Isola disabitata, Bandos,
Huraa,
Little Huraa, Himmafushi
Nella
barca dei pescatori.
Il giorno dopo la sveglia è
prestissimo: ci alziamo che è ancora notte. Il tempo di prepararci
sommariamente e siamo al solito molo quando vediamo giungere l'alba. Il buio
si fa squarciare da una luce rosata mentre il cielo riprende velocemente il
suo colore azzurro terso.
Alba
nella laguna di Thulusdhoo.
C'è un certo via vai di barche in arrivo e in partenza. Noi eravamo
rimasti d'accordo con alcuni pescatori che ci sarebbero venuti a prendere di
primo mattino. Loro devono uscire per la pesca e ci porteranno su una vicina
isola deserta, che forse avrà anche un nome, ma noi non lo abbiamo capito. Di ritorno ripasseranno a prenderci.
Eraldo invece non sarà con noi: approfittando di una barca che deve andare
a Malè, vuole sentire se ci sono novità per i due compagni arrestati.
Come bisogna prestare attenzione nell'entrare in laguna imboccando la porta
giusta tra gli scogli della barriera corallina, altrettanta attenzione i
nostri pescatori prestano nell'uscire. Scrutano il fondale attraverso
l'acqua limpida e quindi si esce nell'oceano aperto.
Sull'isola
disabitata.
Stiamo abbastanza stretti nel dhoni mentre vediamo il profilo di
Thulusdhoo allontanarsi e farsi sempre più piccolo fino a confondersi con
l'orizzonte e scomparire.
Restiamo così circondati dall'oceano, anche se in realtà siamo sempre
all'interno di un atollo maggiore, quello di North Malè.
Uno dei pescatori ci dice che in questo tratto potrebbero avvicinarsi alla
barca dei delfini, così qualcuno di noi scruta i fianchi dell'imbarcazione
alla ricerca di questi mammiferi: ma per questa giornata non
riusciamo a vederli.
Invece notiamo la presenza di pesci volanti: sì, sopra la superficie
dell'acqua vediamo questi pesci che guizzano veloci fuori e percorrono una
cinquantina di metri e forse anche più ad un'altezza di 50-80 centimetri dal pelo
dell'acqua. Lo fanno con una rapidità sorprendente e certamente sono ben
più veloci della nostra barca, tanto è vero che, nonostante vari
tentativi, nessuno di noi è riuscito a fotografarli.
Sbucano fuori dall'acqua all'improvviso e battendo sulle pinne che sono
praticamente trasformate in ali, dopo decine e decine di metri si posano
sull'acqua dove, evidentemente aiutandosi sempre con le pinne, fanno un altro
balzo. E così via.
Cominciamo anche a scorgere il profilo di un'isola: è l'isola disabitata
dove ci lasceranno i pescatori
Anche questa isola, come Thulusdhoo e la
quasi totalità delle isole dell'arcipelago, è circondata da una propria
barriera corallina. E anche per questa isola il pilota deve fare attenzione
ad imboccare il corridoio giusto per entrare nella laguna interna senza fare
danni alla barca.
I pescatori ci lasciano qua e si allontanano per andare a pescare. Restano
con noi due ragazzi, loro figli, per ogni necessità della quale dovessimo
avere bisogno.
L'esplorazione dell'isola disabitata la fa apparire con la solita spiaggia
di sabbia corallina bianca, luccicante e splendente al sole, che circonda la
macchia centrale di vegetazione tropicale.
Noi trascorriamo il tempo nell'ozio: sdraiati sulla spiaggia a prendere il
sole o in acqua a fare ripetuti bagni. Chi si era portato dall'Italia una
maschera va a scrutare i pesci attorno alla barriera corallina. Mi faccio
prestare, da chi l'aveva, una maschera e riesco anche io ad ammirare per un
po' la fauna variopinta (ma veramente pesci di ogni forma e colore!) che
abita la barriera: peccato non essere attrezzati con una fotocamera
subacquea.
Intanto i nostri due giovani accompagnatori si danno da fare: accendono un
fuoco e su una griglia improvvisata ci cucinano dei pesci che hanno pescato
qui.
L'isola
di Bandos.
Ci
offrono anche delle noci di cocco.
Qualcuno per scherzo cerca di insinuare il dubbio e il panico: «E se non
ci venissero più a prendere? Lasciati e abbandonati su un'isola deserta?!»
Ma naturalmente non è così e quando il sole non è più alto vediamo
arrivare la barca dei pescatori che ci raccoglie.
Assistiamo ad un altro tramonto mentre siamo in navigazione.
L'arrivo a Thulusdhoo avviene quando ormai è buio: per cercare il varco
d'ingresso nella barriera corallina si aiutano con una torcia elettrica.
Ci vengono subito incontro i genitori con il figlio. Francesco, aiutandosi
con il lume a petrolio e con una torcia elettrica,
guarda la ferita: è soddisfatto perché oggi per la prima volta la trova
asciutta. Arriva anche il capovillaggio al quale dà gli antibiotici che
dovranno essere somministrati domani. Il ragazzino appare più tranquillo
e fiducioso ed i suoi genitori si sprofondano in inchini con sorrisi di
ringraziamento.
Il giorno dopo è un'altra giornata di relax, sole e bagni a Thulusdhoo. Due sono i nostri
posti preferiti: un tratto di spiaggia a nord dell'isola, in pratica
dietro alle nostre case, oppure la spiaggetta nella piccola cala vicino alla
passerella.
Uno
dei nostri luoghi preferiti: la spiaggetta accanto
all'approdo.
I bambini giocano nell'acqua ed uno manovra un modellino primitivo di dhoni.
La quiete ed il silenzio vengono turbati da un sottofondo musicale che da
impercettibile si fa udire con più decisione.
Non può provenire dall'isola: le case sono abbastanza lontane e,
soprattutto, non abbiamo mai sentito radio accese. E' così che ci
accorgiamo dell'arrivo, in lontananza, di una barca.
E' da lì che proviene la musica che aumenta con l'avvicinarsi: è un dhoni
di grandi dimensioni con un tendaletto che ripara la coperta dal sole. Ha
anche una bandiera, ma da così lontano non riusciamo a distinguerla.
Oltrepassa il varco della barriera corallina: ora la barca e la musica
sono più vicine e vediamo che il bandierone che sventola in alto è quello con
il marchio ed i colori di una famosa compagnia turistica di viaggi
italiana.
La musica si interrompe: il dhoni manovra per attraccare alla
passerella e l'altoparlante di bordo, in italiano, annuncia che «...ora
scendiamo su un'isola incontaminata abitata solo da pescatori che non
hanno mai visto turisti occidentali. Una volta a terra potremo visitare il
loro villaggio».
I turisti scendono a non più di dieci metri da noi che siamo stesi, in
costume, a prendere il sole già abbastanza abbronzati. Ci guardano con
aria perplessa: certamente non abbiamo l'aspetto di pescatori maldiviani
che non hanno mai visto turisti occidentali!
E sorridiamo sornioni con un malcelato senso di superiorità.
Dopo una mezz'ora i turisti risalgono in barca, forse con il dubbio che
proprio incontaminata quest'isola non dovesse esserlo, vista la nostra
presenza.
Nel primo pomeriggio abbiamo una sorpresa: l'arrivo di Eraldo con i due
"arrestati". Ci spiega brevemente che, anche se i soldi per
pagare la cauzione non sono ancora arrivati, è riuscito ad ottenere che i
nostri due compagni possano stare con noi a Thulusdhoo: l'obbligo
infatti è solo quello di non poter lasciare la Repubblica delle Maldive
prima del pagamento della cauzione.
Alla sera per Francesco c'è il consueto momento della medicazione del
ragazzino.
In
navigazione.
Il
giorno dopo facciamo un'escursione in barca all'isola di Bandos: un'altra
isola che ci pare disabitata con la macchia tropicale circondata dalla
sabbia bianca di corallo.
Anche qui bagni di sole e di mare.
Per la giornata successiva è prevista un'escursione su alcune isole a sud
di Thulusdhoo.
Ci si ritrova all'approdo che è ancora buio e forse a causa
dell'oscurità l'uscita dalla barriera corallina riesce meno bene delle
altre volte ed un sobbalzo con relativa strisciata ci fa intendere che
abbiamo toccato con lo scafo una roccia subacquea: comunque è stato un
colpo di striscio che non ha causato danni al dhoni.
Ormai al largo, quando il sole ha appena fatto capolino tra qualche
nuvola mattutina, vediamo una
barca di pescatori che sta ritirando, forse per l'ultima volta dopo una
notte di lavoro, le reti che, almeno dalla nostra distanza, ci sembrano
gonfie e pesanti di pesce.
All'alba
i pescatori ritirano le reti colme di pescato.
Mentre il sole si alza, la nostra navigazione procede tranquilla in un
mare che con l'alzarsi del sole diviene luccicante.
Uno dei ragazzi di bordo si dà da fare con una sessola a svuotare l'acqua
infiltrata all'interno: è una sessola dalla forma curiosa, diversa da
quelle che sono abituato a vedere usate nella mia laguna di Venezia. Ha
l'impugnatura all'interno e non sporgente come fosse un manico esterno; la
sua stessa forma è più tondeggiante e arcuata, evidentemente per meglio
adattarsi alla forma del fondo della barca.
La
barra del timone del "dhoni".
Un
ragazzo a bordo impegnato con una sessola a sgottare il "dhoni"
durante la navigazione.
«Dolphin!»
All'improvviso, quasi un borbottio tra i rumori della navigazione, apre la
bocca il silenzioso e taciturno timoniere che instancabile regge la barra
del timone del dhoni.
Ci voltiamo tutti a guardare dalla sua parte e lui con gli occhi indica una
fiancata della barca verso poppa: sono tre esemplari di delfini che nuotano
alla stessa nostra velocità. Emergono e poi si tuffano e riemergono come
stessero gioiosamente a giocare a rimpiattino con noi. In realtà potrebbero
essere anche di più, ma noi siamo riusciti a vederne contemporaneamente
solo tre.
Nel loro giocare a tuffarsi e rituffarsi nell'acqua, a volte si allontanano
dallo scafo, a volte si avvicinano, a volte aumentano la velocità
superandoci, a volte si mettono in scia.
Ci
spostiamo da Huraa a Little Huraa quasi camminando... sulle acque!
Godiamo
della loro compagnia per una buona mezz'ora, fino al momento in cui,
obbedendo a qualche misterioso richiamo, prendono un'altra direzione
sparendo dalla nostra vista.
Quasi senza accorgerci, presi dallo spettacolo che i delfini ci hanno
offerto, siamo in arrivo all'isola di Huraa, un'isoletta che sarà lunga
un chilometro o poco più ed in larghezza toccherà forse i cinquecento
metri.
Anch'essa è ricoperta di vegetazione tropicale ed ospita alcune case di
pescatori.
Anche qui, come a Thulusdhoo, ci sono soprattutto donne con i
loro bambini piccoli: gli uomini sono tutti fuori in barca che per molti
è quasi una seconda casa, quando non addirittura la loro casa principale.
Uno
scorcio di mare ripreso dall'isoletta di Huraa.
Di fronte d Huraa c'è un'altra piccola isola che emerge dalla superficie
azzurra e trasparente dell'acqua: viene chiamata Little Huraa.
Poco più di un centinaio di metri separa le due isole che noi percorriamo
a piedi. Infatti, approfittando della marea modesta, è possibile
camminare sul fondo marino di sabbia corallina avendo l'acqua poco sopra
le ginocchia: una specie di camminare... sulle acque!
I barcaioli ci aspetteranno con il dhoni a Little Huraa.
Inizialmente un po' timorosi, tenendo i nostri sacchetti, borse e macchine
fotografiche alti sopra la testa perché non si bagnino, compiamo
l'attraversamento del breve tratto di mare.
A Little Huraa ci attendono ancora spiagge di finissima sabbia bianca.
Appena il tempo di asciugarci al sole dopo un altro bagno obbligatorio, e
già saliamo sul dhoni che ci attende.
Si continua la navigazione verso sud
fino a raggiungere l'isola di Himmafushi, anche questa abitata da poche
famiglie di pescatori.
Ci fermiamo un'oretta e nell'occasione i nostri accompagnatori ci preparano
uno spuntino a base di noci di cocco e pesce essiccato.
L'isola
di Himmafushi.
Ormai è giunta l'ora del ritorno verso Thulusdhoo. All'orizzonte ci
appaiono i profili di altre isole: evidentemente la rotta è diversa da
quella seguita all'andata.
Arriviamo nella piccola rada di Tulusdhoo con il sole che sta tramontando.
Francesco decide di togliere i punti dalla fronte del suo ragazzino: sarebbe
troppo presto, ma altrimenti alla sua partenza nessuno sarebbe in grado di
farlo. Fa l'ultima medicazione e tramite il capovillaggio raccomanda che la
fronte resti sempre ben asciutta; gli consegna una confezione di cerotti per
proteggere la ferita. Dovendo partire domani, di più non riesce a fare.
Dopo la cena, ci resta ancora l'ultima passeggiata notturna sulla
sabbia di Thulusdhoo.
E' la mattina del ritorno.
Ci alziamo presto per restare incantati dall'ultima alba alla nostra cala: tornano le barche dei pescatori che hanno calato le reti per
tutta la notte. Poi recuperiamo i nostri bagagli e salutiamo, con un
po' di nostalgia, le famiglie di pescatori che ci hanno ospitato in questi
giorni.
I ragazzini del villaggio ci accompagnano e ci strappano i bagagli dalle
mani per volerli portare: certi zaini sono quasi più grandi di loro!
Ci imbarchiamo con tutti i nostri pesi sul dhoni che ci porterà a
Malè: in realtà avremo potuto dirigerci direttamente a Hulhule dove c'è
l'aeroporto, ma ancora dobbiamo sapere se i nostri due compagni di viaggio
possono lasciare con noi la Repubblica delle Maldive.
A Malè scarichiamo i bagagli sulla banchina del porto, abbastanza vicino al
mercato, così a turno qualcuno di noi li sorveglia mentre gli altri possono
fare un giro al mercato per gli ultimi acquisti, qualche collanina di
corallo o qualche bracciale di tartaruga.
Al
mercato di Malè per gli ultimi acquisti.
Intanto Eraldo con i nostri due compagni può andare negli uffici di
polizia.
Trascorrono un paio d'ore ed alla fine li vediamo tornare sorridenti: tutto
a posto! Cosa sia successo non abbiamo capito esattamente: forse è arrivata
una comunicazione dall'Italia (ministero? banca?) che la cauzione è
comunque garantita e quindi i due possono lasciare le isole Maldive. Cosa
succederà poi, se la vedranno loro: intanto tornano in Italia con noi.
Contattiamo un altro barcaiolo per farci portare all'aeroporto sull'isola di
Hulhule e ci prepariamo a fare il check-in.
Chi ha avuto degli oggetti religiosi vietati sequestrati all'arrivo, li
ritrova presentando la ricevuta che si era fatto consegnare al momento del
sequestro; delle bottiglie
di whisky però non c'è alcuna traccia.
Il nostro volo prevede una sosta intermedia durante la notte a Trivandrum,
con la prosecuzione del volo verso l'Italia la sera dopo.
Oggi c'è un sole splendente, a dispetto della grigia giornata di pioggia di
quando siamo arrivati: possiamo così godere della vista sull'arcipelago
delle Maldive e sugli atolli che non avevamo potuto vedere all'arrivo.
Atolli
e barriere coralline visti dall'aereo.
Atolli
e barriere coralline visti dall'aereo.
Quando atterriamo a Trivandrum, ci vengono incontro gli odori ed i profumi
dell'India: lo sapevamo già: la coincidenza per Bombay è persa; il primo
volo utile è solo l'indomani.
Siamo così costretti ad un pernottamento forzato a Trivandrum, a spese
della compagnia aerea. Ci resterà ancora una mezza giornata per una visita
veloce alla capitale del Kerala.