La Tachupal Tol, come
si diceva, è fiancheggiata da una serie di edifici di mattoni con
ornamenti in legno che, in origine, erano dei monasteri, o abitazioni di
comunità di sacerdoti (math). Sono nove in tutto.
Il più famoso è il Pujari Math che si trova verso l'angolo sudorientale
della piazza, appena dietro il Dattatraya. Venne fondato nel XV secolo
durante il regno di Yaksa Malla (1429-1482). Subì una forte ricostruzione
nel 1763.
L'ultimo restauro, anche per riparare i danni subiti dal terremoto del 1934,
è avvenuto pochi anni fa per opera di una équipe tedesca, si dice
come regalo di nozze per il Re Birendra.
La
famosa "Finestra del pavone" di Bhaktapur.
La cosa più notevole da ammirare di questo edificio è però nascosta:
bisogna girare l'angolo della piazza ed entrare in una stretta stradina che
lo fiancheggia sul lato orientale.
Alzando gli occhi, tra le varie decorazioni di legno intagliato, si può
ammirare quella che viene reputata la più bella finestra dell'intera valle
di Kathmandu.
Dalla stradina l'ammiriamo dal basso verso l'alto, quando una signora, da
una porta di fronte, ci invita a salire a casa sua per poterla osservare
meglio.
Saliamo due rampe strette di scale ed entriamo nella casa di questa
famiglia. La finestra di una stanza si apre proprio davanti a quest'opera
d'arte del XV secolo: oltre agli squisiti intagli lignei, invece di avere la
consueta grata centrale in legno, è raffigurato a tutto tondo un pavone e
le "penne" della ruota che si irradiano circolarmente costituiscono
esse stesse la grata della finestra.
Proprio per l'uccello raffigurato, questa finestra è chiamata la
"finestra del pavone".
Dalla finestra di questa famiglia possiamo fotografarla frontalmente e
vedere i dettagli dell'intaglio da vicinissimo, anche perché la viuzza che
passa sotto è molto stretta.
Chiediamo alla signora come possiamo sdebitarci per la sua cortesia e
gentilezza, ma questa sorridendo allarga le mani e fa un cenno di diniego
con il capo: probabilmente è contenta e fiera di poterci aver fatto gustare
da casa sua questo capolavoro della sua città, e forse si vanterà con le
amiche di aver avuto a casa degli stranieri che venivano da lontano,
dall'Italia.
Un
fumatore di narghilè davanti ad una bottega.
Scendiamo le scale quando ormai è giunto il momento di tornare verso il
parcheggio dove dovrebbe essere ad attenderci il nostro pulmino.
Ci avviamo a piedi a piccoli gruppi, fermandoci qua e là per vedere
negozietti, scorci, gente.
Giunti al parcheggio, saliamo sul nostro bus. Non essendo riusciti a fare il
volo turistico sull'Himalaya, soprattutto per le incognite meteorologiche,
l'incertezza, il tempo a disposizione, abbiamo optato di accontentarci di
vedere, forse, le cime da un punto panoramico.
La
valle di Kathmandu verso Nagarkot.
Il
luogo non è lontano da qui: circa una ventina di chilometri, ma la strada
tortuosa, ed il nostro autobus piuttosto ansimante nelle salite, rende il
viaggio di una lentezza incredibile.
Si tratta di un villaggio di montagna, posto a circa 2200 metri d'altezza
in una posizione strategica che domina la valle. Nagarkot, questo il suo nome,
anticamente era una fortezza ed un punto di osservazione per controllare i
movimenti e le attività dei regni confinanti. Divenne una meta estiva
della famiglia reale.
Oggi Nagarkot è una rinomata località internazionale
soprattutto per il panorama mozzafiato che si può godere sulla catena
dell'Himalaya anche durante la stagione del monsone.
Non sappiamo cosa riusciremo a vedere, perché oggi la giornata si è
mantenuta con il cielo costantemente coperto; anzi, di prima mattina c'era
addirittura un po' di nebbia a Kathmandu.
A
Nagarkot nuvole all'orizzonte verso l'Himalaya.
Ma, ci dicono, c'è sempre la possibilità di qualche schiarita, che in
genere dura pochi minuti, più probabilmente alla mattina presto ed al
tramonto verso le 17.
Un
improvviso squarcio tra le nubi ci permette di vedere per alcuni istanti
le catene himalayane.
Arriviamo
ad una specie di belvedere: sul parapetto sono incise delle mire per
traguardare le catene e le cime. I nomi sono dei miti dell'alpinismo
mondiale: Annapurna, Manaslu, Ganesh Himal, Langtang, Jugal, Rolwaling,
Mahalangur, Numbur.
La
mira per traguardare il monte Everest, nascosto però dalle
nuvole.
Una mira particolare è dedicata alla montagna più famosa, l'Everest, che
qui è chiamato Sagaramatha (che in sanscrito significa "dio del
cielo"), ma purtroppo in quella direzione vediamo solo nuvole.
Ecco che, proprio nel momento in cui il sole sta per tramontare, per
qualche minuto vediamo illuminate delle catene di cime innevate attraverso
uno squarcio tra le nuvole!
Un ragazzo che è sul posto, forse come guardiano, ci indica le più
famose. Incuriosito da un massiccio che si fa ben notare, gli chiedo il
nome. «Quello? -mi risponde- Non credo che abbia un nome
preciso, sarà alto appena cinquemila metri.»...!!!
Riprendiamo
il lungo e noioso viaggio di ritorno sul nostro scassato bus. Ormai
viaggiamo nel buio della notte e ci sembra di non dover arrivare mai,
anche perché l'autista, forse per l'oscurità, forse per la discesa nella
quale deve continuamente far gemere i freni, ha assunto un'andatura molto
lenta.
Tutti
assieme nell'autobus di ritorno da Nagarkot.
E' buio pesto quando, finalmente, arriviamo a Kathmandu.
Per noi è stato sicuramente un giorno di Natale trascorso in maniera
veramente eccezionale!
L'indomani è l'ultimo giorno della nostra permanenza in Nepal: vogliamo
dunque dedicarci alla visita un po' sistematica del centro di Kathmandu. Ci
siamo stati sin dal primo giorno, ma finora avevamo sempre e solo
respirato l'atmosfera del luogo senza soffermarci sui monumenti e sulla
storia.
Oggi Kathmandu è la più grande città del Nepal e ne è anche la
capitale. Si ritiene che sia stata fondata nel 723 d. Cr. da uno degli
ultimi re della dinastia Licchavi, Gunakama Deva; tuttavia sono state
rinvenute delle tracce archeologiche più antiche, riferibili al II secolo
d. Cr., che dimostrerebbero una più antica civilizzazione del sito.
Si vuol far derivare la parola Kathmandu dal nome del primo tempio che vi
venne costruito da Laxmi Narsingha Malla che avrebbe utilizzato il legno
proveniente da un unico albero: è il Kasthamandap Temple. Seppure
modificato nei secoli, esiste ancora oggi vicino a Durbar Square. Tuttavia
questo è inesatto perché il tempio pare risalga al XVI secolo (1595 o
1596) mentre il toponimo Kathmandu risalirebbe attorno al 1470, sotto il
regno di Jayayaksa Malla (circa 1428-1482).
La particolare architettura del tempio fa presumere che sia stato
anticamente utilizzato come ostello per i pellegrini.
Nel passato, in epoca medievale, Kathmandu veniva chiamata anche Kantipur,
dove Kanti è uno dei nomi della dea Lakshmi, la moglie di Vishnu, e pur
ha il significato di luogo.
La prima volta in cui troviamo nominata Kathmandu in un testo occidentale
è nel 1661: i due padri gesuiti Johann Gruebber (1623-1680) e Albert d'Orville
(1621-1662) nel loro viaggio dal Tibet all'India scrissero che hanno
raggiunto «...Cadmendu, la capitale del Regno di Necbal...».
Dalla solita stradina che abbiamo imparato a percorrere tra le viuzze
nascoste di Kathmandu dal Valley View Hotel al centro, deviamo un po' per imboccare
quella ampia arteria che dal parco Tundikhal conduce verso il centro. Non
sappiamo che nome abbia: tutti la chiamano semplicemente New Road.
Questa ci porta a fiancheggiare il lato sud del Palazzo Reale, dove si
allarga diventando la Basantapur Square, dalla torre di Basantapur che qui
si affaccia e che fa parte del palazzo.
La
Basantapur Tower che dà il nome all'omonima piazza di
Kathmandu.
La piazza pedonalizzata, che una volta ospitava le scuderie per gli
elefanti reali, è oggi invasa da bancarelle di venditori, taxi, ricsciò
in attesa dei clienti; un vero e proprio mercato dove si vendono merci per
i locali (riso, granaglie, farine, spezie) ma anche souvenir per i
turisti; dietro, verso sud, c'è Freak Street, dove siamo già stati la
prima sera: via che sicuramente avrà un altro nome, ma ormai è
universalmente conosciuta come Freak Street da quando vi approdarono negli
anni Sessanta e Settanta gli hippies che ne fecero il loro luogo
d'incontro privilegiato.
Un
balcone del Kumari Bahal, la residenza della Kumari di Kathmandu.
Sul
lato opposto la piazza è chiusa dalla bianca facciata del Gaddi Baithak,
un edificio che fa parte del complesso del Palazzo Reale. La facciata
risente dell'influenza dell'architettura occidentale: è in stile
vagamente neoclassico, con influenze vittoriane. Infatti venne fatto
costruire nel 1908 da Jang Bahadur Rana (1863-1929) di ristorno da un suo
viaggio in Inghilterra.
Alla fine della piazza incontriamo il Kumari Bahal, un edificio a tre
piani in mattoni rossi con un cortile interno e degli incredibili balconi
intagliati.
Nel cortile interno c'è un piccolo stupa con i simboli della dea
Saraswati, la dea della conoscenza. Venne costruito nel 1757 appositamente
per ospitare la Kumari, la dea vivente bambina che sarebbe l'incarnazione
della dea Taleju, la dea protettrice della famiglia reale che legittima il
potere del re stesso.
La scelta della Kumari avviene per opera di un gruppo di sacerdoti tra i
quali fa parte anche un astrologo. Viene cercata tra tutte le bambine che
appartengono alle alte caste buddhiste delle famiglie newar, in
genere tra gli orafi e gli argentieri.
Trentadue sono gli elementi che vengono presi in considerazione dalla
commissione esaminatrice: sono chiamati «le trentadue perfezioni».
Alcuni elementi sono oggettivi («...occhi e cappelli neri...»),
altri decisamente più discutibili («...un corpo come un albero di
banano [...] una bella ombra [...] ciglia come quelle di una
mucca...» eccetera).
Le candidate selezionate devono poi affrontare una serie di prove; una
volta scelta la ragazzina, l'aspetta una serie di rituali segreti che
tendono a purificarla fino a quando la dea Taleju può entrare in lei.
Da questo momento comincerà a vivere la sua vita ovattata e settica,
praticamente prigioniera nel palazzo a lei destinato. I suoi piedi non
potranno più toccare la terra (non può indossare le scarpe) e quando
esce dalla sua casa-prigione per andare al Palazzo reale (un centinaio di
metri appena) deve essere trasportata in portantina.
Essendo l'incarnazione vivente di una dea, è onnisciente; di conseguenza
non le viene data alcuna educazione, se non delle istruzioni relative agli
obblighi del cerimoniale.
La dea Taleju abbandona il corpo della Kumari al momento della sua prima
mestruazione. Allora torna ad essere una ragazzina qualunque: la sua
"buonuscita" consiste in una moneta d'oro ed in un pezzo di
stoffa rossa tessuta mentre era in carica. In tempi più recenti le viene
assegnato anche un piccolo, ma decoroso, vitalizio.
Non sempre la ex Kumari riuscirà ad integrarsi nella vita sociale della
sua comunità e potrebbe trovare difficoltà per sposarsi: infatti è
credenza (oggi più debole rispetto al passato) che l'uomo che sposa una
ex Kumari debba morire entro sei mesi sputando sangue!
Non abbiamo la fortuna di vedere la Kumari affacciarsi ad una finestra, ma
non ci contavamo molto.
Venditori
di canestri sui gradoni della piattaforma del Narayan Temple in Durbar Square.
Superiamo dunque il Kumari Bahal e ci ritroviamo sulla destra la Durbar
Square che si espande con tutta la sua schiera di templi.
Restiamo però nella parte sud per raggiungere una specie di piazzetta (non
sappiamo se abbia un nome o se sia già questa parte della Durbar Square)
dove, assieme ad altri tempietti (c'è anche quello dedicato al dio della
musica) c'è il Kasthamandap del XII secolo, il più antico tempio di
Kathmandu dal quale si dice, ma non è vero, che la città avrebbe preso il
nome. La maggior parte di quello che vediamo non è così antico ma è il
risultato di restauri e rifabbriche che si sono succedute dopo il 1630.
E finalmente siamo proprio in Durbar Square, nella sua parte meridionale: da
qui abbiamo una vista complessiva su una selva di templi, per la maggior
parte con i tetti a pagoda, che sono stati elevati nel cuore della città
nei secoli XVI e XVII.
Il primo che incontriamo, proprio a fianco del Kumari Bahal, è il Narayan
Temple (Trailokya Mohan) costruito nel 1680 su un basamento costituito da
cinque piattaforme di mattoni rossi, assediato da ricsciò e venditori. E'
dedicato a Vishnu.
Vicino attira la nostra attenzione una statua di Garuda, in una
raffigurazione antropomorfa, inginocchiato nella posizione di namastè.
Venne collocato qui nel 1690 da Riddhi Lakshmi, vedova di Re Bhupalendra.