Dal Narayan Temple (Trailokya Mohan),
Durbar Square si estende a nord con il Maju Dewal, di tre piani, posto su un
basamento formato da nove terrazze, costruito nel 1690 e dedicato a Shiva.
E' il tempio che domina questa parte della piazza.
Più in fondo un altro Narajan Temple, da non confondere con quello visto
prima per la quasi omonimia ed infine una struttura particolare chiude la
vista: il Shiva-Parvati Temple.
E' una costruzione della fine del XVIII secolo lunga e bassa che contiene un
santuario dedicato a Shiva e Parvati.
E' impreziosito da un lavoro di legno intagliato: da una falsa finestra le
statue colorate delle due divinità sembrano osservare quanto avviene nella
piazza.
Shiva
e Parvati, dal loro tempio, sembrano osservare la folla che
passa per Durbar Square.
L'angolo
d'ingresso al Palazzo Reale; sulla destra la sagoma dello Jagannath
Temple.
Superiamo l'angolo del Palazzo Reale e si apre la vista sul resto della
spianata di templi.
Qui, sull'angolo interno che forma Durbar Square, c'è l'originario storico
ingresso al Palazzo Reale: l'Hanuman Dhoka che letteralmente significa porta
(dhoka) di Hanuman.
Con questo termine si intende l'intero complesso di strutture ed edifici,
che si estendono per circa due ettari, che formano il Palazzo Reale.
A fianco della porta d'ingresso del palazzo, su un piedistallo, c'è la
statua di Hanuman, la personificazione della saggezza: è Hanuman a
consigliare e servire Rama, personificazione di Vishnu; non dimentichiamo
che i sovrani nepalesi si considerano una reincarnazione del dio Vishnu.
Hanuman è ricoperto da una veste rossa, adornata da corone di fiori poste
dai fedeli, ed è riparato da un ombrello. Ai lati della statua sporgono due
bandiere del Nepal dal tipico taglio doppio triangolare. Quella del Nepal,
unica tra tutte le bandiere del mondo a non avere una forma quadrangolare,
è considerata la bandiera più antica tra quelle nazionali oggi adottate
nel mondo.
La
statua di Hanuman sulla sinistra della porta d'ingresso al
Palazzo Reale (l'Hanuman Dhoka).
Vediamo gente indù soffermarsi per pregare davanti alla divinità
strofinando, in segno di devozione, la propria fronte sul basamento della
statua.
Attorno alla porta ci sono due leoni in pietra, dipinti con colori
sgargianti, cavalcati da Shiva e Parvati. Sopra al portale, in una nicchia,
c'è la statua di Krishna nel suo aspetto tantrico terrifico, a sinistra
Krishna secondo l'iconografia indù, colorato di blu, a destra la coppia
reale con Re Pratap Malla (1624-1674) assieme alla regina.
Quasi di fronte all'ingresso del palazzo c'è un tempio a due piani dedicato
a Jagannath: venne fatto costruire nel XVI secolo da Raja Pratapa Malla: la
statua del re è collocata su una colonna, poco discosta dal tempio.
Rappresenta il sovrano seduto sul trono sorretto da leoni ed elefanti,
poggiato su un capitello a forma di loto. Il re è attorniato dalle due
mogli e dai cinque figli.
Anche nel tempio di Jagannath si può ammirare la ricchezza degli intagli sul legno.
Le parti lignee, finemente intagliate, conferiscono una certa eleganza
all'insieme. I barbacani in legno che sostengono gli spioventi del tetto
sono ugualmente intagliati: la parte inferiore di ogni mensola contiene una
raffigurazione erotica.
I
barbacani intagliati del tetto dello Jagannath Temple posano su
delle mensole con delle raffigurazioni erotiche.
Si può osservare che queste scene non sono scolpite con la stessa finezza
ed abilità del resto e che in genere la parte riservata alle posizioni
amorose è realizzata in modo più rozzo ed approssimativo.
Kala
Bhairava, ovvero Shiva nella sua forma terrifica e distruttrice.
Non
è stata data alcuna spiegazione convincente: si può solo constatare che
questo genere di scene non si trova mai sugli edifici privati, ma solo su
quelli religiosi.
Un po' più discosto, sul lato nord, si scorge una figura terribile, alta circa
tre metri: è Kala Bhairava, la raffigurazione di Shiva nella sua
veste distruttiva con sei braccia. Sopra la testa, con gli occhi sbarrati
che incutono timore, ha una corona adornata di teschi, come di teschi è
la ghirlanda che indossa.
La schiena e coperta da un mantello di pelle umana.
La divinità calpesta un corpo disteso a terra simbolo dell'ignoranza
umana.
Si dice che questa immagine, ricavata da un unico masso di pietra, sia
stata collocata in questa posizione da Pratap Malla (1641-1674) dopo che
era stata trovata in un campo a nord della città.
C'è la credenza che mentire, stando davanti a questa statua, porti alla
morte istantanea. Durante le feste di Durga Purga vengono sacrificati
tutti i giorni davanti all'immagine di Kali Bhairava centinaia di animali,
soprattutto bufali.
Proseguendo lungo la piazza incontriamo il Kageshwor Temple, eretto nel
1681, ma dopo il terremoto del 1934 ricostruito alterandone l'aspetto
originario: adesso appare come un mescolamento di stili diversi, con la
base newari ed un shikara in stile indiano.
Il Taleju Temple, che praticamente chiude la serie dei templi maggiori e
più importanti di Durbar Square (ce ne sono molti altri, piccoli,
capitelli, colonne e steli) risale al 1564 e con i suoi tre tetti
sovrapposti raggiunge i 35 metri di altezza. Sarebbe il primo tempio ad
essere stato costruito, sopra una piattaforma a gradoni, con più di due
tetti.
Il suo accesso è interdetto ai non induisti e così noi ci dobbiamo
accontentare di vedere quello che sporge dal muro di cinta, dove si apre
una porta alla quale fanno da guardia due leoni.
Sopra
il muro di cinta svetta il tetto del Taleju Temple.
Uno
dei due leoni messi a guardia del portale del Taleju Temple.
Un
negozio di "thangka" in una strada di Kathmandu.
E' giunto il momento di disperderci per le stradine di Kathmandu per gli
ultimi acquisti.
Sono numerosi i negozietti che vendono oggetti tipici della cultura
nepalese, a cominciare da maschere e thangka. Questa tecnica
pittorica, caratteristica della religione buddhista, in genere viene
considerata tibetana. Se è vero che i thangka in Tibet hanno avuto,
ed hanno, una grande tradizione, non si devono però dimenticare le loro
origini nepalesi: in Nepal è nata questa particolare pittura con queste
caratteristiche raffigurazioni.
Il Nepal si è sempre trovato sulle grandi
direttrici che, attraverso l'Himalaya, congiungevano India e Tibet. In
questo modo i thangka furono conosciuti prima, apprezzati poi, dai tibetani al punto
che degli artigiani nepalesi istituirono delle apposite scuole in Tibet per
far apprendere questa tecnica pittorica.
Anche i thangka moderni, se ben eseguiti, non hanno nulla da
invidiare a quelli antichi, che abbiamo visto nei musei visitati a Patan e
Bhaktapur; anzi, i migliori thangka moderni -mi viene da dire- sono
superiori a molti thangka antichi. D'altra parte la tecnica
pittorica, i materiali, i moduli grafici, le raffigurazioni rimangono sempre
uguali a se stessi nel tempo.
Ci sono anche dei negozi di antiquariato dove si possono trovare thangka
antichi, o vecchi.
L'antichità è relativa: rari e costosissimi quelli
dell'Ottocento, più abbordabili come prezzi quelli di metà Novecento,
considerati non antichi, ma semplicemente vecchi.
E' importante osservarli al verso: è un buon indice per valutare l'età del
pezzo, anche se non assoluto perché, in realtà, potrebbe esserci stato un
intervento di "invecchiamento".
In ogni caso deve piacere a chi l'acquista e certe volte bisognerebbe
ricordarsi che con i soldi che paghiamo, nessuno in Italia si accingerebbe a
fare un dipinto del genere.
Un
negozio aperto di notte a Kathmandu.
Tra thangka, mani (i mulinelli di preghiera), statuette
di divinità in bronzo o in legno di sandalo, maschere rituali, collane
d'argento e bigiotteria, senza accorgerci ci ritroviamo nell'oscurità del
dopo tramonto: i negozi continuano a restare aperti anche con il buio, con
vecchie lampade a petrolio che li illuminano.
Di
notte i templi sono per i ragazzi che si intrattengono a giocare sotto
i porticati.
Ad un incrocio in una strada centrale vediamo una cintura di poliziotti che
blocca una delle quattro vie: in lontananza scorgiamo una cinquantina di
persone che manifestano urlanti scandendo frasi o slogan, che ovviamente
non capiamo.
Proviamo a chiedere a qualche passante e a qualche negoziante per sapere di
quale manifestazione si tratta, ma le risposte sono abbastanza evasive e non
ci dicono nulla di specifico. Solo un ragazzo azzarda dicendo che sono
studenti che forse manifestano contro l'invasione sovietica in Afghanistan di un
anno fa.
Comunque senza fatica i poliziotti avanzano ed i manifestanti, arretrando,
si disperdono.
E' la nostra ultima notte a Kathmandu e cerchiamo di viverla senza la fretta
di dover tornare in albergo.
I templi non sono più assediati da fedeli: diventano piuttosto luogo di
ritrovo per gli adolescenti che si riparano sotto i porticati d'ingresso.
La vita notturna è solo un via vai di gente dove intravediamo qualche raro superstite
freackettone "figlio dei fiori" appesantito da qualche tessuto
adiposo di troppo e, nonostante i cappelli lunghi ormai grigiastri,
inesorabilmente stempiato.
Sono numerosi per le strade i baracchini che offrono cibo.
Anche noi ci fermiamo in questo o quello per assaggiare qualche stuzzichino
o qualche frittella.
Frittelle
calde by night a Kathmandu!
A mezzanotte cominciamo il nostro rientro verso l'albergo, non senza aver
dato un ultimo sguardo alla gente che ancora affolla la Basantapur Square:
domani, alle 8, dobbiamo essere in aeroporto per un'altra meta.
Alla mattina con dei taxi ci facciamo portare all'aeroporto. Espletiamo le
solite formalità di imbarco e quelle doganali in tempo per imbarcarci sul
volo della Royal Air Nepal RA 215 delle 10.45 per Colombo.
Dopo aver preso posto sul Boeng 727 vediamo dal finestrino un certo
movimento di operai attorno all'ala sinistra dell'aereo. Ci dicono che ci
sarà un ritardo sull'orario di partenza a causa di un non precisato
problema tecnico ed alle 10.20 ci fanno scendere.
Rientrati nell'aeroporto, che ha l'aspetto di un grande chalet di
montagna tutto in legno, dalle ampie vetrate della sala d'attesa vediamo che
alcuni addetti stanno armeggiando attorno all'ala. Uno, addirittura, su una
scala sta battendo con un martello su un motore: probabilmente per cercare
di risolvere il problema tecnico!
A mezzogiorno ci chiamano per l'imbarco: è sempre un Boeng 727, ma con un
certo sollievo constatiamo che non è lo stesso, sempre fermo sulla pista
con la scala di legno appoggiata sotto il motore.
Finalmente alle 12.35 con quasi due ore di ritardo decolliamo.