L'angelo
posto sopra la sommità della cuspide piramidale del campanile di San Marco
ha la funzione di segnalare la direzione del vento: è infatti girevole
sul proprio asse sensibile, con le ali, ai soffi di vento. In realtà
è un Arcangelo: l'Arcangelo Gabriele, quello che appare alla Madonna nel
giorno dell'Annunciazione.
Dal campanile ha un annuncio per la città.
Ponte di Rialto: la
collocazione dell'Annunciazione.
Non
sappiamo chi fu l'autore del primo angelo dorato che andò a coronare la
cuspide del campanile di San Marco. Come abbiamo ricordato
, dopo il fulmine del 1489 ed il terremoto del 1511,
venne ricostruita da Pietro Bon la cima della torre secondo un progetto,
probabilmente di Giorgio Spavento (circa 1440-1509), che prevedeva una nuova cella
campanaria sovrastata da loggette e da un dado su cui poggiava la cuspide
piramidale: il tutto realizzato in pietra per eliminare le strutture in
legno, facile preda degli incendi.
In quell'occasione venne collocata sulla punta una statua in legno
ricoperta di rame dorato. Non sappiamo neppure a chi venne in mente
l'idea. Secondo il Sansovino questo abbellimento sarebbe stato ispirato da
Marco Vitruvio Pollione (I secolo a. Cr.) quando narra che ad Atene
esisteva una torre (la Torre dei Venti) sulla cui sommità era posta una
statua che girava per segnare la direzione del vento.
Dove Francesco
Sansovino ricorda la statua sulla Torre dei Venti di Atene.
La statua che venne posta sul campanile di San Marco rappresentava
l'Arcangelo Gabriele a ricordo della mitica fondazione di Venezia che
sarebbe avvenuta il 25 marzo del 421.
Il 25 marzo è il giorno dell'Annunciazione: l'Arcangelo Gabriele annuncia
alla Madonna che sarà la madre del Salvatore. Dal campanile di San Marco
l'Arcangelo annuncia a Venezia, che si è sempre identificata con la
Vergine, quello che sarà il suo compito: essere portatrice di salvezza
per la cristianità e difenderla, soprattutto dagli attacchi dei
musulmani. Ad essere disincantati, poteva costituire un lasciapassare
politico per
predominare sul Mediterraneo orientale opponendosi al Turco.
Magari non tutti ci hanno fatto caso, ma anche sul Ponte di Rialto è rappresentata
la scena dell'Annunciazione: sul lato del ponte rivolto a Sud-Ovest
possiamo vedere sulla sinistra dell'arcata l'Arcangelo Gabriele e sulla
parte opposta, sull'altra sponda del Canal Grande, la Madonna.
Al centro dell'arcata, spesso nascosta da drappi pubblicitari, c'è la
scultura della colomba, simboleggiante lo Spirito Santo.
Ponte
di Rialto: le tre figure dell'Annunciazione.
"Figura
dell'Angelo di rame dorato soprapposto alla Torre di san Marco di
Venezia il dì 27 luglio 1822" (incisione
di Anonimo, collezione privata).
Secondo Marin Sanudo (1466-1536) l'angelo, alto più di cinque metri,
venne collocato il 6 luglio 1513 «...con trombe e pifari (...) et fo
butado vin e late zoso in segno di alegreza...».
Questa statua durò meno di mezzo secolo: infatti, forse anche a causa
delle sue dimensioni e del suo peso, si trovò tanto malridotta che
dovette essere sostituita nel 1557 da un'altra più piccola (3 metri) che
qualche autore attribuisce ad Alessandro Vittoria (1525-1608).
Dopo quasi un secolo, verso il 1650, la statua ebbe bisogno di essere
restaurata, essendo diventata mal stabile con il rischio concreto che
precipitasse al suolo.
La riparazione venne fatta dal mastro Giorgio de Cristofolo, proto dei remeri
(fabbricatori di remi) dell'Arsenale, con l'aiuto di altri cinque operai.
Il lavoro fu fatto in cima al campanile, senza far scendere la statua: per
il suo lavoro de Cristofolo ricevette 60 lire venete ed i cinque operai
complessivamente 372 lire venete.
Nel 1652 ci fu ancora bisogno dell'intervento di mastro de Cristofolo,
sotto la direzione di Baldassare Longhena (1598-1682) che ci lasciò anche
una relazione con l'elenco dei materiali impiegati.
Agli inizi del XVIII secolo a diventare pericolante fu un braccio
dell'angelo che venne rifatto nel 1710 dallo scultore Giovanni Rebizzi
dietro compenso di 31 lire venete.
Durante il ripasso generale dell'intero campanile compiuto nel 1737 fu
eseguita anche una manutenzione dell'angelo; di un altro restauro ebbe
bisogno nel 1805, quando venne sistemata tutta la cuspide. Ormai la vecchia statua dell'Arcangelo, dopo più di 250 anni, non girava
più al soffiare del vento: fu quindi portato a terra e tra ottobre e
novembre del 1818 venne rinnovata la base della statua con nuovi marmi;
uno proveniva dalla tomba della famiglia Patarol che si trovava nella
trecentesca chiesa di Santa Marta, in quegli anni soppressa e chiusa.
Si decise di ordinare un nuovo angelo: il disegno del modello fu affidato
a Luigi Zandomeneghi (1778-1850), allievo di Antonio Canova (1757-1822) e
professore di scultura all'Accademia di Belle Arti di Venezia,
mentre alla statua lavorarono gli scultori Andrea Monticelli e Giovanni
Casadoro.
Finalmente il 30 luglio 1822, alle due del pomeriggio, la nuova statua
dell'Arcangelo Gabriele venne issata sulla cima. Non suonarono le trombe e
non fu versato latte e vino dal campanile come era accaduto tre secoli
addietro, tuttavia fu compiuto un gesto significativo: venne collocata al
suo interno una cassetta di rame e dentro questa un'ampolla di cristallo sigillata con l'impronta della
Biblioteca di San Marco che conteneva un'epigrafe in latino dettata da
Emmanuele Cicogna (1789-1868) a ricordare chi aveva reso possibile
l'opera.
Per chi fosse curioso, ne riportiamo il testo: «CURANTIB IX VIRIS
PRAEPOS FABR BASIL MARCIANAE ALOYSIUS ZANDOMENEGHI BONAR ARTIUM ACAD
MAGISTER OPUS LIGNOR FRANCISCUS CARISSIMI FABER FERR EXECUUTI SUNT CASPARE
BIONDETTI MACHINAR AD ERECTIONEM STRUCTORE CAESARE FUSTINELLI ARCHIT OMNIA
MODERANTE. VENETIIS A MDCCCXXII EMANUELIS CICONIAE».
L'angelo
restaurato da Emanuele Munaretti nel gennaio 1911 in una foto di
Carlo Naya
(collezione privata).
Per
i restanti anni del XIX secolo l'angelo del Zandomeneghi ebbe bisogno solo
di un paio di ripassature del colore oro (nel 1858 e 1890). Quando il 14 luglio 1902 il campanile di San Marco crollò, anche l'angelo
dorato precipitò al suolo: cadde tra le macerie proprio di fronte alla
porta principale della basilica di San Marco.
Tra
le macerie del campanile crollato si nota in primo piano un
pezzo dell'angelo dorato (un'ala) precipitato al suolo davanti
alla porta principale della basilica marciana (Foto
di Aldo Jesurum, firmata, montata su cartoncino. Collezione
privata).
Si ruppe in molti pezzi e frammenti che furono recuperati e riuniti
all'interno del Palazzo Ducale. Quando giunse il momento di mettere mano alla statua segnavento, ci si
rese conto che molte parti erano irrecuperabili e dovevano essere rifatte,
come il meccanismo che consentiva di ruotare attorno al proprio asse che
venne riprogettato secondo criteri più moderni.
Sotto la direzione di Emanuele Munaretti si cercò comunque di
ripristinare il più possibile gli elementi originali e nel gennaio 1911
si poteva dire concluso il lavoro che aveva rimesso a nuovo l'opera del
Zandomeneghi.
A fine dicembre si concluse l'armatura per la ricostruzione della cuspide
piramidale: un piccolo cantiere di lavoro era stato sistemato lassù, a
quasi cento metri d'altezza, per predisporre tutto il necessario per
accogliere l'angelo dorato.
Questo poté essere ricollocato il 5 marzo 1912, quando mancava circa un
mese e mezzo all'inaugurazione del campanile ricostruito.
L'angelo
dorato sul campanile di San Marco risplende benedicendo la città.
"L'angiolo d'oro" di
Fabio Gualdo:
«Surse, raggiante vision di sogno
sui marmi e i lidi e la laguna e il mare,
surse improvviso, qual da ratte nubi il sole appare.
Trasfigurò l'azzurro arco de' cieli
al folgorar de la diurna stella,
l'Urbe, orna il crin del l'aurato fiore, rise più bella.
Ave, fiore, astro, simbolo, vessillo
d'invitta gloria e d'incrollabil fede,
stigma implacato a chi non crede, eterno vanto a chi crede.
Ave! Nel lampo de la diva fronte
che pia s'inchina su la prole avita,
nel cenno austero de la palma eretta che i cieli addita
è l'albeggiar d'un sogno, il rifiorire
d'una mistica altissima speranza,
il presagio ideal d'una vittoria ch'ogni altra avanza.
Oh tu solleva, illumina le menti
sì ch'ogni spirto al Vero ultimo aneli,
apri i cuori all'Amor ch'è il riso eterno dei mondi ai cieli!
Oh taumaturgo, o tu che per l'immenso
citra le fremebonde ali disfreni
e quasi novo sole a li stupiti occhi baleni,
àuspice Iddio, rompi quest'ombre e impera:
impera e splendi, o formidabil duce,
o perenne squillante alto su l'Urbe inno alla luce!»