Ma la nostra meta è un'altra: San
Juan Chamula.
Siamo nell'area di lingua tzotzil, l'antica lingua maya, dove vive
una fiera popolazione diretta discendente dei Maya dei quali hanno
conservato la cultura, molte tradizioni ed usi.
Tra gli tzotzil, i Chamulani sono stati gli ultimi ad opporsi
all'arrivo dei conquistadores, resistendovi fino al 1524, ma anche
dopo sono riusciti a mantenere la propria autonomia culturale arrivando al
punto di sfidare il governo centrale movendo, nel 1869, contro San Cristobál
de las Casas.
Anche se i Chamulani sono stati formalmente convertiti al cattolicesimo,
tuttavia hanno mantenuto le loro credenze religiose mescolandole e
sovrapponendole a quelle cristiane ottenendo una specie di religione tutta
loro.
Dopo quasi due ore, a causa anche di numerosi camion che, procedendo
lentamente e con fatica, ci hanno rallentato non potendoli sorpassare per
la strada stretta in salita e tutte curve, arriviamo a San Juan Chamula.
Il centro è costituito da poche case dominate dalla chiesa dalla facciata
bianca con alcune decorazioni attorno al portale e file di bandierine
colorate che, come un gran pavese, dall'alto della cella campanaria
arrivano agli edifici contrapposti nel piazzale.
Tralasciando il fatto, evidentemente ritenuto poco rilevante, che San
Giovanni Battista sia morto decapitato, i Chamulani credono che San
Giovanni Battista abbia vagato sulla terra per molti anni prima di trovare
il luogo dove fermarsi. Questo luogo lo avrebbe trovato qui, tra queste
montagne del Chiapas e tra questa gente. E qui avrebbe edificato la sua
chiesa per seguire e coltivare il suo gregge, i Chamulani.
Se San Giovanni vede la sua gente
triste e affamata, la rende allegra e aumenta il raccolto, se la vede
sola, trova una sposa o uno sposo, se la vede povera, insegna un mestiere.
Tutto quello che hanno i Chamulani lo devono a San Giovanni Battista che,
in cambio, chiede solo celebrazioni in suo onore, doni, candele e incensi.
Gesù Cristo è Htotik, il Sole, "nostro padre", e sua madre
Maria è Hme7tik, "nostra madre". Curiosamente Hme7tik (che
sembra un nome in codice o una password) è scritto proprio così e
invariabilmente tutte le guide scrivono (forse scopiazzandosi a vicenda):
«...Hme7tik, dove il 7 rappresenta un suono particolare della lingua
chamulana».
Gesù Cristo-Htotik-Sole creò molti uomini: quelli cattivi lo
crocifissero con l'aiuto di spiriti maligni mandando Htotik e sua madre in
cielo. Htotik cercò di creare degli uomini buoni, ma ciascuna delle sue
quattro creazioni generò cannibali e peccatori. Lui si adirò e li
trasformò in scimmie, scoiattoli ed altri animali.
Così Gesù e Maria accolgono solo le preghiere degli spiriti della terra
che sono San Giovanni Battista e gli altri santi della Chiesa, che fanno
da intermediari tra Dio e l'uomo e lo proteggono dalla disapprovazione di
Gesù e Maria in cielo.
Proviamo dunque ad entrare nella chiesa: due uomini fanno la guardia
all'ingresso muniti di un bastone (non è casuale, anche San Giovanni
Battista nell'iconografia porta il bastone). Ci mostrano un cartello
scritto in più lingue che avverte che all'interno della chiesa non si
possono introdurre macchine fotografiche. Una delle più famose guide per
viaggiatori scrive che, secondo una voce, due turisti sarebbero stati
uccisi per aver fatto fotografie durante delle cerimonie all'interno della
chiesa di Chamula e conclude: «...even if it's not true, it's a
warning».
E noi non ci proviamo.
Comunque se noi vogliamo entrare nella chiesa dobbiamo pagare una specie
di biglietto/autorizzazione che viene rilasciato da un piccolo ufficio
sotto il porticato del piazzale.
Finalmente entriamo scortati da uno dei due uomini che ci controlla,
ufficialmente «como seguridad al visitante»: non è neppure il
caso di pensare di fare qualche fotografia di nascosto.
Abbagliati dalla luce accecante dell'esterno, in un primo momento l'unica
cosa che riusciamo a scorgere nel buio sono centinaia (forse migliaia) di
puntini luminosi. Appena gli occhi si abituano al buio ci accorgiamo che
provengono da una moltitudine di candele poste a terra, davanti alle quali
la gente è in atteggiamento di devota preghiera.
La
piazza con il porticato a San Juan Chamula.
L'interno della chiesa è
costituito da un'unica ampia navata: non vi sono banchi, lo spazio è
vuoto e sul pavimento ci sono rami di pino che formano una specie di
tappeto verde sul quale i chamulani si siedono o si inginocchiano.
Ai lati, sul muro, sono accostate le statue dei santi: quella di Gesù e
della Madonna su due lati opposti, uno a Nord, l'altra a Sud, esattamente
come nella loro casa si dividono gli spazi interni fra uomini e donne.
Poi, particolarmente agghindata, c'è la statua di San Giovanni Battista,
il mitico fondatore di questa chiesa e di questa comunità d'anime;
attorno altri santi, come San Sebastiano, protettore delle pecore e delle
greggi, San Nicola, patrono delle galline, e così via. C'è anche una
statua impolverata, quasi messa in disparte, poco adornata: si tratta di
santi desvalorizados, cioè che non fanno più miracoli da molto
tempo e così finiscono per venire dimenticati.
Ma quello che ci meraviglia sono le offerte: ai piedi delle statue, in
qualche angolo della chiesa, ci sono mucchi di offerte o di ex voto.
Oltre a centinaia di candele ci sono bottiglie e lattine di Coca Cola,
uova, bottiglie di tequila, olio, cibo e persino galline!
Ogni tanto qualche fedele rompe il silenzio e comincia a salmodiare
qualche litania; gli altri si uniscono al canto.
Affascinati da questo ambiente magico, quasi surreale, usciamo dalla
chiesa e siamo nuovamente abbagliati dalla luce del sole che splende alto.
San
Juan Chamula: al mercato.
Ci dirigiamo nella zona del piccolo mercato. Con discrezione riesco a
fare qualche foto di nascosto: se è severamente vistato fare foto nella
chiesa, anche la gente in strada non ama per nulla essere fotografata.
D'altra parte sull'autorizzazione che ci era stata consegnata per accedere
alla chiesa è chiaramente scritto «No tomar fotografías sin permiso»
e poi «La persona que infrinja esta disposición será castigada
severamente».
In piazza vediamo delle guardie che portano un uomo arrestato in prigione:
la prigione è proprio sotto i portici della piazza e sembra una di quelle
di tanti film sul Far West. C'è la porta della cella protetta da
inferriate con tre pesanti serrature che dà sulla piazza mentre sul
retro dell'edificio c'è una piccola finestra in alto, anche questa
protetta da massicce inferriate.
Passate di poco le tre del
pomeriggio, in dieci minuti di bus siamo a Zinacantán, un altro pueblo
di lingua tzotzil.
Qui la popolazione è ancora più ostile e diffidente con gli estranei ed
un grande cartello, scritto in cinque lingue, all'inizio del paese invece
di darci il benvenuto avverte che è severamente proibito fare fotografie
o riprese con telecamera, ma questo lo sapevamo già.
Forse perché siamo nel primo pomeriggio, ma troviamo il paese stranamente
deserto.
Incamminandoci verso la piazza scopriamo il perché: è in corso una
specie di assemblea della popolazione davanti al municipio, con gente che
urla, strepita, si agita, interviene con un'aria un po' "incazzata".
Non parlano spagnolo e quindi non possiamo neppure intuire quale sia
l'argomento di tanta infervorata discussione.
E' un bel colpo di colore vedere tutti gli uomini raggruppati assieme con
la loro tipica camicia rosa, ma vista l'aria che tira non è neppure da
provare ad estrarre la macchina fotografica.
I villaggi tzotzil sono oltre un centinaio, godono di una certa
autonomia amministrativa locale che è stata concessa dal governo del
Chiapas proprio in considerazione delle loro tradizioni e della loro
identità culturale.
Il presidente governa il pueblo assieme a 68 anziani: su loro grava
il fardello (cargo) della responsabilità di governo del municipio.
Ognuno ha il proprio cargo (incarico) da portare, del quale è
responsabile, rinunciando al proprio tornaconto ed avendo come obiettivo
la conservazione del benessere e dell'armonia della comunità.
Nonostante tutti gli sforzi che facciano i detentori di un cargo,
questi potrebbero incappare in qualche difficoltà: non è colpa loro, ma
è colpa di streghe e stregoni, di demoni feroci chiamati pukuh che
abitano nelle caverne, capaci solo di malvagità.
Per difendersi dai pukuh vengono poste delle croci: sui campi e
davanti alle case. La croce ha il potere di deviare le malvagità dei
demoni.
E se non bastasse ci sono i santi da invocare perché tengano lontani gli
spiriti maligni, primo fra tutti San Giovanni Battista, qui sempre
raffigurato con un bastone, tutto d'argento, con penne di pappagallo ed
altri uccelli, simili a quelle del quetzal, l'uccello sacro dei Maya; un
bastone con l'estremità d'argento è anche il segno distintivo del
detentore di un cargo.
L'assembramento che vediamo da lontano sulla piazza di fronte al municipio
probabilmente è proprio un'assemblea di anziani e questo forse spiega
perché non avevamo incontrato nessuno per strada.
Mentre ritorniamo verso il nostro bus, incrociamo un paio di giovani con
la caratteristica camicia rosa diretti verso la piazza: ci danno
un'occhiata, come se ci volessero fare una radiografia con gli occhi, ma
proseguono di buon passo senza rallentare mentre un uomo evidentemente
ubriaco tenta di metterci le mani addosso, ma noi proseguiamo verso il
parcheggio senza provare a reagire: qui siamo a casa loro.
Il colore della camicia è molto importante tra le genti tzotzil, perché
indica il gruppo di appartenenza. Se un giovane dovesse sposare la donna
di un altro gruppo, dovrebbe abbandonare i colori e adottare quelli
dell'altro gruppo, secondo complicate regole: c'è anche il caso che sia
la donna a dover adottare i colori del gruppo del marito. Credo che tutto
sia regolato dai rapporti di forza, o di importanza, dei vari gruppi,
probabilmente codificati da secoli.
Ripartiamo ed in venti minuti siamo a San Cristóbal de las Casas: abbiamo
ancora un paio d'ore di luce per passeggiare per la cittadina.