México y Yucatán

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   Viaggio effettuato nel gennaio-febbraio 1993
   
Agua Azul: una cascata.
Il bollettino medico dell'indomani ci dice che Umberto ha solo una febbre modesta (37,2°) mentre è aumentata quella di Raffaella.
Partiamo alle 8.30 e dopo un'ora circa imbocchiamo la deviazione che ci porta alle cascate di Agua Azul, tra le più belle del Messico con le loro acque color turchese.
Il luogo mi pare ben più caotico di tredici anni fa, quando eravamo in pochissimi sulle sponde di questa serie di bacini d'acqua, comunicanti fra loro per mezzo di cascatelle di varie dimensioni ed altezza.
 
 
Ormai dove si arriva c'è di tutto, ristoranti, ombrelloni, lettini, proposte di vedere le cascate dall'alto in deltaplano.
La parte più scenografica di Agua Azul, quella che si presta meglio a qualche foto, è la prima, a condizione di tenere fuori dall'inquadratura -se si ha fortuna- la componente "umana".
Noi proseguiamo a piedi per una mezz'ora costeggiando le cascate, attraversiamo un ponte sospeso, ci sono delle zone tra una cascata e quella successiva dove il fiume si allarga: apparentemente si potrebbe fare il bagno, ma bisogna prestare molta attenzione alla corrente che è molto insidiosa.
 
Agua Azul: l'attraversamento di un ponte sospeso.
 
Agua Azul: una cascata.
 
Proseguendo ancora oltre si attraversa un campo, si oltrepassa una teleferica che unisce le due sponde del fiume e dopo qualche centinaio di metri c'è persino una spiaggetta dove l'acqua è un po' più tranquilla e si può fare il bagno. Ed infatti ci troviamo tutti in acqua, stando comunque attenti alla corrente che c'è e si fa sentire soprattutto quando si nuota controcorrente.
La nostra sosta si protrae oltre il dovuto, con soddisfazione di tutti, godendo di un bel momento di relax, dopo tante pietre e ruderi.
Il momento di rilassatezza generale continua a farsi sentire anche dopo la partenza da Agua Azul: una sosta ad Ocosingo, che doveva essere di dieci minuti per acquistare un po' di frutta, fa disperdere tutto il gruppo per il paese. Ci ritroviamo nel bus solo tre quarti d'ora dopo.
Da Ocosingo, volendo, si potrebbe prendere la deviazione che porta alle rovine di Toniná, ma non l'abbiamo in programma, anche perché ci aspetta una strada di montagna piena di curve, anche se molto bella e panoramica, tra le alture di Los Altos, l'altopiano centrale del Chiapas.
Finalmente alle 17 arriviamo a San Cristobál de las Casas dove ci attendono per accoglierci i gestori della Casa Margarita, in Calle Real de Guadalupe.
A San Cristobál de las Casas grande cena al Restaurante La Misión del Fraile a base di "anafre" regionali.
 
 
Dopo una doccia ed una rinfrescata siamo tutti pronti per un giro esplorativo nel centro di San Cristobál con un accurato ed attento esame dei ristoranti disponibili.
La nostra scelta cade su "La Misión del Fraile" per una cena con gli stupendi anafre della cucina regionale.
 

Fa fresco, anche se non freddo: non dobbiamo dimenticare che siamo a 2.100 metri d'altezza.
Così dopo cena torniamo lentamente all'albergo e, con la scusa della temperatura, occupiamo un'unica stanza per scaldarci con tequila e birra.
Poi, buona notte a tutti.
 
Tutti riuniti in un'unica camera della "Casa Margarita" per riscaldarci con tequila e birra.
Un riparatore tutto fare a Chiapa de Corzo.
 
Altra giornata intensa, quella che ci aspetta.
La colazione è stata un po' lenta questa mattina e ci fa ritardare un po' la partenza; comunque alle 9.30 riusciamo ad essere a Chiapa de Corzo dopo aver percorso una strada in discesa piena di curve tra boschi, villaggi, capanne di legno con tetti di paglia ed aver superato anche un passo di 2.400 metri.
All'imbarcadero sul Rio Grande de Chiapas (chiamato anche Rio Grijalva) chiediamo ai barcaioli due lance per fare l'escursione: ci vuole un quarto d'ora d'attesa per approntare le due lance in vetroresina e rifornirle di carburante.
 
 
Intanto, durante l'attesa, osservo l'insegna di un artigiano, evidentemente un tuttofare; infatti sull'insegna c'è scritto: «ELECTROCALZADOS Riparazione di calzature, radio, stereo, registratori, moduli, equalizzatori, altoparlanti, palloni da calcio, eccetera».
Un uccello, disturbato dal rumore dei motori delle nostre lance, si allontana in volo.
Le lance sono pronte, ci imbarchiamo e comincia la nostra gita nel Cañón del Sumidero.
 
Una delle nostre lance in navigazione sul Rio Grande de Chiapas (Rio Grijalva).
 
Il primo tratto del fiume è piuttosto largo: le pareti lisce si alzano perpendicolari, ma saranno alte un centinaio di metri. I nostri barcaioli fanno a gara viaggiando a zigzag, sorpassandosi ed incrociandosi ripetutamente.
Ogni tanto, disturbato dal rumore dei nostri motori, qualche uccello si alza in volo e si allontana; altri volteggiano per un attimo e poi si lanciano a capofitto nell'acqua dove hanno individuato una preda. Vediamo anche degli uccellaci neri che ci sembrano degli avvoltoi.
Le gigantesche protuberanze di muschi e licheni che formano l'"arbor de Navidad" viste da sotto.
Più si avanza, più il fiume si restringe e contemporaneamente le pareti che lo delimitano si fanno sempre più alte e ripide.
Per qualche momento i barcaioli rallentano, spengono il motore ed avanzano silenziosamente aiutandosi con un remo: loro sanno che in quei punti ci sono i rifugi degli alligatori, ma non abbiamo fortuna e non ne vediamo nessuno.
 
Il fiume comincia a stringersi e le pareti si fanno più alte.
 
Il fiume ormai scorre nel punto più stretto e profondo del canyon: c'è un dislivello di mille metri tra i bordi della montagna in alto ed il fiume dove siamo noi, mille metri di roccia liscia e scoscesa.
Si aprono delle fenditure e delle piccole grotte, qualche rigagnolo che scende dalla montagna forma delle piccole cascatelle che fanno crescere una vegetazione verde, come un gigantesco muschio che i locali chiamano arbor de Navidad (albero di Natale) per la forma che ha assunto.
 
L'"arbor de Navidad" (o albero di Natale): un gigantesco agglomerato di muschi e licheni. Una delle nostre barche sotto dà l'idea delle dimensioni.
 
Sul bordo superiore della montagna vediamo, ma dobbiamo aiutarci con il binocolo o con il teleobiettivo, un mirador: fa parte di un ristorante costruito su uno dei punti più alti del canyon con questa parte panoramica che si protende nel vuoto. Certo che la visione da quel punto deve essere uno spettacolo da vertigini.
Il ritorno verso Chiapa de Corzo.
Ormai il canyon è terminato ed il fiume va ad ingrandirsi in un bacino d'acqua formato da una grande diga, la Cortina de Chicoasen, la più alta del Messico. E' grazie a questa diga, che ha innalzato il livello delle acque del fiume, che oggi è possibile percorrere con tranquillità i 20 chilometri del Cañón del Sumidero: prima dell'aprile 1960 non era possibile e tante spedizioni che si sono susseguite dal 1895 in poi per esplorarlo si sono concluse in tragedia.
E' il punto dal quale possiamo tornare e proprio al ritorno vediamo due animali nel fiume: il primo è un serpente d'acqua che ci taglia la strada nuotando quasi in superficie con un'andatura sinuosa ed un po' di traverso. L'altro è una testuggine d'acqua che il nostro barcaiolo ha visto da lontano e verso la quale ha diretto la lancia per farcela vedere da vicino.
All'imbarcadero, da dove eravamo partiti due ore fa, troviamo Víctor ad attenderci con il bus e prendiamo la strada, in salita con molte curve, che ci avvicina a San Cristobál.
Ma la nostra meta è un'altra: San Juan Chamula.
 
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Pagina aggiornata il 18 novembre 2017. Io ho fatto molti importanti viaggi con Avventure nel Mondo