Il nostro passeggiare per la capitale
ci porta poi al mercato: non è un gran mercato, tutto racchiuso in uno
slargo che dà sulla banchina del porto, riparato dalla chioma degli alberi
e da qualche telo disteso per fare ombra.
Tra le merci esposte primeggiano le noci di cocco mentre, su un marciapiede,
un uomo vende scatolette di fiammiferi e propone il betel. Ci sono
anche prodotti di artigianato locale, come lavori di tartaruga, conchiglie,
coralli, batik, ceste, tappetini e stuoini di cocco.
Noci
di cocco al mercato di Malè.
Ci riportiamo nella parte centrale dell'isola, quella degli edifici
governativi.
Vediamo la grande moschea, dove però l'ingresso è riservato ai musulmani:
all'esterno figurano delle pietre tombali dove -ci dicono- sono seppellite grandi personalità dell'isola.
Si
incrocia una barca di pescatori.
Di fronte, immerso in un bel giardino, c'è
il palazzo del Presidente della Repubblica. Qui c'è anche la tomba di
Abul-Barakat Yusuf el Barbery tutta ornata di bandiere in segno di
venerazione: si tratta di un saggio di origini nord-africane che nel 1153
introdusse la religione islamica nelle Maldive.
Da qui raggiungiamo il Museo Nazionale circondato da un giardino pubblico,
il Sultan's Park, dove c'era la residenza dei sultani.
Il museo raccoglie soprattutto oggetti che provengono dalle collezioni dei
sultani e che testimoniano la loro ricchezza ed il loro potere.
Nel tardo pomeriggio ci incontriamo tutti per fare il punto: domani
partiremo per la nostra destinazione, un'isola di pescatori a nord di Malè,
Thulusdhoo.
Con il solito carretto a mano, trasportiamo i nostri bagagli al porticciolo.
Il barcaiolo era già stato contattato ieri sera.
Carichiamo nel suo dhoni i nostri zaini e borsoni e cominciamo la
navigazione all'interno dell'atollo North Malè.
Sono 26 gli atolli che formano l'arcipelago delle isole Maldive. In essi sono
disposte poco meno di 1.200 isole di tutte le dimensioni: da qualche
chilometro a semplici banchi di sabbia corallina affioranti sull'acqua. La
maggior parte di queste isole è disabitata.
Anche le isole hanno poi una propria barriera corallina che le difende
ulteriormente dalle mareggiate interne all'atollo.
La nostra navigazione procede spedita, incrociando ogni tanto qualche altra
imbarcazione di pescatori.
Il barcaiolo ci indica all'orizzonte una sottile linea scura che, a dire la
verità, facciamo fatica a distinguere: è la nostra meta, Thulusdhoo.
L'insenatura
nella laguna di Thulusdhoo dove siamo scese a terra.
Dobbiamo attendere più di un'ora per riuscire a vedere l'isola che prende forma
avvicinandosi.
Quando ormai siamo abbastanza vicini, sentiamo il motore girare al minimo.
La barca rallenta. E' un momento delicato: infatti anche Thulusdhoo, come
quasi tutte queste isole, ha una propria barriera corallina che protegge la
sua laguna interna. La barca, nonostante il fondo piatto, non può
oltrepassare la barriera in un punto qualsiasi, ma deve infilarsi in un
varco ben preciso dove gli scogli della barriera permettono il passaggio
senza pericolo.
Naturalmente il barcaiolo conosce a memoria i suoi fondali, ma nonostante
questo scruta, con il suo aiutante, nell'acqua limpidissima.
Avvicinandoci alla barriera, anche noi ne vediamo gli scogli aguzzi. La
barca continua nel suo lento moto fino a trovare il varco ed allora il
motore aumenta il ritmo. Infatti in quel punto la corrente è più forte per
il gioco delle maree.
Ora siamo dentro la laguna di Thulusdhoo e ci avviciniamo verso il molo che
altro non è se non una passerella di legno.
Intorno al molo, posto in un'insenatura nella quale sono infisse alcune
paline d'ormeggio, c'è una spiaggetta profonda una decina di metri
circondata da una vegetazione di palme che la chiude sul lato terra.
L'inizio
della strada che dall'insenatura conduce al villaggio.
Mentre
scarichiamo i bagagli arriva qualche curioso, soprattutto ragazzini, a
vedere il nostro armeggiare.
Proprio di fronte alla passerella, tra le palme si apre un ampio sentiero
battuto di
sabbia corallina che porta, apparentemente, dentro una folta
vegetazione.
Nel percorrerlo dopo qualche decina di metri si allarga e vediamo una
serie di case allineate sui due lati: è il villaggio dei pescatori di
Thulusdhoo, sono loro che ci ospiteranno per una settimana.
Ma prima c'è l'incontro con il capo villaggio: con lui concordiamo il
prezzo ed è ben felice di sapere che gli pagheremo anche la famosa tassa
governativa di 5 dollari. Ci dice che quella tassa è stata messa proprio
per lo sviluppo delle isole degli atolli, ma a Thulusdhoo non è mai
arrivata da Malè. E' la prima volta che riesce ad averla e ci assicura
che sarà destinata ai lavori da fare per la comunità. Noi comunque
paghiamo tutto a lui che si arrangerà poi a distribuire il denaro
pattuito con i pescatori che ci ospiteranno.
Le casette che ci sono assegnate sono tra le prime a sinistra entrando al
villaggio: sono costruzioni basse, quadrate, con il tetto piatto e con un
recinto che chiude un cortiletto.
Sono costruite in pietra corallina, pezzi di scogli e di corallo tenuti
assieme da malta e cemento.
Sono due casette adiacenti con un cortile in comune, dove ci distribuiamo
in alcune stanze semivuote nelle quali vivremo: c'è un tavolo, qualche
sedia, qualche letto arabo, insufficiente comunque per tutti.
Una
delle nostre camere preparata per la notte.
Prendiamo
i posti e qualcuno si sistema a terra con il materassino. All'esterno
abbiamo a disposizione un caminetto per far fuoco e cucinare oltre a due
pozzi d'acqua e dei primitivi servizi. Ma ci siamo già abituati alla
sistemazione di Malè e questa non è molto differente, se non fosse per i
rigogliosi alberi di palma che svettano oltre il muretto.
Facciamo una piccola passeggiata per il villaggio. La strada dove ci
troviamo è quella principale che proviene diritta dalla caletta dove sono
ormeggiate le barche.
Dopo circa duecento metri ne incrocia un'altra ortogonalmente. Proseguendo
ancora, ma noi oggi non lo facciamo, le case diventano più rade ed alle
loro spalle c'è una bella vegetazione di palme.
Ci avventureremo un altro giorno nella scoperta dell'isola e tornando
osserviamo che la nostra strada, dove ci sono case, ha l'illuminazione
pubblica, probabilmente ottenuta con qualche generatore. All'interno della nostra casa
invece abbiamo delle lampade a petrolio, una per stanza: per il resto ci
arrangeremo noi con le nostre torce elettriche.
Di ritorno troviamo una sorpresa: per questa sera non dobbiamo prepararci
la cena. Ci hanno pensato i proprietari e, assieme ad una zuppa di verdure
con del pesce, hanno cucinato anche del pesce sulla brace.
Abbiamo terminato di gustarci la cena, quando arriva il capo villaggio
assieme ad una coppia di isolani e ad un ragazzino di 10-12 anni:
quest'ultimo ha una profonda ferita sulla fronte con sangue rappreso dalla
quale si capisce che fuoriesce del siero, come ci fosse una possibile
infezione in atto. Il capo villaggio ci chiede aiuto, se possiamo fare
qualcosa. Il ragazzino, mentre stava lavorando ad una barca con un
martello è stato colpito alla fronte dalla testa pesante dell'attrezzo che si era
sfilata dal manico in legno colpendolo.
Per fortuna Francesco, che è con noi, è medico dentista. Per prima cosa
cerca di ripulire al meglio la ferita e a disinfettarla, ma è necessario
anche suturarla per favorire la rimarginatura. Si fa dare da Maria ago e
filo che lei porta sempre in viaggio nell'eventualità che ci sia qualche
bottone da riattaccare.
Dopo aver sterilizzato l'ago da cucito alla fiamma di un accendino ed aver
applicato della penicillina in polvere sulla ferita, Francesco comincia a
suturare i lembi della ferita che aveva ripulito usando il normale filo da cucito. Il bambino
è veramente eroico, perché deve subire tutto senza anestesia: non si
lamenta, ma si vede, da come stringe i denti per non urlare, quanto dolore
deve provare.
Francesco gli somministra anche degli antibiotici e spiega al capo
villaggio come devono essere dati durante le ventiquattro ore. Domani sera rivedrà il ragazzo e così
ogni giorno fin tanto noi resteremo qui.
E' buio quando finisce: a queste latitudini prossime all'equatore il sole
si tuffa a capofitto nell'oceano e si passa dal giorno alla notte in un
battibaleno.
Così c'è poco da fare, se non metterci a letto.
Come non c'è stato il crepuscolo, anche alla mattina l'alba è molto
rapida ed in pochi minuti i raggi forti del sole ci risvegliano.
Per
Maria la notte non è andata bene: si risveglia con una serie di eczemi
pruriginosi che arrossano la pelle di braccia e ventre. Sembrano come
seguire un percorso che qualche animaletto ha fatto sulla pelle del suo
corpo durante la notte.
La nostra compagna dormiva per terra e tutti siamo prodighi di consigli
per le prossime notti: chi dice di cospargere il pavimento attorno al
materassino di polvere "Mom", chi di usare in alternativa talco in polvere.