Il
Tusha Hiti, o bagno reale, nel Palazzo Reale di Patan.
Il Taleju Temple domina il complesso del Palazzo Reale all'interno del quale
si aprono diverse corti.
Tre sono le porte principali d'ingresso al palazzo; da sinistra c'è la porta
d'oro (Golden Gate), sorvegliata da due leoni in pietra e adornata da un
ricco timpano che è un vero capolavoro di cesello; si trova di fronte al
Krishna Radha Mandir.
Al centro, all'incirca di fronte alla Taleju Bell, la grande campana appesa
a due robusti pilastri, si apre la porta più antica che introduce al
palazzo, sorvegliata da due leoni in pietra.
A destra c'è la terza porta, protetta dal dio scimmia Hanuman e da Vishnu.
Ogni porta conduce ad una corte interna. Quest'ultima porta consente di
entrare nel Sundari Chowk (chowk significa corte, cortile) occupato
quasi completamente dal bagno reale, o Tusha Hiti.
Questo venne commissionato nel 1647 da Re Siddhi Narasimha Malla (1620-1661)
probabilmente per servirsene per le abluzioni rituali. Lasciato in stato
d'abbandono, come l'intero palazzo, dopo la caduta della dinastia Malla,
ulteriormente danneggiato dal devastante terremoto del 1934, negli anni
Settanta del XX secolo fu riconvertito in fontana.
Donne
tibetane al lavoro ai telai per la produzione di tappeti.
Al bacino semicircolare e ovaleggiante,
sotto il piano di calpestio del cortile, si accede scendendo alcuni gradini.
Le pareti della vasca sono decorate da pannelli che recano scolpite a
bassorilievo alcune divinità tantriche.
Sul bordo, di fronte ai gradini, è collocata una riproduzione in miniatura
del Krishna Radha Mandir.
Due serpenti, che si dipartono dalla replica del tempio, proteggono i bordi
della vasca ed alzano le teste in prossimità dell'ingresso.
L'acqua dovrebbe sgorgare (quando la vediamo, la fontana è vuota) da un
beccuccio di bronzo dorato su cui è posta l'immagine di Lakshmi Narayani
sopra un Garuda, immagine che è quasi invisibile ricoperta com'è da fiori
e ghirlande poste dai fedeli.
Ognuno per conto suo gira per la città, una specie di museo a cielo aperto,
per ritrovarci poi tutti al luogo dove avevamo lasciato il nostro bus.
Uno
dei grandi ambienti del laboratorio dei profughi tibetani.
Prima di rientrare a Kathmandu, ci fermiamo in un centro dove i profughi
tibetani hanno organizzato un grande laboratorio di artigianato, dedicato soprattutto
alla realizzazione di tappeti, secondo la
caratteristica lavorazione tibetana.
Si tratta di una serie di ambienti molto vasti, con alcuni capannoni, dove
sono impiegate prevalentemente le donne; noi le vediamo impegnate ai telai.
Nella sala espositiva possiamo ammirare i loro prodotti, in genere molto
belli. Nessuno di noi però fa acquisti, trovandoci all'inizio del viaggio:
non è il caso di portarci appresso per le prossime settimane, oltre al
nostro bagaglio, anche dei voluminosi tappeti (ed i più grandi sono anche i
più belli).
Ritorniamo quindi a Kathmandu e andiamo tutti assieme all'Annapurna Hotel:
lì infatti, in Durbar Marg, ci sono anche gli uffici della compagnia aerea
per riconfermare i nostri prossimi voli.
L'arrivo
a Bhaktapur.
Non
manchiamo con l'occasione di fare un giro per le gallerie di negozi
dell'hotel: facciamo anche qualche acquisto; gli oggetti di artigianato
costano certo di più rispetto ai negozietti di Kathmandu, ma sono di
qualità decisamente superiore.
Poi ci disperdiamo per i locali del centro, sempre molto animati.
Puntuale l'indomani, è il giorno di Natale, alla mattina, il nostro autista ci viene a prendere con il
pulmino davanti all'albergo.
La
partenza dal nostro albergo per Bhaktapur.
E' giunto il momento di trasferirci per visitare l'ultima vecchia capitale
di uno dei tre antichi regni della valle di Kathmandu ad una dozzina di
chilometri verso est: Bhadgaon, chiamata
ancora oggi spesso, e con sempre maggiore frequenza, con l'antico nome di
Bhaktapur.
La giornata si presenta oggi coperta ed il paesaggio non brilla: sembra
velato da una leggera umida nebbiolina.
Troviamo lo stesso tempo anche quando giungiamo a Bhadgaon/Bhaktapur: il
termine Bhaktapur letteralmente significa "la città dei
devoti".
Un centro culturale, forse proveniente dall'India settentrionale, doveva
essersi insediato qui tra il VII secolo a. Cr. ed il II secolo d. Cr. Si
trovava infatti lungo la principale rotta commerciale tra l'India ed il
Tibet.
Ma in realtà poco si sa della sua storia fino al XII secolo, se non la
sua possibile fondazione (o rifondazione) nella seconda metà del IX
secolo, in concomitanza con l'ascesa al potere della nuova dinastia
Thakuris.
Antiche
cronache ci riferiscono di Anand Deva come mitico fondatore della città e
del vecchio palazzo reale; ma in realtà ci sono molte incertezze,
incongruenze e contraddizioni.
La città, costruita tra la riva destra del fiume Hanumante ed il pendio
della collina Sallaghari, ha una forma un po' triangolare ed ai tre
vertici erano stati eretti altrettanti templi dedicati a Ganesh.
Una
strada di Bhaktapur.
In
realtà era stata progettata per ricordare la forma di una conchiglia
marina in onore di Vishnu. La conchiglia (sankha) è uno degli
attribuiti del dio: con la punta tagliata si può suonare ed il suono
ricorda la vibrazione che diede luogo alla Creazione; provenendo dal
mare, ci ricorda l'Oceano Primordiale; nascendo da un punto che si
sviluppa espandendosi a spirali ci ricorda l'Essenza dell'Essere.
Le trasformazioni urbanistiche intercorse in quasi un millennio rende
difficilmente visibile, ai non specialisti, questa forma curiosa.
Come Patan, fu un'antica capitale del regno dei Malla, ma pur essendo meno
antica, grazie alla sua estensione ridotta è un concentrato di opere
d'arte.
Bhaktapur venne dotata in epoca newar di un efficiente sistema di
approvvigionamento idrico del quale vediamo ancora oggi i resti, in parte attivi e funzionali.
Si basava su un sistema di pozzi profondi, di sorgenti sotterranee e di
serbatoi d'acqua (i pokhari): ne esistono 32 e di questi 8 sono
quelli maggiori.
Ne incontriamo uno appena scesi dal pulmino che ci ha portato fin
qui, lungo la strada che ci fa entrare in città da ovest.: il Siddha
Pokhari, alla nostra sinistra, risalente agli inizi del XV secolo, ed il
Bhajya Pukhu, a destra, capace quest'ultimo di contenere circa 9.300 metri
cubi d'acqua.
Il
Tekha Pukhu.
Una
bottega sulla strada.
Un
poco più in là incontriamo il Tekha Pukhu, un pozzo/serbatoio
regolarmente funzionante con persone che si approvvigionano d'acqua o
direttamente l'utilizzano per lavarsi.
Si trova ad alcuni metri sotto il
livello stradale per poter raggiungere la falda acquifera più profonda.
Ci inoltriamo per i quartieri periferici della città: sembra di essere
piombati in un tardo medioevo dell'inizio del XV secolo. Qui i quartieri sono specializzati per
mestiere: c'è quello che riunisce i falegnami e gli intagliatori di
legno, quello dei vasai, quello dei tessitori, quello dei mercanti di
spezie e così via.
La maggior parte degli abitanti più anziani di Bhaktapur non parla il
nepalese, bensì la lingua dei loro antenati, il newar.
Lungo la strada principale c'è una interminabile sequenza di botteghe,
magazzini, laboratori artigiani che esprimono la vivacità del posto. E
sopra ci sono le case con i muri formati da mattoni a vista e con apparati
di legno intagliato che contornano le finestre.
La
ruota di preghiera nel cortile di un piccolo monastero
buddhista.
Piccolo
stupa al centro del cortile del monastero.
Sotto un edificio, in mezzo alle botteghe che lo mimetizzano, intravediamo
un passaggio: con discrezione attraversiamo un sottoportico e ci ritroviamo
in un piccolo cortile dove, al centro, c'è uno stupa di piccole
dimensioni, alto appena un metro e mezzo, ed in una nicchia del muro un
grande tamburo di preghiera tibetano.
Probabilmente c'è qui una sala di preghiera buddhista, ma con altrettanta discrezione,
senza cercarla, ci allontaniamo da quel luogo che sembra quasi uno spazio privato che esige rispetto.
Domandando poi in giro, ci dicono che là ci sarebbe un piccolo monastero
buddhista, chi lo chiama Kwathu Bahil e chi Jetavarna: di più non riusciamo
a sapere.
Durante questa passeggiata ci stupiamo di vedere tanti leoni in pietra
scolpiti un po' dappertutto, sulle soglie degli edifici o che inquadrano le
finestre con complicati e minuti lavori di falegnameria.
A volte indicano l'ingresso ad un piccolo tempio, o ad una sala di
preghiera, o ad un ospizio per i pellegrini, nascosti tra le case di
abitazione.
Leoni
in pietra sulla strada a Bhaktapur.
Una
veduta parziale della Durbar Square di Bhaktapur.
Alla
fine della nostra passeggiata sbuchiamo nella Durbar Square di Bhaktapur:
si materializzano davanti ai nostri occhi palazzi, statue, colonne, templi
su un vasto rettangolo pavimentato quasi interamente di mattoni rossi
disposti a spina di pesce.
Poco può importare che il terremoto del 1934 distrusse quasi il 90% di
tutto quello che vediamo oggi: il lavoro durato più di vent'anni di varie
squadre soprattutto tedesche per la conservazione e la ricostruzione del
centro di Bhaktapur ha donato nuovo splendore a questo luogo. Molti
edifici sono stati completamente ricostruiti, altri sono stati restaurati
più o meno pesantemente. Tuttavia ai nostri occhi, davanti a questa
meraviglia, poco giova sapere se un tempio è stato costruito quattrocento
anni fa o qualche decennio fa. Sono concetti che sono estranei alla
cultura nepalese e tibetana e la loro bellezza è senza tempo. Tutto ci
appare come un vero e proprio museo all'aperto tanta è la ricchezza di
esempi di arte medievale, di sculture, di lavori in legno, di pagode e
templi grandi e piccoli consacrati a differenti divinità, di edifici.
La principale struttura architettonica che si affaccia sul lato
settentrionale della piazza è data dal complesso del Palazzo Reale: due
lunghi edifici prospettano sulla Durbar Square separati da quello che viene
da tutti considerato un capolavoro dell'arte orafa nepalese: la porta
d'oro (Lu Dhawka), o Golden Gate, come viene da tutti chiamata,
realizzata attorno al 1700.
La
Porta d'Oro (Lu Dhawka) di Bhaktapur.
Cesellata in bronzo dorato, alla sua sommità rappresenta una dea con cinque
teste e dieci braccia: si tratta probabilmente di Taleju, protettrice della
dinastia Malla, circondata da altre divinità tra cui, ai suoi piedi,
riconosciamo un Garuda.
Da qui si potrebbe entrare per recarsi al tempio di Taleju e nel cortile
della Kumari: non si tratta della stessa Kumari di Kathmandu. In realtà
ogni città reale aveva la propria dea bambina, anche se quella di Kathmandu
è sempre stata la più importante.
Noi non entriamo, sapendo che comunque nel tempio induista non possiamo
accedere e che il cortile della Kumari è quasi sempre inaccessibile (ci
viene detto che viene aperto poche volte nell'anno, in particolari
occasioni).
Il palazzo è stato progettato dal Re Bhupatindra Malla, la cui statua si
erge sopra una colonna di pietra posta nella piazza, all'incirca davanti
alla porta d'oro.
A questo sovrano si deve il periodo artisticamente più attivo di Bhaktapur.
Era un appassionato giocatore di scacchi e si dice che ideò per il palazzo
una pianta concepita come un'intricata scacchiera di sale e di cortili nella
quale solo lui riusciva a non smarrirsi. Del palazzo originario pare siano
restati solo alcuni disegni.
Una coppia di leoni, risalente al 1686, accompagnata da quello che ci sembra
essere il dio-scimmia Hanuman, fa la guardia alla porta d'ingresso dell'ala
di sinistra del palazzo, quella che ospita, tra l'altro, una collezione di
pitture thangka, oltre a stoffe tantriche, statue, suppellettili,
oggetti di culto e di venerazione.
Uno
dei due leoni che fanno la guardia ad una porta del Palazzo
Reale.
Durante la visita ci stupiamo nell'apprendere che l'origine dei thangka
non è tibetana, bensì nepalese! I newar furono i primi ad
impadronirsi di questa tecnica pittorica che esportarono in Tibet già nel
VII-VIII secolo d. Cr. Successivamente i newar fondarono delle scuole
di pittura per diffondere la propria arte, giungendo fino alla corte
imperiale cinese.
Il
Palazzo delle 55 finestre, sulla sinistra la Porta d'Oro.
Dopo questa visita, passiamo al blocco
di destra (rispetto alla porta d'oro) con il famoso palazzo dalle 55
finestre.
E' la principale struttura che domina la piazza ed anche il nucleo
originario del complesso del Palazzo Reale.
Venne costruita nel XV secolo e trasformata nei secoli XVII e XVIII, anche
se quella che vediamo noi è il risultato della sua ricostruzione dopo il
terremoto del 1934.
La
Durbar Square di Bhaktapur dopo il terremoto del 1934: da notare
sulla sinistra il palazzo dalle 55 finestre distrutto.
Particolare
di alcune delle 55 finestre del palazzo mimetizzate dalla decorazione
lignea.
Le 55 finestre sono nascoste da grate che fanno parte della decorazione
lignea che, come una fascia, cinge l'ultimo piano dell'edificio, sotto lo spiovente
del tetto.
Queste sono state le finestre sulle quali venne usato per la prima
volta il vetro in Nepal, solamente agli inizi del Novecento!
Da una finestra del Palazzo possiamo godere di una bella vista dall'alto su
Durbar Square. Inoltre ci troviamo la statua dorata di Re Bhupatindra Malla
ad altezza d'occhio: la statua è infatti collocata sul capitello, a forma
di fiore di loto, di una colonna ed in piazza si può vedere solo dal basso
verso l'alto.
Il re è raffigurato inginocchiato, in posizione di preghiera.
La
statua dorata di Re Bhupatindra Malla sul capitello di una
colonna in Durbar Square.