A Subteniente López troviamo la
deviazione per Chetumal, ma noi invece svoltiamo a sinistra, tenendo a
destra il lago Bacalar che costeggiamo; sebbene lo chiamino lago, in
realtà è una laguna. A Felipe Carillo ci fermiamo per quaranta minuti
approfittando del fatto che Víctor deve rifornire il bus. Così ci riforniamo
anche noi, mangiando qualcosa in paese.
Alle 17.45 finalmente arriviamo a Tulum. Portandoci verso la costa, dove
ci sono le rovine, il traffico è divenuto caotico rispetto a come era
tredici anni fa: parcheggi pieni di autobus turistici e macchine. Anche la
città moderna è cresciuta molto.
Víctor è pessimista: in questa stagione, quando gli americani scendono a
svernare nello Yucatán, senza aver una prenotazione è difficile trovare
posto, anche nei bungalow.
D'altra parte io non ero riuscito a prenotare nulla, perché non
avevo alcun contatto telefonico o indirizzo preciso: sono strutture che
nascono anche senza una linea telefonica e magari hanno come riferimento
solo un numero di cellulare.
La nostra ricerca dura più di un'ora, chiedendo praticamente a tutti i
campeggi con bungalow della costa. Alla fine troviamo una sistemazione
più che spartana alle Cabañas Gato's Bar: per la prima notte non c'è
posto per tutti, ma possono sistemare delle amache per aumentare i posti
nelle capanne che possono assegnarci.
L'alba
sul mare dei Caraibi a Tulum.
Ci fermiamo al loro ristorante per
una cena a base, naturalmente, di pesce, poi domani si vedrà: se ci
trovano una sistemazione migliore possiamo anche continuare a rimanere
qui, oppure possiamo cercare con calma, già dalla mattina, delle altre cabañas.
Siamo davanti al mare, ma alla notte fa freddo: infatti scende il sole e
soprattutto comincia a soffiare un vento fresco. Le cabañas sono
molto spartane, hanno le pareti in legno e tronchi, piene di fessure che
lasciano passare il vento.
Alla
notte fa un freddo cane dormire sulle amache nelle cabañas!
E attenzione alle amache! Infatti se in un letto basta coprirsi sopra per
stare riparati, dormendo in amaca, che in pratica è fatta di rete,
bisogna coprirsi sopra e sotto, altrimenti ci si ritrova la schiena al
freddo e di notte, ripeto, fa veramente freddo.
La sveglia per tutti noi è prima dell'alba: vogliamo infatti ammirare i
colori del cielo al sorgere del sole.
Siamo decisamente tutti molto assonnati: ieri abbiamo fatto molte ore di
viaggio e poi dopo cena si è restati a chiacchierare un bel po'. Abbiamo
dormito tutti poco, e qui l'alba arriva presto.
Passeggiamo sulla spiaggia che è ancora buio, coperti con un maglione o
una giacca antivento.
Poi lentamente il cielo comincia ad illuminarsi di bagliori di tutti i
colori e con esso qualche velatura nuvolosa dà l'effetto di una
pennellata sul cielo. Dire che è rosa è dire nulla: è rosa, rosso,
persino verde e poi viola mentre il disco arancione del sole comincia a
fare capolino sull'orizzonte. A questo punto il cielo comincia a farsi
coraggio e cerca di diventare azzurro.
L'alba
sul mare dei Caraibi a Tulum.
Non abbiamo più sonno e non
possiamo restare indifferenti a quello spettacolo. Poi rientriamo nelle
nostre cabañas, a poltrire ancora un po' e finalmente ci alziamo
per prendere la colazione.
Il gruppo non ha molta voglia di traslocare in un'altra struttura di
bungalow e preferisce fermarsi qui: l'ambiente ci fa sembrare tutti un po'
dei Robinson Crusoe.
Intanto ricevo assicurazione che per questa sera ci daranno due bungalow
in più, così potremo allargarci e lasciare una cabaña che aveva
troppe manchevolezze.
Nel frattempo una parte del gruppo va a cercare una barca per farsi
portare fino alla barriera corallina. Io, con altri, vado in paese in
autobus con
Víctor: c'è chi deve andare in posta, chi è alla ricerca di un
telefono, chi deve cambiare soldi. Io ne approfitto per prenotare
l'albergo a Chichén Itzá per dopodomani e poi si va con Raffaella ed
Antonella, le due amiche di Rovigo, alla stazione degli autobus per
informarci sugli orari e sui prezzi degli autobus di linea: noi infatti le
saluteremo qui a Tulum perché loro hanno il prolungamento di una
settimana sulla data del volo di ritorno per trascorrerla sulle
spiagge dello Yucatán. Quindi per tornare a Mérida per prendere l'aereo
dovranno arrangiarsi con gli autobus di linea.
A mezzogiorno siamo finalmente in spiaggia anche noi quando arrivano anche
i reduci dalla barriera corallina. Hanno fatto immersioni, sono
soddisfatti anche se la barriera non era un granché e c'erano molti
coralli morti, pare a seguito di un ciclone che la ha devastata.
Questa sera cambiamo ristorante: si va ad uno carinissimo presso le attrezzate Cabañas
Ana y Jose, due o tre chilometri oltre le nostre: anche qui magnifico
pesce fresco in un ambiente più alla moda.
Il
"Castillo" di Tulum sullo sperone di roccia che si protende
sopra il mare dei Caraibi.
Il giorno dopo con una parte del
gruppo vado a visitare le rovine di Tulum. E' meglio farlo presto, appena
aprono, perché dopo, ad una certa ora, arrivano decine e decine di
autobus turistici che scaricano americani (ma anche inglesi) che sono in
vacanza nei centri vicini di Cancún, di Playa del Carmen, di Akumal per
fare l'escursione archeologica. Li avevo visti ieri, verso le 11, quando
ero stato in paese per le commissioni.
Mentre il gruppo dei sub si fa portare da Víctor ad Akumal per fare là
le immersioni, noi ci incamminiamo di primo mattino lungo la spiaggia per
arrivare alle rovine giusti all'apertura.
Camminando sulla sabbia candida della spiaggia con a destra un oceano
dall'acqua trasparente d'un azzurro luminoso, vedendo lo sperone di roccia
isolato proteso sul mare con sopra i resti del Castillo, non
possiamo fare a meno di pensare che i Maya si erano scelti proprio un bel
posto per costruirvi la loro città.
I primi europei a vederla furono i duecento uomini delle quattro navi
della spedizione di Juan de Grijalva che erano partite da Cuba nell'aprile
1518.
Juan de Grijalva era nipote di Diego de Velásquez, governatore di Cuba,
il quale era restato molto colpito dai racconti fatti sulle ricchezze di
quelle terre da Francisco Hernández de Córdoba, di ritorno da una
sfortunata spedizione nel 1517. Il pilota della spedizione di Juan de
Grijalva era Anton de Alaminos, che era stato anche pilota di quella di Córdoba.
Il
panorama dall'alto del "Castillo".
Costeggiando nel maggio 1518 queste coste dello Yucatán, il cappellano
della spedizione scrisse nel proprio diario di aver visto «...tre grandi
città separate l'una dall'altra da un paio di miglia....» Inoltre «...ci
erano molte case di pietra (...) scorgemmo una città così grande
che Siviglia non sarebbe sembrata più considerevole (...) vi era una
grandissima torre; sulla spiaggia si accalcava una gran folla di indiani
recanti due stendardi che venivano alzati ed abbassati per segnalarci di
accostare a riva.»
Effettivamente vi erano quattro città, Xelha, Soliman, Tulum (anticamente
chiamata Zama) e Tancah che erano così vicine da poter dare l'impressione,
viste dal mare, che si trattasse di un'unica città.
Sempre per mare, qui arrivarono nel 1842 John Lloyd Stephens con il dottor
Samuel Cabot jr. e Frederick Catherwood: quest'ultimo, nei pochi giorni di
permanenza, tracciò la pianta del sito e disegnò almeno sette degli
edifici principali.
Ma la vera esplorazione archeologica di Tulum iniziò solo ottant'anni dopo,
per merito di Samuel K. Lothrop.
Le origini di Tulum sono sicuramente molto più antiche di quanto vediamo di
ciò che resta oggi. Alcuni la fanno risalire al 564 d. Cr. Costituiva uno
dei tanti baluardi difensivi posti lungo la costa orientale dello Yucatán,
che comprendeva anche alcune isole, come Isla Mujeres
e Cozumel.
L'aspetto che presenta oggi è quello di una roccaforte difensiva di epoca
post-classica cinta di mura su tre lati e difesa sul quarto lato dallo
strapiombo dello scoglio sul mare. La rupe è protetta inoltre da una
barriera di cactus e di altre piante spinose.
All'arrivo degli Spagnoli era ancora abitata.
Le
pareti inclinate verso l'esterno, la fascia superiore sporgente e la
trapezoidale contribuiscono a dare un aspetto "a fungo" al
profilo del tempio degli Affreschi".
Siamo praticamente i primi ad
entrare nelle rovine attraversando la cinta muraria del recinto
exterior proprio per l'antica porta che dava l'accesso all'area del Castillo.
Per prima cosa, trascurando momentaneamente gli altri edifici che
incontriamo lungo il percorso, puntiamo alla volta del Castillo.
Con rammarico devo constatare che l'edificio è precluso alla visita, come
pure altri monumenti. Tredici anni fa vi si poteva accedere liberamente.
Bisogna considerare che fra un paio d'ore questo luogo accoglierà una
massa di turisti enorme che veramente distrugge, consumandoli, i luoghi
d'arte.
Sugli edifici si nota l'influenza maya-tolteca che Chichén Itzá ha
esercitato per alcuni secoli su questa regione. Tuttavia l'architettura di
Tulum ha un proprio stile: una particolarità è quella di dare un profilo
concavo agli edifici. Le pareti sono leggermente inclinate, dal basso
verso l'alto verso l'esterno e le fasce superiori delle facciate
aumentano questa curvatura dando al profilo di certi edifici un aspetto
svasato, quasi "a fungo".
Anche
il "Castillo" di Tulum mostra la caratteristica
delle pareti incurvate verso l'esterno, dal basso verso
l'altro.
In alcuni casi, come nel Tempio del Dio Discendente, l'apertura della
porta è leggermente trapezoidale, aumentando otticamente l'effetto
concavo dell'assieme.
Proprio il Tempio degli Affreschi è un altro di quegli edifici nei quali
non si può più entrare. Così devo rimettermi al ricordo di tredici anni
fa ed alle foto che feci allora, per quanto riguarda quelle pitture che
costituiscono sempre una rarità tra quello che si è tramandato fino a
noi dei Maya.
Qui poi la rarità è maggiore se pensiamo che si sono mantenute fino ad
oggi nonostante gli effetti della salinità dell'aria, trovandoci
sull'oceano. Allora viene da pensare che sarebbe un delitto, dopo
che questi affreschi si sono conservati per secoli, lasciarli sparire in
una decina d'anni di turismo di massa.
Continuiamo a passeggiare tra le rovine non sapendo se avere maggiore
attenzione per queste piuttosto che alla fantastica posizione del luogo. Notiamo l'immagine del Dio Discendente
realizzata a stucco ripetuta su più di un tempio: è rappresentato a testa all'ingiù con le gambe
divaricate in aria, con coda d'uccello e piume sulle braccia, con le mani
giunte o ravvicinate. Non si sa molto di questa divinità e del relativo
culto: forse poteva essere ispirata dalla pioggia o dal raggio di sole,
entrambi che fecondano la terra.
Certo che vedendo questa immagine, in questo luogo, viene da pensare che
anche la divinità non sia restata indifferente alla bellezza di questo
mare ed abbia deciso di tuffarvisi dentro!
La giornata trascorre così, tra le rovine archeologiche, il mare, la
sabbia e le nuotate.
Alle cinque arrivano i nove che si erano fatti portare ad Akumal: sono
entusiasti dell'escursione, hanno trovato una barriera corallina di gran
lunga migliore di quella di Tulum ed una spiaggia molto ordinata e
confortevole, molto turisticizzata con prezzi molto alti, quasi
proibitivi.
Al ritorno si sono fermati a visitare il Castillo di Tulum e,
nonostante mancasse un'ora alla chiusura, l'area era ancora molto
affollata.
Terminiamo la serata con una cena, naturalmente a base di pesce, presso le nostre
cabañas, al Gato's Bar Restaurante e poi si resta a chiacchierare
davanti alla risacca dell'oceano.
L'indomani è l'ultima mezza giornata di mare e cerchiamo di sfruttarla
fino in
fondo. Poi comincia stancamente l'operazione di ricomporre i nostri
bagagli.
Per tutta la mattinata si susseguono le battute, assieme agli abbracci,
nei confronti di Antonella e Raffaella, che oggi ci abbandoneranno per
fare l'escursione di una settimana su questo mare, cambiando però
località.
A mezzogiorno in punto saliamo sul nostro bus e ci fermiamo al terminale
degli autobus di linea: qui scendono Raffaella ed Antonella che si
spostano in un'altra spiaggia. Ancora abbracci e saluti con le due
simpatiche ragazze di Rovigo.
Noi facciamo un po' di spese, soprattutto di frutta, ed a mezzogiorno e
mezzo partiamo alla volta di Cobá.