sì un personaggio
reale, ma estremamente mitizzato: infatti non coinciderebbero i secoli nei
quali vissero Quetzalcoatl e Kukulkán. Forse che Kukulkán ormai fosse
assurto ad un titolo onorifico? Che fosse qualcun altro che portava lo
stesso nome, magari trasformandolo in titolo?
Lasciando quindi stare i vari tentativi di ricostruzioni aleatorie di
avvenimenti, cerchiamo piuttosto di restare aderenti alla realtà dei fatti
che, per quanto ci riguarda, sono dati soprattutto dai resti archeologici di
Chichén Itzá.
E qui a
Chichén Itzá ci troviamo, in una mattina tranquilla, quando ancora non
c'è la ressa dei visitatori, nella grande spianata sulla quale si eleva
isolato "el Castillo".